Storie originali > Horror
Ricorda la storia  |       
Autore: Book boy    12/09/2013    2 recensioni
Una raccolta di racconti, storie, storielle tutte improntate sugli zombie!!! Un viaggio attraverso il tempo e lo spazio per vedere un'apocalisse zombie in tutte le sue sfaccettature e le sue forme. Buona lettura!!!
Genere: Azione, Horror, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Salvate il presidente!
 
-Signor presidente, i contatti con New York sono stati persi, Los Angeles è ormai caduta e idem Boston. Dobbiamo abbandonare la Casa Bianca, dobbiamo abbandonare Washington DC prima che sia troppo tardi- L’ufficiale dei servizi segreti stava ritto in piedi di fronte alla scrivania presidenziale, nella stanza ovale. Il presidente aveva girato la sedia, mostrando ai presenti lo schienale mentre guardava fuori dalla finestra. I posti di blocco di fronte alla Casa Bianca, messi in atto dall’esercito per la sicurezza del presidente degli Stati Uniti. Lo strano batterio aveva ormai infettato 1 quindicesimo della popolazione mondiale e le metropoli maggiori erano cadute. New York, Los Angeles, Boston, Philadelphia, Las Vegas, Parigi, Berlino, Londra, Tokio, Roma, Madrid, Barcellona… tutte conquistate dal nuovo morbo che riportava in vita i morti.
Il presidente era pensieroso. Non sapeva cosa aspettarsi. Alcune fonti parlavano addirittura che quegli zombie erano arrivati anche nella capitale, e che le periferie ne fossero ormai piene. Tutti si erano riversati verso il centro città, dove una divisione dell’esercito tentava di riunire i superstiti. Il presidente girò la sedia e guardò in faccia ai presenti, poi disse –D’accordo. Dobbiamo andarcene. Chiamate la mia famiglia, ditegli di prepararsi al trasferimento e poi…- Si sentirono degli spari provenire dall’esterno. Non erano molto vicina ma nemmeno troppo lontani. Probabilmente a qualche isolato di distanza. Il capo della scorta del presidente Hoss ordinò immediatamente i suoi uomini di avvertire la moglie e i figli del presidente che di lì a poco li avrebbero portati via. Poi, rivolto al presidente disse –Signore, mi segua prego- Il presidente si alzò ma fece qualche passo verso la porta e all’improvviso da fuori si sentirono delle grida. Si voltò di scatto e vide che i soldati presenti ai posti di blocco appena di fronte all’edificio avevano aperto il fuoco su un gruppo di infetti che si avvicinava, a poche decine di metri. Tutti i componenti delle guardie del corpo del presidente estrassero le rispettive pistole e così fecero anche gli agenti dei servizi segreti. Hoss ordinò a tutti i componenti della sua squadra di seguirlo, mentre, tenendo una mano sulla spalla del presidente, avanzava fuori dallo studio. Tutta la squadra era composta da cinque uomini, più altri due che si unirono alla scorta appena usciti dalla stanza ovale. Erano tutti armati di Glock, le pistole d’ordinanza. Hoss allora ordinò parlando comunicando con l’auricolare –Dobbiamo dirigerci verso l’armeria e prendere le mitragliette, andiamo, ci vediamo tutti là per portare in salvo il presidente, in oltre barricate i cancelli esterni e i portoni d’entrata.- Dopodiché ripresero a correre verso l’armeria. Spalancarono la porta dopo aver inserito il codice di accesso al tastierino laterale. All’interno della stanza, anche relativamente piccola, vi erano decine e decine di armi, destinate alle guardie del corpo del presidente per la sua difesa in caso di attacchi terroristici o situazioni analoghe a quella che stava succedendo in quel momento, ovvero catastrofi inaspettate. Tutti e sette gli agenti della scorta imbracciarono delle mitragliette MP5, riempiendosi le tasche della giacca e dei pantaloni di caricatori di munizioni. Corsero fuori mentre dai corridoi paralleli di iniziavano a sentire le urla dei segretari e vari funzionari che lavoravano alla Casa Bianca che, scoperto che gli zombie erano ormai alle porte, fuggivano via spaventati a morte. All’improvviso però si iniziarono a sentire anche i ringhi dei non-morti che erano penetrati all’interno. In breve i corridoi si trasformarono in campi di battaglia in cui gli umani tentavano di eliminare quella piaga utilizzando la medicina migliore: i proiettili. Hoss ordinò a tutti di seguirlo, mentre le guardie del corpo si posizionavano intorno al presidente per proteggerlo ulteriormente. Dovevano dirigersi verso il garage dove avrebbero trovato le jeep blindate con cui fuggire. Il presidente però voleva trovare la sua famiglia, per portarla in salvo, perciò Hoss voltò ad un angolo e si diresse verso le