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Autore: Lusio    12/09/2013    6 recensioni
"Romeo e Giulietta. Uno dei drammi di Shakespeare più conosciuti e più rappresentati al mondo, assieme ad Amleto e a Riccardo III. La storia d’amore di due giovani che, dopo una serie di vicissitudini, si tolgono la vita."
Così esordisce Isabelle Plessis, professoressa di Letteratura alla Dalton Academy, durante una sua lezione. E alla fine assegna ai suoi alunni un compito: dovranno "vivere" la storia dei due amanti di Verona, trovare nella loro vita i tanti sentimenti racchiusi nell'opera di Shakespeare. Non è facile, soprattutto per Kurt e Blaine, decisi a mantenere viva la loro amicizia senza troppi scossoni ma con l'anima in subbuglio per emozioni che li stanno consumando dentro, facendoli desiderare qualcosa di più ma di cui hanno paura.
Ma il compito della professoressa Plessis sarà loro più utile di quanto credono, anche se in maniera indiretta e inconsapevole. Tra amici che si improvvisano Cupidi, notti bianche e bottoni azzurri, Kurt e Blaine inizieranno a comprendere cosa vogliono realmente e a capire che la paura, in certi casi, può essere un incentivo per la vita.
(Gli avvenimenti qui narrati si svolgono durante la seconda stagione, dopo S. Valentino, con qualche rivisitazione dell'autore)
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Mercedes Jones, Nuovo personaggio, Warblers/Usignoli | Coppie: Blaine/Kurt
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Atto I (Tanto per cominciare)

 

 

 

- Romeo e Giulietta. Uno dei drammi di Shakespeare più conosciuti e più rappresentati al mondo, assieme ad Amleto e a Riccardo III. La storia d’amore di due giovani che, dopo una serie di vicissitudini, si tolgono la vita.

Nell’aula di Letteratura della Dalton Academy si sentivano solo le parole della professoressa Isabelle Plessis, il rumore che facevano i tacchi delle sue scarpe, lo strusciare delle penne sui quaderni di quei pochi studenti che stavano prendendo appunti. La professoressa Plessis parlava con voce bassa e un po’ roca con un accento che denotava le sue origini francesi e questo era uno di quei piccoli dettagli che avrebbero potuto renderla un facile bersaglio delle burle degli studenti ma nessuno ci avrebbe mai provato, per un semplice motivo: Isabelle Plessis non solo era una donna che sapeva farsi rispettare ma era anche molto affascinate. Lei era la prova vivente di quello che diceva sempre Sebastian sulle donne francesi: “Non invecchiano mai”. E infatti, a sessant’anni, la professoressa Isabelle Plessis aveva un fascino tutto suo: non era alta e aveva un fisico esile e magro, il viso aveva rughe lievi e quelle poche macchie cutanee, indici della vecchiaia, sotto il fondotinta sembravano delle efelidi; la bocca era piccola e poco abituata a sorridere, i capelli, che portava legati in un elegante chignon, erano di un rosso sbiadito, che in gioventù doveva essere stato di una sfumatura più luminosa, con qualche filo argentato sulle tempie; e gli occhi sembravano racchiudere il verde cangiante delle foreste della Francia. Le sue lezioni erano le uniche che Nick e Jeff non interrompessero con chiacchiere o videogame nascosti sotto il banco, anzi erano le uniche alle quali prestassero attenzione… sempre che “fissare insistentemente la prof. con gli occhi da maniaco e la bava alla bocca” fosse sinonimo di “prestare attenzione”. Per non parlare di James Kirk, talmente sicuro dei suoi soldi e del suo fascino, che ci provava con lei in maniera non tanto velata ogni volta che le chiedeva un approfondimento o un consiglio per una ricerca o quando le consegnava un compito, una mano sulla scrivania, una sul fianco, la cravatta allentata e l’occhio ammiccante da playboy. Ma la professoressa Plessis non era tipo da lasciarsi lusingare da simili attenzioni, anzi esigeva il massimo dai suoi studenti e per fortuna riusciva a mantenere vivo l’interesse di chi la ascoltava, modulando la voce in modo da non renderla monotona, camminando per l’aula e rivolgendo domande, di punto in bianco, ai ragazzi. Per questo era l’insegnante preferita di Kurt; a giudicare dal modo di imporsi e dalla dizione, sarebbe stato pronto a giurare che la professoressa Plessis avesse un passato da attrice.

