Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Nat_Matryoshka    08/09/2013    5 recensioni
"È stato solo un sogno. Catelyn Stark non avrebbe mai voluto vederti sporcare le mani di sangue, neanche per vendicarla. "
[JaimexBrienne; hints JaimexCersei]
- Seconda classificata e vincitrice del Premio Originalità al contest "L'inizio della fine" indetto da Cosmopolita1996 -
- Candidata agli Oscar EFPiani 2014 (indetti da Frandra) per Brienne come Migliore Attrice Protagonista -
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brienne di Tarth, Cersei Lannister, Jaime Lannister, Tyrion Lannister, Tywin Lannister
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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I never knew daylight could be so violent
 

My doe, my dear, my darling,
Tell me, what all this sighing's about?
 


Era stato un sogno. Solo un sogno.
Jaime Lannister era seduto nella sala in cui suo padre di solito si preparava a presiedere le esecuzioni e guardava a terra, con lo stesso stato d’animo – immaginava – di chi in quella stanza doveva aver atteso la sentenza di Tywin Lannister. Fissava i suoi piedi senza un’idea concreta di ciò che avrebbe fatto di lì a pochi minuti, fissandoli e basta come tante volte aveva osservato gli arazzi e la mobilia di Approdo del Re.
È stato solo un sogno. Questo le aveva detto, cercando di convincerla, ma era stato inutile.
Catelyn Stark era morta da molti mesi, ma la ragazza bionda in armatura giurava di averla vista durante una notte insonne, alta e fiera, al suo fianco come lo era stata nei mesi precedenti al terribile attacco alle Torri Gemelle. Nel sogno Brienne le era corsa incontro e l’aveva abbracciata come mai era riuscita a fare in vita, mentre Catelyn le sorrideva e la ringraziava per essere tornata ad Approdo del Re a cercare le sue figlie, anche se significava avventurarsi in territorio nemico, dove nessuno sarebbe potuto accorrere in suo aiuto. Brienne sapeva chi era coinvolto nell’omicidio di Lady Stark senza che fosse la donna a dirglielo, ma gli occhi piangenti di Catelyn dovevano aver aperto una breccia nel suo cuore, tanto che pochi giorni dopo aveva comunicato all’ex compagno di avventure il suo intento di cercare giustizia alle Terre dei Fiumi.
È stato solo un sogno. Catelyn Stark non avrebbe mai voluto vederti sporcare le mani di sangue, neanche per vendicarla.
Nulla aveva convinto Brienne. La fedeltà che la legava alla sua signora era tanto forte quanto cieca e disperata e il suo viaggio era iniziato. Ripensandoci a distanza di giorni, Jaime si chiedeva cosa l’avesse spinto a seguirla, senza curarsi né di suo padre, né di sua sorella, né dei consigli e della preoccupazione di Tyrion, l’unico a cui avesse confidato il progetto della ragazza. Aveva paura di vederle fare qualcosa che le avrebbe procurato dei guai? Forse. Sapeva soltanto che ne avevano affrontate tante insieme e che non poteva lasciarla andare allo sbaraglio senza accompagnarla, qualsiasi cosa avesse comportato quella scelta.
Catelyn Stark era una donna forte, ma non era stata quella caratteristica a colpirlo la prima volta che si erano trovati faccia a faccia nelle segrete: sapeva cosa fosse la lealtà. Per quanto avesse l’appoggio dei suoi alleati e del Re del Nord aveva deciso di non farlo uccidere, affidandolo invece a Brienne. Quella donna era stata la sua fortuna e la sua rovina, ma non aveva mai provato odio per lei, in nessun momento. Forse era anche per quello che aveva accompagnato Brienne nella sua pazzia, come se il sogno avesse afferrato anche lui nelle sue spire di fumo.
 
****


L’idea di procedere da soli verso le Torri Gemelle e poi studiare un piano per entrare nel castello e attaccare Walder Frey era a dir poco assurda, di questo anche Brienne era consapevole. Il caso, però, aveva fornito loro un’ottima occasione per attuare il piano: la ragazza aveva scoperto per vie traverse che Lord Frey sarebbe stato scortato da un piccolo gruppo dei suoi figli e alfieri verso Delta delle Acque, dove si trovava il figlio Emmon con la moglie Genna, sorella di Tywin. Anche ammettendo la possibilità di tendere un agguato al vecchio Frey per separarlo dal resto del gruppo, tutta l’operazione appariva impossibile e disperata, le aveva detto Jaime per cercare di convincerla a cambiare idea. Brienne, però, era stata irremovibile.
Erano partiti in una mattina nebbiosa, alla volta di una regione che prometteva di accoglierli con la stessa nebbia dalla quale si stavano congedando. Durante il tragitto aveva osservato Brienne per cogliere un eventuale segno di cedimento nei suoi occhi, ma non ne aveva trovati: era sempre il solito cavaliere stoico, incapace di mostrare debolezze sia agli avversari che ai compagni. Solo guardandola più a lungo mentre si fermavano a mangiare qualcosa dalle loro provviste si era accorto che nei suoi occhi c’era posto anche per una piccola scintilla di inquietudine. Sottile, ma presente.
Torniamo ad Approdo del Re, prosegui con la tua ricerca e dimenticati dei Frey, avrebbe voluto dirle. Invece era riuscito solo a lanciarle uno sguardo senza dire nulla, annuendo al gesto con cui gli dimostrava di voler proseguire.
Se solo non  si fosse presentato quel caso fortuito, sarebbe cambiato qualcosa nella sua decisione? Non lo sapeva. A volte il caso si metteva di impegno nello sconvolgere i loro piani, creando occasioni che sulle prime sembravano vantaggiose, ma a lungo andare portavano con loro il caos.
Se solo quel sogno non fosse mai arrivato.

