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Autore: Northern Isa    08/09/2013    6 recensioni
In "Harry Potter e i Doni della Morte", durante il matrimonio tra Bill e Fleur, Viktor Krum racconta a Harry Potter che suo nonno venne ucciso da Grindelwald. Ma chi era questo nonno? E com'era Grindelwald a scuola? La risposta a queste domande nella cornice oscura e controversa dell'Istituto per gli Studi Magici di Durmstrang.
[I capitoli 11 e 32 contengono un riepilogo degli eventi precedenti]
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Gellert Grindelwald
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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A Vio,
per l'aiuto e il supporto.
E anche perché Dimitri Krum è un po' suo
e Andra Thorvaldsen è un po' mia.
 
 




Andra aveva smesso di sognare un mondo senza Grindelwald anni prima; forse fu quella la ragione per cui convincersi che fosse definitivamente fuori dai giochi, imprigionato a Nurmengard per sempre, fu piuttosto difficile.
Il Circolo della Rosa non aveva scelto una metafora sbagliata quando aveva detto che presto sarebbe tornata la primavera. Ogni cosa infatti, ora che il regime di Grindelwald era venuto meno, sembrava svegliarsi da uno strano torpore. Anche l’aria pareva essere diventata più tiepida e luminosa.
C’era ancora della brina sul cuore di Andra, e la donna sapeva che nulla al mondo sarebbe riuscito a scioglierla. Credeva di essersi abituata alla sua presenza, ma proprio la sconfitta di Grindelwald aveva permesso al ghiaccio di incrostarsi con maggiore ostinazione.
L’ultima persona con cui Andra aveva avuto l’ardire di sognare un’esistenza senza la paura di Grindelwald era stata Igor. Non avevano mai avuto bisogno di parlarne per sapere che l’unica cosa che desideravano entrambi era godersi la propria famiglia in pace. Invece nulla era andato come avrebbero voluto, e Igor non aveva mai conosciuto Dimitri. La gola di Andra si chiudeva ogni volta che formulava quel pensiero.
C’era un’altra cosa, oltre alla mancanza di suo marito, che la tormentava. La strega sapeva che durante il dominio di Grindelwald non era stata d’aiuto alla sua famiglia come avrebbe voluto. Non era riuscita ad impedire ad Igor di andare a cercare il Ministro per farsi ammazzare, non era stata in grado di proteggere i suoi figli. Fran aveva rischiato di essere giustiziato, e se era ancora con lei non era certo per merito suo, ma doveva ringraziare le cure attente di Kathrina.
Gli anni erano trascorsi in un Incanto Dismundo e, ora che si era svegliata dall’incubo, Andra riscopriva di non essere altro che una vecchia inutile. Il pensiero era a dir poco insopportabile.
Il volto di Fran, aperto e quadrato, e quello di Dimitri, così simile al padre, glielo ricordavano ogni giorno.
 
Il primo Natale dopo la caduta di Grindelwald, Andra ricevette una lettera. Già dalla pergamena, troppo gialla e ruvida per essere una di quelle che era abituata a sfogliare, aveva capito che non potevano essere stati i suoi figli, né suo cognato, a scriverle. Aveva spezzato il sigillo di ceralacca piena di curiosità, poi i suoi occhi avevano incrociato le volute tracciate in inchiostro blu di una scrittura sinuosa e obliqua.

“Gentile signora Krum,
il mio nome è Anastasia Silente, e solo la nipote del mago che ha combatutto contro Gellert Grindelwald.”


