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Autore: HawkShy    11/09/2013    7 recensioni
[Ribelle - The Brave]Con il passare degli anni, quasi tutti dimenticarono la terribile avventura passata quella notte e la nostra vita proseguì tranquillamente.
Ma non dimenticai mai quella ragazzina che mi colpì dentro come nessun essere umano era stato in grado di fare.
Mai.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Penso davvero di non aver mai ritardato così tanto per un aggiornamento. Mi dispiace tanto per questa lunga attesa, potrei stare qui ad elencarvi gli infiniti motivi per la mia mancanza, ma mi limiterò a scusarmi sperando che nel frattempo non vi siate stufati. Bando alle ciance, ecco qui il nuovo capitolo!
Buona lettura : )


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OTTO ANNI DOPO
 
-E questa- conclusi solennemente, richiudendo il libro posato sulle gambe –E’ la storia di come la regina e la figlia ribelle capirono i loro errori e spezzarono l’incantesimo dell’orso.

Sorrisi fiera e guardai negli occhi le tre persone davanti a me. Loro si scambiarono un’occhiata, prima di rivolgermi di nuovo l’attenzione.

-Te lo giuro Merida- iniziò il ragazzino seduto al centro- Sei più noiosa di papà con la storia di Mor’du!-commentò alzandosi seguito dagli altri due.

-Hamish!- lo rimproverai scioccata.

-Ha ragione, mi dispiace!- intervenne Harry.

-Ma dai ragazzi!- mi lamentai io –Non l’avevo mai scritta finora!

Hubert mi guardò alzando le spalle e si diresse fuori dalla stanza. Restai a guardare a bocca aperta le chiome dei miei tre fratelli allontanarsi e sbuffai rassegnata, lasciandomi andare di nuovo sulla sedia.

Erano passati tre anni da quando mia madre era stata trasformata in un orso, per poi essere riuscita fortunatamente a tornare normale. Naturalmente la notizia dell’incantesimo sulla regina e la decisione di non fare sposare la principessa fece un gran scalpore, così che per giorni e giorni ne parlai con chiunque mi capitasse davanti. All’inizio ero un po’ scocciata a dover rispondere a tutte quelle domande, ma da quando il re di Molkolof venne a farci visita con la sua famiglia e vidi quella luce di speranza negli occhi delle sue figlie, fui fiera di me e di mia madre come non lo ero mai stata.

Da allora, in una vera e propria imitazione di mio padre, raccontai questa storia ogni volta che se ne presentava l’occasione. Anche se era passato diverso tempo.

E, in quel momento, mi resi conto che i miei fratelli, che nel frattempo erano un po’ cresciuti d’altezza e avevano imparato a parlare, avevano ragione. Stavo davvero diventando noiosa. Risi di me stessa e ripiegai con cura la pergamena, mettendola poi nella tasca sotto la veste.

Guardai fuori dalla finestra e decisi di sfruttare quella bella giornata per una passeggiata a cavallo nei boschi.

Recuperai l’arco che avevo lasciato sul tavolo vicino la poltrona ed uscii praticamente correndo dalla stanza.

Mentre attraversavo velocemente il corridoio, sentii una voce chiamarmi da una delle stanze.

-Merida- era mia madre che mi chiamava dalla sua. Feci capolino dalla porta e la trovai seduta, intenta a cucire uno dei suoi arazzi. Le sorrisi quando lei alzò lo sguardo su di me.

-Vai da qualche parte?- mi chiese dolcemente.

-Pensavo di fare una cavalcata per i boschi- risposi.

Lei mi guardò un attimo seria, per poi stendere le labbra in un sorriso. –Buona passeggiata, allora- mi augurò.

Io la ringraziai e mi allontanai. Da quando avevamo affrontato quell’avventura anni prima, il nostro rapporto era migliorato tantissimo. Certo, come tutte le madri e figlie del mondo, avevamo i nostri battibecchi di tanto in tanto, ma non potevo assolutamente lamentarmi. Adesso vivevo la vita che volevo.