 
****


All’inizio, le cose sembravano andare nel modo migliore: Lord Frey era rimasto indietro rispetto alla sua scorta, affiancato soltanto dai figli Lothar e Olyvar. Nessuno dei due era noto per essere un grande guerriero (chi dei Frey lo è? Sono solo traditori e vigliacchi assassini, nient’altro, era stato il commento amaro di Brienne), per cui l’idea di tendere loro un agguato iniziava a concretizzarsi. Brienne era fiduciosa nelle capacità di entrambi e anche Jaime iniziava a sentire l’adrenalina scorrere nelle vene, per quanto potesse ancora disapprovare il piano della ragazza e quella missione punitiva insensata.
Si erano appostati in una piccola radura da dove la visuale sulla strada maestra era migliore e avevano atteso, il cuore in gola, le dita di lei che stringevano spasmodicamente le briglie, quelle di Jaime che passavano dalla criniera del suo cavallo all’elsa della spada con lo stesso nervosismo. Aveva guardato Brienne di nuovo e questa volta l’aveva vista tentennare come non gli era mai sembrato prima, la paura era evidente e strisciava fuori dai suoi occhi ma non si trasformava in lacrime: la traduceva nei gesti secchi con cui maneggiava la spada e si sistemava le parti dell’armatura, impaziente, lanciata in corsa verso quella pazzia alla stessa velocità del suo compagno, che pure si vantava di essere un combattente esperto e accorto.
 E poi, un attimo dopo – o forse un’ora, chi poteva dirlo? La paura faceva perdere la concezione del tempo – era successo tutto quanto, un altro di quegli eventi inaspettati che ribaltano le carte in tavola e possono portare a miracoli e disastri allo stesso modo: mentre Walder Frey si apprestava a passare era spuntata fuori dalla boscaglia una quindicina di uomini a cavallo, tutti armati chi di lancia, chi di arco e frecce, che avevano attaccato sia Lord Frey e i suoi figli che la scorta, tornata indietro ai primi segnali di pericolo. Gli aggressori avevano addosso abiti laceri e armature spaiate, ma qualcuno di loro mostrava con orgoglio la trota argentata dei Tully sugli stendardi e sugli scudi scoloriti, segno che tentavano un attacco (disperato quanto quello di Brienne) contro gli oppressori di Delta delle Acque. Per un secondo sia Jaime che la ragazza erano rimasti spiazzati da quell’apparizione, ma si erano ripresi in fretta e avevano colto l’occasione per gettarsi nella mischia e portare a termine la missione che si erano prefissati.
Era stato tutto troppo facile per essere solo un caso. Come aveva fatto a non insospettirsi prima? Nel caos che era seguito aveva perso di vista la sua compagna, ma dalle grida e dal rumore delle lame che cozzavano aveva capito che Brienne si stava facendo largo tra i Frey e i loro aggressori alla ricerca di Lord Walder, non immaginando che il vecchio Lord fosse già scappato insieme a Lothar lasciando indietro gli altri figli e la scorta di lord alfieri. Gli alfieri dei Tully avevano creato scompiglio, ma la loro inesperienza in combattimenti di quel genere si faceva notare: metà degli aggressori erano stati uccisi, l’altra metà si era data alla fuga vedendosi accerchiata da ogni parte dai nemici, che sembravano parecchio più numerosi di quanto si aspettassero. Solo Brienne e tre cavalieri di mezza età col simbolo del pesce argenteo dipinto sull’armatura resistevano, continuando a combattere contro gli uomini che ormai li avevano messi alle strette. E poi c’era lui, che aveva fatto la sua parte ma che allo stesso tempo cercava di tenersi lontano dal centro della mischia, anche se non c’era nessun pericolo che lo riconoscessero: tra il Jaime dall’armatura dorata splendido e spavaldo e quello vestito in maniera decisamente più umile con barba e capelli lunghi esisteva una differenza abissale, che un occhio poco allenato mai avrebbe riconosciuto.
E poi Brienne si era girata verso di lui, aveva spronato il cavallo e gli aveva fatto capire solo con lo sguardo – ormai aveva imparato ad interpretarli tutti – che era il momento buono per andarsene, che finalmente aveva capito quanto si fossero cacciati nei guai e che, forse, potevano cercare di rimediare scappando in quel momento. Troppo tardi: prima che Jaime potesse avvicinarsi e affiancarla un paio di soldati li avevano accerchiati, uno di loro aveva colpito con forza Brienne sul collo (che l’armatura scomposta aveva lasciato scoperto) e l’altro si apprestava a riservare a lui lo stesso trattamento, se l’uomo non avesse scartato di lato facendolo sbilanciare. Non era comunque riuscito a raggiungerla: un altro alfiere che non aveva notato in precedenza l’aveva sorpreso da dietro, stordendolo con una potente sferzata sulla spalla che l’aveva reso cieco dal dolore per un momento. Il grande Jaime Lannister, il Primo Cavaliere di re Aerys Targaryen, fregato da un trucco da novellini come quello.
Doveva essere svenuto, perché della fine della battaglia non ricordava nulla: probabilmente era caduto da cavallo e qualcuno de i Frey lo aveva legato e portato in una delle segrete di Delta delle Acque, che conosceva fin troppo bene. Al suo risveglio si era ritrovato incatenato con Brienne al suo fianco, che teneva gli occhi bassi e fuggiva il suo sguardo. Non ci aveva fatto caso più di tanto: si sentiva debole, per niente in grado di arrabbiarsi o discutere.
Più tardi, aveva scoperto che Brienne era riuscita soltanto a ferire uno dei figli di lord Frey accorsi in aiuto dei lord alfieri. Sia il vecchio Frey che i suoi figli maggiori erano scappati in tempo; in quanto agli aggressori Tully, solo in tre erano stati imprigionati come loro. Come immaginava, la missione si era rivelato il più stupido e grossolano dei fiaschi.

