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Autore: Darth Rainbow    08/09/2013    3 recensioni
Nyss e Myrtle sono un duo piuttosto particolare con il pallino per i furti, le astronavi e le pistole. Sono soddisfatte della propria vita fino a quando Thorn, il capo della più influente organizzazione criminale della Galassia, le costringe a entrare nella sua banda. Tra tigri giganti, telepati, alieni viola minacciosi, androidi, pianeti remoti, governatori corrotti, piscine idromassaggio e covi umidi e sgradevoli, le loro vite verranno leggermente sconvolte...
Genere: Avventura, Azione, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO I

 
"Sei pronta, Nyss?" chiese Myrtle alla rossa.
"Dolcezza, io sono nata pronta!" rispose l'altra con tono allegro, ammiccando.
"Perfetto. Mi raccomando: niente errori.”

Era un colpo facile. Si trovavano a un distributore di carburante di un satellite minore, un posto ai margini della civiltà con pochi frequentatori.  Erano arrivate in quel luogo un paio di giorni prima, con una navicella scalcagnata e malmessa, con quasi tutti i motori in avaria e gli scudi deflettori fuori uso, di cui si volevano disfare. Si erano appostate in un luogo poco distante dal distributore, riuscendo tuttavia a passare inosservate ai proprietari.  A quel punto si erano messe ad aspettare che un bocconcino succulento arrivasse.

Avevano captato poco prima il segnale di una navicella che richiedeva al distributore di poter atterrare. Mentre la navicella entrava nell'atmosfera, le due ragazze avevano messo fuori gioco gli operatori del distributore con uno spray soporifero, cogliendoli di sorpresa.

Le due fanciulle non avevano un aspetto minaccioso, il che più delle volte costituiva un vantaggio in quanto il nemico tendeva a sottovalutarle. Myrtle infatti era una ragazzina minuta, con capelli ricci e mori tagliati corti, e due vivaci occhi nocciola. Una spruzzata di lentiggini sul viso le conferivano un’aria infantile e sbarazzina, in netto contrasto con la sua espressione seria perennemente stampata sul volto. Colei che più spesso faceva mutare quell’espressione, sia in divertito che in esasperato, era Nyss.

Nyss era una bellissima ragazza, con una cascata di capelli rosso fuoco che ricadeva sulle spalle e la schiena. La pelle era color caramello, luminosa e morbida.  Aveva occhi di un incredibile verde –il colore delle foglie primaverili viste controluce – come amava dire lei stessa. Nei suoi occhi vi era quasi sempre un’espressione di malizia, che si tramutava in pura gioia quando qualcosa la faceva ridere, il che accadeva di frequente.
Nel frattempo, Myrtle si era infilata la divisa di uno dei due operatori, calandosi poi la visiera del cappello sul volto per acquisire un minimo di anonimato. Nyss invece era rimasta nascosta ad osservare, prima di fare la sua entrata trionfale.
Un forte rombo di motori segnalò che la navicella era atterrata. Si trattava di un bel gioiellino, probabilmente appartenente a rampolli di ricche famiglie che si aggiravano in quei luoghi remoti in cerca di avventure: Myrtle pensò sorridendo che fosse il loro giorno fortunato.

Sulla scintillante fiancata si aprì il boccaporto, con il rumore lieve tipico delle porte automatiche. Dall'interno emersero due figure: una era un possente Aroch, come tradivano l'inconfondibile sfumatura indaco della spessa pelle e i quattro arti superiori; l'altro era un umano, biondo con una barbetta corta, e una fastidiosa aria di strafottenza stampata in viso.
"Sbrigati ad attaccare la pompa, ragazzo, ti sembra che abbia tempo da perdere?" l'apostrofò l'Aroch con tono fastidioso.
"Energia Gamma o Epsilon?", chiese Myrtle svogliatamente.
"Epsilon, e adesso muovi il culo."

La ragazza si avviò lentamente alla pompa e iniziò a rifornire la navicella.
"Riforniscimi anche di ossigeno e acqua, che siamo in riserva" aggiunse l'Aroch, grattandosi la testa calva.
"Subito, vostra eccellenza" rispose lei, con un sorrisetto canzonatorio.
Immediatamente si sentì strattonare per le spalle e sbattere al muro:
"Chi cazzo ti credi di essere, eh?" le sibilò l'umano, minaccioso, a un centimetro dal suo viso. Myrtle gli restituì uno sguardo vacuo che lo fecero desistere dall’attuare ulteriori minacce, non prima però di averle affibbiato un possente pugno nello stomaco.