O, almeno, così pensavo.
 
 


Mi lasciai alle spalle il castello, in groppa ad Angus, il mio fedele destriero e tirai fuori l’arco per esercitarmi come al solito. Quel giorno mi sentivo particolarmente carica, piena di energia. Avevo l’impressione che sarebbe successo di lì a poco tempo qualcosa, ma non avrei saputo spiegare cosa.

Quando le mie braccia si stancarono, posai l’arco sulla mia spalla e spronai Angus per andare più veloce.

Non avevo voglia di tornare al castello, sentivo il bisogno di restare ancora un po’ fuori.

Mentre sfrecciavamo tra gli alberi della foresta, quella strana sensazione dentro di me mutò, diventando improvvisamente negativa.

Istintivamente tirai le redini di Angus per rallentare e iniziai a guardarmi intorno, colta da uno strano senso d’angoscia. Non era un’emozione nuova. Sentivo di aver già provato qualcosa di simile in passato, ma i miei pensieri erano confusi e non riuscii a ricordare quando e perché.

Assorta com’ero, non mi ero resa conto di essere in una zona in cui non ero mai stata prima. Scrutai ogni singolo centimetro intorno a me e quando capii che avrei rischiato di perdermi andando avanti, preparai Angus al dietrofront, ma qualcosa mi interruppe: un suono. Leggero, delicato, surreale. L’avrei definito evanescente.

Ripresi a guardarmi intorno, stavolta sapendo cosa stavo cercando. Avevo già sentito quel suono, solo che erano anni che non mi ricapitava.

Ci misi poco a trovarne la fonte: un fuoco fatuo.

Era praticamente davanti a me, così vicino da chiedermi come avevo fatto a non accorgermene prima.

Spronai Angus, ma il cavallo non aveva intenzione di muoversi.

-Oh andiamo!- esclamai io, ma il cavallo negò con la testa e non si mosse.

Sbuffai spazientita e scesi, guardandolo malissimo. –Sei l’animale più fifone che esista in questo mondo!- lo rimproverai.

Seguii il fuoco fatuo, che come di routine scomparve,  per poi apparire più avanti insieme a tanti altri, creando un sentiero di luci blu fluttuanti.

Presi un respiro profondo e mi lasciai condurre verso quella che sembrava una piccola palude nel bel mezzo degli alberi. I fuochi scomparvero e io restai sola. Non riuscii a capire perché mi avessero portato lì. Non c’era niente a parte puzza di acqua stagnante.

Ma poi vidi qualcosa dall’altra parte della palude.

C’era qualcuno. Ma era a terra e non si muoveva. Non riuscii a identificare con precisione se si trattasse di un uomo o di una donna, così feci il giro e raggiunsi cautamente la figura distesa a terra.

Ora che mi ero avvicinata, potevo capire che si trattava di un uomo, probabilmente un soldato. Era privo di sensi e aveva le vesti sporche di sangue.

Lo raggiunsi e avvicinai l’orecchio al suo viso. Respirava, era ancora vivo. Fischiai per chiamare Angus che apparve poco dopo dalla parte opposta della palude e ci raggiunse velocemente.

Girai l’uomo sulla schiena per poterlo guardare in viso. Indossava un’uniforme, confermando la mia ipotesi che si trattasse di un soldato, probabilmente di un territorio vicino, anche se non riuscivo a riconoscerne i colori. Aveva una profonda ferita sul braccio, dalla quale usciva molto sangue.

Con enorme fatica riuscii a sollevarlo, ma metterlo in groppa ad Angus fu un’impresa titanica.

Risalii sul mio cavallo e feci ritorno verso il castello più velocemente possibile, stando attenta a non far cadere l’uomo svenuto davanti a me.
 


Quando tornai al castello capii di essere stata via più a lungo del previsto. Mia madre e mio padre stavano davanti la porta d’ingresso e le loro facce preoccupate confermarono i miei sospetti.

-Dove accidenti sei stata?- chiese subito preoccupato il re.