****
 

Camminava avanti e indietro, senza badare né alla fatica che sentiva addosso (il collo gli faceva ancora male per il colpo ricevuto giorni prima) né alla preoccupazione che gli attanagliava lo stomaco. Brienne era stata in silenzio per la maggior parte del tempo: si era limitata ad alzare gli occhi una sola volta, fissandoli in quelli di Jaime.
“Avevi ragione tu. Il nostro intervento non è servito a nulla.”
Lui non aveva ribattuto, né l’aveva rimproverata. Non era il suo cavaliere, lei non era un piccolo scudiero da sgridare per il proprio comportamento avventato: erano responsabili entrambi di quanto era successo e insieme ne sarebbero venuti fuori, come erano venuti fuori da altre situazioni. Brienne però doveva sentirsi in colpa, perché non aveva più detto nulla.
Così avevano aspettato. Minuti, ore, giorni, in attesa che qualcuno si facesse vivo e decidesse della loro sorte.
Con sua grande sorpresa, era stata una della guardie cittadine di Approdo del Re ad aprire la porta della cella qualche giorno dopo.  Un uomo che non ricordava di aver visto prima di quel momento, che li aveva fatti alzare e li aveva scortati rudemente verso la sala consiliare del castello, dove Lord Frey in persona aveva annunciato il suo verdetto: sarebbero stati riportati entrambi come prigionieri traditori ad Approdo del Re e la loro sorte sarebbe stata decisa da Lord Tywin in persona. Nessuno dei due aveva detto nulla; si erano limitati a restare in silenzio, ognuno che covava i propri pensieri senza darlo a vedere all’altro, Brienne coi suoi sensi di colpa misti all’orgoglio di guerriera che non si lasciava sottomettere e lui preoccupato e cosciente del confronto imminente con suo padre.
Li avevano scortati a cavallo in un viaggio che gli aveva ricordato tremendamente quello vissuto con Brienne quando erano finiti nelle mani dei Guitti Sanguinari, ma neppure in quel momento era stato tanto preso dall’inquietudine, anzi: l’idiozia di Vargo Hoat, caduto nel tranello che gli aveva teso con la promessa di ricevere ricchezze e tesori dal signore di Tarth, era riuscita a rendergli i soprusi meno pesanti da subire. Pensare a suo padre e alla punizione che avrebbe potuto infliggere ad entrambi era penoso, l’unica direzione verso la quale riuscisse a rivolgere la sua mente stanca, spossata, distrutta. Più volte si era chiesto se anche Brienne stesse pensando a cosa avrebbero trovato una volta arrivati al castello, o se invece i suoi pensieri fossero altrove.
Erano arrivati in un mattino come tanti altri. La luce del giorno aveva ferito i suoi occhi semichiusi come una lama mentre i loro carcerieri li scortavano finalmente verso il cortile del castello, per poi lasciarli al loro destino. Jaime Lannister guardava i merli davanti a sé e si chiedeva se la luce del sole fosse mai stata così violenta, dura come un pugnale che gli entrava nel cuore e distruggeva ogni sua difesa.
E se anche tutto quel viaggio si fosse rivelato solo un sogno nato dalle loro menti?
No, non era possibile. La luce che ricordava lo avrebbe avvolto in una coperta di tepore, l’avrebbe confortato senza ferirlo.

