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Autore: Lully Cullen    08/09/2013    2 recensioni
Dal secondo capitolo:
"- Come stai ? - domandò Isabella, guardando le ampie spalle del ragazzo. All'improvviso si domandò quanti anni avesse, di sicuro non poteva essere più grande di lei, perchè gli atteggiamenti che aveva rispecchiavano un adolescente immaturo.
- Bene. - Neanche un grazie, Bella non si aspettava molto, ma un minimo di cortesia gliela doveva! Si ritrovò a stringere i pugni fino a far sbiancare le nocche, con l'improvvisa voglia di farlo ruzzolare per tutte le quattro rampe di scale che ieri aveva fatto portandolo su.
- Grazie, ragazza sconosciuta che mi hai gentilmente salvato e medicato, ti devo la mia vita, ti ringrazio per esserti quasi slogata una spalla, portandomi a peso morto per quattro rampe di scale in questo palazzo senza ascensore, non so proprio come sdebitarmi - Ironizzò Isabella, dicendogli quello che si era aspettata da lui.
- Non ti devo nessun ringraziamento, nessuno ti ha detto di aiutarmi. - La voce di Edward era atona, come se non gli importasse che fosse vivo in quel momento, come se non gli importasse di nulla.
- E a te, nessuno ti ha detto di venirti ad accasciare davanti la mia macchina..."
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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E’ inutile dirvi quanto io sia dispiaciuta di avervi mollato in asso così.
Inutile, come cercare di fornire qualche scusa valida. Scuse non ne ho, ho passato momenti bui, come ne passate tutte, solo che alcune sono in grado di affrontarli, e vanno avanti, altre invece, come me,  si ritirano in religioso silenzio nella loro bolla.
Ho lasciato perdere la scrittura, dedicandomi allo studio, alle nuove amicizie, alle nuove esperienze, cose che a lungo andare mi hanno fatto diventare piatta.
Mi scuso con tutte voi, e anzi, vi ringrazio se leggendo il mio nome, avete aperto la storia.
Spero che mi seguirete in questa nuova avventura, e nel caso sparissi da un momento all’altro senza spiegazioni, avete tutti i diritti di prendermi a male parole.
Non so se, e quando riprenderò le altre storie. Spero possiate capirmi.
Lully.
- Smettila di mangiare dolci, o prima o poi sfoderai quella sedia – 
- Jeremy, qualcuno ha chiesto il tuo parere? – mormorai mettendo in bocca un pezzettino di cioccolata ripiena di mou e biscotto.
- Come se non sapessi le vostre paranoie, donna. Tutte che vi lamentate della prova costume imminente. – Sospirai, mentre Jeremy si apprestava ad infornare il pan di spagna che avrebbe poi utilizzato per la torta di ribes e lamponi.
Jeremy era uno dei pasticceri più bravi di New York, e aveva aiutato a migliorare la fama già nota della “ Magnolia Bakery “ , le sue creazioni erano tra le più apprezzate in tutta la grande mela, poteva starsene lì , ore intere , a mettere ingredienti a caso, assaggiare, e ricominciare nel caso che la sua nuova creatura non lo soddisfacesse, ma l’impegno e la passione lo ripagavano sempre con dolci che , a me , facevano tremare le ginocchia. Assaggiare uno dei suoi dolci era quasi qualcosa di extrasensoriale.
Jeremy Parker, è tutto il contrario di ciò che potrebbe sembrare; è sì un rockettaro, ma ha un cuore dolce come un cupcake, gli occhi azzurri e i capelli biondi lo rendono sexy, e la cosa più bella è vederlo mentre cucina cantando a squarciagola le canzoni della sua band. Si può quasi dire che oltre al suo aspetto, a renderlo sexy è anche il suo odore, è come se la sua pelle emanasse un costante odore di cannella, cacao e meringa. 
- Potresti smetterla di ronzarmi intorno? Anche se apprezzo il fatto che tu non sia immune al mio fascino,io dovrei comunque lavorare. – mormorò iniziando a sbattere con la frusta la crema ai lamponi.
- Smettila di fare lo spaccone Jerm, il mio turno inizia tra esattamente- guardai l’orologio appeso al muro color panna con striature marroni, e sospirai notando che erano già le cinque del pomeriggio – adesso. Beh, ci vediamo dopo Jerm, ciao ragazzi! – salutai il resto della truppa.
- Ciao Bella.
La Magnolia Bakery era molto accogliente e spaziosa, e mentre la cucina era sui toni del panna e del marrone, la sala interna era color corallo con sedie di vimini e divanetti, mentre i tavoli erano di vetro. 
- Bella – Angela spuntò con un vassoio pieno di dolci, con qualche tazza di caffè. – potresti andare a prendere le ordinazioni del tavolo cinque? – annuii e armata di block notes e penna, mi incamminai verso il tavolo cinque, al quale erano seduti una bambina, una donna dai capelli ramati, e un ragazzo dallo stesso colore di capelli.
