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Autore: Amy Dickinson    11/09/2013    0 recensioni
Dal testo:
Quella piccola meraviglia rientrava nella cerchia degli amici più stretti di sua sorella Rosalie ed era stato piacevole scoprirlo. A cena le era stata presentata e aveva saputo che si chiamava Alice Cullen. ‘Un bel nome per una bella creatura’ si era detto quando le aveva stretto la mano. ‘Sì, bella per davvero’ pensò nuovamente, annuendo con la testa ed immaginandola ad occhi chiusi. (...)
‘Non la rivedrò più, devo farlo per il mio bene. Non morirò solo perché non ci sarà lei’ cercò di convincersi. No, non sarebbe morto, era ovvio, ma sapeva che con tutta quell’amarezza nel cuore ci sarebbe andato comunque molto vicino. (...)
Si sedette sul letto accanto a lei e poco dopo la baciò. Finalmente poté assaporare quelle labbra più in profondità, catturandole con le proprie. Era timida, un po’ impacciata nei movimenti e tremendamente dolce. Ma, paradossalmente, anche intraprendente, a modo suo.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jasper Hale | Coppie: Alice/Jasper
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
- Questa storia fa parte della serie 'Living in Manchester - Saga'
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Living in Manchester - Special Act

Jasper’s feelings

Parte I 

Quadro 

(post capitolo 4)

 

 

 

 

Erano appena scoccate le diciassette quando Jasper Hale rientrò nel suo appartamento di Birmingham tornando dalla stazione. L’aria era umida e fredda ma per fortuna i riscaldamenti partivano automaticamente alle quattordici di ogni giorno, così si ritrovò la casa calda. 

Abbandonato su una sedia il giubbotto fradicio e molle di pioggia, andò a farsi una doccia. Fuori dalla finestra Gas Street era vuota per via del temporale che non accennava a smettere. Jasper si augurò che l’acqua del canale non straripasse o avrebbe provocato un sacco di danni per le strade adiacenti, impedendogli di uscire di casa il giorno successivo. 

Studiò per qualche ora, poi si preparò la cena e si sistemò sul divano, davanti al televisore per guardare la partita. Era arrivato al torsolo di una mela quando squillò il telefono. 

‘Chi è che mi disturba quando c’è il Monday Night?’ pensò, alzandosi di malavoglia e sbuffando. 

“Pronto?” rispose. 

Ma allora ci sei!” esclamò una voce femminile dall’altra parte.

“Ah, sei tu, Lauren”

Però, che entusiasmo... Che ti succede?”

“Sono stanco e in tivù c’è la partita, ho di meglio da fare che stare al telefono”

Non essere così scortese, ti ho cercato tanto in questi giorni...

‘Nessuno te l’ha chiesto’ pensò, alzando gli occhi al cielo.

“...si può sapere dove ti eri cacciato?”

“Non vedo come quello che faccio ti riguardi”

Certo che mi riguarda, invece!

“E in qualità di cosa? Non sei la mia ragazza, non più”

Hai ragione, non lo sono più. Ma sai quanto vorrei tornare insieme a te. Abbiamo fatto uno sbaglio, non avremmo mai dovuto separarci. Sto male senza di te

“Mi spiace per te, credimi, ma io sto molto meglio così”

Come puoi dirlo? Eravamo la coppia perfetta e potremmo esserlo ancora

La coppia perfetta? Ma ti senti?” sbottò. “Se così fosse adesso staremmo ancora insieme, no?”

Possiamo ancora rimediare

“No che non possiamo”

Ma perché non vuoi capire?”      

“Sei tu che non capisci. All’inizio stavamo bene, lo ammetto, e ti ricordo che mi sono addirittura trasferito qui per non perderti. Ci abbiamo provato, e tanto anche. Ma non è andata e ci siamo lasciati. Punto, fine. È inutile cercare di forzare le cose”

Jasper, se solo ci riprovassimo, io credo che stavolta...”

“Non funzionerebbe”

Potremmo provare a convivere

“E a quale scopo?”

Sarebbe la cosa giusta, avremmo finalmente la possibilità che meritiamo

“Io non credo”

Tu non puoi saperlo!” fu lei ora ad alzare la voce. “In tutto il tempo che siamo stati insieme non mi hai mai parlato di vivere nella stessa casa, sotto lo stesso tetto!