****

Suo padre non si era smentito: aveva preteso subito una prima udienza a quattr’occhi, solo lui e Jaime. Udienza che si era tenuta nella stanza dove riceveva chi aveva bisogno del Primo Cavaliere del Re, così opprimente e piena della sua autorità da farlo sentire ancora una volta un bambino di dieci anni, spaventato dal padre che lo obbliga a leggere nonostante le proprie incertezze.
Tywin Lannister gli aveva detto chiaramente che non lo riteneva responsabile per quanto era accaduto alle Torri Gemelle. Dietro quell’attacco affrettato c’era una mente inesperta, qualcuno che sicuramente non era mai stato impegnato in battaglie serie prima di quel momento, per cui non sospettava minimamente un suo coinvolgimento. Ciò nonostante, qualcuno avrebbe dovuto essere punito per quanto era successo: un agguato che aveva comportato il ferimento di alcuni membri di una casata alleata non poteva essere lasciato correre senza conseguenze, col rischio che qualche altro manipolo di pezzenti armati potesse emularne l’impresa. In quel momento non aveva tempo di occuparsi di quella questione – ce n’erano altre che preferiva risolvere con urgenza – per cui l’aveva congedato dopo neppure un’ora, dichiarando che avrebbe presto richiesto nuovamente la sua presenza. Non aveva aggiunto altro, ma Jaime aveva capito fin troppo dei suoi progetti.
Sta parlando di Brienne, è lei che vuole punire, aveva pensato un attimo dopo essere uscito dalle stanze del padre. La ragazza non era protetta da alleanze che sarebbero potute tornare utili ai Lannister, Tarth era un territorio legato da ragioni storiche e politiche ai Baratheon, per cui era fuori discussione che riuscisse a convincerlo da quel punto di vista. Neanche il fatto che il padre di lei fosse ricco poteva sistemare le cose, non di fronte alla ricchezza sulla quale i Lannister potevano contare. Cosa avrebbe potuto fare, allora? Non sembravano esserci modi per sottrarla a quanto Tywin aveva in serbo per lei. Per lei, e per gli altri ribelli prigionieri a Delta delle Acque, che almeno potevano sperare nella pietà di Lord Frey, sempre che ne avesse mai posseduta.
Era talmente concentrato in quei pensieri da non accorgersi che sua sorella Cersei era appena uscita dalla stanza e si dirigeva lungo il corridoio, il rumore affrettato dei passi che risuonava all’interno del corridoio di pietra. Il Jaime di un tempo l’avrebbe raggiunta immediatamente, desideroso di stringersela contro per fuggire la sensazione di disagio che gli aveva lasciato addosso l’incontro col padre, ma quel Jaime non esisteva più da un pezzo: in un momento simile tutto ciò che voleva era evitarla e proseguire per la sua strada, in cerca di un posto dove riflettere in pace.
La sorte non gli era stata amica: Cersei si era fermata davanti a lui, gli splendidi capelli biondi che seguivano il movimento del corpo.
“Jaime. Pensavo che fossi ancora prigioniero di Lord Frey, giù alle Torri Gemelle.”
Non c’era preoccupazione nei suoi occhi, né altri sentimenti diversi da una leggera ironia. Sarcastica, pungente, capace di usare le parole a proprio favore: così era sempre stata sua sorella, così era anche con lui da poco tempo a quella parte, almeno da quando era tornato ad Approdo del Re dopo il periodo di prigionia a Delta delle Acque. Era come se, assieme alla mano, Jaime avesse perso anche la parte di sé più attaccata alla gemella, quella che per amore aveva compiuto le azioni più terribili. Cersei doveva essersene accorta, perché aveva iniziato a trattarlo in maniera distaccata, soprattutto quando lo vedeva parlare con la donna bionda in armatura che spesso incontrava fuori dalle mura della fortezza.
“Nostro padre aveva richiesto la mia presenza. Lo conosci meglio di me, sai quanto detesti che si disobbedisca ai suoi ordini di Primo Cavaliere del Re, per cui… eccomi qui.”
“Il Primo Cavaliere doveva essere parecchio impegnato, se ti ha lasciato andare senza trattenerti almeno un’ora. Hai qualcosa da raccontarci, fratello? Potremmo fare uno scambio di informazioni”. Cersei aveva appena schiuso le labbra per rispondere al gemello, quando Tyrion Lannister aveva fatto la sua comparsa nel corridoio. L’espressione della sorella si era trasformata immediatamente in quella che dedicava di solito al minore dei fratelli: un sorrisetto sarcastico e lo sguardo infastidito, nonostante si fosse fatta da parte per farlo passare.
“Tyrion. Anche tu qui ad accogliere nostro fratello? Che bella riunione di famiglia. Devo dedurre che tua moglie non sia di nessuna compagnia, se la abbandoni così spesso per girovagare senza meta per il castello” lo mise a suo agio la donna, sorridendogli. Tyrion la ignorò come al solito. Uno dei passatempi preferiti di Cersei era quello di stuzzicarlo continuamente tirando in ballo il suo matrimonio con Sansa Stark, argomento che ormai l’uomo sapeva benissimo come evitare.
Si rivolse direttamente a Jaime. Cersei nel frattempo si era allontanata con discrezione, rivolgendo un ultimo sguardo beffardo al fratello minore.
“C’è un motivo preciso dietro al mio ‘girovagare per il castello’. Ho visto le guardie che portavano Lady Brienne nelle segrete, mentre parlottavano tra loro riguardo ad una sentenza. Nostro padre non ti ha detto nulla? È probabile che i traditori giù alle Torri Gemelle vengano giustiziati, e di certo l’idea non è solamente del vecchio Walder Frey. Sai bene quanto a nostro padre piaccia mostrare il proprio pugno di ferro a scopo dimostrativo, e l’occasione giusta per farlo potrebbe essere arrivata…”
Jaime non gli aveva mai visto quell’espressione sul viso: era… dispiaciuto? Si, quello era decisamente l’aggettivo che descriveva meglio Tyrion. Sembrava teso, preoccupato all’idea di dare una brutta notizia all’unico membro della famiglia che tenesse ancora a lui. L’uomo continuò:
“Ma c’è di più: molto probabilmente la rivolta e la tua partenza insieme a Lady Brienne non sono stati eventi esattamente casuali. Esisteva già da tempo un gruppo di alfieri Tully deciso a prendere le armi contro i Frey, ciò che serviva loro era un semplice pretesto per iniziare l’attacco. Lord Varys mi ha appena illuminato su come gli sia stato suggerito di sbarazzarsi di quel noioso focolaio di rivolta inviando loro una talpa per fomentarli, guarda caso proprio il giorno prima in cui vi siete allontanati da Approdo del Re… due piccioni con una fava, non pensi? Per cui sono venuto ad avvisarti: non ho idea di cosa nostro padre abbia in mente, ma tieni gli occhi aperti.”
Jaime era rimasto per un attimo immobile, interdetto. Tyrion si era già congedato con un cenno della testa e un “appena scoprirò qualcosa di nuovo lo saprai, Jaime”, lasciandolo solo con le sue domande e un interrogativo che gli pulsava in testa: chi poteva aver organizzato un piano di quel genere?
Era stata Cersei a fornirgli la chiave di tutto. Una Cersei il cui viso era illuminato da un sorriso raggiante di perfidia, pieno di una scaltrezza soddisfatta che mai aveva notato tanto chiaramente.
“Sarà proprio una bella esecuzione, quella che ha in mente nostro padre. La tua prima esecuzione pubblica, non sei emozionato?”