Bastarono queste prime parole per indurre Andra a strabuzzare gli occhi. La nipote del salvatore del mondo magico, almeno quello che conosceva lei, le scriveva. Perché?
Sempre più incuriosita e sorpresa, la strega proseguì nella lettura. Quando giunse alla fine della lettera, si sedette su una poltrona del salotto e si prese la testa tra le mani, in preda a travolgenti emozioni contrastanti.
Sapeva che Gellert si era macchiato di crimini orrendi, ma aveva sempre pensato che li avesse perpetrati nei confronti dei suoi connazionali. Invece la lettera di Anastasia le rivelava che il mago oscuro non aveva esitato a imprigionare e a torturare un’innocente giovane ragazza, solo perché si trattava della nipote del suo vecchio amico.
Le descrizioni della lettera le portarono alla mente le urla dei suoi vicini di casa quando erano stati portati via e a seviziati dai GA. La strega dovette strizzare gli occhi per cercare di respingere le immagini che i ricordi le stavano portando alla mente.
Quando l’immagine della famiglia Geoffry smise di galleggiare davanti ai suoi occhi, Andra tornò a concentrarsi sulla conclusione della lettera, nonché vera ragione per cui Anastasia aveva deciso di scriverle. La ragazza infatti la ringraziava. A quanto pareva, la missiva che Andra aveva inviato ad Albus Silente per sollecitarne l’intervento era stata la prima tessera del domino che era dovuta cadere per portare da Anastasia i suoi salvatori. Andra rimase colpita dal candore con il quale la ragazza le aveva mostrato la sua riconoscenza.
Un piccolo sorriso, sincero dopo una vita di espressioni forzate, piegò le labbra della strega.
Ormai non riusciva a smettere di incriminarsi e condannarsi per le conseguenze di quelli che credeva fossero stati i suoi fallimenti come madre e moglie, e adesso spuntava una lettera che portava una boccata d’ossigeno e smentiva le sue più asfissianti preoccupazioni.
Aveva contribuito a salvare la vita di una ragazza. Non era così inutile, dopotutto.
Forse proprio il fatto che Anastasia avesse stimolato in lei quella riflessione gliela faceva sentire così vicina. Senza pensarci due volte, Andra afferrò un rotolo di pergamena e scrisse la sua risposta alla ragazza. Fu piuttosto breve, il fulcro della missiva era l’invito che le aveva esteso affinché andasse a trovarla.
Andra non ci aveva sperato troppo, ma Anastasia le scrisse una risposta affermativa.
“Non si preoccupi, signora Krum,” scriveva ancora la giovane strega, “nonostante ciò che abbiamo passato, torneremo a vivere.”
Andra iniziò a piangere nonostante il suo sorriso non ne volesse sapere di andarsene.
 