stanze della first lady. Correndo per i corridoi incontrarono alcuni zombie che furono abbattuti con dei proiettili. Entrarono nel corridoio d’accesso alla zona abitata dalla famiglia del presidente. I cadaveri ambulanti non sembravano essere arrivati fin lì. Ora dovevano trovarli. Hoss tentò di contattare le guardie che proteggevano la famiglia, ma non rispondevano all’auricolare. Il presidente iniziò ad inquietarsi mentre avanzavano con i fucili spianati verso le camere laterali. Hoss chiamò la first lady, ma questa non rispose, né al primo né al secondo richiamo. Le guardie proseguirono nuovamente, controllando all’interno delle varie stanza quando, all’improvviso, si sentì il vetro di una finestra infrangersi e in un attimo decine e decine di zombie entrarono all’interno di quella zona dell’edificio. Subito gli agenti aprirono il fuoco mentre Hoss allontanava il presidente. Uno degli agenti fu preso alle spalle da un non.-morto che lo morse al collo, mentre un altro che lo prese da dietro lo prese per una gamba e gli morse anche quella. Un suo collega lì vicino alzò il fucile puntandolo contro altri di quei mostri ma improvvisamente si inceppò e anche lui fu preda di quelle bestie. Hoss allora urlò –Dobbiamo andarcene! Sono troppi! Via Via! È un ordine!- Tutti gli agenti si ritirarono andando al riparo oltre la porta che conduceva al corridoio da cui erano passati. Sbarrarono l’entrata con l’ausilio di alcune sedie e mobili che presero lì vicino. Il presidente disperato, protestò –No! Cazzo io voglio la mia famiglia! Voglio trovare la mia famiglia!-
-Mi dispiace signore, è troppo pericoloso, gli ordini sono di preservare la sua sicurezza, perciò dobbiamo dirigerci al più presto verso il garage, prima che quegli zombie conquistino tutta la Casa Bianca-
-Col cazzo, Hoss! Io sono il presidente, sono io che vi do gli ordini, voglio trovare mia moglie, mio figlio e mia figlia! Non li lascio qui!- D’istinto il capo dello Stato iniziò a dirigersi verso un’altra porta da cui si accedeva alle stanza private della sua famiglia ma Hoss lo fermò appena in tempo, prima che la spalancasse facendone uscire l’orda di non-morti al suo interno –No signore! Dobbiamo andarcene, ora!-
-No maledizione!- Il presidente iniziò a piangere –Io non voglio… lasciare la mia famiglia a quelle bestie schifose, voglio trovarli e portarli via con me!-
-Signore li avranno già portati in salvo, insomma non riusciamo a collegarci ma anche gli agenti di scorta alla sua famiglia avevano l’ordine, in caso di attacco, di portare al sicuro sua moglie e i suoi figli, deve stare tranquillo per loro, saranno già lontani ormai, ora dobbiamo…- La porta si sfondò e alcuni zombie iniziarono ad uscire –Via via! Al garage, presto!- Corsero a più non posso, superando porte e corridoi dove vi era il caos più totale: gente a terra che perdeva sangue da ogni parte del corpo, soldati che sparavano sui non-morti, persone che urlavano spaventate oppure che si rannicchiavano negli angoli più bui chiudendo gli occhi e cercando di convincersi che tutto ciò non stava accadendo davvero. Hoss spalancò l’ennesima porta che questa volta era di ferro e che conduceva alle scale che portavano direttamente ai sotterranei, dove vi era il garage presidenziale. Scendendo notò che solo cinque delle scorta rimanevano. Erano davvero pochi. Scesero ancora due rampe e finalmente arrivarono alla loro meta. Avrebbero usato una jeep blindata per andarsene da lì. Avanzarono con cautela, per stare attenti in caso vi fossero stati altri zombie nella zona. Raggiunsero la jeep nera e vi salirono, facendo sedere sul sedile posteriore il presidente, dove i finestrini erano più resistenti. Hoss salì al posto del passeggero anteriore, mentre alla guida si mise un giovane che faceva parte della scorta da qualche mese. Un altro si mise di fianco al presidente, mentre l’ultimo andò verso il meccanismo di apertura del cancello di ferro che conduceva fuori, sul retro della Casa Bianca. Premette il pulsante per azionare il meccanismo quando qualcuno gli cinse le spalle. Lui cercò di divincolarsi ma appena ci provò due file di denti gli arrivarono alla gola, mordendolo. Urlò per il dolore, mentre, ormai voltatosi, aprì il fuoco contro il non-morto che lo aveva attaccato. Ve ne erano altri. Molti altri. Rivolgendosi di nuovo verso la jeep urlò –Andate, salvate il presidente!- Si voltò di nuovo e premette il grilletto, iniziando a far piovere piombo e ad uccidere decine e decine di zombie prima che, inevitabilmente, fosse travolto da quell’orda di bestie cannibali.