****

Le segrete di notte avevano un aspetto completamente diverso rispetto al giorno: cupe lo erano sempre state, ma la quantità di ombre che la notte e la luce delle torce aggiungevano le rendevano un posto in cui non era affatto piacevole trovarsi, anche per chi ci si recava a controllare lo stato dei detenuti. Figuriamoci per i reclusi, aveva pensato Jaime mentre qualche notte dopo cercava la zona in cui era stata confinata Brienne. L’aveva trovata quasi subito: le guardie non si erano azzardati a torcerle un capello, ma non le avevano neppure riservato un trattamento di favore, chiudendola in una cella tutto sommato pulita anche se piccola e stretta, tanto che la ragazza era ridotta a starsene accovacciata in un angoletto su un mucchio di paglia che qualcuno le aveva lasciato a mo’ di letto.
Era immersa nei suoi pensieri – come spesso gli era capitato di vederla – con la testa appoggiata su un ginocchio e gli occhi semichiusi, tanto che all’inizio neppure l’aveva notato. Aveva preteso dalla guardia di quella sezione una chiave della sua cella e, senza dirle nulla, era entrato e si era inginocchiato davanti a lei, pensieroso quanto e forse più della compagna.
“Ti hanno informato di quello che sono intenzionati a farmi, vero?”
Jaime non aveva risposto. Non aveva idea di come trovare le parole adatte per farlo. L’unica frase che la mente gli aveva suggerito poco dopo era stata la più stupidamente ingenua che poteva venirgli in mente.
“Non lo faranno. Glielo impedirò, in qualche modo.”
Brienne gli aveva rivolto uno sguardo poco convinto, dopodiché si era alzata in piedi e aveva iniziato a camminare avanti e indietro, per quanto il soffitto basso cercasse di impedirglielo. “Pensi che ti darebbero ascolto? Sei Jaime Lannister, il potente Jaime Lannister, ma di fronte ad una bella esecuzione la tua autorità comunque non vale nulla… lascia perdere. Sono stata io a lanciarmi in quell’impresa, mi merito le conseguenze. Non ha senso che tu cerchi di tirarmene fuori, Jaime.”
Sarò io a doverti uccidere, te ne rendi conto? Proprio io! avrebbe voluto gridare, ma era rimasto in silenzio a guardarla, chiedendosi cosa lo riportasse ogni volta verso di lei, a condividere i problemi di quella strana ragazza guerriero e a desiderare di fare qualcosa, di proteggerla. Per quanto potesse sembrare dura e inaccessibile, forte quanto la spada che impugnava, sentiva che qualcosa dentro di lei si era rotto, anche se non gli avrebbe mai mostrato i pezzi.
Si era tirato su d’istinto, e d’istinto l’aveva raggiunta, poggiandole una mano sulla spalla per farla voltare. Gli occhi celesti di Brienne erano spenti.
“L’avevo detto all’inizio, ricordi? Ci siamo dentro insieme, e insieme ne usciremo. Come abbiamo sempre fatto.  Pensi che non sarei in grado di risolvere la situazione?”
Ecco il vecchio Jaime che tornava alla carica. Il ragazzo che voleva essere gratificato quando si metteva in testa un’idea, per quanto pazza potesse risultare, anche a costo di sembrare arrogante. Forse in quello erano simili, lui e Brienne. Lei lo osservava, un sorriso triste sul viso sciupato.

“Non è questione di mancanza di fiducia, Jaime. È che, dopotutto, sei solo un uomo. Siamo solo due esseri umani, nient’altro.”

Erano così vicini che sarebbe bastato un soffio di lei a riscaldargli le guance gelate dall’umidità del sotterraneo. Sei solo un uomo, gli aveva detto.  Perché una frase simile, pronunciata da una donna qualsiasi – anche da sua sorella Cersei – lo avrebbe fatto infuriare, mentre se era Brienne a dirlo suonava in tutt’altro modo? Cosa era successo a Jaime Lannister in quei mesi di lontananza da casa?
Il suo primo istinto era stato di attirarla verso di sé e baciarla, ma sentiva che con Brienne non avrebbe funzionato. Brienne non era una delle donne che aveva avuto intorno per tutta la vita, con lei non funzionavano trucchi o tentativi di comprare la sua fiducia: riusciva a guardargli dentro e a trattarlo come una persona qualunque, senza timore reverenziale o remore di alcun tipo. Ma era così vicina da rendere tutto tanto difficile, troppo difficile.
Si era limitato ad allungare una mano e ad accarezzarle una guancia. Gli occhi di Brienne erano ancora freddi, ma una piccola luce le brillava in fondo all’iride, come una stella accesasi in ritardo.
“Sono l’uomo che ti tirerà fuori da qui. Basta questo.”
Non aveva aggiunto altro: era uscito dalle segrete in silenzio, preparandosi alle notti insonni che lo aspettavano prima dell’ultimo verdetto di suo padre.