La ragazza si accasciò a terra, boccheggiando alla ricerca d'aria in maniera plateale. Da quel contatto ravvicinato era riuscita a sfilare l’arma all’altro e a nasconderla velocemente nella sua tuta, non vista. Forse l'altro si sarebbe accorto di quella mancanza di lì a poco, ma Nyss fece in quel momento la sua entrata.
Era un dato di fatto: se Nyss era in tenuta da battaglia non esisteva creatura, di qualunque sesso o preferenze sessuali, che potesse distogliere l'attenzione da lei.
"Lasciate stare quel povero ragazzo, che è un po’ tardo poverino. Perché non venite a rinfrescarvi?" intervenne la fanciulla, porgendo  loro una bibita e facendo tintinnare i bracciali d'oro che portava al braccio. Indossava un semplice abito bianco, con ampia scollatura e una fascia in vita che sottolineavano il seno; un ampio spacco laterale poi, faceva uscire una gamba affusolata.

La rossa si avvicinò a loro con movenze feline ed eleganti, ma ormai i due avevano perso l'uso della parola e non potevano fare altro che fissarla imbambolati. L'umano si era completamente dimenticato dell'esistenza di Myrtle, e si era discostato da lei velocemente per andare incontro a quella visione. Nyss nel frattempo si era spalmata sull'Aroch:
"Ma che bell'arnese che hai!" esclamò, tirando fuori la pistola dell'Aroch. Myrtle sorrise tra sé e sé a quelle parole. "Ne ho un altro che è ancora meglio" rispose l'Aroch sornione. Myrtle fu tentata di prendere a testate il muro per la banalità di una tale risposta.
"Oh, ma io son sicura che questo funziona comunque molto bene!" disse Nyss entusiasta, e sparò una scossa elettrica che stese l’Aroch a terra.

L'umano a quel punto sbarrò gli occhi dalla sorpresa e indietreggiò.
"Bastarda!" sibilò, e fece per prendere la pistola,  senza riuscirvi. 
"Cercavi questa?" disse Myrtle, e quando lui si girò di scatto lei gli sparò un colpo.
"Fuori due." Commentò la mora, soddisfatta. 
Si chinò a perquisirlo, prendendogli tutti i soldi e documenti che le servivano. Gli lasciò però qualche spicciolo e la pistola, per permettergli di cavarsela una volta che si fosse risvegliato.
"Un lavoro pulito e senza lasciare traccia” commentò Nyss, che aveva fatto lo stesso con l'Aroch.“Magari fosse sempre così". Poi adocchiò la splendida astronave che presto sarebbe diventata loro. “Quando saliamo a bordo?” chiese.
"Fammi finire il rifornimento e poi partiamo" promise Myrtle.

 
***
 
Si sedettero nella cabina di pilotaggio, pronte a decollare. Le poltrone erano soffici e confortevoli, e rendevano la guida un piacere. Myrtle vi si immerse chiudendo gli occhi, assaporando la sensazione di possedere una tale bellezza. Sin da piccola aveva sempre amato le navicelle, e questa non faceva eccezione. Si sentiva come una bambina che aveva ricevuto il suo giocattolo preferito il giorno del suo compleanno, con la piccola differenza che chi gliel’aveva regalato non era propriamente d’accordo a cederglielo.

L’odore dei computer della cabina, che ricoprivano interamente le pareti fino al soffitto e rallegravano l’ambiente con le loro innumerevoli spie e lucine, la facevano sentire a casa.
“Pronta a partire” disse Nyss, allacciandosi la cintura con un click. “Controllo le spie vitali”continuò, e iniziò ad armeggiare sul monitor a schermo tattile del computer.
 “Livello energetico: ottimale; serbatoio energetico: pieno; livelli di ossigeno e acqua: sufficienti per tre settimane; stato degli scudi esterni: funzionale; operatività dei computer di controllo: massima”.
“Grandioso!” esclamò Myrtle, con gli occhi che le brillavano per l’eccitazione. Afferrò il volante con mani sicure. Aveva un’impugnatura ergonomica e soffice che era una gioia per i sensi. Si stava  innamorando.

La nave aveva dei comandi un po’ diversi dal solito, pensati per un profilo più sportivo. Il volante poteva inclinarsi nelle quattro direzioni prestabilite: piegarsi in alto o in basso, e girare a destra e sinistra. Ciò permetteva di muoversi in qualunque direzione nello spazio tridimensionale. Il propulsore di accelerazione invece era un pedale, per evitare confusione e liberare le mani da troppi impegni. I missili e gli armamenti venivano invece attivati premendo due pulsanti sulle estremità del volante.