La recluta premette l’acceleratore con tutta la forza che aveva e la macchina sfrecciò via, immettendosi nella galleria che portava all’esterno. Quando uscì, sull’retro dell’edifico iniziò a dirigersi verso la strada principale, mentre Hoss tentava di contattare le forze armate per poter sapere dove portare il presidente. Ma non ricevette alcuna risposta. La recluta continuava ad accelerare sempre più, mentre intorno a loro si poteva vedere un paesaggio post-apocalisse. Fu un duro colpo per il presidente, che continuava a pensare e ripensare alla sua famiglia, chiedendosi dove fosse e se stesse davvero bene.
La macchina continuò a sfrecciare fra le strade piene di cadaveri ambulanti, mentre i pochi altri superstiti si muovevano anch’essi fra quelle creature, nel tentativo di sfuggire. La jeep nera svoltò ad un angolo e si ritrovò ad un incrocio. L’autista non penso a guardare di lato prima di accelerare di nuovo. Fu il suo più grande errore. La macchina fece si mosse per qualche metro prima che un TIR arrivato dalla strada laterale la investisse trascinandola nella sua corsa e riducendola ad un ammasso di ferraglia.
 
Oasi
 
Poco fuori dall’oasi di Manchester:
-Ehi Harris, ti va di fare una partita a carte?- I due militari stavano seduti sul cassone del camion giunto lì da poco. Quest’ultimo era appena dietro alla jeep con la torretta che sarebbe servita in caso di disordini, posta proprio davanti alla recinzione del posto di blocco. Da quando era iniziata la pandemia e tutti i morti erano tornati in vita, i governi si attivarono subito per isolare certe aree del paese, dopo averle bonificate, per creare al loro interno delle oasi protette da muri alti circa dieci metri, per poter salvare “i pezzi grossi” dello stato. Questo naturalmente, alla popolazione, non andava bene. Volevano accedere alle oasi ma non vi era modo. Solo i pochi eletti ne avevano il diritto.
-Allora, Harris!-
-Sì, Diamine! Stai calmo! Giochiamo.- Harris fece l’ultimo tiro della sigaretta, poi la gettò a terra e prese in mano le carte che gli aveva dato Paul. –Secondo te questi riusciranno a passare?-
-Non so, questa sera sono parecchio incazzati. Se passano però, stai pur certo che io gli sparo addosso, non mi faccio problemi.- Erano armati con fucili d’assalto bullpup Enfield SA 80, arma in dotazione alla fanteria della British Army. La folla continuava ad accalcarsi contro la recinzione, mentre i soldati li tenevano lontani. Il muro dell’oasi a circa un chilometro di distanza da lì, sembrava più imponente che mai. Dietro a quel muro vi era la salvezza. Ma non potevano raggiungerla.