****
No light, no light in your bright blue eyes
I never knew daylight could be so violent…
 

Il giorno dell’esecuzione era arrivato prima di quanto entrambi pensassero.
Aveva tentato anche la strada della diplomazia, ma non era servito a nulla: se c’era una cosa a cui Tywin Lannister non cedeva mai, quelli erano i compromessi. Era stato congedato come al solito in fretta, con l’ordine di presentarsi il giorno dopo puntuale per l’esecuzione al tempio di Baelor e nessuna parola riguardo alle richieste di Jaime di riconsiderare il caso chiedendo un riscatto al signore di Tarth. Così si era ritrovato di nuovo solo, confinato dai suoi pensieri in una dimensione dalla quale non riusciva a scappare, preoccupato per Brienne e incerto su come sfuggire alla sorte che suo padre e sua sorella gli stavano cucendo addosso con tanta cura. Le notti si erano susseguite, notti in cui si era svegliato con un vuoto nel cuore che gli impediva di riaddormentarsi, fino a quella mattina, in cui si era alzato e dopo essersi vestito era accorso immediatamente nella sala delle udienze di suo padre, solo per trovarvi Tyrion che l’aveva invitato a raggiungere il tempio di Baelor il più presto possibile.
Era lì che si trovava in quel momento, a fissarsi i piedi e a focalizzare la propria mente su una serie di idee indistinte che lo confondevano, spuntate fuori chissà quando. Sentiva le grida del popolo e la confusione di una gran massa di gente che si avvicinava - probabilmente attratta dallo spettacolo orribile a cui stava per assistere – e ancora non riusciva a muoversi dalla panca sulla quale era seduto, in attesa di un qualsiasi ordine che lo riscuotesse da quel torpore.
Sapeva benissimo quello che sarebbe successo. La soluzione, se così la si voleva chiamare, si era fatta strada piano piano tra le sue idee, spaventandolo quasi all’inizio. Man mano che i giorni erano andati avanti, però, si era reso conto che non c’era altro che avrebbe potuto fare: forse il sogno di Brienne significava qualcosa, forse tutto quello che era successo faceva parte di un percorso tracciato per portarlo esattamente a quel punto. Non lo sapeva. Sapeva soltanto che era seduto a pochi metri da una donna che significava molto per lui, e che mai e poi mai avrebbe desiderato darle la morte. Neppure per compiacere il grande Lord Tywin Lannister. Neppure se quel Lord era suo padre.
La folla si era zittita per un attimo, tanto che a Jaime era sembrato di sentire il rumore di tante teste che si voltavano verso l’ingresso del tempio. La prigioniera doveva essere appena arrivata, scortata dalle guardie fino al piazzale principale, con Tywin al seguito. Si sporse appena da una delle piccole finestre della stanza e vide due uomini togliere il cappuccio dalla testa di una figura molto più alta di loro, che per un attimo si era inclinata pericolosamente in avanti, rischiando di cadere. Si era ripresa subito, però: anche in una situazione come quella, Brienne di Tarth rimaneva una donna orgogliosa, che mai e poi mai avrebbe mostrato debolezza al nemico.
La ferita alla mano destra iniziò a pulsare dolorosamente, come a fargli capire che non poteva più contare sull’aiuto di entrambi gli arti. Jaime si riscosse dalla sua trance: all’improvviso tutto sembrava essere diventato più chiaro, una forza misteriosa gli scorreva dentro e lo rendeva stranamente lucido. Per la prima volta, pensava per sé stesso.
 
Le azioni successive a quella di alzarsi in piedi e raggiungere lentamente la porta che lo avrebbe condotto al piazzale del tempio gli parvero far parte di un sogno, come se fosse un altro a compierle. Magari è così, pensò. Forse anche questo fa parte del sogno di Brienne.
Erano tutti schierati nella tribuna: suo padre, sua sorella, suo fratello, anche suo figlio Joffrey con la futura sposa e la moglie di Tyrion, Sansa. Si chiese che impressione dovesse fare su Brienne vedere lì la ragazza, che tanto aveva significato per la promessa che aveva fatto alla madre… poi rifletté che Brienne doveva avere ben altro in mente: non sapendo nulla del piano, attendeva la sua sorte come chiunque altro prima di lei aveva fatto.