“Accendo i motori” disse Myrtle, e un rombo sordo e sottile pervase l’abitacolo. “Inizio del decollo: aumento dell’accelerazione verticale” il rombo iniziò a salire di tono. “Distacco definitivo dal suolo.” E con uno scatto l’astronave partì in diagonale, guadagnando velocità. Normalmente i piloti sarebbero partiti con il massimo dell’accelerazione, ma Myrtle aveva un debole per il volo turistico: prima di uscire definitivamente dall’atmosfera, si concesse un breve divertimento volando a bassissima quota, zigzagando tra le formazioni rocciose di quel piccolo pianeta, che era alla fine piuttosto grazioso. Dopodiché tirò il volante verso di sé e iniziò l’ascesa, uscendo definitivamente dall’atmosfera e entrando nello spazio.

Ogni volta era uno spettacolo mozzafiato, nonostante sia Myrtle che Nyss ne fossero avvezze. I pianeti visti dallo spazio erano una vista unica, senza tener conto delle stelle e le galassie che si vedevano in lontananza. Vi era poi quella calma, quel silenzio irreale, che ispirava reverenza. Myrtle lo adorava, Nyss invece ne era un po’ inquietata, poiché non lo trovava naturale: diceva che sarebbe potuta scoppiare una bomba nucleare a un metro di distanza e non si sarebbe sentito nulla. Myrtle aveva provato a spiegarle che invece era del tutto naturale, dato che nel vuoto il suono non si propaga, ma Nyss non ne voleva sapere.

In seguito, inserite le coordinate del pianeta su cui volevano atterrare nel pilota automatico, si poterono dedicare a faccende più importanti.
“Nyss, mi andresti per favore a prendere lo zaino con il computer?” chiese Myrtle all’altra.
“Subito” rispose la rossa. Tornò poco dopo con una sottile lastra di metallo, che ad un tocco si illuminò. Myrtle la prese e la inserì nell’apposita fessura, in modo da collegarla con l’intero sistema operativo della navicella, e poter inoltre usufruire della tastiera di bordo. Iniziò quindi a smanettare, inserendo codici su codici, e alla fine si lasciò andare a un mugugno soddisfatto.

“Bene, ho cancellato ogni Tracker presente su questa navicella, e ho eliminato anche i dati relativi ai precedenti proprietari” disse. “In questo modo nessun computer di controllo potrà risalire al furto, quando entreremo nella civiltà. Poi attueremo qualche modifica e falsificheremo i documenti, e questa bellezza diventerà definitivamente nostra.”
“Beh, non vedo l’ora!” esclamò Nyss . Poi il suo stomaco emise un rumoroso brontolio. “Ah, che fame!” si lamentò. “ Ho tanta fame! Sto letteralmente morendo di fame! Sto…”
“Basta, ho capito!” sbottò Myrtle, divertita. “Vai in cucina a farti qualcosa.”
“Ma io ho fame di qualcosa di buono, quello che cucino io è sempre molto poco commestibile” rispose con un piccolo broncio.

“Ti prego Nyss, cucina te qualcosa, io ho ancora qualche lavoro da fare.”
“Se cucini per me, esaudirò ogni tuo più recondito desiderio.” Promise con voce suadente.
“Non ti prostituire per un piatto caldo. E poi io non sono uno di quegli esseri pervertiti che ti porti a letto tu. Con me la seduzione non abbocca mica.”
“Ammettilo, non ti dispiacerebbe andare a letto con me.” Rispose Nyss ridendo.
“Beh, visto il successo che riscuoti, prima o poi accetterò l’offerta, ma oggi non è quel giorno.”
Visto che quella non funzionava, Nyss cambiò tattica e iniziò a fissarla da sotto le lunghe ciglia con insistenza. Alla fine l’altra, esasperata dall’essere fissata in quel modo, smise di fare quello che stava facendo e si alzò.
“D’accordo, anche io ho fame, perciò farò qualcosa. Ma non lo sto assolutamente facendo per te” ribadì “ e comunque vieni a darmi una mano.”

Detto ciò si incamminò verso la porta, e uscì nel corridoio antistante per esplorare un po’ la navicella, seguita a ruota dalla rossa. Accanto alla cabina di pilotaggio vi stavano vari magazzini e stanze per accedere ai motori e ai panelli di controllo. Più vicino alla coda invece si aprivano due piccole stanzette, disposte simmetricamente una di fronte all’altra.

