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Autore: S h i n d a    13/09/2013    6 recensioni
[MinaMana] [AU]
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«Allora?»
«Mpf.»
«Trovato qualcuno?»
«…»
«Devo prenderlo come un ‘no’?»
«…»
«Perfetto, per la gita saremo compagni di stanza~»
Quanto lo odiava.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Manabe Jinichirou, Minaho Kazuto
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Dedicata: ad Arteda, perché è la nostra OTP e poi perché glielo devo.
Personaggi: Manabe Jinichirou, Minaho Kazuto.
Pairings: MinaMana.
Parole: Word approva per le 2.316 parole.
Note Autrice: In fondo alla pagina. ↓
 




Minaho e Manabe erano due ragazzi giapponesi venuti con le loro famiglie a studiare in Italia.
Si erano ritrovati tutti e due come compagni di classe al Liceo Classico ma non erano mai andati d’accordo, erano uguali e diversi allo stesso tempo ma non riuscivano a comprenderlo.
Dopo aver passato il quarto ginnasio come compagni di banco avevano intuito di non sopportarsi a vicenda; avevano pareri discordi su tutto, anche con le cose più stupide.
 
«Odio quando ci assegnano i compiti a coppie, finiamo sempre insieme.»
«Sta un po’ zitto, piuttosto, io propongo di fare la lettera.»
«No, faremo il questionario.»
«Il questionario è banale, io voglio fare la lettera!»
«Ho detto no! Faremo il questionario!»
E andavano avanti per ore ed ore.
 
Quell’anno finalmente erano in quinto ginnasio e la prima cosa di cui si preoccuparono il primo giorno di scuola fu quello di sistemarsi il più lontano possibile dall’altro.
Minaho era molto amichevole con chiunque e nonostante non fumasse o si vestisse in modi assurdi era amico di tutti e riscuoteva un certo successo.
Invece Manabe odiava la compagnia degli altri ed era un ragazzo chiuso, era un miracolo già che rivolgesse la parola ai professori durante le interrogazioni.
 
«Hai visto Jinichirou oggi?» diceva uno.
«È davvero uno sfigato, sempre buttato su quel banco. Hai visto? Passa tutte le ricreazioni seduto là.»
«Ehi, Kazuto!»
Minaho odiava sparlare della gente, anche se la persona in questione era quell’antipatico di Manabe. «Sì, cosa c’è?»
«Non trovi che Jinichirou oggi sia più sfigato del solito?»
«Per niente.»
Il ragazzo stava proprio per dargli una pacca sulla spalla dicendo qualcosa come ‘esatto’ oppure ‘tu sì che sei un tipo apposto’, ma quella risposta lo aveva spiazzato. «Cosa?»
«Perché lo insultate sempre?»
«Perché è insopportabile! Non gli puoi rivolgere la parola che quello ti tratta male, a volte penso sia una donna.» ridacchiò il compagno di classe.
Beh, in effetti non avevano tutti i torti; Manabe a volte sembrava davvero una donna mestruata.
Nonostante ciò, non sopportava le prese in giro che rivolgevano al viola, per questo quando quel giorno la professoressa di greco gli chiese quel favore, lui accettò.
 