Io non risposi e scesi da cavallo, così che tutti si accorsero dell’uomo svenuto e sanguinante ancora in groppa ad Angus. Alcune guardie si avvicinarono e mi aiutarono e reggerlo.

-Chi è quest’uomo?- domandò mia madre preoccupata avvicinandosi anche lei.

-L’ho trovato nella foresta- risposi col fiatone per lo sforzo –Era a terra privo di sensi e ferito gravemente ad un braccio.

-Merida, non puoi portare chiunque al castello…-iniziò mia madre.

-E’ un soldato- la interruppi indicando il simbolo che aveva sull’armatura. Era una specie di aquila stilizzata, con all’interno una corda intrecciata. Guardai per un attimo quell’immagine e qualcosa scattò nella mia testa. Conoscevo quel simbolo. Ma dove l’avevo visto?

Anche mio padre restò a fissarlo a bocca aperta e immediatamente si mosse.

-Portatelo dentro. Dobbiamo aiutare quest’uomo e trovate un guaritore per medicare le sue ferite!- ordinò alle guardie e si diresse a passo svelto verso il castello.

-Papà!- lo chiamai io seguendolo.

-Hai ragione, Merida, è un soldato- dichiarò senza guardarmi.

-Hai capito da dove viene?- chiesi confusa –Perché quel simbolo…

-Sì, so da dove viene- rispose velocemente.

-E cioè?- mi incuriosii.

-E’ uno degli uomini di Lord Higgins- disse, fermandosi a guardarmi.

Io lo fissai sbalordita e pietrificata.

-Quel Lord Higgins?- chiesi.

-Sì- rispose secco, per poi prendere un grosso respiro –Sinceramente speravo che avessi dimenticato quella brutta storia- mi sorrise bonariamente, accarezzandomi una spalla e allontanandosi all’interno del castello.

Ma io non lo stavo ascoltando già più.

I ricordi degli avvenimenti di otto anni prima mi colpirono in pieno, mentre la testa cominciava a girarmi per il significato di quelle parole.

Un soldato delle terre di Lord Higgins. Un soldato delle terre di Eileen.

Il tuono, il terremoto, la nebbia, le ombre, le urla, la foresta, la figura incappucciata. Ed Eileen che tremava spaventata, per poi scomparire nel nulla.

Le mani iniziarono a tremarmi vistosamente e il mio respiro si fece sempre più corto. Decisi di darmi una calmata.

In tutti quegli anni, il ricordo di Eileen non mi aveva mai abbandonata. Mi capitava di pensare a lei spesso, soprattutto quando ero da sola nei boschi, persa nei ricordi o nelle riflessioni sulla vita che sempre più ultimamente mi capitava di fare.

Senza quasi rendermene conto, mi allontanai da tutti e presi a camminare quasi a caso tra i corridoi del castello. Mi accorsi di essere scesa troppo quando sentii più freddo del solito e la luce intorno a me divenne quasi inesistente. Bastò un’occhiata intorno per farmi capire di trovarmi nel corridoio abbandonato dove avevo trovato una stanza vuota quand’ero molto piccola.

Vidi la porta in legno massiccio a pochi metri da me e la raggiunsi automaticamente.

Poggiai un indice sulla parete alla destra della porta e contai tre mattoni in direzione est. Poggiai la mano sulla parte sinistra della superficie dell’ultimo mattone e questo ruotò su sé stesso, mostrando una chiave incastrata in un buco che io stessa avevo creato anni prima.

Presi la chiave, rimisi al suo posto il mattone e aprii la porta. Avevo utilizzato quella stanza solo per alcuni anni dopo la sua scoperta, fino a quando non ottenni la libertà di uscire a cavallo fuori dalle mura del castello. Ricordo però di esserne talmente gelosa da aver fatto costruire al fabbro del castello una chiave per poterla lasciare chiusa a chiunque non fossi io. L’uomo me la costruì senza fare domande, piuttosto divertito. Immagino fosse uno dei vantaggi di essere la figlia del re.