A metà del corridoio invece, salivano sui due lati due piccole scale a chiocciola, che conducevano al piano superiore, diviso in due parti: uno era una specie di sontuoso salone- spazio ristoro, con divani dalla forma moderna, un piano bar, e un piano cottura attrezzato di tutto il necessario. Il soffitto era interamente di vetro e forniva la vista mozzafiato della galassia. In fondo, quasi attaccato alla parete di vetro, vi era una piccola piscina rotondeggiante, vuota. Nyss e Myrtle vi si precipitarono, e in pochi secondi individuarono i comandi, e una botola automatica si aprì facendo uscire dei tubi di varie dimensioni, che iniziarono a far zampillare acqua fumante in tutte le direzioni.

“Questo è il miglior colpo che abbiamo mai fatto!” esclamò Nyss.
“Non posso credere che siamo state così fortunate” concordò Myrtle con occhi scintillanti.
“Adesso preparo qualcosa da mangiare, poi ci buttiamo nella piscina!” e si diresse con passo spedito verso il piano cottura, iniziando a frugare nelle dispense. In pochi minuti erano entrambe di fronte a due piatti fumanti, che iniziarono a mangiare con gusto.

Dopo essersi immerse nell’acqua corroborante, in una schiuma profumata e rilassante, Myrtle iniziò a far vagare i pensieri. Per qualche strano motivo, iniziò a ripensare al suo mentore. Sicuramente sarebbe stato fiero di quello che avevano appena combinato.

Scosse la testa sogghignando: quella vecchia canaglia di Enthor! Per tirare su una bambina secondo i canoni non vi sarebbe stata persona più inadatta, eppure a modo suo aveva impartito a Myrtle lezioni di vita che ancora si rivelavano preziosissime.

Enthor aveva trovato Myrtle, che all’epoca aveva quattro anni, in una capsula di salvataggio che era venuta a collidere con la sua astronavicella, mentre era inseguito da persone poco raccomandabili che volevano la sua testa. Siccome quella collisione per un caso fortuito gli aveva fatto scampare la cattura, aveva deciso che il destino aveva posto quella bimbetta sulla sua strada, e l’aveva presa con sé. Però, il fatto che fosse un avventuriero con qualche problema con la legge, dal grilletto facile e mezzo alcolizzato, non lo rendevano esattamente il tipo di persona più adatto a prendersi cura di una bambina.

Myrtle aveva buona memoria, e ricordava perfettamente quel giorno. Stava vagando per lo spazio nella capsula di salvataggio da ormai qualche giorno, rannicchiata contro la parete nello spazio angusto. Era estremamente confusa e spaventata, e non capiva fino in fondo cosa le stesse accadendo. Dormiva la maggior parte del tempo, ma spesso aveva gli incubi. Aveva mangiato solo liofilizzati ultranenergetici di emergenza, il cibo standard presente nelle scialuppe. Il loro sapore dolciastro ancora la stomacava, a distanza di anni e anni. Il suo unico conforto era il peluche a forma di pecora che stringeva al petto convulsamente, e un micro visore che le raccontava le sue fiabe preferite.

All’improvviso un giorno la scialuppa era andata a sbattere contro qualcosa, ed era stata scaraventata contro la parete imbottita. Poco dopo la capsula aveva iniziato a girare vorticosamente, per poi fermarsi all’improvviso. Come ricostruì dopo, lo shuttle degli inseguitori si era scontrato con un asteroide in seguito ad una manovra avventata per evitarla. Quando la capsula aveva smesso di girare, invece, fu perché Enthor l’aveva agganciata e la stava trascinando a bordo. Il protocollo di navigazione spaziale sanciva il dovere di prestare soccorso a ogni scialuppa incontrata sul proprio cammino, e nonostante Enthor non lo seguisse alla lettera, non era una persona disumana e l’aveva tratta in salvo.

Quando piccolo boccaporto della sua scialuppa si fu aperto, il cuore di Myrtle stava battendo talmente forte nel suo corpicino che temeva non avrebbe rallentato mai più. Si era ritrovata di fronte a un uomo alto, massiccio, da una lunga
barba irsuta e due occhi dallo sguardo gentile e gioioso.
“Per le cinque lune di Youndoor!! Una bambina!” aveva esclamato. Dopodiché l’aveva sollevata per le ascelle e deposta sul pavimento. “E te che ci fai in una scialuppa, tutta sola, eh? I tuoi genitori dove sono, cosa gli è successo?”. Ma Myrtle era troppo spaventata per rispondere, così Enthor aveva scosso le spalle, decidendo che in fin dei conti non gli importava troppo. Le aveva dato qualcosa da mangiare e l’aveva fatta dormire nel suo letto, disfatto e puzzolente, mentre lui si era adagiato su una poltrona.

