Lo strano
caso delle Petrova
“Oh
mio
Dio! Ma è un anello di Tiffany!” constata Bon Bon
con gli occhi puntati sul mio
anello. Le sue mani ambrate stringono la mia mano sinistra quasi come
fosse di
cristallo, a causa dell’enorme e costoso diamante da Tiffany
che sarà costato,
al mio fidanzato,…
“…Un
occhio! Sarà costato un occhio a Stefan!”
urla Bonnie, portandosi le mani alla testa e continuando a guardare il
mio
gioiello con occhi sgranati. Sospiro, capendo la disperazione di Bonnie
ed
allora allungo la mano per osservare quell’enorme pugno nell’occhio per
l’ennesima volta. Non posso assolutamente
dire che non mi piaccia, sarei pazza, solo che… E’
strano, suona strano sentire
che sono ufficialmente fidanzata, vedere questo diamante alla mia mano
come se
non fosse veramente mio. Probabilmente è solo shock
pre-matrimonio, giusto?
Prima bisogna credere davvero di stare per sposarsi e poi ci si immerge
nei
preparativi delle nozze, con la costante ansia e le preoccupazioni
all’ordine
del giorno.
“Ho visto
Stefan uscire due minuti fa e sembrava avesse ancora entrambi gli
occhi.”
Annuncia sarcastica Rose, dopo essere entrata nella mia camera come se
niente
fosse ed essersi seduta sul letto come se stessimo facendo una normale
riunione
di amiche. “Comunque, congratulazioni bella.”
Afferma voltandosi verso di me e
lasciandomi un leggero bacio sulla guancia. Il sorriso di rimando
è spontaneo,
ma la verità è che, di spontaneo, non provo
niente, nada, nothing.
“Deve averli. Domani
partiamo per Las
Vegas, mi porta con sè in uno dei suoi numerosi viaggi di
lavoro, perché vuole
avermi vicina dopo la festa di fidanzamento di questa sera. Pensa che
zia Jenna
o voi due mi rapiate per la scelta della location o del
vestito.” Annuncio con
un sorriso, ma quasi annoiata all’idea. Averlo vicino
sarà un bene, ma stiamo
pur sempre parlando di un noioso viaggio di un avvocato.
“Non
sembri felice.” Rose si rivolge a me, aggrottando le
sopracciglia e spostando
il ciuffo dalla fronte, lasciando che il suo sguardo e quello di Bonnie
si
soffermino su di me.
“Lo
sono…” inizio incerta, ed è la
verità, forse lo sono, sono felice dentro; in
profondità, nel mio cuore, c’è la
felicità, ma mi sembra così ben rinchiusa e
nascosta che queste future nozze mi rendono solo scocciata, annoiata, e
forse
un po’ triste, ma felice no.
“Se tu lo
fossi veramente, staresti saltellando per tutta la stanza, avresti un
sorriso
grande da un orecchio all’altro, guarderesti di continuo
quella pietra gigante,
e… devo continuare oppure ho reso il concetto?”
quasi mi rimprovera Rose, e
dopo queste parole giuro di odiarla. Perché è
così intuitiva, perspicace, e mi
deve conoscere così a fondo?
Non
potrebbe essere una di quelle false amiche che non danno mai peso alle
emozioni
altrui? Sì, insomma, se Bonnie e Rose fossero altre due
persone, in questo
momento potrebbero non far caso a me, ma solo al mio anello. Ed
è esattamente
quello che vorrei adesso.
“Non
sprizzi felicità da tutti i pori, Elena.” questa
volta è Bonnie a parlare ed a
esprimere il suo parere. “Quando io mi sono fidanzata ero
totalmente fuori di
testa, ricordi? Invece più ti guardo e più mi
convinco che tu non voglia
sposare Stefan.” Queste parole le sono uscite di bocca in una
maniera così
semplice che solo adesso giunge a quella conclusione. Quella
conclusione
giusta, eppure così sbagliata, perché no, non
voglio sposare Stefan, eppure mi
appare giusto il contrario e non voglio dirlo né pensarlo
perché renderebbe
l’idea qualcosa di reale, una convinzione.