- La storia dei due sfortunati amanti di Verona è talmente conosciuta e ha ispirato così tante storie che molti, al giorno d’oggi, la ritengono “sorpassata” o addirittura “fuori moda”. Ma voler ridurre Romeo e Giulietta semplicemente alla sua superficie è sbagliato e fuorviante. Romeo e Giulietta non è una triste storia di morte ma un inno alla vita in ogni sua forma, alla voglia e alla smania di vivere, all’amore vissuto fino allo stremo. Signor Smythe – continuò rivolgendosi a Sebastian cogliendolo di sorpresa – Signor Smythe, secondo lei perché Romeo e Giulietta alla fine si uccidono?

Sin dal primo giorno, Sebastian era sicuro che la professoressa Plessis avrebbe avuto un occhio di riguardo per lui, essendo lei francese ed essendo lui stesso vissuto per molti anni in Francia, ma si era dovuto scontrare con la realtà dell’intransigenza di quella donna tanto affascinante quanto fanatica dell’educazione.

- Ehm… be’, credo… perché Shakespeare si è giocato la carta del sesso a metà della storia – provò a rispondere Sebastian scatenando tra i suoi compagni un lieve fruscio di risatine maliziose; la Plessis, senza scomporsi, arricciò le labbra in maniera ironica, come se volesse fare il verso a quelli che ridevano.

- Grazie, signor Smythe – disse lei – Adesso mi piacerebbe sentire una risposta da uno che non abbia i neuroni collegati unicamente ai suoi genitali – continuò, zittendo tutti. Riprese a passeggiare tranquillamente tra i banchi, cercando anche solo un guizzo di timido interesse da parte dei suoi alunni. E alla fine lo trovò – Signor Hummel – si fermò davanti al banco di Kurt, in seconda fila – La vedo molto interessato; forse lei sa dirci perché, alla fine, Romeo e Giulietta si uccidono?

- Forse – rispose Kurt, alzando gli occhi dal quaderno pieno di appunti – potrebbe dipendere dalla loro età.

- Ecco, ci siamo! – esclamò la Plessis, portando il dito indice dalle sue labbra in direzione di Kurt – L’età. Dettaglio non trascurabile. Si possono fare pazzie ad ogni età per amore, ma mai come quando hai quattordici, quindici o sedici anni, quando tutto è nuovo e inaspettato. Quando ci si innamora per la prima volta ci si sente in grado di fare tutto, dallo smuovere le montagne allo scrivere  stucchevoli poesie d’amore; si pensa persino di poter morire per amore, uno può trovarlo quasi giusto; perdere la persona che ami ti fa già sentire morto dentro, in un certo senso, e la morte fisica non ti sembra poi così terribile perché hai già sofferto più di quanto potessi immaginare. Se sei una persona matura puoi anche capire che la vita va avanti. Ma quando sei giovane, puoi decidere di lasciarti andare ai colpi di testa, gli altri ti accuseranno di incoscienza ma tu avrai semplicemente seguito la tua natura. Non è d’accordo col mio punto di vista, signor Anderson? – si interruppe notando la smorfia di disappunto che era comparsa sul volto di Blaine.

- No, professoressa, non mi trovate d’accordo – rispose il ragazzo tranquillamente.

- Per quale ragione?

- Non mi riconosco nella descrizione che ha fatto del giovane al suo primo amore. Sicuramente un simile atteggiamento poteva non essere… diciamo pure “strano” anni fa, ma al giorno d’oggi i modi di fare e di pensare sono diversi, le nuove generazioni sono molto più ciniche e si tende a banalizzare certi sentimenti e le priorità sono diventate altre, per questo certe pazzie fatte per amore sono non solo inutili, ma ridicole e patetiche.

- Non vorrei sbagliarmi, ma non è lei, signor Anderson, che qualche mese fa ha fatto una serenata ad un commesso di GAP, per poi ricevere un due di picche, come si suol dire?