- Salve, siete pronti per ordinare? – La donna spostò lo sguardo furioso dal ragazzo, e poi mi sorrise. 
- Si, grazie. Per me una fetta di cheesecake ai frutti di bosco, per te Edward? – lui per tutta risposta scosse il capo e iniziò a picchiettare l’indice sul vetro del tavolo. La donna si limitò a sospirare  e poi si rivolse alla bambina – Per te Cass? – la bambina guardò l’enorme vetrata di dolci e sorrise. –C’è quella buona torta alle fragole che quando poi la tagli esce quella montagna di cioccolata? – domandò iniziando a dondolare le gambe, con un’aria sognante. Quasi quasi mi fece venire l’acquolina in bocca.
- Certo che c’è, te la porto subito. Con permesso – mi congedai e tornai per preparare l’ordinazione.
- Bells, sai l’ultima? – Jessica si avvicinò a me e mi sorrise, posando le mani sul bancone e guardandosi intorno. Scossi il capo e afferrai il piattino bianco, pronta a sentire il suo ultimo pettegolezzo.- Ho sentito che Margaret e Alfred sono in crisi, oggi litigavano di brutto. Secondo me si lasciano.- decretò con nochalance scuotendo il capo.
- Smettila di spettegolare e vai a prendere i dolci che sono usciti, Jeremy ti sta chiamando da dieci minuti – Disse Angela guardandola in malo modo. Sospirai e guardai Jess che lasciava la sala, dirigendosi in cucina. 
- Stavo per prenderla a calci nel sedere – ringhiai. -Non ha rispetto per nessuno, diamine.- Afferrai i piattini e li portai al tavolo cinque.
- Devi smetterla di fare come vuoi tu, Edward. Ti metti sempre nei casini, un giorno fai una rissa, e il giorno dopo un’altra. Non capisci che ci fai preoccupare? Senza contare che prima o poi finirà male, se continui così. Smettila di frequentare quella compagnia.- Il ragazzo sorrise e si mise una mano tra i capelli.
- Scusate, ecco le vostre ordinazioni – mi intromisi, porgendo loro i dolci. Sorrisi e iniziai a sparecchiare il tavolo vicino al loro.
- Smettila mamma, ormai sono abbastanza grande da cavarmela da solo. –
- Così non lo riporterai in vita, Edward! Tuo padre non sarebbe fiero di te! – tuonò la donna, incenerendo il figlio con lo sguardo, mentre la sua voce si incrinava.
- Non capisci niente, mamma, niente! – strisciò la sedia, e se ne andò, chiudendo la porta con una botta secca, producendo un rumore assordande.
Non seppi con certezza se era stata la porta a produrre quel tonfo, o il cuore della donna.
- Io vado Bells, ci vediamo domani! Mi raccomando, chiudi tutto. – disse tirandomi un buffetto sulla testa.
- Certo, buonanotte Jerm! – lo salutai, mettendo l’ultima sedia a posto. Di sera la pasticceria era così silenziosa, che sembrava quasi inquietante, anche se io adoravo il silenzio. Beh, di certo in quel momento, mentre passavo l’aspirapolvere, non si poteva di certo dire che fosse proprio silenziosa.
- Ah, finito – mormorai togliendomi il grembiule e afferrando la torta con la ganache alla nocciola che mi aveva preparato Jeremy. Chiusi la porta di vetro, e poi la serranda, incamminandomi nella New York notturna. 
L’aria primaverile stava lasciando spazio al caldo estivo, nonostante fosse il cinque maggio, c’era un caldo veramente soffocante, sì, stanotte avrei dormito con la maglia di Charlie.
Sorrisi,vedendo che il posto dove avevo parcheggiato era sempre più vicino, ma il mio sorriso si spense, sentendo il rumore di una bottiglia che si rompeva, e degli insulti sputati.
 Affrettai il passo, iniziai quasi a correre e quando arrivai davanti al mio pick up impallidii, vedendo una figura seduta a terra e appoggiata con la schiena allo sportello.
Era il ragazzo di oggi, Edward.
Misi malamente la torta di Jeremy sulla cappotta e mi abbassai all’altezza del ragazzo, la sua faccia era piena di sangue, cercai di farlo rinvenire ma con scarsi risultati.
- Cazzo, ti porto all’ospedale .- Misi il suo braccio intorno alle mie spalle, e cercai di tirarlo su con forza.
- No, all’osp – Tossì e scosse il capo – all’ospedale no – continuò, fece un po’ di resistenza, cercando di allontanarsi, ma barcollò.
- Senti supereroe, cosa dovrei fare? – sbottai impaurita, in preda all’ansia. – Ti porto da me ,-  le mie mani andarono tra i miei capelli,tirandoli indietro, in preda al nervosismo – ma se succede qualcosa, ti ci porto a calci in culo all’ospedale.
Lo caricai in auto, domandandomi se portarlo nel mio appartamento fosse la cosa giusta e sospirai, prendendomi il naso tra l’indice e il pollice. Poi fissai il moribondo vicino a me e scossi il capo. Che Dio mi aiuti.