Harris giocò la sua carta quando, all’improvviso si sentì un urlo più forte degli altri, in lontananza, seguito subito dopo da altre grida e schiamazzi spaventati. Entrambi i militari imbracciarono i loro rispettivi fucili che avevano appoggiato momentaneamente su cassone e si apprestarono a raggiungere i loro commilitoni alla recinzione. In fondo al gruppo di persone che continuavano a spintonarsi per cercare di fare cadere le barriere erette dall’esercito, si vedeva molto più movimento e tutti si chiesero cosa stava succedendo, fin che, l’urlo di un uomo fece capire tutto –Arrivano! Sono qui!-
Li avevano raggiunti.
Fu subito il panico, tutti urlarono terrorizzati mentre continuavano a spintonarsi e a tentare di fuggire in qualche modo, ma il numero delle persone lì presenti era tale da rendere quasi impossibile l’uscita dalla folla.  Perciò vi era una sola via d’uscita per non andare incontro a “loro”: abbattere le recinzioni.
I militari lo capirono in un baleno, perciò fu subito ordinato loro di prepararsi ad aprire il fuoco in caso la folla fosse diventata violenta. In oltre non dovevano passare. Il capitano del battaglione al posto di blocco ordinò immediatamente di caricare le armi dato che sicuramente le avrebbero dovute usare.
Harris deglutì a fatica. Non aveva mai sparato su delle persone, l’avrebbe fatto se glielo avessero ordinato, ma comunque sia non sarebbe stato facile. Paul invece sembrava tranquillo, anzi quasi eccitato dalla situazione che avrebbe previsto l’uso di armi da fuoco sui civili disarmati. Iniziarono ad ammassarsi contro la recinzione anche ferendosi a contatto con il filo spinato sulla sommità, mentre i soldati li tenevano lontani colpendoli con il calcio del fucile oppure con dei manganelli. Una donna cominciò a urlare –Bastardi! Non potete farci morire così! Lasciateci passare!- Molti altri civili si unirono alla protesta –Fateci passare! Ci uccideranno tutti! Fateci passare bruttissimi stronzi!- Iniziarono a spingere facendo vacillare le recinzioni, iniziando a farle smuovere per abbatterle definitivamente. Il capitano allora, dopo aver preso in mano un altoparlante avvertì la folla –Se tentate di passare saremo costretti ad aprire il fuoco! Ripeto se tentate ancora di passare apriremo il fuoco- La folla lo ignorò mentre in lontananza si iniziavano a sentire le grida di dolore delle persone ormai già preda dei non-morti. Continuarono a spingere le recinzioni fino a che non cedettero e con un tonfo caddero a terra. Contemporaneamente fu dato l’ordine. Fuoco a volontà. Inizio a piovere piombo sui civili, sterminandoli e trucidandoli nel tentativo di tenerli indietro. Ma erano numericamente molti di più rispetto ai militari.
Harris premette il grilletto abbattendo uno, due, tre civili di seguito. Era nervoso, ma era un soldato ed eseguiva gli ordini.  Premette nuovamente il grilletto dopo aver preso la mira su un uomo di mezza età che portava in testa un berretto dei Lakers. Questo particolare gli rimase impresso nella mente senza che nemmeno lui sapesse precisamente il perché. Paul di fianco a lui sparava come se davanti a sé avesse dei morti viventi e non delle persone umane e… ancora vive. Ad un tratto, però, gli stessi militari capirono che la folla era troppo numerosa per tenerla lontana sparandogli contro, perciò, dopo aver visto che molti civili attaccavano i soldati malmenandoli e uccidendoli utilizzando armi di fortuna, sena più riuscire a contenere quella massa di persone, comunicò via radio all’oasi la notizia che era appena avvenuto il Broken arrow: il fronte era spezzato. Subito dopo si ordinò la ritirata dietro al muro.