“O mio
Dio! Tu non vuoi sposarlo!” urla nuovamente Bonnie, questa
volta con il dito
puntato contro di me ed il suo sguardo totalmente spalancato, mentre
Rose si
limita a sospirare, come se già fosse a conoscenza di tale
affermazione, solo
avendomi osservata per qualche secondo.
“E’
davvero con lui che voglio trascorrere il resto della mia vita? Uniti
per
sempre da un vincolo così sacro ed indistruttibile? Vivere
solo per lui?”
domando esasperata, dando voce a quelle domande che da due giorni mi
tormentano
e mi offuscano la mente fino a farmi venire il capogiro. Ieri sera, ad
esempio,
mi sono rinchiusa in bagno cercando di capire cosa lo avesse spinto a
farmi
questa proposta. La nostra convivenza? Questo vivere insieme da poco
più di due
anni? Oppure sta pensando a metter su famiglia?
Magari presume che io aspetti un bambino da lui. Che so, i
miei continui
sbalzi d’umore possono avergli dato un’idea
sbagliata. E se, dunque, volesse
sposarmi solo per uno sbaglio del genere? Non me lo perdonerei mai. Per
questo
ho controllato accuratamente per tutta la casa, in caso qualcuno, o il
destino,
avesse depositato dei test di gravidanza, ma niente. Niente di niente.
Anche
perché sarebbero stati del tutto inutili: non sono incinta.
Se fosse
solo… per amore?
“E’ tutto
così affrettato, non pensate? Come ha…”
cerco di domandare, ed allora sospiro
cercando le giuste parole. “Perché adesso?
Sì, e… me? Chi gli ha detto che
voglio…” mormoro in preda alla disperazione, non
sapendo nemmeno cosa dire,
come esternare il vuoto ed il senso di pura instabilità che
provo dentro,
perché no, non sono semplicemente preoccupata per le nozze,
sono terrorizzata,
e non dai preparativi: da quel monosillabo che cambierà la
mia vita per sempre.
Scoppio
in un pianto isterico ed incontrollato, portando entrambe le mani agli
occhi,
coprendoli del tutto e tremando appena. Non voglio sposare Stefan.
Allora
perché ho detto di sì?
“Non
seguirò un caso del genere, Klaus! Voglio qualcosa di
importante e che frutti
qualcosa, non credi?” sbotto acida, con una punta di orgoglio
nel tono di voce.
Sono un avvocato di una certa fama, non posso né voglio
seguire un caso che
perfino dei principianti potrebbero risolvere.
“Katherine,
questo serve per crearti una certa immagine, quella
dell’eroina! Un avvocato
come te che tra tutti i casi trova del tempo per la gente comune,
perché ci
tiene al popolo!” urla Klaus seguendomi, mentre io, invece,
entro ed esco dagli
uffici nella nostra struttura per lasciare delle pratiche ai segretari.
Le sue
parole, però, mi colpiscono particolarmente.
Non
voglio essere un’eroina, ma una professionista.
“Niklaus
Mikaelson!” urlo a mia volta, voltandomi improvvisamente e
facendolo fermare
dalla sorpresa. “Solo perché lavoriamo insieme non
hai il diritto di dirmi cosa
devo fare nel mio lavoro! Per tua informazione, sto già
creando la mia immagine. Domani
parto per Las Vegas,
dove un povero miliardario ha fatto
causa ad un casinò per esser stato raggirato. Sai quanto
vale salvare un tipo
del genere?” domando retoricamente. “Molto
più di un uomo che vuole
semplicemente divorziare!” rispondo senza dargli il tempo per
ribattere. Mi
infilo nell’ascensore prima che egli stesso possa valicare le
porte, e continuo
a spingere impazientemente la pulsantiera.
Mi lascio
andare esausta alla parete specchiata, socchiudendo gli occhi per
riposarmi.