“Non sono mai stato pronto ad un passo del genere, ho voluto aspettare ancora prima di prendere una decisione. E ho fatto bene! Lauren, le cose non si pretendono, si conquistano. E tu non ci sei riuscita”

Ma noi...”

“Smettila, una buona volta. È finita, non c’è più nessun noi. Nè mai ci sarà, fattene una ragione. Prima lo farai, prima riuscirai a voltare pagina e rifarti una vita – come sto tentando di fare io”

Dall’altra parte giunse solo silenzio.

“Non voglio che tu soffra, davvero. Ma non siamo fatti l’uno per l’altra, guarda in faccia la realtà”

C’è... c’è un’altra, non è così?”

“Ti ricordo che sono mesi che ci siamo lasciati. Non accampare scuse solo perché non vuoi capire”

Non hai negato la cosa...” insisté la ragazza. “Quindi è così?”

“No, non lo è. Ma se anche fosse? Sono libero, come lo sei tu, e ne avrei pieno diritto, se volessi”

Se è solo un’avventura che cerchi io posso...

“Ascolta, avventura o relazione seria, non ti devo alcuna spiegazione. Sono stanco e non ho più voglia di starti a sentire. Va’ avanti per la tua strada e lasciami in pace, okay? Buonanotte”

Jasper, no, aspetta! Io ti...”

Ma il ragazzo era stufo di quella conversazione, così riattaccò. Diede una rapida pulita alla cucina e spense il televisore senza finire di vedere la partita, la voglia gli era completamente passata. 

Lauren Mallory era stata la sua ragazza per circa due anni – questo dopo che lo aveva ignorato per quasi tutto il periodo delle scuole superiori, fino a quando si era improvvisamente accorta di lui. Jasper, però, aveva fatto l’errore di soffermarsi solo sull’aspetto esteriore della ragazza, dando per scontato che fosse anche gentile, altruista, semplice ed onesta – come era lui. Ma la verità era venuta a galla presto ed era stata una doccia fredda per il secondogenito della famiglia Hale. Tuttavia non si era arreso, facendo l’impossibile per cercare di smussare i lati più difficili del carattere di Lauren e cercando di farle comprendere che, se davvero voleva costruire qualcosa con lui, avrebbe dovuto imparare che non si può essere superficiali, non in ogni aspetto della propria vita, perlomeno. Non era servito a nulla, però. La ragazza era arrivata al punto di non sopportare più le continue lamentele di Jasper – dandogli del ‘maestrino saccente’ – e lui aveva deciso di lasciar perdere, dicendosi che sarebbe stato più semplice trafugare la piramide di Cheope che non trasformare Lauren da fashion victim senza speranza in giudiziosa ragazza della porta accanto. “Ho preso lucciole per lanterne, decisamente” si ripeteva ogni volta che ci pensava. 

Stava nuovamente bene, aveva raggiunto un suo equilibrio. Studiava molto più di prima e la cosa non gli pesava per nulla, dipingeva con passione ed energia, aveva ripreso a frequentare i suoi amici, si sentiva rinato. Certo, non gli faceva piacere che lei soffrisse, ma era stata d’accordo con lui, aveva detto che si era stancata anche lei di quella situazione e che continuando non sarebbero andati da nessuna parte. Se poi aveva scelto di fare un passo indietro, per il ragazzo non era lo stesso, e lei avrebbe dovuto accettarlo, magari il distacco l’avrebbe addirittura aiutata a maturare un po’ – il che non le avrebbe fatto male, anzi!

Il letto era morbido e confortevole e sdraiarvisi fu per lui una vera goduria. Si guardò intorno con aria sonnacchiosa, premeditando una notte di riposo. Ma poi l’occhio incontrò la tela che aveva iniziato a schizzare con il carboncino qualche giorno prima, abbandonata sul cavalletto in un angolo della camera. Rappresentava una foresta e, una volta finito di lavorarci su, quell’accozzaglia di linee accennate sarebbe diventata un quadro. E, da artista, sapeva già che separarsene lo avrebbe reso triste. Ma, nonostante ciò, non vedeva l’ora che fosse compiuto, soprattutto perché pensava di regalarlo ad una persona speciale. Poi spostò la vista sulla scrivania ricolma di libri, sull’armadio con un’anta aperta, sul gagliardetto del Manchester United appeso al muro vicino alla finestra. 