«Kazuto, puoi venire un attimo?» Minaho era amato da tutti i professori ed ormai anch’essi lo chiamavano per nome.
«Certo, professoressa.»
«Ti posso chiedere un favore?» a quelle parole, l’arancione rimase per un attimo spiazzato, poi abbassò il volto, annuendo. «Perfetto,» prese un libretto con delle date «sai cosa è una rappresentazione classica, ovviamente, no?»
«Ovviamente.» ribatté.
«Ben presto, verso metà Maggio, andremo a vederne una di esse al Teatro Greco di Siracusa.» Minaho proprio non capiva dove la professoressa volesse andare a parere, e tutto ciò era fastidioso, lui riusciva sempre a prevedere tutto.
L’insegnante aprì il libretto mostrandogli la rappresentazione greca che sarebbero andati a vedere, l’Edipo Re. «Come ben sai, noi siamo molto distanti dalla Sicilia, per questo dovremmo prenotare delle stanze in un albergo lì vicino.»
L’arancione iniziava a capire. «Mi sta dicendo che questa sarebbe una sorta di ‘gita scolastica’?»
«Esatto, Siracusa è una città davvero interessante e… adesso ti devo chiedere il favore.»
Minaho sbatté gli occhi, perplesso. «Chieda pure.» ormai immaginava anche cosa gli avrebbe chiesto.
«Ho paura per Jinichirou,» anche lui chiamato per nome come l’altro «non voglio che rimanga solo. L’anno scorso non è voluto partire ma questa volta, visto ciò che andremo a vedere, non penso rifiuterà. Ecco, quindi, come favore ti chiedo di esser il suo compagno di stanza.»
Bingo, aveva indovinato.
«Certo professoressa, però, posso chiederle una cosa?» si azzardò a domandare.
«Chiedi pure.»
«Come mai proprio io? Non che non voglia ma,» si vergognava un po’ a dirlo, era una cosa talmente infantile «si ricorda come noi due litigavamo l’anno scorso…»
«Eccome se ricordo,» sorrise la professoressa «però l’altro giorno sono riuscita a tenere una discussione con lui e mi ha rivelato che la persona con cui si trova più a suo agio sei tu.»
Cosa?
Era impossibile che quella donna mest- cioè, Manabe, si sentisse a suo agio con lui.
L’arancione era convinto che l’altro lo odiasse, ed egli non sbagliava mai una deduzione.
La donna, vedendo il più piccolo confuso, gli sorrise di nuovo. «Non essere così sorpreso, dopotutto, si notava l’anno scorso come foste inseparabili.»
Minaho voleva bene alla professoressa di greco, la stimava e la preferiva rispetto agli altri professori, ma allo stesso tempo gli metteva inquietudine… lei era capace di immaginare cosa una persona pensasse con un semplice sguardo.
«Mi scusi professoressa, mi stanno chiamando…» e titubante, corse via.
 
Quella notte Manabe non dormì.
Ripensava al giorno appena trascorso, quando Minaho lo aveva difeso dagli insulti degli altri ragazzi.
Già, era riuscito ad ascoltare quasi tutta la conversazione nonostante sembrasse disinteressato.
Obiettivamente, non sopportava quel ragazzo che aspirava a diventare un detective, era fin troppo impiccione per i suoi gusti, davvero.
Un giorno, quel pazzo lì, era arrivato a dirgli «scommetto che oggi le mutande che porti sono color blu, o sbaglio? Ho notato, quando ti cambi nello spogliatoio per andare a fare educazione fisica, che abbini sempre le mutande alla maglia che porti.» e ci aveva pure azzeccato.
Manabe non lo sopportava perché quel ragazzo era capace di leggere nella mente, per questo lo aveva allontanato e lo trattava sempre male, non voleva che leggesse nella sua di mente.
 
I giorni passavano lentamente a scuola, ed ormai si era sparsa la voce della gita scolastica a Siracusa.
«Allora Kazuto, ci prendiamo la camera insieme?»
«No, voglio io la camera con Kazuto!»
«Spero stiate scherzando, sarò io a stare con Kazuto.»
Ogni giorno gli chiedevano sempre quella stessa domanda, ma lui doveva rifiutare.
«Mi spiace ragazzi, ancora non lo so…» oppure «Vi farò sapere, non preoccupatevi» oppure ancora «Credo deciderò la prossima settimana» e così fino alla settimana prima della partenza.
 
«Ehi Manabe!» il ragazzo in questione alzò il volto, notando due occhi verdi che lo scrutavano. «Cosa ne pensi di stare in camera con me?»
Il viola rimase spiazzato da quella richiesta. «Io e te?»
«Chi altri sennò?»
Avrebbe tanto voluto accettare ma non poteva, non voleva che quel ragazzo scoprisse ciò che veramente pensava di lui. «No.»
«E perché no?»
«Perché non ti sopporto.» tagliò corto.
«La professoressa mi ha detto il contrario.» gli soffiò l’arancione, piegandosi in avanti e poggiando i gomiti sul banco dell’altro.
Vedendo il movimento dell’altro, il viola di paralizzò e arrossì lievemente. «Non capisco a cosa ti riferisci.»
«Suvvia, altrimenti saresti solo.» okay, forse aveva esagerato, infatti il compagno era diventato questa volta rosso di rabbia.
«Chi te lo dice che io sarei solo?!»
«Intuito.»
Ringhiò. «Posso trovarmi un compagno entro due giorni.»
«Davvero?» un sorriso divertito s’increspò tra le labbra del detective «facciamo una scommessa: se troverai un compagno entro due giorni, ti lascerò in pace. Altrimenti verrai con me.» detto ciò se ne andò.
 