Tutti i militari salirono in fretta sui camion e sui mezzi blindati per andarsene il più in fretta possibile. Harris sparò ancora contro altri due civili, dopodiché si voltò ed iniziò a correre verso il mezzo più vicino. Dopo aver percorso qualche metro, però, si accorse che dietro di sé non aveva Paul dato che era rimasto a sparare sulla folla. Tornò indietro ma prima che potesse tirarlo via da quella posizione, qualcuno colpì il suo commilitone sull’elmetto, utilizzando una spranga di ferro. Lui cadde a terra intontito ma non ferito grazie alla protezione del copricapo in kevlar che mostrava una grande ammaccatura nel punto in cui fu colpito. Harris subito alzò il fucile e, prima che l’aggressore menasse un altro colpo ai danni del militare a terra, lo freddò sparando alcuni colpi nella sua direzione. Si inginocchiò immediatamente di fianco al compagno, controllando se fosse ferito –Ehi Paul! Cazzo dobbiamo andarcene! C’è l’ordine di ritirata! Ci lasciano qui se non andiamo!-
-Sì, cazzo... andiamo- Si alzò a fatica, mentre Harris gli porgeva un spalla per aiutarlo a muoversi e nell’altra mano teneva la pistola d’ordinanza, per tenere lontani gli aggressori. Iniziarono a correre verso il mezzo di trasporto più vicino, uno degli ultimi rimasti nella zona: un blindato. Continuarono a muoversi mentre intorno a loro i civili iniziavano a correre verso l’alto muro. Harris continuava a muoversi con fatica verso il retro del blindato dove vi era il portellone di metallo. Arrivò al suo obbiettivo e salì in fretta, aiutando a sedere Paul su un sedile laterale. A bordo del blindato vi erano altri quattro soldati che tenevano lontani i civili che volevano salire, a volte anche sparando. Harris allora disse –Vogliamo andarcene?!- Il soldato di fianco a lui allora lo guardò e disse –Ha ragione, cazzo! Usciamo da questa situazione di mer… - Un uomo grosso come un armadio lo prese alle spalle e lo tirò a sé. Harris allora si avventò sull’aggressore tirandogli un pugno sul viso mentre un altro suo compagno dava una mano al soldato attaccato a risalire sul mezzo. Poi Harris si ritrovò dinnanzi improvvisamente un non-morto. Sgranò gli occhi più per la sorpresa che per lo spavento e restò esterrefatto quando vide la sua testa perforata da un pallottola che, uscendo, si portò via la poca materia cerebrale che gli rimaneva.
Si voltò e vide Paul, con in mano la pistola con cui aveva appena sparato. Harris salì e, premendo un pulsante rosso sulla parete metallica chiuse il portello automatico mentre i morti viventi avevano ormai raggiunto anche quella posizione. L’autista fece manovra, probabilmente investendo qualche zombie ma infine riuscì a girare il mezzo nel verso giusto, mentre un altro soldato comunicava con una radio –Qui mezzo blindato codice 1127, siamo ancora sul luogo del posto di blocco, richiediamo apertura immediata delle porte di ferro, arrivo al muro previsto in quaranta secondi.-
L’autista accelerò ancora, prendendo altra velocità, mentre ai lati della strada, per non essere investiti, correvano a più non posso tutti i sopravvissuti che si dirigevano al muro nella flebile speranza di mettersi in salvo all’interno dell’oasi.
Il rombo motore era quasi assordante e Harris guardava, attraverso i finestrini anteriori, il grande muro di cemento armato, simbolo di confine universale fra la vita e la morte, la salvezza e il caos.
L’autista accelerò nuovamente fino a che non arrivò nei pressi della porta principale. Era aperta, ma i militari si stavano apprestando a chiuderla. Un soldato fece segno al mezzo di muoversi a raggiungerlo altrimenti sarebbe rimasto chiuso fuori. Allora il pilota diede gas e prosegui ancora, fino a che non superò la pesante porta e si ritrovò all’interno. Harris tirò un sospiro di sollievo, mentre Paul apriva il portellone premendo il pulsante. Scesero tutti e sei e notarono che le porte erano state chiuse appena dopo la loro entrata: pochi secondi dopo e sarebbero rimasti fuori.
Dopo pochi minuti le urla di protesta della folla appena oltre il muro furono sostituite dalle urla di terrore e dolore delle persone morse e attaccate dai morti viventi.
Harris ripensò molto a quelle urla.
Erano salvi per il momento.
Ma quanto sarebbe durato?