Dopo anni
di studio e lavoro sodo mi sono costruita una carriera di cui vado
fiera, e per
questo non voglio dedicarmi a dei semplici divorzi, ma bensì
qualcosa per cui
la mia famiglia possa essere orgogliosa di me, qualche lavoro serio ed
impegnativo.
Las Vegas
è la mia occasione: ovviamente è una
città piena di casi del genere, ma un
miliardario ha chiesto di me, e questo non è affatto poco.
Certo, questa
potrebbe sembrare la storia cliché di un film, dove la
protagonista pensa solo
al lavoro ed alla prima occasione lo mette a dura prova
perché incontra
l’amore, ma non è così. Io non penso
all’amore, o ad una qualsiasi
sistemazione: quello è l’ultimo tassello della mia
vita, l’ultimo dei miei
problemi.
Damon
Salvatore ne è la prova.
Non avevo
notato la sua presenza in ascensore prima di qualche secondo fa.
“Tutto
okay? Questa volta tu e Klaus avete esagerato con le urla.”
Afferma con le
sopracciglia aggrottate, quasi voglia sembrare davvero preoccupato per
me.
Uomini, beato chi li capisce.
“Damon, la
nostra è una relazione aperta. Ti ho mai chiesto se qualcosa
fosse andato
storto a lavoro?” domando retoricamente un’altra
volta, la seconda nel giro di
dieci minuti. Possibile che nessuno mi capisca?
“Bé, ovviamente no. Noi due
passiamo subito al sodo, e deve essere sempre così, quindi
lascia queste
stupide domande alla tua prossima preda, okay?” tiro le
labbra in un sorriso di
circostanza, e sparisco dalla sua visuale non appena raggiungo il piano
terra.
Se lui ha necessità o semplicemente voglia di una
fidanzatina a cui fare
domande futili, che se la cercasse! Io non ho intenzione di cambiare il
nostro
rapporto, tantomeno per inguaiarmi con frasi fatte e sdolcinate dal
‘Buongiorno’ alla ‘Buonanotte’.
Chiudo la
porta alle mie spalle, e contemporaneamente rispondo alla chiamata in
arrivo
sul mio iPhone nero. “Sì?” domando
svogliatamente.
“Tesoro? Sono mamma!”
subito cambio
espressione, perché è pur sempre Isobel, mia
madre, quella che mi ha donato la
vita ma non un college prestigioso. La stessa che ha partorito solo me,
figlia
unica, nonostante avessi tanto desiderato un altro fratello o
un’altra sorella.
“Ehi,
mamma! Dimmi tutto” le dico, sorridendo istantaneamente ed
addolcendo il tono.
“Ho saputo che domani parti per Las
Vegas,
Kate. Perché non hai detto niente a me e a tuo padre?”
alzo gli occhi al
cielo, infastidita dalle solite domande che mi rivolge.
“Non ho
avuto tempo, ultimamente. Perdonami.” Chiedo scusa, pur
sapendo che non se la
sono davvero presa, perché sono i miei
genitori.
“Lascia stare,
l’importante è che tu faccia
attenzione alla guida! Sii prudente!” Mamma si
raccomanda sempre, sembrando
anche oppressiva, alle volte. Lo ammetto, non ho un felice passato da
guidatrice, sono stata coinvolta in qualche incidente di troppo da
quando ho
preso la patente, ma si tratta di raggiungere quella città
con l’aereo, e poi
di noleggiare un’auto. Niente di più.
“Lo sono
sempre.” Ribatto convinta, alzando una mano per chiamare un
taxi nero. Uno
subito si avvicina ed io allora spalanco la portiera infilandomi dentro.
“Trafalgar
Square, grazie.” Annuncio gentilmente al tassista che fa un
cenno di assenso
con il capo.
“Farò finta che tu non
abbia detto niente.
John mi chiama, devo scappare. Ci sentiamo presto, ma fai
attenzione!”
“Si, lo
prometto. Ciao” concludo la conversazione scocciata.