‘Quella partita contro gli Spurs è stata memorabile’ pensò, rivedendo le azioni nella sua testa.

Ma non era solo il risultato del match a meritarsi quell’aggettivo. Jasper non si era affatto dimenticato della ragazza con la quale si era scontrato davanti ai bagni dello stadio durante l’intervallo. Nessuno dei due aveva visto l’altro e l’impatto aveva fatto andare a terra il suo corpicino da bambola. La botta, però, non aveva risparmiato lui che, ironicamente, l’aveva apostrofata, definendola un folletto. 

Sei svampita e hai la testa fra le nuvole. Sarai mica un folletto dei boschi?

Sorrise, ripensando allo sguardo piccato che gli aveva rifilato. Aveva pensato che la ragazza non doveva avere solo l’aspetto di un folletto, ma anche un caratterino volubile e permaloso. Al di là di quei pensieri, però, non gli era sfuggito quanto fosse carina e aggraziata – in effetti, proprio come un folletto! 

Mi fa piacere rivederti, piccolo folletto. Spero che non sia l’ultima volta, alla prossima.

- Non ci sarà una prossima volta, razza di… razza di damerino!

Gli scappò una risata. 

‘Non avrei mai immaginato di poterla rivedere, soprattutto, non così presto!’ 

Invece era accaduto. Quella piccola meraviglia rientrava nella cerchia degli amici più stretti di sua sorella Rosalie ed era stato piacevole scoprirlo. A cena le era stata presentata e aveva saputo che si chiamava Alice Cullen. ‘Un bel nome per una bella creatura’ si era detto quando le aveva stretto la mano. ‘Sì, bella per davvero’ pensò nuovamente, annuendo con la testa ed immaginandola ad occhi chiusi. Le punte dei corti capelli scuri che le accarezzavano le guance ed il collo donandole un’aria sbarazzina, gli occhi che avevano quel taglio misterioso e seducente, le labbra che sembravano costantemente pronte a piegarsi in un sorriso furbo. La figura minuta gli ricordava una farfalla che vola dispiegando con eleganza grandi ali variopinte, il suo profumo leggero gli rammentava degli odori di un bosco a primavera, con i suoi alberi in fiore ed i frutti selvatici dai colori accesi. Le parve di vederla danzare per lui, con tutta la grazia di una ballerina, così leggera e candida come una piuma che galleggia nel vento. Alzò in aria una mano quasi a voler prendere la sua, ma incontrò solo il vuoto.

Il giorno prima si erano casualmente incontrarti alla mostra alla galleria d’arte di Manchester. Era rimasto molto sorpreso di trovarla lì. Gli era stato impossibile non sorridere alla vista di quegli occhi rapiti, di quella deliziosa bocca che si apriva e chiudeva per lo stupore, soprattutto dopo che si era accorto che il quadro che aveva suscitato in lei quelle reazioni era proprio il suo. Fra tante belle opere, Jasper non credeva possibile che lei scegliesse la sua, una tela di dimensioni medio-piccole che non era neanche il suo massimo. Ma ad Alice era piaciuta e per lui ciò contava più di qualsiasi altro complimento. Quella mattina l’avevano trascorsa fianco a fianco in giro per la struttura osservando i lavori esposti, facendo commenti ed eventuali critiche, chiacchierando amabilmente di argomenti di natura artistica. Un’esperienza bellissima che a Jasper sarebbe piaciuto ripetere, qualora se ne fosse presentata l’occasione in futuro. 

Aveva pensato di farle una sorpresa e regalarle quel quadro, sicuro che le avrebbe fatto piacere, ma non gli era stato possibile averlo indietro perché, sebbene recasse le sue iniziali, ormai la tela non era più di sua proprietà. Ma il ragazzo non si era affatto scoraggiato e si era deciso a rifare quel quadro per lei – anche se era un tipo da ‘buona la prima’. Aveva preparato lo schizzo sulla base dell’originale ma aveva pensato di apportare qualche modifica per renderlo speciale. Tutt’a un tratto aprì gli occhi di scatto e si tirò su a sedere mentre un’idea cominciava a ronzargli in testa. 

“Ma certo... un folletto!” esclamò a voce alta. 

