X 1980 X
Gli abitanti del paese erano persone mediocri,
nient'affatto alla sua altezza. Questo ovviamente includeva i suoi coetanei.
Mocciosi ottusi, rozzi e noiosi, di certo non degni della sua attenzione.
Quindi perché..., pensò, cercando rabbiosamente di liberare l'orlo della
sua camicia dal ramo appuntito che l'avevo ghermito e ottenendo solo di
graffiarsi le dita, si era lasciato provocare tanto da accettare una sfida
così stupida?
Inizialmente, quel giorno si era preannunciato come uguale a tutti gli altri: vuoto, piatto, all'insegna della noia e dell'afa; fino a che quel manipolo di cretini l'aveva avvicinato con chiara aria
canzonatoria.
Avevano cominciato con qualche domanda idiota su sua madre e su suo padre, e poi
avevano continuato a parlare a vanvera fino a quando non si era arrivati alla
leggenda locale del bosco del demonio.
"Il bosco del demonio", più precisamente il luogo in cui si trovava lui in quel
momento, era un esiguo raggruppamento di alberi che si ergevano a poche
centinaia di metri a est del paese, sembrando altamente fuori luogo tra la
sabbia e le rocce che costituivano il resto del paesaggio, quasi come una
macchia verde sgocciolata per sbaglio dal pennello di un pittore. (*)
Nel paese era diffusa l' idea che quell' unico angolino verde in quel luogo
infertile non potesse essere di origini naturali, ma fosse opera e dimora del
demonio, che aveva fatto crescere piante e alberi dalle folte chiome per
proteggersi dall'occhio infuocato del buon Dio.
Sbuffò, al pensiero. Roba buona da far bere ad imbecilli come quelli.
Probabilmente ci credevano sul serio. Forse l'avevano fatto andare lì proprio
perché speravano che non ne uscisse più; per quanto stupidi, quei bambocci
dovevano aver fiutato che le tensioni tra i loro genitori avevano qualcosa a che
fare con sua madre. Divertente come il disprezzo dell' opinione pubblica desse
come un' autorizzazione a dimenticare i vuoti discorsi di fratellanza, carità e
bontà d'animo professati da quella Chiesa che, a detto loro, la sua famiglia
offendeva.
Liberata finalmente la camicia dal ramo, mosse un paio di passi all'indietro per
riprendere l'equilibrio e finì col perderlo totalmente inciampando in una
radice. Borbottando imprecazioni che un bambino della sua età non avrebbe mai
dovuto conoscere e che avrebbero fatto correre il vescovo in chiesa a recitare
almeno tre "Ave Maria", fece leva sui gomiti per rialzarsi, avvertendo un dolore
lancinante attraversarlo da parte a parte.
L' odore del sangue che si era abituato ad avvertire ogni volta che passava
davanti al mattatoio poco lontano da casa sua gli colpì le narici, e seppe di
essersi ferito.
Digrignò lentamente i denti dal dolore, mentre si rialzava in piedi e tirava un
calcio alla pietra appuntita che gli aveva tagliato il braccio.
Il sangue scorse macchiando leggermente le foglie bagnate e marce che
ricoprivano il suolo. (**)
Avvertì una lieve nausea, ma riuscì a mantenere il controllo di sé abbastanza da
esaminare il taglio, trovandolo meno grave del previsto: si trattava di
un'incisione diagonale poco più su del gomito, non molto estesa ma piuttosto
profonda. Se la tamponò con l'orlo della camicia (tanto ormai era da buttare) e
decise che come tour turistico poteva bastare. Se si annoiava abbastanza da
accettare le proposte idiote di un gruppo di stupidi non era ai livelli di
buttarsi in missioni masochiste solo per liberarsi dell'inerzia. E poi in quel
luogo non c' era davvero nulla da vedere a parte alberi anneriti... Non che si
aspettasse di trovare qualcos'altro, comunque...
Un rimestio di foglie che non poteva essere opera del vento lo paralizzò.
Sorpreso, si girò verso la direzione da cui aveva udito provenire il movimento.
Un coniglio forse? Una volpe? Aveva sentito parlare di quegli animali selvatici
da suo padre... A suo dire, a Nord della nazione c'erano parecchie di quelle
macchie di verde, e un gran numero di bestioline che le abitavano...
Mosso dalla curiosità, avanzò con circospezione fino a che non sentì uno
sgocciolio d'acqua, e poi...
Il respiro gli si mozzò in gola e osò distinguere qualcosa di molto simile alla
paura nell'ammasso immoto e gelido delle sue emozioni.
Nella poca luce che il fitto intrico di rami delle cime degli alberi permetteva
di far penetrare, distinse una figura alta, ammantata di nero.
La figura era accovacciata nell' acqua, con la testa china. Le estremità del suo
pesante mantello nero affioravano nell'acqua rigonfie. La sua mente stordita
registrò quell'insolito particolare, chiedendosi come facesse a sopportare un
simile abbigliamento considerato che, nonostante nel bosco facesse più fresco,
erano a metà luglio. Quasi avesse percepito il suo sguardo, lo sconosciuto si
alzò lentamente, causando che una pioggia di goccioline scintillanti scivolasse
giù dalla superficie nera della veste scura e dai capelli corvini.
Voleva nascondersi ma si scoprì incapace di muoversi, paralizzato contro il
tronco umido cui era poggiato. Il suo cuore pompava il sangue in fretta come mai
prima e si sentì quasi perdere i sensi per la tensione e un' emozione strana,
non ben identificabile.
Il mantello dello sconosciuto ondeggiò, mentre questi si voltava.
Per la prima volta nella sua vita perse il controllo dei muscoli del viso e
avvertì la propria mascella cadere mollemente verso il basso, mentre il suo
sguardo veniva rapito da due gemme smeraldine, luminose e lucide, incastonate in
un ovale di porcellana candida circondato da ciocche corvine.
A malapena un guizzo, e in un secondo quella figura era scomparsa dalla sua
vista, ma non importava. Quegli occhi, quel volto, si erano ormai
irrimediabilmente impressi nella sua mente, bruciati a fuoco nella sua retina.
(***)
...Il demonio aveva fattezze più graziose di quanto si aspettasse. (****)
(*) Non mi veniva in mente nient'altro per
esprimere efficacemente il concetto... ç_ç
(**) C' è un motivo se l'ho tirata così lunga con il piccolo infortunio di
Sei-chan, e penso sia facile intuire il motivo. No..? Pensateci bene...
Sangue... Subaru è un vampiro...
(***) Mi sembra di aver letto da qualche parte questa espressione... °-°;;
(****) Non ho potuto resistere allì'impulso di inserire "la solita frase ad
effetto", come le chiama una delle mie recensitrici... ;-P