 - Ahia! Colpito e affondato, Blaine! – esclamò teatralmente Nick, seduto davanti a Blaine, mentre il resto della classe si lasciava andare ad una risata più libera, con la sola eccezione di Kurt che tenne lo sguardo basso sul suo quaderno, correggendo approssimativamente la posizione di un punto o di una virgola, le guance arrossate… anche se non come quelle di Blaine.

- Sì, lo ammetto, questa è un’eccezione – arrancò con le parole, il ragazzo – Ma non mi sono disperato più del dovuto quando sono stato rifiutato, anzi posso dire di stare bene oggi.

- Forse perché, in fondo, lei non provava nulla di autentico per quel ragazzo – replicò tranquillamente la professoressa Plessis – Chi lo sa, magari prima o poi, tra un anno o anche tra qualche giorno, troverà o si accorgerà dell’esistenza di una persona “più particolare” delle altre, una per la quale varrà la pena di fare qualche pazzia, non morire, certo, ma una di quelle pazzie tipo: spendere una vagonata di soldi per seguirla dall’altra parte del mondo, chiederle di sposarla con una dichiarazione in grande stile. Nella vita non si può mai sapere.

Blaine non rispose.

- Compito per la prossima settimana – continuò la Plessis ritornando alla cattedra – In questi giorni voglio che studiate a fondo quest’opera teatrale e con studiare non intendo semplicemente leggerla e analizzarla ma viverla, trovare qui fuori i sentimenti che sono racchiusi in quel libro: rabbia, amicizia, rivalità, amore. Alla fine non dovrete scrivere nessun compito o saggio. Voglio che parliate, semplicemente e sinceramente.

- Professoressa – fece Trent, alzando timidamente la mano – è molto interessante come compito, ma il fatto è che lo trovo un po’ difficile da fare. Uno avrebbe bisogno di parecchio tempo per accumulare simili esperienze e molti di noi non hanno un minuto libero nemmeno nel fine settimana. Non credo che avremo molto da raccontare la prossima settimana.

- Non è un problema che mi riguarda – lo liquidò tranquillamente la Plessis – Io vi ho assegnato un compito, spetta a voi trovare il modo più adatto per portarlo a termine. E come vi ho detto, voglio che parliate sinceramente, non pretendo la trama di un film adolescenziale.

In quel momento suonò la campanella.

- La lezione è finita. Potete andare – li congedò la professoressa, mettendosi a segnare le presenze sul registro.

- Professoressa – le si avvicinò Jeff, mentre gli altri prendevano le loro cose – Non è che, magari, potrebbe convincere il preside e gli altri docenti ad esonerarci dai compiti e a concederci delle libere uscite per questo fine settimana, così magari potremmo avere abbastanza tempo per fare quelle esperienze che ci sono state richieste dal suo compito. Insomma, anche noi abbiamo bisogno di qualche ragazza; solo perché siamo un istituto maschile non vuol dire che siamo tutti gay…

- Sebbene io ritenga la vostra incoscienza sessuale un argomento molto interessante, signor Sterling – lo interruppe lei, senza alzare gli occhi dal registro – devo ricordarle che la lezione è finita. Le auguro una buona giornata.

Sconfitto, Jeff raggiunse Nick alla porta mormorando un “Ci ho provato” a mezza voce.

Kurt era uscito dall’aula ed era a metà del corridoio quando si sentì afferrare per il braccio e voltandosi di scatto incrociò un ansimante Blaine; doveva aver recuperato i suoi libri e i suoi quaderni in fretta e furia ed essersi scapicollato fuori dall’aula ad una velocità non consentita in un istituto educativo.

- Blaine, ma che ti prende?! – fece Kurt, appoggiando una mano sulla spalla del ragazzo di fronte a lui, che stava cercando di riprendere fiato.

- Non volevo perderti di vista nel cambio dell’ora – rispose Blaine.

- Blaine, quanto puoi essere idiota – replicò Kurt, mollandolo e riprendendo il suo tragitto – Non ho bisogno della guardia del corpo qui.

- No, non intendevo… scusami – incespicò Blaine, seguendolo – E’ che, visto che abbiamo orari diversi per il resto della giornata, volevo sapere cosa ne pensi del compito della Plessis.