 
Fino all’ultimo colpo
 
Non ho paura. Ho già passato situazioni analoghe a questa. Bè certo, ora sto per morire e non mi è mai capitato, ma non è niente di molto diverso dal solito. Ricarico il fucile, inserendo il proiettile nell’apposito vano, dopodiché mi appresto a prendere la mira. Là sotto sono a decine, se non centinaia. Premono tutti sulla porta barricata. Probabilmente non la butteranno giù prima di altri tre o forse, se mi va bene, quattro minuti. Miro ad un non-morto con dei baffi neri che mi piacciono molto. Il puntino rosso al centro del mirino ad ottica ACOG e precisamente posto in mezzo ai suoi occhi. Inizio a premere il grilletto lentamente, senza strappare e il proiettile parte e in meno di un secondo gli ha già trapassato cranio e cervello uscendo dalla nuca, facendola esplodere in mille pezzi e portandosi dietro brandelli di carne e pelle che volano addosso agli zombie dietro di lui. Impressionante come un calibro 7.62mm possa fare così tanti danni. Ricarico inserendo un altro colpo nel mio fucile M24. Lo rialzo, appoggiandolo di nuovo sul davanzale della finestra e prendo nuovamente la mira puntando questa volta ad una donna in minigonna e camicetta scollata. Prima di essere morsa probabilmente era una gran figa. Il pallino rosso questa volta le è precisamente al centro della fronte e subito premo il grilletto, senza aspettare inutilmente. Come il colpo precedente, anche questo trapassa l’obbiettivo. Prendo in mano il fucile e lo metto a terra, mentre appoggio la schiena al muro. Lì di fianco ho la bottiglia di birra che devo ancora stappare. Però non ho a portata di mano l’apri-bottiglie e sinceramente non ho voglia di andarlo a prendere. Allora mi prendo una sigaretta dal pacchetto che ho in tasca e l’accendo. Faccio un tiro mentre sento che ormai sono praticamente entrati. Mi alzo in piedi con calma e mi avvicino alla porta. Controllo al piano di sotto e noto effettivamente che ormai sono dentro. Chiudo a chiave la porta e ci sposto davanti un comodino, nel tentativo di sbarrarla ulteriormente e darmi un po’ di tempo in più per riflettere. Mi siedo di nuovo, questa volta appoggiando la schiena al muro opposto alla porta. Estraggo dalla fondina il revolver che tengo per le occasioni speciali e inizio a pensare, mentre quei bastardi cominciano la loro sinfonia di colpi per buttare già l’unica barriera che li divide dalla loro preda succulenta: me.
Continuo a penare da ormai qualche giorno, che forse sono davvero l’ultimo uomo su questa cazzo di Terra. È una cosa che mi terrorizza e mi fa incazzare al tempo stesso. Però ormai chissenefrega, fra poco non ci sarò più neppure io. Con un ennesimo colpo sfondano alcune assi e in un attimo entrano uno alla volta. Io alzo la canna della mia pistola ed inizio a sparargli contro. Ne colpisco uno alla testa, un altro alla spalla, un altro ancora al petto. Poi, vedendone arrivare molti altri mi fermo per un secondo e rifletto chiedendomi: perché sto sparando?
Non ho nemmeno il tempo di rispondere alla mia domanda perché uno di quei cosi mi prende alla gola e comincia a sgozzarmi, mentre altri due mi mordono le gambe ed altri ancora le braccia. Che fine di merda, mangiato vivo da esseri ormai morti.
Una fine di merda, per una vita di merda.
 
Il cesso della morte
 
Sono qui dentro da circa un’ora. Là fuori saranno almeno un centinaio. Sono in trappola, non c’è modo di uscire da questo cesso se non da quella cazzo di porta. Non vi è nemmeno una diavolo di finestra. Li sento muoversi qui fuori, qualche volta anche ringhiare e battere contro la porta. Ho sbirciato più e più volte attraverso la toppa e fuori si vedono solo un mare di quei bastardi.
Mi rimangono ormai solo tre colpi della pistola. Sono fottuto. Che schifo, una vita passata a servire i civili come poliziotto e ora mi ritrovo a dover crepare in un cazzo di cesso di un cazzo di bar di provincia. Che merda! Sono costretto a passare gli ultimi attimi della mia cazzo di vita in un dannato cesso di provincia! Dio! Non mi farò mettere nel sacco, loro non riusciranno a fottere il sottoscritto, no signore! Io la faccio finita, quei cazzo di zombie alla G. Romero ce l’avranno nel culo perché non mi mangeranno! Porci schifosi. Io mi ammazzo con le mie mani! Non mi toccheranno mai con le loro sudice e puzzolenti. Estraggo questa cazzo di pistola dalla fondina e mi metto la canna in bocca. Io morirò, ma almeno sarò io stesso ad uccidermi. Penso di essere ammattito, ma che mi importa?! Tanto il mondo ormai è a puttane! Viva la pazzia! Ora basta dire cazzate, premo il grilletto.