Dopodiché vi erano tanti altri ricordi, più disordinati e confusi. Myrtle ricordava la meraviglia con cui aveva esplorato la piccola astronavicella, soprattutto cabina di pilotaggio piena di computer che cinguettavano allegramente. E ricordava anche l’Universo, così immenso e incomprensibile, e terribile nella sua bellezza. Ricordava le stelle, globi infuocati accecanti, e di come fosse terrorizzata che quelle lingue di fuoco guizzassero e lambissero la navicella, carbonizzandola. Ricordava pianeti dalle forme e dimensioni più bizzarre, satelliti e nebulose, corpi celesti ancora non identificati e catalogati.

Ricordava anche di quando erano entrati in un campo di asteroidi, ed Enthor l’aveva fatta sedere sulle sue ginocchia spiegandole come manovrare il volante. Poi, inizialmente a velocità ridotta, in seguito sempre più veloce, le aveva affidato il compito di schivare quelle mine vaganti. Era stato uno dei giorni più emozionanti della sua vita: ancora ricordava quella sensazione che era un misto di felicità, esaltazione e paura che le attanagliava lo stomaco. In realtà non se l’era cavata affatto male, e nonostante Enthor tenesse anche lui le mani sul volante per schivare all’ultimo qualche asteroide (ed era accaduto piuttosto di frequente) Myrtle aveva già dato prova della sua attitudine nel pilotare astronavi. Così era iniziata una passione che l’avrebbe accompagnata per sempre.

Poi vi era in pianeta Youndoor e le sue famose cinque lune, tanto invocate da Enthor quando era particolarmente arrabbiato. Youndoor era un piccolo pianeta ai margini della galassia, che aveva dato i natali al nobiluomo sopracitato. Era un piccolo gioiello dimenticato dalla maggior parte della civiltà; con giungle così fitte da essere sempre immerse nell’ombra, o ancora montagne con grotte e foreste con alberi alti centinaia di metri; e un numero non indifferente di bestie feroci che circolavano intorno. La popolazione era piuttosto povera e di numero ridotto, ma conduceva una vita semplice e relativamente tranquilla, movimentata di tanto in tanto dagli attacchi di qualche belva.

Enthor vi si recava per riposarsi ogni volta alla fine di una “missione” come amava chiamarle lui. Era un uomo dalle molteplici capacità: un po’ ladro, un po’ rapinatore, un po’ cacciatore di taglie, un po’ trafficante, un po’ pilota clandestino: qualunque attività illecita e avventurosa che richiedeva un uomo che agiva in solitaria, Enthor la praticava. Ed era anche uno dei più bravi sulla piazza.

Era da lui che Myrtle aveva imparato i rudimenti della lotta e delle arti marziali, l’uso delle armi da fuoco di piccola e media taglia, il pilotare le astronavi, il trattare e mercanteggiare con i malavitosi. Enthor aveva sin da subito sfruttato la piccola taglia della bambina e la sua aria innocente, impiegandola nelle più svariate missioni, per lo più come una piccola spia per acquisire informazioni preziose, attività che Myrtle svolgeva ben volentieri, prendendo il tutto come fosse un gioco…

Un urto improvviso colpì la navicella, strappando Myrtle dai suoi pensieri. L’allarme iniziò a suonare freneticamente, mentre dal vetro si poterono vedere chiaramente navi ostili che sparavano colpi su di loro.
“Dannazione, ci stanno attaccando!” gridò Nyss. “Credi che qualcuno ci abbia seguito?!” domandò agitata.
“Non credo” replicò Myrtle “Piuttosto saranno pirati di passaggio che hanno pensato bene di prenderci di mira.”
Detto questo schizzò fuori dalla piscina, afferrando al volo un asciugamano, preceduta da Nyss. Scesero barcollanti le scale rese scivolose dai loro piedi bagnati, e si precipitarono nella cabina di pilotaggio avvolte solamente da quei panni striminziti.
Myrtle si fiondò immediatamente al posto di comando, agganciandosi la cintura e afferrando il volante, pronta a schivare i colpi lanciati verso di loro. Nyss nel frattempo aveva iniziato a digitare freneticamente sul computer di controllo,
informandola delle condizioni dell’astronave.