- Potevamo discuterne tranquillamente stasera senza che tu mettessi a rischio le tue coronarie.

- Mi conosci – rispose Blaine, ridacchiando – Questo pensiero mi avrebbe ossessionato per l’intera giornata, non sarei riuscito a concentrarmi durante le lezioni e i miei voti sarebbero collassati. Non vorrai mica essere responsabile delle mie carenze scolastiche?

- Dio ce ne scampi – replicò con tono fintamente melodrammatico Kurt – Comunque, devo dire che come compito è veramente interessante, per non dire strano. Al McKinley il massimo a cui si può aspirare in fatto di compiti è improvvisare delle mini scenette recitate tratte dai brani assegnati e solo quando c’è la supplente, la professoressa Holiday.

- Sai già cosa fare?

- No – si limitò a rispondere Kurt con una scrollata di spalle – Tu invece? Hai qualche nuovo commesso di GAP da corteggiare? – scherzò, nascondendo una nota amara nella voce.

- Se fosse possibile, al momento gradirei evitare qualunque cosa che abbia a che fare con l’amore. Pensavo che non esistesse niente di più complicato dell’algebra. E invece mi sbagliavo di brutto.

- Visto così, questo compito sembra l’opera di un sadico… e senza spargimenti di sangue, il che è ancora più terribile. Senti Blaine, domani pomeriggio io e…

Kurt non riuscì a concludere quello che stava dicendo perché si sentì afferrare nuovamente per il braccio, stavolta con più violenza di prima. Senza che potesse nemmeno rendersi conto di cosa stesse succedendo, sentì due dita afferrarlo per le guance e girarlo, poi due labbra umide sullo zigomo e una voce bassa e fin troppo riconoscibile che urlò “Oh Giulietta, mia Giulietta!”

- Ma sei scemo! – sbottò Blaine contro Sebastian che, lasciato Kurt, stava correndo via ridendo come un pazzo – Ti sei fatto male? – si rivolse a Kurt.

- No, tranquillo – rispose Kurt, asciugandosi il punto in cui Sebastian lo aveva baciato e massaggiandosi la mascella – Ho subito di peggio.

- Quello dovrebbe seriamente rivedere le sue priorità – borbottò Blaine, infastidito, guardando nella direzione presa da Sebastian.

- Non dargli retta – disse Kurt, ricomponendosi e riprendendo a camminare – Andiamo o faremo tardi a lezione.

- Cosa mi stavi dicendo prima che “mister Simpaticone” ci interrompesse?

- Ah sì. Domani pomeriggio io e Mercedes andiamo a farci un giro al centro commerciale di Lima: giriamo un po’ per i negozi, ci mangiamo qualcosa, prendiamo in giro le ragazze che spendono tutti i loro soldi in mise orribili – continuò strappando una risatina a Blaine – E volevo chiederti se ti andava di unirti a noi.

- Mi piacerebbe tanto; avrei proprio bisogno di staccare un po’ la spina, ma domani pomeriggio ho il corso extracurricolare di Informatica e il professor Hewet ci tiene alle presenze.

- Ah – si limitò a rispondere Kurt, non riuscendo a nascondere la delusione.

- Ma – fu lesto a rispondere Blaine, notando le labbra di Kurt ridotte ad una mesta linea dritta – magari, se riesco a finire prima, vi raggiungo – si sentiva in grande difficoltà quando Kurt sembrava perdere il suo buonumore, mentre riusciva ad esprimersi con maggior scioltezza quando lo vedeva sorridere. Questo era uno dei tanti motivi per cui Blaine avrebbe voluto avvicinarsi alla psicologia: come riusciva una persona a parlare tranquillamente semplicemente guardando il sorriso di un’altra? La risposta, sicuramente, sarebbe stata uno di quei lunghissimi discorsi complicati pieni di “teoria del tale”, “sindrome del tal’altro” e di “causa derivante dall’influsso dell’oggetto sul soggetto” e di altri mille scioglilingua, Blaine poteva ben immaginarlo.

- Non voglio che tu ti senta obbligato – si schernì Kurt – Era solo un’idea.