 
Nessuno toccherà l’altare!
 
Chiesa del Sacro cuore di Gesù: Madrid
Don Carlos Huegò stava inginocchio di fronte all’altare, con le mani giunte e il capo chino, a pregare. Non faceva quasi nient’altro negli ultimi mesi, da quando erano iniziati i disordini e i morti erano tornati sulla Terra. Gran parte della popolazione mondiale è ormai trasformata, infettata dal morbo che i morti trasmettono attraverso il loro morso.
Il prete continuava a pregare mentre, da fuori, provenivano i versi e le urla di quei mostri che tentavano in tutti i modi di entrare. Le porte, anche se di legno spesso, stavano per cedere. Per questo il prete pregava con tanta concentrazione. Era la concentrazione prima della battaglia. Prima dello scontro con i demoni, dello scontro con le armate di Satana inviate sulla terra per distruggere l’umanità e sconfiggere le schiere celesti del signore Gesù.
Don Carlos stava recitando un'altra “Ave Maria” quando si sentì lo scricchiolio delle porte di legno che si scardinavano. Poi vi fu il tonfo di quando caddero a terra.
Il prete si fece il segno della croce e baciò l’altare, mentre alcuni non-morti facevano irruzione all’interno della casa del Signore. Huegò non aveva paura. Aveva la protezione di Cristo dalla sua parte. E quella di una carabina Benelli modello R1 Comfortech 338. Prese la mira ed urlò –Bruttissima bastardi! Demoni e diavoli dannati! Morirete tutti, vi rispedirò da dove siete venuti: all’inferno!- Iniziò ad aprire il fuco colpendo i primi due in rapida successione, ricaricò in un attimo, poi volse lo sguardo a destra e ne colpì un altro che lo stava aggirando, si rigirò a sinistra e, posizionando la canna sotto al mento di un morto vivente che gli era ormai troppo vicino per poter distendere il fucile, premette il grilletto. Ricaricò, inserendo i pallettoni nei due buchi, uno sopra all’altro, e richiuse la parte anteriore dell’arma con un sonoro “click” poi si voltò ancora e riprometti il grilletto puntando ad una donna infettata ad una decina di metri da lui, ma sbaglio mira, colpendo il muro rivestito con lastre di marmo appena dietro al cadavere. Con l’altro colpo che aveva in canna però centrò il bersaglio.
Alcuni non morti si avvicinarono all’altare e lui, spaventato ed infuriato gridò –Nessuno toccherà l’altare!- E si avventò su di loro, tenendo il fucile per la canna e colpendoli con il calcio a mo’ di clava. Fracassò il cranio ad uno di loro e, con un colpo menato orizzontalmente, centrò alla gola un non-morto probabilmente di origini africane dato il colore della sua pelle, che andò a terra. Un altro cadavere lo prese, però, da dietro le spalle e lo tirò a sé, nel tentativo di morderlo alla gola. Ma lui fu più veloce nel reagire, tirandogli una gomitata allo stomaco e finendolo con una ginocchiata al viso.
Ormai i non-morti all’interno della chiesa erano a decine e il prete, senza avere più armi prese in mano il crocifisso e lo innalzò in direzione degli zombie dicendo –Che la potenza di cristo vi fulmini! Demoni del diavolo impostore e traditore!- Ma uno cadavere lo prese fra le braccia e lo morse su un fianco, più o meno all’altezza delle costole. Lui urlò per il dolore e, con un poderoso pugno alla nuca, se lo allontanò di dosso, continuando a combattere con le unghie e con i denti per non permettere a quei mostri di vincere quella battaglia contro il Cristo. Nessuno avrebbe toccato l’altare.
Finché il prete non fosse morto.
 
 
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Horror / Vai alla pagina dell'autore: Book boy