Tywin Lannister si era alzato e aveva raggiunto il piazzale dove si trovava il patibolo, lo sguardo altezzoso che cingeva la folla, una lunga spada in pugno. Jaime lo aveva raggiunto a passi lenti, mostrandosi alla gente per la prima volta dopo tantissimo tempo. Brienne era poco più avanti, il boia che già la sistemava in ginocchio, le mani legate dalla corda. I suoi occhi erano di nuovo spenti, senza espressione.
“Io, Tywin Lannister, Primo Cavaliere del Re Joffrey Baratheon, sono qui per giudicare la traditrice Brienne di Tarth, colpevole di aver attaccato e ferito un membro della nobile casata Frey, alleata e imparentata con quella Lannister, nonché…”
Suo padre voleva che ritornasse l’uomo che era, punendo una donna che giudicava colpevole. Cersei si vendicava per il suo amore respinto, lo voleva ancora per sé. Joffrey voleva godersi un’altra esecuzione. E gli dei, cosa volevano? Erano stati loro a farlo diventare prigioniero di Catelyn Stark, a mettere Brienne sulla sua strada, a fargli perdere la mano destra? E se c’erano davvero loro dietro a tutto quello, esisteva una strada giusta da seguire per rispettare i loro voleri?
“… per questo, la dichiaro colpevole di alto tradimento e la condanno a morte, condanna che verrà eseguita per mano di mio figlio, Jaime Lannister.”
Era stato la mano del Re per troppo tempo. Era stato un burattino di suo padre per altrettanto tempo, tanto che si era chiesto se fosse mai stato libero dalla sua oppressione. Se tutto aveva un significato, allora anche la sua mano mozzata ne aveva uno, anche la ragazza inginocchiata a pochi metri da loro.
Suo padre gli fece cenno di avvicinarsi. Si spostò in avanti un po’ goffamente, la mano sinistra tesa in avanti a ricevere la spada con la quale avrebbe eseguito la sentenza. Sentì la gente ridere, divertita dalla goffaggine dell’individuo che aveva davanti, una volta Sterminatore di Re e ora solo un uomo qualunque, senza la mano destra e privo del suo orgoglio.
Il vecchio Jaime si sarebbe infuriato. Ma quel vecchio Jaime era morto da mesi, ormai.
Afferrò la spada con mano malferma, e ancora una volta si stupì di quanto fosse violenta la luce che colpiva i suoi capelli, il viso, le braccia. Una luce pulsante, talmente calda da fargli sudare le dita strette attorno all’elsa, da fargli lacrimare gli occhi. Quelli di suo padre lo fissavano, azzurri e freddi come il ghiaccio. Se neppure i suoi figli erano riusciti a scioglierlo, chi mai l’avrebbe fatto?
Il popolo aspettava. Tywin lo fissava ancora.
La strana forza che l’aveva afferrato qualche momento prima sembrò fluire nuovamente in lui, accompagnandolo nel gesto che stava per compiere. La mano era più salda sulla spada. Brienne aveva voltato la testa dalla sua parte, gli occhi chiusi. Aspettava.
Che qualcuno mi dia altra forza.
Jaime Lannister afferrò la spada con quanta forza gli restava nella mano destra, ma non la diresse verso la testa della ragazza. Fece un passo in avanti, e in un boato generale di orrore e sorpresa la spinse nel petto dell’uomo che aveva di fronte.
Se il tempo gli era parso scorrere al rallentatore prima di compiere quel gesto, l’attimo dopo sembrò velocizzarsi, come impazzito: le azioni si susseguivano indistinte, tanto che non ricordava se si fosse prima voltato verso la tribuna – da cui i suoi familiari gridavano e si sbracciavano, resi folli da quanto avevano appena visto – o se si fosse invece precipitato a tagliare la fune che legava le mani di Brienne. Non se ne rendeva conto. Ora la luce lo stordiva.
Non era più la Mano del Re, da un pezzo. Non era più il figlio di Tywin Lannister, l’uomo che giaceva a terra a pochi metri da lui, circondato dalle sue guardie. Lo Sterminatore di Re era morto ad Harrenhal, mesi prima. Ora, forse, avrebbe scelto lui chi essere.