- Dai, ti mando un messaggio se mi libero – Blaine non demorse – Te l’ho detto che piacerebbe tanto anche a me venire con voi. Non mi perderei le vostre critiche da stilisti per nulla al mondo.

- Basta che mi prometti di non correre in macchina.

- Promesso, papino – lo sbeffeggiò Blaine dandogli un colpetto con la spalla.

- A proposito di correre – Kurt si fermò davanti alla porta dell’aula di Storia, sul viso un sorrisetto crudele – Io sono arrivato alla mia destinazione ma, se non sbaglio, tu non dovresti essere a lezione di Biologia, adesso?

“Oh cazzo” pensò Blaine; aveva completamente scordato di dover andare nell’aula di Biologia… che si trovava nell’ala opposta della Dalton.

- Penso che ti convenga correre, almeno per questa volta – canticchiò crudelmente Kurt, gli angoli delle labbra di nuovo alti, a sollevare la carne delle guance sugli zigomi.

Blaine non gli diede nemmeno il tempo di finire di parlare che subito si era voltato e si era messo a correre, fendendo la folla di studenti ritardatari, la testa che già era al momento in cui il professore lo avrebbe strigliato per benino per il ritardo; al momento in cui, il giorno dopo, nell’aula di Informatica avrebbe spiato in continuazione l’orologio, aspettando la fine dell’ora; il momento in cui lui, Kurt e Mercedes avrebbero tastato i morbidi maglioncini esposti nei negozi d’abbigliamento, ascoltato gli ultimi successi nei negozi di dischi, detto ad alta voce che non si è mai troppo grandi per entrare in un Disney Store, ingozzatisi di muffin al bar… ok, solo lui e Mercedes, mentre Kurt avrebbe sgranocchiato uno dei suoi “amatissimi” biscotti integrali, salvo poi lasciarsi tentare da una porzione di marmellata; al momento in cui Kurt avrebbe sorriso ancora, perché quello sarebbe stato il momento in cui avrebbe sorriso anche Blaine.

 

* * *

 

Tra le cose su cui si era espressamente raccomandato Kurt per il suo appuntamento con Mercedes, c’era il dettaglio (importantissimo) di non dire nulla a Rachel: avevano intenzione di prendere di mira principalmente i negozi d’abbigliamento e l’ultima cosa di cui avevano bisogno erano i consigli di una che si ostinava a vestire come una vecchia signora con la fissa per le fiere di paese.

Poterono, quindi, passare quel pomeriggio come ai primi tempi della loro amicizia, quando argomenti ora irrilevanti erano ancora di vitale importanza ai loro occhi di neo-adolescenti.

- Evitando di parlare di scalette e canzoni per le Regionali – disse Kurt, provando un berretto davanti allo specchietto rotondo dell’espositore – come vanno le cose tra le New Direction?

- Come al solito – gli rispose Mercedes che intanto si stava provando una serie di occhiali da sole, di quelli che però servivano a ripararsi dal sole come ultima opzione – Non puoi immaginare cos’è successo questa settimana, poi. Rachel ha detto che qualcuno le ha messo del lassativo nel pranzo alla mensa e ha fatto scoppiare un putiferio: si è messa a dire che qualcuno di noi ha cercato di “sabotarla per soffiarle l’assolo per le Regionali”.

- Tipico di Rachel – commentò Kurt con una smorfia di fastidio al ricordo del carattere da diva consumata di Rachel.

- E dovevi vedere come il professor Schuester la difendeva! Ha attaccato con uno di quei suoi discorsi del tipo “Dobbiamo restare uniti”, “Rachel è la nostra arma vincente”, “Rachel è la reincarnazione della Grande Dea Creatrice del Mondo e dobbiamo farle da zerbini perché non siamo degni di stare alla sua presenza”; insomma, le solite cose.

- Questa è una di quelle cose che non mi mancano del McKinley.

- Alla fine, nella lista dei sospettati siamo finiti io, Santana e Puck anche se sospettiamo tutti di Brittany – concluse Mercedes con una risata; anche Kurt la seguì posando allegramente il berretto al gancio e prendendo la ragazza sottobraccio ed uscendo dal negozio in pieno stile “Mago di Oz” – E alla Dalton come vanno le cose? – si informò Mercedes.

