Do you feel cold and lost in desperation?
You build up hope
But failure's all you've known
Remember all the sadness and frustration
And let it go
Iridescent - Linkin Park
You build up hope
But failure's all you've known
Remember all the sadness and frustration
And let it go
Iridescent - Linkin Park
Hazel era seduta sul sedile del passeggero con le gambe incrociate, nonostante il padre le avesse intimato di stare composta. «Stando seduta così triplichi le tue possibilità di morire in un tamponamento».
«Siamo in un’interstatale deserta alle quattro del mattino, dovresti proprio impegnarti per fare un tamponamento» Calò il silenzio e Hazel cominciò a osservare il paesaggio buio illuminato solo dalla luce fioca di alcuni lampioni. Immaginò la sua vita nella nuova città, si chiese quanto tempo ci sarebbe rimasta, era pronta a scommettere che sarebbero ripartiti prima della fine dell’anno. Questa città, pensò, sarebbe stata come tutte le altre.
Victoria stringeva la mano paffuta di Hazel che la guardava con occhi assonnati dal suo lettino, la madre continuava a canticchiare una melodia ad otto note che si ripetevano all'infinito. Per quanto Hazel fosse stanca per la giornata estenuante passata cercava con tutte le sue forze di rimanere sveglia, sua madre le canticchiava sempre quella canzone, ma quella notte Hazel sentiva che c'era qualcosa di diverso.
Si sentì un rumore e Victoria le strinse la mano più forte, smise di canticchiare la canzoncina e una strano silenzio riempì la cameretta, qualcunò suonò al campanello e la madre si abbassò verso la figlia che era sdraiata e le mormorò qualcosa che una Hazel di tre anni non capì subito, poi si alzò e, dopo averle dato un'ultimo sguardo, sparì oltre la soglia della porta.
Hazel si svegliò con la canzoncina che le ronzava ancora in testa, sempre la stessa. Aprì gli occhi e la luce del sole la abbagliò costringendola a socchiuderli. «Siamo quasi arrivati» annunciò il padre. «Dove siamo?» «Siamo in California» spiegò l’uomo «stiamo andando a Beacon Hills».
«Siamo in un’interstatale deserta alle quattro del mattino, dovresti proprio impegnarti per fare un tamponamento» Calò il silenzio e Hazel cominciò a osservare il paesaggio buio illuminato solo dalla luce fioca di alcuni lampioni. Immaginò la sua vita nella nuova città, si chiese quanto tempo ci sarebbe rimasta, era pronta a scommettere che sarebbero ripartiti prima della fine dell’anno. Questa città, pensò, sarebbe stata come tutte le altre.
Victoria stringeva la mano paffuta di Hazel che la guardava con occhi assonnati dal suo lettino, la madre continuava a canticchiare una melodia ad otto note che si ripetevano all'infinito. Per quanto Hazel fosse stanca per la giornata estenuante passata cercava con tutte le sue forze di rimanere sveglia, sua madre le canticchiava sempre quella canzone, ma quella notte Hazel sentiva che c'era qualcosa di diverso.
Si sentì un rumore e Victoria le strinse la mano più forte, smise di canticchiare la canzoncina e una strano silenzio riempì la cameretta, qualcunò suonò al campanello e la madre si abbassò verso la figlia che era sdraiata e le mormorò qualcosa che una Hazel di tre anni non capì subito, poi si alzò e, dopo averle dato un'ultimo sguardo, sparì oltre la soglia della porta.
Hazel si svegliò con la canzoncina che le ronzava ancora in testa, sempre la stessa. Aprì gli occhi e la luce del sole la abbagliò costringendola a socchiuderli. «Siamo quasi arrivati» annunciò il padre. «Dove siamo?» «Siamo in California» spiegò l’uomo «stiamo andando a Beacon Hills».