“Stato degli scudi esterni: danneggiati. Il livello di energia è molto basso, non so per quanto potranno reggere!”
“Dannazione, bisogna fare in modo di ripristinare l’energia al massimo livello!” rispose la mora concitata.
“Dolcezza, chiedi una cosa impossibile” ribatté l’altra.
“No, in qualche modo devi riuscirci” replicò Myrtle “non ho nessuna intenzione di farmi catturare da quei pirati vestita così,” e indicò gli asciugamani che le coprivano. “Ne andrebbe della mia reputazione” .
“D’accordo, d’accordo” acconsentì la rossa “posso provare a trasferire l’energia utilizzata per le funzioni minori agli scudi.” Iniziò ad armeggiare sullo schermo del computer.
Myrtle intanto dava del suo meglio per evitare gli spari. Zigzagando tra i vari raggi laser, si era portata sotto i ventri delle tre astronavi nemiche, così da rendere loro più difficile attaccare.
“Figli di puttana” ringhiò a denti stretti.
“Ce l’ho fatta! Gli scudi sono di nuovo funzionanti!” esclamò la ragazza.
“Grande!! Ti amo!” rispose la mora “Adesso vediamo che belle armi potremmo usare contro quei bastardi.”

Passò al contrattacco: sfruttando la sua posizione di vantaggio, iniziò a sparare colpi precisi e mirati alle tre astronavi, mirando alle parti vitali. A due di queste riuscì ad infliggere danni abbastanza significativi, ma la terza fu svelta a spostarsi e ad attaccare a sua volta. Myrtle facendo avvitare la navicella su se stessa, riuscì ad evitare la maggior parte dei colpi. Poi con una manovra brusca poté sparare qualche colpo in risposta, provocando danni lievi.
A quel punto premette con decisione sull’acceleratore, tentando di fuggire. Ma la terza astronave aveva già sganciato dei missili inseguitori.

“Perfetto” sorrise tra sé e sé Myrtle “hanno agito esattamente come speravo.”
Affondò nell’acceleratore al massimo, raggiungendo la velocità più elevata. Sfruttò quei secondi di vantaggio che aveva sui missili per posizionarsi nel luogo ideale, per poi partire sfrenata verso la prima navicella. Arrivata nelle sue prossimità, rallentò di scatto: l’imprecisione dei missili inseguitori era di 0.04 secondi. Quando stavano quasi per colpirla, deviò improvvisamente verso l’alto e i missili colpirono in pieno la navicella nemica, causandole un black-out totale.

Come pensava, quei missili erano fatti per rendere inerti, non per distruggere. Segno che i loro nemici erano interessati a mantenere la merce, ovvero la loro astronave, intatta. Comunque, le navi nemiche non furono così stupide da ripetere la manovra, e incominciarono a bombardarla di colpi.

Myrtle riprese la fuga tentando seminarli, ma quelle le restavano incollate dietro. Quindi optò per una manovra avventata, che la portò a fronteggiarle. Infine sparò veloce due colpi mirando alle parti vitali. Colpì in pieno la seconda navicella, mettendola fuori gioco, ma la terza fu lesta a scansarsi.

La ragazza digrignò i denti: chiunque pilotasse quell’astronave, era dannatamente bravo. Cercò di sfruttare quei nanosecondi di vantaggio, in cui il nemico era distratto per sparare altre volte, ma quello riuscì a schivarli con agilità.
“Myrtle, i nostri scudi sono a un livello critico!” avvertì Nyss. “Non reggeremo ancora per molto!”
“Stupida astronave inutile, sei buona solo per degli stupidi rampolli che fanno festini, non per la battaglia! Non hai resistito nemmeno un secondo!” Myrtle era inviperita, e con molta maturità se la stava prendendo con un oggetto inanimato.

Un altro colpo sconquassò l’astronave, e la ragazza fece l’ultimo, disperato, tentativo: fuggire a massima velocità. Dopotutto quella era una navicella sportiva, e avrebbe dovuto avere quel tipo di vantaggio. Ma l’ultima astronave rimasta era una signora astronave, e nel giro di pochi secondi già l’aveva recuperata: sparò un paio di colpi che gli scudi esausti non poterono bloccare, e mandarono la navicella in black-out.


Note dell'autrice: ringrazio la mia fantastica beta Francesca, senza la quale questa storia sarebbe illegibile!  

 
  
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