- Sarà anche una scuola a “tolleranza zero per il bullismo”, ma le teste di cazzo si trovano anche lì; e nei Warblers c’è sempre una continua lotta per gli assoli, sembra di avere a che fare con un esercito di Rachel Berry in blazer. Incomincio a credere che tutta quella facciata di gruppo corale formato da super amiconi democratici sia una montatura per confondere gli avversari.

- Sai benissimo cosa voglio dire – replicò Mercedes, alzando gli occhi al cielo – Tu e Blaine siete ancora in modalità “amici e basta” o avete finalmente deciso di diventare “amici che si esplorano le tonsille a vicenda”? – ridacchiò ricevendo per tutta risposta una lieve gomitata nel fianco dal ragazzo.

- Per favore Mercedes evitiamo certi discorsi – sibilò Kurt.

- Perché? – fece lei, stupita – Siete tutti e due giovani, belli, con molte cose in comune e, a giudicare dalle vostre ultime cotte, seriamente bisognosi di un qualche tipo di rapporto più approfondito. Se certe cose non si fanno alla nostra età, allora quando?

- E che mi dici della “tua” vita sentimentale?

A quella domanda Mercedes si zittì, stringendo le labbra in una smorfietta imbarazzata.

- Touché – si limitò a dire – Scherzi a parte, veramente non state provando a far evolvere le cose tra voi due?

- Ma perché dovremmo? Solo perché siamo tutti e due gay? Sì, è vero, non nego di averci fatto un pensiero quando l’ho conosciuto, ma dopo tutto quello che è successo tra noi… sicuramente Blaine aveva ragione: abbiamo una bellissima amicizia, stiamo bene tutti e due così come siamo. A che servirebbe rischiare di rovinare tutto con una relazione che non sappiamo nemmeno se e quanto durerà?

Involontariamente, Kurt concluse quel discorso con un sospiro che gridava a gran voce “frustrazione”, “rassegnazione” e “sono stufo marcio di aspettare”. Se Mercedes gli avesse chiesto se preferiva avere Blaine come amico o come fidanzato o ragazzo, non avrebbe assolutamente nascosto di aver preferito mille volte la seconda opzione, ma se c’era una cosa che la vita gli aveva insegnato, a parte che il peggiore degli outfit poteva passare per un capolavoro della moda se indossato nel modo giusto, era che non c’era niente di più fragile del rapporto esclusivo tra due persone; già un’amicizia poteva avere una data di scadenza che nessuno conosceva e l’amore… stesse modalità ma più doloroso. In fondo, anche questa era una cosa che lui e Blaine avevano in comune: talmente terrorizzati dal pensiero di perdere qualcuno per uno sbaglio da preferire un’amicizia priva di scossoni; e sebbene, in alcuni momenti, sembrasse tutto irreale e di circostanza, Kurt non avrebbe mai rinunciato a quello che avevano.

- E’ meglio così – disse – Lo preferiamo entrambi.

- Se è questo che preferite – replicò Mercedes con un’alzata di spalle – Ciò non toglie che siete due idioti, lui perché dice queste cose, tu perché ci credi.

Proprio mentre Mercedes pronunciava il “ci credi” si sentì il trillo del cellulare di Kurt dalla tasca del ragazzo che lo prese e rispose – Blaine.

- Parli del diavolo – ridacchiò Mercedes.

- Dove sei? – continuò Kurt parlando al telefono.

- Sono entrato proprio adesso nel centro commerciale – gli rispose la voce Blaine – Voi dove siete?

- Siamo al piano di sopra, vicino al bar – rispose Kurt – Ti aspettiamo dentro.

- Spero che non siate ancora andati al Disney Store – continuò Blaine e, a giudicare dal fiatone, stava correndo di nuovo; sempre per raggiungerlo – E, comunque, poco importa; anche se ci siete già stati, ora che ci sono anch’io, è d’obbligo una visita.

- Va bene, piccolino – lo prese in giro Kurt entrando nel bar con Mercedes – Intanto, papà ti ordina un muffin al cioccolato.

- Non ho bisogno di altri incentivi, sto già correndo – rispose Blaine.