E’ inutile dirvi quanto io sia dispiaciuta di avervi mollato in asso così.Inutile, come cercare di fornire qualche scusa valida. Scuse non ne ho, ho passato momenti bui, come ne passate tutte, solo che alcune sono in grado di affrontarli, e vanno avanti, altre invece, come me,  si ritirano in religioso silenzio nella loro bolla.Ho lasciato perdere la scrittura, dedicandomi allo studio, alle nuove amicizie, alle nuove esperienze, cose che a lungo andare mi hanno fatto diventare piatta.Mi scuso con tutte voi, e anzi, vi ringrazio se leggendo il mio nome, avete aperto la storia.Spero che mi seguirete in questa nuova avventura, e nel caso sparissi da un momento all’altro senza spiegazioni, avete tutti i diritti di prendermi a male parole.Non so se, e quando riprenderò le altre storie. Spero possiate capirmi.
Lully.

 



MAGNOLIA

Capitolo 1.




- Smettila di mangiare dolci, o prima o poi sfoderai quella sedia – 

- Jeremy, qualcuno ha chiesto il tuo parere? – mormorai mettendo in bocca un pezzettino di cioccolata ripiena di mou e biscotto.

- Come se non sapessi le vostre paranoie, donna. Tutte che vi lamentate della prova costume imminente. – Sospirai, mentre Jeremy si apprestava ad infornare il pan di spagna che avrebbe poi utilizzato per la torta di ribes e lamponi.

Jeremy era uno dei pasticceri più bravi di New York, e aveva aiutato a migliorare la fama già nota della “ Magnolia Bakery “ , le sue creazioni erano tra le più apprezzate in tutta la grande mela, poteva starsene lì , ore intere , a mettere ingredienti a caso, assaggiare, e ricominciare nel caso che la sua nuova creatura non lo soddisfacesse, ma l’impegno e la passione lo ripagavano sempre con dolci che , a me , facevano tremare le ginocchia.

Assaggiare uno dei suoi dolci era quasi qualcosa di extrasensoriale.Jeremy Parker, è tutto il contrario di ciò che potrebbe sembrare; è sì un rockettaro, ma ha un cuore dolce come un cupcake, gli occhi azzurri e i capelli biondi lo rendono sexy, e la cosa più bella è vederlo mentre cucina cantando a squarciagola le canzoni della sua band. Si può quasi dire che oltre al suo aspetto, a renderlo sexy è anche il suo odore, è come se la sua pelle emanasse un costante odore di cannella, cacao e meringa.

 - Potresti smetterla di ronzarmi intorno? Anche se apprezzo il fatto che tu non sia immune al mio fascino,io dovrei comunque lavorare. – mormorò iniziando a sbattere con la frusta la crema ai lamponi.

- Smettila di fare lo spaccone Jerm, il mio turno inizia tra esattamente- guardai l’orologio appeso al muro color panna con striature marroni, e sospirai notando che erano già le cinque del pomeriggio – adesso. Beh, ci vediamo dopo Jerm, ciao ragazzi! – salutai il resto della truppa.

- Ciao Bella.

La Magnolia Bakery era molto accogliente e spaziosa, e mentre la cucina era sui toni del panna e del marrone, la sala interna era color corallo con sedie di vimini e divanetti, mentre i tavoli erano di vetro. 

- Bella – Angela spuntò con un vassoio pieno di dolci, con qualche tazza di caffè. – potresti andare a prendere le ordinazioni del tavolo cinque? – annuii e armata di block notes e penna, mi incamminai verso il tavolo cinque, al quale erano seduti una bambina, una donna dai capelli ramati, e un ragazzo dallo stesso colore di capelli.

- Salve, siete pronti per ordinare? – La donna spostò lo sguardo furioso dal ragazzo, e poi mi sorrise. - Si, grazie. Per me una fetta di cheesecake ai frutti di bosco, per te Edward? – lui per tutta risposta scosse il capo e iniziò a picchiettare l’indice sul vetro del tavolo. La donna si limitò a sospirare  e poi si rivolse alla bambina – Per te Cass? – la bambina guardò l’enorme vetrata di dolci e sorrise. –C’è quella buona torta alle fragole che quando poi la tagli esce quella montagna di cioccolata? – domandò iniziando a dondolare le gambe, con un’aria sognante. Quasi quasi mi fece venire l’acquolina in bocca.