Entrai nella stanza, ancora praticamente vuota se non per una serie di giocattoli dimenticati sul pavimento e una vecchia poltrona, ormai completamente piena di polvere. Recuperai dal corridoio una torcia accesa e rientrai nella stanza, chiudendo la porta dietro di me.

Presi a camminare avanti e indietro, sprofondando di nuovo nei miei pensieri.

Ripensai a tre anni prima, quando i miei genitori volevano costringermi a sposare uno dei figli dei Lord.

Credo che fu quello il periodo in cui maggiormente mi capitò di pensare ad Eileen. Era con lei che avevo sentito parlare per la prima volta di matrimonio combinato ed era lei il primo esempio di libertà negata che avevo affrontato nella mia vita.

Quando i figli di Lord MacGuffin, Macintosh e Dingwall si sfidarono al tiro con l’arco per ottenere la mia mano, non potevo fare a meno di pensare a quando al mio posto stava Eileen ad osservare la stessa scena con mio cugino Berdon.

Ma il ricordo che più mi perseguitava era il suo viso. Non avrei mai dimenticato il colore corvino dei suoi capelli e nocciola dei suoi occhi. Riuscivo incredibilmente ancora a raffigurarmelo in mente, anche se non perfettamente delineato.

Cercai di immaginare come sarebbe stata adesso, alla mia età. L’ultima volta che l’avevo vista era poco più di una bambina, adesso invece eravamo entrambe delle giovani donne.

Sempre che sia ancora viva. Sussurrò una vocina nella mia testa.

Improvvisamente la sola idea mi mise addosso un senso di angoscia e tristezza infinita. No, non poteva essere morta. Lei era ancora viva, da qualche parte, me lo sentivo.

Guardai istintivamente il soffitto, sapendo che molti piani più in alto gli uomini di mio padre stavano curando e probabilmente interrogando quel soldato. Un’enorme curiosità prese vita in me. Mi chiesi cosa fosse cambiato in questi anni, se avessero avuto notizie, se avessero continuato a cercarla o addirittura, sperai in un solo attimo, se l’avessero trovata. Ma quest’ultima cosa era davvero molto improbabile, anche perché Lord Higgins avrebbe informato mio padre.

Decisi di raggiungere la stanza dove avevano sistemato l’uomo in modo da potergli fare tutte quelle domande e anche altre se fosse stato necessario.

Mentre salivo rapidamente le scale mi chiesi cosa fosse quella strana sensazione in me, quell’energia e curiosità che mi spingeva a volerne sapere di più.

In fondo, stavamo parlando di una ragazzina che avevo visto una solo volta otto anni prima e che fu tragicamente rapita sotto il mio sguardo. Forse, mi dissi, era questo ciò che mi legava ad Eileen, il senso di colpa. Ma allora perché ricordavo di aver provato strane emozioni già da quando l’avevo vista per la prima volta? Perché il ricordo del suo sguardo su di me era ancora così vivo nella mia mente?

Senso di colpa, Merida, senso di colpa. Continuai a ripetermi in testa.

Finalmente raggiunsi la stanza dove avevano portato l’uomo. La porta era aperta e potevo vedere all’interno il guaritore chino sul braccio dell’uomo ancora svenuto, mentre lo fasciava con una benda e dietro di lui mio padre e mia madre che lo guardavano seri e tristi in volto. Sembravano entrambi totalmente assorti nei loro pensieri.

Sobbalzarono quando entrai nella stanza.

-Merida- mi salutò mia madre.

-Come sta?- mi informai. Mio padre e il guaritore si scambiarono un’occhiata indecifrabile, mentre mia madre mi sorrise tristemente e mi poggiò una mano sulla spalla.

-Vieni, andiamo a fare una passeggiata- mi disse trascinandomi fuori dalla stanza.

Io mi lasciai guidare nel corridoio e aspettai di esserci un po’ allontanate prima di ripetere la domanda.

-Come sta?

Mia madre mi guardò negli occhi, per poi socchiuderli e sospirare.