Scattò in piedi e corse verso il cavalletto. Lo schizzo non era che approssimato quindi poté modificarlo senza problemi. Resse il mento con la mano sinistra ed osservò il disegno con aria pensosa per un minuto buono, poi prese il carboncino con la destra e si lasciò guidare dall’ispirazione. Non ci mise molto a decidere la locazione dei singoli elementi originali – gli alberi, gli uccellini, un cervo, una pozza d’acqua, i raggi del sole – e per ultimo inserì quello nuovo: un adorabile folletto in cima al ramo di un albero. Lavorò a lungo sul viso della creatura, sperando di farlo risultare il più delicato e realistico possibile. Soddisfatto, prese i colori a olio e cominciò a scegliere quali sfumature utilizzare. Voleva che anche quel dipinto, come il suo predecessore, risultasse parzialmente in ombra, che solo alcune parti fossero esposte alla luce del sole e che i colori risultassero spenti o brillanti a seconda di dove fossero posizionati gli elementi.

Quando ebbe terminato le braccia gli facevano male e gli si chiudevano gli occhi per il sonno, ma si sentiva anche molto felice.

‘Ce l’ho fatta!’ pensò, indietreggiando di pochi passi e guardando la tela con aria compiaciuta. ‘Quando Alice lo vedrà sarà rapita dall’atmosfera e poi noterà il folletto, magari le scapperà perfino un sorriso. Sì, penso che le piacerà’

Pulì gli attrezzi e li rimise a posto, pensando di meritare finalmente una notte di riposo. Si era appena sdraiato sul letto quando il suo cellulare squillò. Con una parolaccia allungò il braccio per afferrarlo dal comodino e lesse il nome sul display. 

“Pro-pronto?” rispose.

Buongiorno!” esclamò una voce squillante all’altro capo. “Come sta il mio artista oggi?

“Stava bene, prima che lo chiamassi, Rose”

Siamo di cattivo umore, eh?”

“Direi, stavo cercando di dormire e invece mi chiami tu nel cuore della notte”

Nel cuore della notte? Ma se sono le otto e venticinque!”

“Ma che stai dic...” stava ribattendo ma si bloccò, guardando fuori dalla finestra. Stava ancora piovendo e il cielo era scuro ma era evidente che fosse già mattina.

“Oh, cavolo. Ho dipinto per tutta la notte e devo aver perso la cognizione del tempo”

Adesso capisco

“Tu sei a lavoro?”

No, oggi ho solo il pomeriggio

“È per questo che sei tanto allegra di prima mattina? Oppure perché hai ospitato Emmett ieri sera, eh?”

Fatti gli affari tuoi, mocciosetto

“Ah ah ah, mi sa che ho indovinato!”

Comunque, spiritosone, hai dimenticato qui alcuni libri e volevo avvisarti nel caso li cercassi

“Davvero? Ieri ho studiato ma non me ne sono accorto, può darsi che per ora non mi servano”

Va bene, era solo per fartelo sapere

“Okay, grazie”

Ci sentiamo. Non fare troppa baldoria, eh?

“Io? Ma che vuoi che siano un paio di festini al giorno...” scherzò. 

E nemmeno inviti me che sono la tua unica sorella?”

“Per me puoi venire quando vuoi, ma sei già impegnata...”

Beh, fammi sapere quando vuoi presentarmi la tua ragazza, fratellino

“Dubito che accadrà, per ora”

La salutò e rimise il cellulare sul comodino, poi guardò nuovamente il quadro. 

‘Eh, se solo sapessi che la ragazza che mi interessa è proprio Alice...’ pensò, sbadigliando sonoramente. ‘Per il momento terrò qui il quadro ed aspetterò l’occasione giusta per mostrarlo alla musa che lo ha ispirato, poi glielo regalerò. Tra folletti potrebbero anche piacersi’

Un sorriso andava comparendo sulle sue labbra mentre accarezzava la possibilità di rivedere Alice. 