- Certo che c’è, te la porto subito. Con permesso – mi congedai e tornai per preparare l’ordinazione.

- Bells, sai l’ultima? – Jessica si avvicinò a me e mi sorrise, posando le mani sul bancone e guardandosi intorno. Scossi il capo e afferrai il piattino bianco, pronta a sentire il suo ultimo pettegolezzo.- Ho sentito che Margaret e Alfred sono in crisi, oggi litigavano di brutto. Secondo me si lasciano.- decretò con nochalance scuotendo il capo.

- Smettila di spettegolare e vai a prendere i dolci che sono usciti, Jeremy ti sta chiamando da dieci minuti – Disse Angela guardandola in malo modo. Sospirai e guardai Jess che lasciava la sala, dirigendosi in cucina. 

- Stavo per prenderla a calci nel sedere – ringhiai. -Non ha rispetto per nessuno, diamine.- Afferrai i piattini e li portai al tavolo cinque.

- Devi smetterla di fare come vuoi tu, Edward. Ti metti sempre nei casini, un giorno fai una rissa, e il giorno dopo un’altra. Non capisci che ci fai preoccupare? Senza contare che prima o poi finirà male, se continui così. Smettila di frequentare quella compagnia.- Il ragazzo sorrise e si mise una mano tra i capelli.

- Scusate, ecco le vostre ordinazioni – mi intromisi, porgendo loro i dolci. Sorrisi e iniziai a sparecchiare il tavolo vicino al loro.- Smettila mamma, ormai sono abbastanza grande da cavarmela da solo. –

- Così non lo riporterai in vita, Edward! Tuo padre non sarebbe fiero di te! – tuonò la donna, incenerendo il figlio con lo sguardo, mentre la sua voce si incrinava.- Non capisci niente, mamma, niente! – strisciò la sedia, e se ne andò, chiudendo la porta con una botta secca, producendo un rumore assordande.

Non seppi con certezza se era stata la porta a produrre quel tonfo, o il cuore della donna.


- Io vado Bells, ci vediamo domani! Mi raccomando, chiudi tutto. – disse tirandomi un buffetto sulla testa.

- Certo, buonanotte Jerm! – lo salutai, mettendo l’ultima sedia a posto. Di sera la pasticceria era così silenziosa, che sembrava quasi inquietante, anche se io adoravo il silenzio. Beh, di certo in quel momento, mentre passavo l’aspirapolvere, non si poteva di certo dire che fosse proprio silenziosa.

- Ah, finito – mormorai togliendomi il grembiule e afferrando la torta con la ganache alla nocciola che mi aveva preparato Jeremy. Chiusi la porta di vetro, e poi la serranda, incamminandomi nella New York notturna.

 L’aria primaverile stava lasciando spazio al caldo estivo, nonostante fosse il cinque maggio, c’era un caldo veramente soffocante, sì, stanotte avrei dormito con la maglia di Charlie.Sorrisi,vedendo che il posto dove avevo parcheggiato era sempre più vicino, ma il mio sorriso si spense, sentendo il rumore di una bottiglia che si rompeva, e degli insulti sputati. Affrettai il passo, iniziai quasi a correre e quando arrivai davanti al mio pick up impallidii, vedendo una figura seduta a terra e appoggiata con la schiena allo sportello.

Era il ragazzo di oggi, Edward.

Misi malamente la torta di Jeremy sulla cappotta e mi abbassai all’altezza del ragazzo, la sua faccia era piena di sangue, cercai di farlo rinvenire ma con scarsi risultati.

- Cazzo, ti porto all’ospedale .- Misi il suo braccio intorno alle mie spalle, e cercai di tirarlo su con forza.

- No, all’osp – Tossì e scosse il capo – all’ospedale no – continuò, fece un po’ di resistenza, cercando di allontanarsi, ma barcollò.

- Senti supereroe, cosa dovrei fare? – sbottai impaurita, in preda all’ansia. – Ti porto da me ,-  le mie mani andarono tra i miei capelli,tirandoli indietro, in preda al nervosismo – ma se succede qualcosa, ti ci porto a calci in culo all’ospedale.

Lo caricai in auto, domandandomi se portarlo nel mio appartamento fosse la cosa giusta e sospirai, prendendomi il naso tra l’indice e il pollice. Poi fissai il moribondo vicino a me e scossi il capo. Che Dio mi aiuti.

 

   
 
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