-Non bene- ammise.

Io la fissai sorpresa. –Ma è ferito ad un braccio. Non mi sembra così grave- osservai.

-Sì, ma.. vedi Merida…-sembrava in difficoltà –Non è una ferita normale. Il dottore ha detto che non riesce a guarirla e a fermare il veleno o qualsiasi cosa sia che lo faccia stare così male.

-Come sarebbe qualsiasi cosa sia?- chiesi non riuscendo a seguire il discorso.

Mia madre si guardò intorno controllando che non ci fosse nessuno prima di continuare il discorso.

-Pensiamo che sia stata inferta da qualcosa di non umano, non appartenente a questo mondo.- spiegò tutto d’un fiato.

-Qualcosa di stregato?- sussurrai meravigliata.

-Sì- confermo lei.

-E questo che significa?- chiesi, conoscendo già la risposta.

-Significa che anche se si dovesse svegliare, non abbiamo i mezzi e le capacità di guarirlo, quindi è solo questione di tempo prima che…

-Muoia- conclusi io per lei. Mia madre mi guardò nuovamente e annuì rassegnata.

-Si è svegliato!- urlò mio padre facendo capolino dalla stanza.

Lo raggiungemmo ed entrammo anche noi. Il guaritore stava reggendo un bicchiere d’acqua dal quale il povero uomo stava bevendo avidamente. Non aveva neanche le forze per tenere la testa alzata.

Quando finì di bere si riaccasciò sul cuscino e prese a respirare con fatica.

Dopo parecchi minuti, iniziò a guardarsi intorno, scrutandoci a uno a uno.

-Do…-iniziò, ma la sua voce era bassissima e rauca e sembrava fare un’enorme fatica a parlare. Diede un colpo di tosse e poi continuò –Dove s..sono?

-Sei al cospetto del re Fergus e della regina Elinor- rispose mio padre avvicinandosi al letto –Sei stato trovato nella foresta ferito e condotto qui dalla principessa Merida.

L’uomo parve impiegarci più tempo del dovuto per riuscire a capire cosa avesse detto mio padre, ma quando finalmente realizzò, sbarrò gli occhi –Vostra maestà!- esclamò debolmente. –Io….io…-continuò cercando di mettersi a sedere, ma mio padre lo respinse delicatamente sul cuscino.

-Non muoverti, hai bisogno di restare disteso- gli concesse.

-Io..sì, maestà, grazie maestà.- recitò debolmente, continuando a tossire tra una parola e l’altra.

-Ho bisogno di farti alcune domande- azzardò mio padre, guardando di sfuggita mia madre. Entrambi sapevano che l’uomo aveva poco tempo e per quanto fosse crudele, avevamo bisogno di sapere cosa fosse successo.

-Sei un soldato di Lord Higgins?- chiesi immediatamente io.

-Merida!- mi rimproverò mia madre. Anche mio padre mi guardò severo e io abbassai lo sguardo mortificata.

-Sì, lo sono- rispose debolmente l’uomo –Eravamo in missione nelle terre dei Mokush. Siamo stati aggrediti. Non ricordo molto…

Mio padre corrugò la fronte.  –Cosa facevate nelle terre dei Mokush? Non sono nostri alleati.

-Maestà, non credo di poterne parlare- rispose mortificato il soldato –Lord Higgins lo deve tenere nascosto. Lui… non potrà riuscirci altrimenti…

-A fare cosa?- intervenne mia madre preoccupata. L’uomo era sempre più pallido e i suoi occhi erano quasi del tutto chiusi.

-..rovarla..-biascicò stanchissimo.

-A trovarla?- capii io, elettrizzata –Trovare cosa? Trovare chi?- volevo delle conferme.

-Merida, piano!- mi ordinò mio padre.

D’un tratto, l’uomo sembrò ritrovare un’energia improvvisa e spalancò gli occhi, stringendo forte il polso di mio padre che sobbalzò per lo spavento.

-Maestà- esclamò tremante, pallido, ma con uno sguardo attivissimo –Dovete stare attento.