 

 

Parte II

Rifiuto

(post capitolo 6)

 

 

 

 

Si era sbattuto la porta alle spalle, aveva acceso lo stereo ed alzato il volume al massimo, poi aveva preso uno dei suoi pennini da inchiostrazione e si era messo a tracciare furiose linee nere sulla carta bianca dell’album. Disegnò un’aquila quasi stilizzata, enorme e orrenda e sotto di lei, nelle sue terribili grinfie, un coniglio inerme, preda spacciata dell’uccello rapace. La piccola bestia aveva i suoi lineamenti ed un’aria sofferente, sconfitta. Poco lontana dall’aquila, c’era un’altra figura: una ragazza con i capelli a caschetto, bella ma fredda, con la testa volutamente girata nella direzione opposta, come a non voler vedere la scena. 

‘Ho rotto con Lauren tempo fa, eppure sono stato così stupido da ricascarci ancora!’ si colpevolizzò. ‘Come ho potuto pensare che essere semplicemente me stesso sarebbe bastato a catturare il suo interesse? Tanto non importa cosa dica o faccia, non le vado bene comunque. Non le piaccio, ecco. Mi sono fatto solo illusioni, ci ho creduto e adesso posso solo prendermela con me stesso. Sono solo un fottutissimo idiota!’

Si diede dell’idiota ma, in realtà, sapeva che la parola giusta era un’altra – e senza l’espressione dispregiativa che la precedeva –, cioè: innamorato. Oh, sì. Lui l’amava, ormai era una cosa certa. Un altro, al suo posto, avrebbe solo voluto avere con lei una relazione di una sola notte o poco più, ma non lui perché ormai non si trattava più solo di una ragazza carina da stuzzicare. Jasper avrebbe voluto passare con lei tutta una vita e, se mai fosse stato possibile, anche di più. 

Era accaduto tutto con una rapidità impressionante ma ormai era fatta, non poteva tornare indietro a prima del loro incontro allo stadio di Old Trafford perché sapeva già che tutto il resto sarebbe apparso come annebbiato, insignificante. Ma, se non poteva tornare indietro nemmeno con la mente, sapeva per certo che sarebbe dovuto andare avanti con la propria esistenza. Aveva una vita piena e soddisfacente, non poteva rischiare di buttare all’aria tutto quello che aveva costruito grazie alle proprie capacità. Non per una ragazza. 

‘Ma lei non è una ragazza qualunque! Lei non è Lauren o un’altra ancora. Lei è... è Alice’ pensò, specificando quel nome come se da solo potesse spiegare tutto quello che significava per lui. Nonostante tutto, sapeva che era la persona che stava aspettando, peccato che per Alice non fosse lo stesso. 

Strappò, appallottolò e gettò via il figlio, poi prese a disegnare un cespuglio di rose, bellissime ma circondate da centinaia di minuscole spine.

Come un fulmine a ciel sereno arrivò il dolce ricordo di quel bacio. Era accaduto la sera in cui Alice si trovava in discoteca per festeggiare il proprio compleanno, si erano incontrati per puro caso e lui l’aveva difesa da un tipo che era tutto fuorché raccomandabile. La ragazza aveva bevuto e non si sentiva molto bene, così gli aveva chiesto di accompagnarla a casa e lui non aveva esitato a farlo. Una volta lì, poi, gli aveva chiesto di restare a farle compagnia finché non si fosse addormentata e non si era tirato indietro neppure in quel momento. Quella sera era stata così carina e dolce con lui che aveva avuto qualche dubbio sul fatto si trattasse della stessa ragazza di sempre. Alla fine poi, quando era giunto il momento di andarsene, non aveva resistito davanti a quel visetto e aveva posato le labbra sulle sue, sentendole fresche e vellutate come i petali di una rosa. Ricordò ancora di essersi sentito un ladro per quell’azione furtiva, ma ciò non era bastato a farlo pentire del gesto, anzi, se avesse potuto, l’avrebbe rifatto altre cento volte.  

‘Darei tutto per poterti baciare ancora’ pensò, come se si stesse rivolgendo direttamente a lei. Alice però non lo avrebbe permesso, mai e poi mai. Perché lui non andava bene e perché lei doveva essere senz’altro impegnata con quel ragazzo. Lei era brillante e bellissima ma, proprio come quelle rose sul foglio, circondata di spine e, perciò, irraggiungibile. E ora che sapeva che era impegnata non avrebbe avuto più alcuna speranza anche se, probabilmente, a giudicare dal modo in cui lo aveva sempre trattato, non ne aveva avuta nemmeno in precedenza.