Kurt terminò la telefonata con un sorriso per poi vedere Mercedes che lo fissava con un sopracciglio sollevato.

- “Piccolino”? “Papà”? Siete passati ai “giochi di ruolo” con una sola telefonata?

- Oh, guarda Mercedes – Kurt corse ai ripari, già sapendo che l’amica sarebbe ritornata alla carica, indicandole un tavolino – Lì ci sono dei posti con i nostri nomi scritti sopra. Deve essere un segno del destino, andiamo – e la trascinò al centro del bar senza darle il tempo di replicare.

Si sedettero e subito una cameriera munita di una penna e di un block notes si avvicinò a loro per le ordinazioni e proprio mentre Mercedes chiedeva una cioccolata calda e Kurt un cappuccino medio, Blaine “piovve” letteralmente accanto a loro, su una sedia rimasta vuota, e con un tono di voce strozzato che gli usciva dalla bocca aperta in un sorriso a trentadue denti disse – Muffin!

- E un muffin al cioccolato per lui – disse Kurt alla cameriera.

- Facciamo due – disse Mercedes – Anzi tre. Conto sulla presenza di Blaine per farti mangiare come noi, almeno per questa volta.

Il resto della giornata passò in quella maniera doppiamente spensierata per Kurt, con l’amica e l’amico che sarebbe potuto essere qualcosa di più, senza particolari avvenimenti, una giornata alla quale bastano le cose più semplici per rimanere nel cuore di chi la vive. Un muffin condiviso, una corsa all’indietro sulle scale mobili, saltare da un negozio all’altro, spendere un bel po’ di soldi in peluche della Disney.

- Ditemi quello che volete, ma Malefica vale tutte le Principesse Disney – disse Mercedes, ammirando il suo peluche di Malefica – Questa mi terrà compagnia nei momenti in cui sarò di malumore per i problemi d’amore. A proposito di “problemi d’amore” – continuò rivolgendo ai due ragazzi un’occhiata che a Kurt non piacque per niente – con il vostro permesso, dovrei andare alla toilette delle signore.

- E cosa centrerebbe con i “problemi d’amore”? – sbottò Kurt, sconvolto.

- Fidati “cioccolatino bianco”, un giorno mi ringrazierai – Mercedes gli fece l’occhiolino ed entrò nella toilette più vicina.

- Cosa voleva dire? – chiese Blaine, confuso.

- Ha comprato un peluche di Malefica; ha preso una tartina alla carota al bar; è ovvio che è impazzita – disse Kurt, poi notò l’insegna del negozio di fronte a loro: abbigliamento da notte; a quanto sembrava, scrivere semplicemente “pigiami” non sarebbe stato abbastanza elegante – Be’, visto che siamo qui, entriamo un momento. Avevo proprio bisogno di un pigiama nuovo.

I due ragazzi entrarono: quello era un normale negozio d’abiti immerso nell’atmosfera ovattata di un gran hotel che si prepara ad andare in letargo: manichini coperti da morbidi pigiami e vestaglie, scaffali con indumenti piegati a mo’ di cuscini, grucce che esibivano capi d’abbigliamento come le cortine di un letto a baldacchino. Blaine si immerse tra quelle cortine col naso per aria, mentre Kurt buttava un occhio sui pigiami negli scaffali; ad attirare la sua attenzione fu un pigiama di taglio primaverile di stoffa leggera color blu notte, i bottoni del colletto erano di un azzurro nuovo e luminoso. Passò l’indice sul secondo bottone, tastandone la liscia morbidezza un po’ fredda tipica di un oggetto mai toccato. Mentre il dito percorreva quel minuscolo cerchio, gli tornò in mente il ricordo di un gesto simile che faceva quando era piccolo, un gesto rassicurante e denso di momenti a lungo addormentati nella sua memoria. Quattro o cinque anni; sì, doveva avere più o meno quell’età l’ultima volta che aveva passato l’indice su un bottone in quel modo.

- Ah, Kurt! – sentendo la voce di Blaine dietro di sé, Kurt ritirò la mano; voleva mantenere solo per sé quel ricordo – Mi ero dimenticato di dirti che Nick e Jeff hanno organizzato una “notte bianca” per domani alla Dalton; nulla di troppo estremo o chiassoso, vogliono evitare problemi, è solo un modo per passare una notte in compagnia. Naturalmente anche tu sei dei nostri.