-Attento a cosa? Di che parli?- chiese mio padre cercando di liberarsi dalla stretta.

-Ombre- rispose semplicemente lui –Loro non possono morire. Sono scure e… sono ombre.

-Sta delirando Fergus, non sa più cosa dice- commentò tristemente mia madre, ma mio padre fissava l’uomo terrorizzato, come d’altronde stavo sicuramente facendo io, anche se non potevo sapere quale fosse di preciso la mia espressione in quel momento.

-Io le ho viste. Fa…te… attenzio….ne- disse a fatica, allentando la presa su mio padre e richiudendo gli occhi.

-Dove le hai viste?- chiesi io, ignorando lo sguardo di rimprovero dei miei genitori –Dov’eravate? Non c’era nessuno quando ti ho trovato! Dove sono i tuoi compagni? Chi c’era con le ombre?

L’uomo si voltò verso di me, mi fissò spalancando gli occhi come se fosse davanti qualcosa di spaventoso e terribile.

-Ros..so- riuscì a sussurrare, prima che il capo cadde definitivamente sul cuscino e il braccio si fermò inerme sul letto. Non si mosse e non parlò più. Mio padre posò due dita sotto il suo collo e scosse la testa guardandoci. Era morto.

Restammo a guardare l’uomo davanti a noi per un tempo infinito, in rispettoso silenzio e immersi completamente nei nostri pensieri.

Dopo diversi minuti, mio padre lo coprì con un lenzuolo e lasciammo la stanza. Chiamò una delle guardie per informarlo dell’accaduto e questi corse via in seguito a delle istruzioni di mio padre che io non sentii.

-Povero uomo- commentò mia madre –Morire in quel modo…

-Che facciamo adesso?- la interruppi io, guardando mio padre.

-Invierò una lettera a Lord Higgins per informarlo che uno dei suoi uomini è stato ritrovato e poi è morto nelle nostre terre.

-E dopo?- chiesi nervosa.

-E dopo gli faremo una cerimonia per dire addio al suo spirito come vuole la tradizione.

Lo guardai sbalordita. –E basta?

-Cos’altro dovremmo fare?- mi chiese lui.

-Non hai sentito quello che ha detto?- esclamai scandalizzata –Ombre, papà! Ombre! Ed è un uomo di Lord Higgins! Per non parlare della sua ultima parola, “Rosso”! Come il mantello rosso di quella figura che ho visto! E’ tutto collegato papà, è la stessa armata!

-Basta Merida!- urlò mio padre, a metà tra l’arrabbiato e lo spaventato.

-Fergus..- mormorò debolmente mia madre.

-Se si tratta delle stesse ombre dobbiamo fare qualcosa per proteggere il regno!- dissi io.

-No, che non dobbiamo- ribatté mio padre. Non riuscivo a riconoscerlo in quel momento.

-Fergus!- intervenne più decisa mia madre stavolta –Hai intenzione di lasciare il regno in balia di questi attacchi? Sei il sovrano! Devi proteggerlo!

-Tu non c’eri!- gridò mio padre spaventato. Sia io che mia madre restammo in silenzio a guardarlo sbalordite. –Elinor, per tua fortuna, tu non eri con noi e non le hai viste! Non possono essere uccise, ma possono ucciderti. Nessuno dei presenti è riuscito a fare loro il benché minimo danno! E io non ho intenzione di mandare i miei uomini in una missione suicida a cercare qualcosa che non si sa nemmeno cosa sia.

-Papà, ma se almeno provassimo. E se arriveranno qui da noi? Non sappiamo cosa stanno cercando!

-Io non li attirerò qui mettendo in rischio la mia famiglia e il mio regno!

-Ma…

-Ho preso la mia decisione Merida!- ordinò severo.

-Ma potrebbero portarci da Eileen!- mi lasciai sfuggire.

I miei genitori si scambiarono un’occhiata, poi mio padre tornò a guardarmi, stavolta molto più comprensivo.