Distolse lo sguardo e girò la testa a sinistra, verso il cavalletto. Fino a poco tempo prima era stato occupato dalla tela con il folletto nella foresta, ora era inesorabilmente vuoto. Il quadro lo aveva realizzato pensando a lei, in un certo senso era il pegno del suo amore, perciò glielo aveva donato. Aveva sperato che, forse, guardando bene il folletto, si sarebbe accorta dei sentimenti nei suoi confronti, capendo che non aveva mai voluto infastidirla con la sua presenza, ma solo starle accanto, condividere qualcosa con lei. Sperava almeno che appressasse il gesto e, perché no?, l’opera. Ma, conoscendola un minimo, era pronto a scommettere che l’avesse buttato nella spazzatura senza neppure aprire la busta e leggere quello che le aveva scritto. E dire che lui quel quadro lo aveva dipinto con sentimento, ci si era persino affezionato, ma sentiva che l’oggetto non poteva stare ancora chiuso nel suo appartamento lì a Birmingham. L’aveva fatto apposta per lei, doveva appartenere a Alice. Non avrebbe potuto continuare a tenerlo lì, a ricordargli ogni volta che lei non era insieme a lui, che non lo voleva. Aveva fatto la cosa giusta, sì, e doveva metterci una pietra sopra ormai e andare avanti per la sua strada, sforzandosi di augurare a Alice e a quel ragazzo ogni bene – anche se non gli riusciva affatto.     

‘Non la rivedrò più, devo farlo per il mio bene. Per un po’ non andrò a Manchester e quindi non passerò nemmeno il Natale a casa di Rose quest’anno, resterò qui in città. Non morirò solo perché non ci sarà lei’ cercò di convincersi. 

No, non sarebbe morto, era ovvio, ma sapeva che con tutta quell’amarezza nel cuore ci sarebbe andato comunque molto vicino.           

 

 

Parte III 

Sentimento

(collegato al capitolo 9)

 

 

                                                     

Per la prima volta in vita mia mi sono innamorata. 

Mi sono innamorata di te.  

Ti amo.                    

L’intero discorso di Alice lo aveva colpito ma erano state quelle tre piccole frasi dette con tutta la sincerità del mondo a riempirgli il cuore, dandogli la sensazione che potesse scoppiare di gioia da un momento all’altro. Alice, quella piccola, unica meraviglia, innamorata di lui? Non riusciva a crederci! 

Le aveva sorriso timidamente e poi l’aveva attirata a sé in un caldo abbraccio. Era così felice che pensò quasi che i primi botti che si sentivano fuori dalla finestra fossero per lui, per festeggiare la grande notizia e non per il Capodanno. La strinse con dolcezza, non riuscendo a smettere di sorridere, ancora incredulo e un po’ frastornato. Gli occhi gli si appannarono in un istante e, prima che potesse impedirlo, sentì una lacrima scorrergli sulla guancia. Si sentì uno sciocco, perché in una circostanza del genere non avrebbe dovuto piangere, ma la sua era una commozione giustificata: dopotutto, aveva conquistato la ragazza che amava proprio quando si era rassegnato a gettare la spugna, se non era un miracolo quello... 

La sua camera era l’ambiente più caldo di tutta la casa e lei aveva smesso di tremare, finché non si era sfilata il plaid che l’avvolgeva. Jasper non riusciva a toglierle gli occhi di dosso, era così graziosa che avrebbe tanto voluto privarla dei vestiti, fasciarla in un lenzuolo bianco e ritrarla distesa lì come un candido angelo, ma si trattenne dal farlo. 

Si sedette sul letto accanto a lei e poco dopo la baciò. Finalmente poté assaporare quelle labbra più in profondità, catturandole con le proprie che a stento riuscivano a celare il desiderio che aveva di Alice il quale, ne era certo, si leggeva a chiare lettere nei propri occhi. Era timida, un po’ impacciata nei movimenti e tremendamente dolce. Ma, paradossalmente, anche intraprendente, a modo suo. 

“Ti prego, spegni la luce...” gli disse ad un tratto.

Jasper fece una smorfia e le chiese il perché ma lei insisté e il ragazzo lo fece senza replicare anche se avrebbe tanto desiderato contemplare quel piccolo corpo al naturale. 