- In questo caso, un elegante pigiama nuovo è d’obbligo – rispose Kurt sorridendogli e facendo per rimettersi a cercare tra gli scaffali quando un gesto di Blaine lo bloccò.

Quasi con nonchalance, Blaine passò l’indice nello stesso identico modo, sullo stesso bottone azzurro toccato da Kurt; non poteva averlo notato, anche mentre parlavano Blaine continuava a girare la testa in ogni direzione per vedere la merce esposta. Anche per lui era stato un gesto semplice e naturale. Un’altra piccola cosa che li aveva uniti in un istante della loro storia.

- Mi ricorda il colore dei tuoi occhi – mormorò Blaine guardando il bottone.

Quando uscirono dal negozio per recuperare Mercedes (e anche Malefica) Kurt aveva una busta di carta con il logo del negozio; dentro c’era il pigiama blu notte con i bottoni azzurri.

 

 

 

Nota dell’autore

Salve a tutti, eccomi di ritorno. E come sempre non rispettando quanto detto in precedenza. Avevo detto solo OS per il momento ed ecco che sforno una mini-long.

Be’, non credo che sia un male… dipende sempre se questa ff sarà o non sarà di vostro gradimento.

Da quanto si sarà capito e da quanto scritto nelle note introduttive, questa storia si colloca durante la seconda stagione, con i dovuti maneggiamenti d’autore, presenza di Sebastian in primis; diciamo che mi stuzzicava l’idea di prendere in mano l’inizio della storia d’amore tra Kurt e Blaine e farne un versione “secondo me…”

Non aspettatevi nulla di eclatante; non ci saranno avvenimenti sconvolgenti, colpi di scena ed altro. Stavolta ho preferito puntare sulla portata dei sentimenti dei personaggi. Non sarà un capolavoro di trama ma almeno è qualcosa che sono riuscito a portare a termine, bene o male e senza nemmeno tanti rimpianti o timori. Ma credo che si potrà dire che è una cosa buona solo dal prossimo capitolo.

Il personaggio della professore Isabelle Plessis è ispirato ad una delle più grandi attrici francesi della vecchia guardia: Isabelle Huppert, famosa per aver recitato in film come “La storia vera della signora delle camelie”, “Madame Bovary”, “Il buio nella mente”, “8 donne e un mistero” e “La pianista”. In questa fic. me la immagino così: https://www.facebook.com/photo.php?fbid=414736711978163&set=pb.162610203857483.-2207520000.1378984224.&type=3&src=https%3A%2F%2Ffbcdn-sphotos-g-a.akamaihd.net%2Fhphotos-ak-frc3%2F970169_414736711978163_539518790_n.jpg&size=289%2C409

Chiedo perdono a chi shippa Niff, ma per il mio solito amore della credibilità non potevo fare una Dalton Academy formata da tanti ragazzi gay, quindi ho dovuto mostrarli etero; ma almeno la loro pazzia (ormai canon, possiamo dirlo) è rimasta invariata.

E ci tengo a precisare che il racconto si Mercedes non è inteso come una presa in giro nei confronti di Rachel ma di Schuester che mi sta scendendo troppo; e poi non sono cose inventate: nelle prime due stagioni lui tende veramente a piazzare in prima linea Rachel e anche Finn.

Non penso di avere altro da dire. Il prossimo capitolo arriverà la prossima settimana, non so se sempre di giovedì o un altro giorno, dipende dai miei impegni. Spero comunque di avervi incuriosito con questa introduzione.

Per qualsiasi cosa, mi trovate alla mia pagina fb:  https://www.facebook.com/pages/Lusio-EFP/162610203857483

E se volete pormi qualche domanda mi trovate anche su ask: http://ask.fm/LusioEFP

Ciao a tutti e alla prossima settimana ; )

 

Lusio

 

P.S. Un saluto da Malefica (per gentile concessione della signorina Mercedes Jones)   http://cdn.s7.disneystore.com/is/image/DisneyShopping/1261000440006?$mercdetail$

  
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