-Merida, so bene che la scomparsa di quella ragazzina ti ha segnato profondamente. Lo capisco, eri una bambina e hai visto delle scene spaventose. Ma ti giuro, non permetterò a niente e nessuno  di farti del male. Non farai la sua stessa fine- mi accarezzò una guancia e a me raggelò il sangue.

-Non c’è nessuna fine! Eileen è ancora viva!

-L’abbiamo cercata dappertutto e non siamo riusciti a trovarla. Credimi, vorrei tanto quanto te che stesse bene, è la figlia di uno dei miei migliori amici e…

-Quell’uomo ha detto “trovarla”. Sono sicura che si riferisse ad Eileen! Non hanno mai smesso di cercarla, sanno che è ancora viva! E guarda caso quelle guardie sono state aggredite dalle stesse ombre che hanno rapito lei! Combacia tutto!

-Queste sono solo tue teorie Merida, non possiamo sapere se sono vere!- ribatté mio padre stancamente.

-Lasciatemi andare nelle loro terre allora! Porterò io il messaggio a Lord Higgins sul soldato che abbiamo trovato! Così potrò chiedergli se ho ragione!

-Assolutamente no!- risposero in coro i miei genitori.

-Ma perché?- protestai.

-Le terre di Lord Higgins sono a tre giorni di cammino e a quanto pare ci sono delle ombre o cose stregate che vanno uccidendo e rapendo la gente  in giro! Non lascerò andare mia figlia in mezzo a tutto questo!- ordinò mia madre e sia lei che mio padre mi fecero capire che la conversazione era finita. Mi guardarono per un attimo e poi si allontanarono. Ma prima di sparire dietro l’angolo, mia madre si voltò e mi disse: -Essere preoccupata per una persona che neanche conosci ti fa onore, ma rischiare la vita in una missione impossibile fa di te un’ incosciente.

Detto questo si allontanarono e mi lasciarono sola nel corridoio.
 
 
 

Quella notte non riuscii a chiudere occhio. Immagini di ombre a cavallo, gente che urlava, Eileen che spariva e il soldato su quel letto non mi lasciavano in pace.

A un certo punto decisi di alzarmi e andai verso la finestra. Mi tornò in mente il mio primo incontro con Eileen nel bosco, dopo la sua caduta e la sua espressione nello scoprire che ero la principessa. Sorrisi a quel pensiero, ma subito dopo ricordai, come altre decine di volte, il momento in cui quella figura stava davanti a noi ed Eileen che tremava dietro di me.

Alzai il capo verso le stelle e sentii forte come non mai la consapevolezza che lei era ancora viva.

Mi voltai verso il mio arco e lo presi in mano. Quasi mi cadde a terra quando notai un particolare inciso sopra di esso. Era il simbolo del regno di Higgins. Ricordai perfettamente quando lo disegnai io stessa, un pomeriggio alcuni anni prima mentre ero in giro con Angus. L’avevo disegnato spensieratamente, non ricordando neanche che esistesse davvero.

Colsi quello come un segnale chiaro e forte. Mi voltai nuovamente verso la finestra e presi la decisione che avrebbe segnato per sempre la mia vita.

L’indomani avrei fermato il messaggero e sarei andata io stessa nelle terre di Higgins, con o senza il volere dei miei genitori. I fuochi fatui mi avevano portato da quel soldato nella foresta per una ragione e loro non si erano mai sbagliati con me.

Eileen, pensai, non ti abbandonerò di nuovo.
 
 

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Ok, questo è tutto, spero che non vi siate annoiati troppo ma la trama non può andare troppo velocemente altrimenti non se ne capisce niente :D
Per quanto riguarda il simbolo di Higgins, mi sono liberamente ispirata a questa scena http://www.youtube.com/watch?v=3fdcIeg67XQ e precisamente al 00.57
Grazie mille per essere arrivati fin qui, spero lasciate un commento per farmi sapere cosa ne pensate!
Un bacio e alla prossima (spero presto!)
Fede!
  
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