 
Andra non ricordava una giornata così frenetica da anni, forse decenni. Eppure l’agitazione era comprensibile, lei stessa si sentiva euforica ed emozionata.
“Mamma, sbrigati!” la chiamò Fran, tornando a incollare gli occhi all’orologio che spuntava dal polsino della sua giacca, “O arriveremo troppo tardi!”
“Sono qua!” protestò la madre, scendendo le scale più rapidamente che poteva. Dabbasso la attendevano il figlio e la nuora.
“Eccomi, ci sono” brontolò. Kathrina guidò con delicatezza la sua mano su un una graffetta che Fran aveva depositato poco prima su un mobile, poi la Passaporta condusse tutti e tre all’ospedale Alexander I. Taparov.
“Non ci penso proprio a viaggiare di nuovo in questo modo” protestò Andra, portandosi una mano alla schiena. Fran la ignorò e si avviò lungo i corridoi asettici dell’ospedale, facendosi largo tra alcuni Guaritori e diverse streghe infermiere.
“Da questa parte!” chiamò. Svoltato un angolo, anche Andra riconobbe le persone assiepate intorno a una porta del corridoio.
“Vassil, come hai fatto ad arrivare prima di me? Pensavo che le tue ginocchia non fossero più buone come una volta” lo prese bonariamente in giro la strega.
Il mago sorrise e indicò sua moglie e le due figlie.
“Sono state Alexandra, Lilian e Liza a trascinarmi,” rispose questi, inarcando un sopracciglio, “non ho neanche fatto in tempo a finire la colazione! Che fretta c’era? Come se non avessimo visto abbastanza piccoli Krum.”
“Smettila, zio Vassil” gli disse Igor, l’unico figlio di Fran e Kathrina, colpendolo leggermente col gomito, “la parte del burbero non ti riesce neanche un po’!”
Andra staccò gli occhi dal profilo marcato del nipote per fare la conta dei presenti. Oltre alla famiglia di suo cognato, erano arrivati Rosalia, la sorella di sua nuora Stéphka, con il marito Miroslav Dietrich e il loro figlio dodicenne, Sven.
“Ciao, zia Andra” la salutò quest’ultimo con un bacio sulla guancia e sommergendola con i suoi capelli biondi.
Rosalia era fredda come al solito, a differenza del marito e del figlio, ma Andra non se ne preoccupò, concentrata com’era a fissare la porta davanti a lei.
“Possiamo entrare?” chiese in un sussurro a Vassil. Questi annuì, sostenendo che un Guaritore aveva dato loro il permesso prima dell’arrivo di Andra.
La strega abbassò la maniglia ed entrò, seguita da tutti gli altri. Il resto della sua famiglia la osservava con occhi lucidi per l’emozione, coperti ritmicamente da palpebre frenetiche.
Dimitri era seduto su una sedia dall’apparenza scomoda, con il mento poggiato sulle mani giunte e gli occhi fissi sui suoi figli. Pavel, Eléna e Anna sedevano su tre sedili inchiodati insieme a formare una sorta di panchina. In mezzo a loro, in un letto con lenzuola bianche che odoravano di disinfettante, Stéphka stringeva a sé l’ultimo nato: il piccolo Viktor.
Era stata Andra a suggerire il nome per il piccolo. Quando Dimitri aveva chiesto un consiglio alla madre e allo zio, Vassil aveva scherzosamente sostenuto che i Krum avessero avuto abbastanza figli da essere rimasti a corto di nomi. Quale che fosse stata la ragione, Andra era stata finalmente contenta di poter suggerire un nome che le era rimasto sulla punta della lingua fin da quella notte di tanti anni prima, quando Igor le aveva proposto di chiamare il loro primo figlio Viktor.
“È bellissimo” disse a Dimitri, poggiandogli una mano sulla spalla. Il mago strinse tra le sue dita quelle della madre, senza tuttavia scollare lo sguardo dalla moglie e dal figlio.
Gli occhi di Andra si sollevarono spontaneamente verso l’alto. A Igor sarebbe piaciuto quel nuovo marmocchietto, questo era certo, e sarebbe stato contento per il nome che era stato scelto per lui. Contento almeno quanto lo era Andra al pensiero di aver esaudito così un suo desiderio.
Nessuna delle sue nipoti si chiamava come lei, ma la donna non era dispiaciuta, perché qualcuno le aveva precedute.
“Zia Andra!” salutarono quattro voci all’unisono.
Due streghe bionde e identiche come gocce d’acqua irruppero nella stanza per andare ad abbracciare la donna.
“Andra, Alfea! Le mie bambine” le salutò, sebbene delle bambine che aveva visto nascere non fosse rimasto molto nelle due ventiduenni che si fecero da parte per lasciare che anche i fratelli Jörgen e Cynric, biondi come le due ragazze, baciassero la strega.
I quattro proseguirono il giro dei saluti, mentre una donna dai lunghissimi capelli chiari aveva modo di abbracciare Andra con affetto. Anastasia Silente, da anni ormai Thorvaldsen, si era precipitata con il marito Dorian dalla Finlandia non appena aveva saputo dell’imminente nascita di Viktor.
Andra strinse le mani di Anastasia e la guardò negli occhi.
“Visto?” le disse la donna bionda, sorridendo. Con un gesto ampio indicò i presenti nella sala: “Te l’avevo detto che anche la nostra vita sarebbe ricominciata.”




Note dell'Autrice: Eeeeee... è finita! Tirate fuori le vostre scorte di fuochi d'artificio illegali e dateci dentro.
Che posso dire a proposito di questo capitolo? Che sono tremendamente combattuta. Da una parte sospiro di sollievo per essermi tolta questa storia dal groppone - quarantanove capitoli pesano -, dall'altra però so che questa massa di Krumiri mi mancherà. Da un lato spero di aver reso il senso di "All was well" che tanto amiamo, dall'altra ho paura di aver fatto un disastro, come ogni volta in cui mi butto sul sentimentale. Quel che è certo è che non potevo chiudere senza aver fatto entrare in scena il mio amato Viktor :D
Un ringraziamento a Santa Vio da Petralcina, che mi ha graziosamente prestato alcune delle comparse di fine capitolo, segnatamente Anastasia, Dorian e i loro quattro figlioli, personaggi delle sue storie "Profumo di tenebra" e "Tinto di rosso", oltre che Sven Dietrich e quella str***a di sua madre, da "Immagine allo specchio". Questo epilogo rappresenta un punto di contatto in particolare con la prima delle long menzionate, in quanto, per volontà di Vio e per graziosa concessione mia, Andra è stata impiegata in un paio di momenti della sua storia.
Ringraziamenti a profusione a tutti coloro che hanno letto questa storia, a chi si è perso per la via negli eoni che ho impiegato per pubblicarla e chi, pazientemente, è arrivato alla fine. Vi adoro.
   
 
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