Farò attenzione, ho ormai
ventisette anni, sono grande e vaccinata, non una sedicenne alle prese
con la
nuova macchina e la patente.
Attraverso
i vetri dell’auto, osservo i grandi paesaggi di Londra: una
città che mi ha sempre
affascinata, e non solo per i numerosi monumenti, ma soprattutto per i
piccoli
posti, piccoli negozi o piccole esperienze che mi hanno
indissolubilmente
legata alla capitale britannica. Mi sono trasferita qui dopo il college
assieme
ai miei genitori, perché riuscissi a trovare un mestiere
gratificante. Infatti
sono nata a cresciuta a Mystic Falls, città nativa di mia
madre e città nella
quale mio padre ha vissuto da giovane.
Mi vedo
circondata dalla fontana e dalla pubblicità di Trafalgar
Square sempre gremita
di turisti di ogni nazionalità, e, dopo aver pagato la
corsa, scendo dall’auto
raggiungendo il mio appartamento.
L’ultima
luce della giornata, quella del tramonto, illumina la strada e la mia
borsa LV.
Quest’aria prettamente autunnale mi circonda ed io mi stringo
maggiormente nel
mio foulard. Siamo a metà settembre, ed il freddo inizia a
far sentire la sua
rigida presenza. Ma io resisto, lo faccio sempre.
In fondo,
sono una Petrova.
-
Dico
davvero, non so perché diamine sto pubblicando il
prologo, questo prologo di questa long. Tanto per farvi capire, ho
iniziato una long tempo fa, e ne sto scrivendo il sesto capitolo. Ad un
certo
punto mi manca l’ispirazione, ed allora apro la cartella con
tutti i Prompt,
ovvero tante mie fan fiction neanche iniziate, piene di prologhi,
banner e
appunti vari. Di una scrivo tipo tre capitoli, e mi escono di getto,
capito? Neanche
a programmarli! Di questa ne scrivo quattro in due giorni, sto proprio
adesso
finendo il quinto capitolo e sto letteralmente impazzendo. Sembra quasi
che non
riesca a scrivere senza pubblicare, ma ho voglia di pubblicare una long
da fine
luglio, in più ho bisogno del vostro parere, cari lettori.
Probabilmente aggiornerò una volta a settimana, e per le
prossime quattro settimane i capitoli sono assicurati, ma sono
piuttosto sicura
di riuscirne a scrivere altrettanti in quest’arco di
tempo… quindi siamo okay. Ma
nulla è okay, perché io avevo intenzione di
pubblicare un’altra long che amo… e
vabbè, sarà per questo inverno. Sempre se ci
riuscirò.
Non potete neanche immaginare quanto sia eccitata!
Il primo punto di vista è di Elena Gilbert, il secondo di
Katherine Petrova. Alcuni nomi ed alcune relazioni sono state
modificate per
motivi che conoscerete leggendo, in più i punti di vista
varieranno
continuamente, ma dal prossimo capitolo scriverò chi delle
due sta vivendo, perché
arriverà un momento in cui impazzirete del tutto.
Sono entrambe a Londra, due sorelle gemelle separate alla
nascita, ma non vi dirò di più… Non
adesso, perlomeno. E no, prima che lo pensiate, non si incontreranno
per pura
casualità e decideranno di vivere la vita
dell’altra, no way.
Vi ho confuso abbastanza? Bene, era quello il mio intento
ahah
Il banner l’ho fatto tempo fa, mi piace e spero piaccia
anche a voi!
Cos’altro devo dirvi… uhm…
Ah si!
Bene, dopo aver detto questo, sono sicura che nessuno
recensirà, ma vabè, devo pur farmene una ragione.
E sì, oggi sono
particolarmente pessimista barra emotivamente instabile, btw fatevene
una
ragione anche voi già che ci siete.
Passate dalla mia OS, Give
me love, è una Delena piuttosto
diversa dalle altre ed io la amo.
Un bacio,
Fede aka
missimissisipi