L’abbracciò da dietro, massaggiandole la schiena e baciandole il collo e le spalle  nude lentamente, sentendola rabbrividire ad ogni tocco in un crescendo di desiderio. Si voltò verso di lui e si fece coinvolgere in nuovi baci finché non le tolse quanto rimaneva a coprirla e si unirono in un abbraccio rovente. 

I bagliori intermittenti dei fuochi d’artificio fuori dalla finestra illuminavano il profilo di Alice, facendola apparire sensuale e bellissima, persino più di quanto lo era stata la sera del compleanno. Le sue mani cominciarono ad esplorarla mentre lei continuava ad abbracciarlo. Quando fu pronta, Jasper lo intuì. La fece stendere sul letto e le divaricò le gambe. 

“Non avere paura” le sussurrò con dolcezza, accarezzandole una guancia. “Fidati di me”

La ragazza annuì in silenzio e protese il bacino in avanti per accoglierlo. Sussultò e il fiato le si fece corto mentre Jasper prese a muoversi, deciso ma insieme attento a non farle male. La sentiva gemere pianissimo a labbra semichiuse mentre i muscoli si contraevano in spasmi di piacere sempre più forti. 

Stare lì con lei era la cosa più bella che potesse capitargli e avrebbe voluto continuare fino al mattino ma era decisamente troppo emozionato e dopo qualche tempo dovette fermarsi poiché il piacere lo raggiunse inaspettato e lo travolse quasi in modo violento. Alice lo seguì subito, colta anche lei alla sprovvista da quella ondata di benessere fisico e mentale. 

Si strinsero in un nuovo abbraccio, cercando di riprendere fiato. Erano felici ma così stanchi che, non appena si infilarono sotto le coperte, ebbero giusto il tempo di scambiarsi qualche tenero bacio, che subito crollarono addormentati. 

 

La mattina dopo fu Jasper a svegliarsi per primo. Strizzò gli occhi, colpiti da un raggio di sole che filtrava dai vetri, e si girò su un fianco. Di fronte a lui dormiva beatamente la piccola Cullen, coperta da un lenzuolo che le lasciava fuori una spalla. Il ragazzo sorrise alla sua vista, i ricordi della notte trascorsa gli affollarono la mente. Piantò il gomito nel cuscino e usò la mano come appoggio per la testa, mettendosi nella posizione ideale per contemplare i delicati lineamenti di quel visetto di porcellana. 

‘Sembra serena’ pensò, allontanandole una ciocca da una guancia. ‘Com’è bella’

Anche se con difficoltà, si trattenne dal riempirla di baci, poiché non voleva disturbare il suo sonno. Si limitò solo a farsi più vicino, a sfiorarle la spalla con le labbra e ad appoggiarle una mano in vita come in un abbraccio.

Diversi minuti dopo Alice aprì gli occhi a sua volta, sbattendo le palpebre per qualche secondo a causa della luce improvvisa. 

“Buongiorno” la salutò Jasper. 

“Buongiorno” rispose, coprendo uno sbadiglio con la mano davanti alla bocca. “Cosa fai?”

“Guardo la cosa più bella che esista al mondo” disse in tutta naturalezza, come fosse ovvio.

La ragazza sorrise e scosse la testa con una punta d’imbarazzo, poi si spinse verso di lui e lo baciò, lasciandosi avvolgere dalle sue braccia. 

‘Ah, vecchio mio!’ pensò Jasper, guardando un autoritratto posato sullo scaffale più alto della libreria. ‘Non so perché, ma qualcosa mi dice che hai finalmente trovato il tuo posto nel mondo’

 

 

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L’angolo di Amy

Ciao gente,

eccoci alla terza ed ultima OS, incentrata sul personaggio di Jasper, è stata di vostro gradimento? ^^

Jasper ed Alice sono la coppia principale di “Living in Manchester”, non potevo non parlare un po’ anche di lui :) A proposito della long, dateci una letta, se vi va, tra pochissimi capitoli sarà conclusa ^^

E queste sono altre due OS connesse alla storia: 

Living in Manchester - Prequel Act I (Edward/Bella);

Living in Manchester - Prequel Act II (Emmett/Rosalie). 

Vi saluto con un utile consiglio: correte a leggere le ficcy di Lorelaine86, io le a-do-ro! ^__^ 

Alla prossima!

Amy 


  
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