 
Brienne gli tendeva una mano, gli occhi celesti che lo incitavano a scappare, a seguirla. Jaime Lannister ebbe un attimo di esitazione, ma la luce negli occhi di lei era tiepida, diversa da quella bruciante che gli aveva annebbiato la vista. Una luce in cui rifugiarsi, forse. Prese la sua mano.
Se anche fosse solo un sogno, pensò mentre correvano verso le stalle in cerca di una cavalcatura, possiamo farci guidare. Come ne siamo venuti fuori una volta, due, lo faremo ancora.
Anche questa volta.







Angolo dell'autrice
Seconda classificata. Ancora non ci credo, a dire il vero.
Amo scrivere su Game of Thrones ed è già da un po' che frequento/inquino la sezione, ma è la prima volta che ottengo un riconoscimento e addirittura un Premio Originalità su una mia storia in questo fandom. Fino all'ultimo sono stata molto combattuta su come dirigere la storia, anche se i prompt ("x è seduto e si guarda i piedi " / "x uccide y") erano eloquenti... sono contenta che la soluzione scelta sia piaciuta, se non altro perché di solito le mie soluzioni narrative non sono tra le più originali. XD  Mi sento abbastanza negata nel descrivere scene d'azione, per cui mi sono trovata davanti ad un plot nuovo per me.
Jaime e Brienne sono due personaggi che adoro trattare (anche se ho sempre paura di mandarli OOC): in questo caso mi sono basata totalmente sul "Jaime terza stagione", anche per quanto riguarda il rapporto con lei: penso si sia capito che non riesco bene a farli interagire in maniera non platonica... spero che la storia non ne risenta più di tanto!
Non finirò mai di ringraziare Cosmopolita1996 per la sua pazienza e la gentilezza che ha mostrato verso ognuno di noi partecipanti, e anche per la sua velocità nel correggere le storie e per i giudizi esaurientissimi. Sono davvero felice di aver partecipato al suo contest e ovviamente sono soddisfatta per il piazzamento e i premi!
Se vorrete farmi sapere cosa ne pensate con una recensione o una critica, ne sarò felicissima.
Grazie anche a TsunadeShirahime per l'incoraggiamento e la carica che mi dà ogni volta, perché mi sopporta e rende ogni momento più bello con la sua presenza. Grazie davvero, ripeto sempre le stesse cose ma ho bisogno di ricordartelo <3 (la tua storia è bellissima, scema! u_u)
Non posso non ringraziare anche Florence Welch, per essere la mia Musa e per le sue canzoni meravigliose che mi ispirano tantissimo e sono praticamente perfette per tutti i pair su cui scrivo. La prima citazione appartiene a Only if for a night, il titolo e la seconda citazione sono strofe di No light no light: se vi capita ascoltatele, sono splendide.

Alla prossima, allora, lettori!

Nat

   
 
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