 
«Senti scusa, vorresti essere mio compagno di stanza?» 
«Mi spiace, ormai sono con Marco.»
 
 
«Ehi, ti piacerebbe esser mio compagno di stanza?»
«Io e te? Mai e poi mai.»
 
 
«… vorresti esser mio compagno di stanza?»
«Io sto ancora aspettando una risposta da Kazuto.»
 
Era messo davvero male.
Ormai la scommessa con l’arancione l’aveva persa.
 
 
«Allora?»
«Mpf.»
«Trovato qualcuno?»
«…»
«Devo prenderlo come un ‘no’?»
«…»
«Perfetto, per la gita saremo compagni di stanza~»
Quanto lo odiava.
No, non era vero, lo amava… ma lo odiava lo stesso.
Sempre con quel fastidioso sorriso sul volto, la mano posizionata sul mento e l’altra che ti indicava mentre scopriva l’ennesima cosa su di te.
 
Quella notte, come tutte le altre da quando Minaho gli aveva rivolto la parola, non riusciva a dormire.
Scese dal letto e afferrò il libretto delle rappresentazioni greche che, gentilmente, gli aveva prestato la loro professoressa.
Risalì sul materasso e gattonò fino al cuscino, poi aprì il libretto.
 
“Edipo Re è una tragedia di Sofocle…”
 
Doveva ammettere che la storia era davvero interessante, essa era ambientata a Tebe dopo che Edipo aveva liberato i cittadini dal controllo della Sfinge.
Per essere liberati i Tebani dovevano riuscire a risolvere gli indovinelli della Sfinge ma se fallivano, uno di loro veniva divorato.
Solo Edipo era riuscito a rispondere esattamente agli indovinelli.
… Perché si stava immaginando Minaho al posto di Edipo?
Oddio, ormai era diventata un’ossessione la sua.
 
 
Era giunto il giorno della partenza e le famiglie stavano salutando i ragazzi.
«Dov’è tuo padre?» chiese Manabe, ormai quando erano saliti sull’aereo.
«… non è potuto venire…» mormorò con un fil di voce l’arancione.
«Come mai?» continuò a chiedere.
«… ormai lui non è più in questo mondo.» il sorriso che aveva sul volto era scemato lentamente.
Quella risposta lo sconvolse, non pensava mai che ad una persona allegra come l’arancione potesse essere successa una cosa talmente brutta.
«Mi spiace.»
«Non ti preoccupare, è successo quando ero piccolo, ormai sono abituato.»
 
Essendo partiti presto quella mattina, intorno all’ora di pranzo erano già in albergo.
«Ragazzi,» dicevano i professori «qua ci sono le vostre cose, ora prendete le chiavi delle vostre stanze e vi sistemate in camera.»
 
«Ehi Manabe, vuoi una mano con quella valigia?» chiese, cercando di evitare di scoppiare a ridere, vedendolo caricarsi quel peso.
«Ce la faccio anche da solo…» borbottò egli.
«Ecco, quella è la nostra camera, la 34. Su, dammi le chiavi.» disse Minaho che aveva raggiunto la soglia della loro stanza.
«N-non posso…» mormorò il viola a corto di fiato, avendo le mani impegnate da quel borsone-valigia.
«Dove le hai messe?» sbuffò Minaho.
«In tasca…»
L’arancione si avvicinò al viola e gli infilò una mano nel luogo indicato.
«… nell’altra…» il volto ormai era diventato paonazzo, tanto era in imbarazzo.
«Eccola!» infilò la chiave nella porta ed essa fece uno scatto. «Dammi qua.» e si prese anche il borsone dell’amico.
 
Dopo aver pranzato c’era chi scorrazzava per il cortile fuori dall’albergo, chi si era portato psp o roba varia e giocava, e chi come i nostri due protagonisti che si erano rintanati in camera, aspettando che si facessero le cinque per iniziarsi ad incamminare verso il teatro greco.
«Minaho…»
«Mh?»
«Sei capace di risolvere gli indovinelli?»
«Io amo gli indovinelli!» l’attenzione di Kazuto ormai era stata attirata.
«L’altra notte mentre leggevo la trama dell’Edipo Re, ho trovato un indovinello che la Sfinge aveva posto ad Edipo…» si bloccò.
«E allora?»
«Ecco… non sono riuscito a risolverlo…» sibilò, imbarazzato dal fatto che non era riuscito a trovare una soluzione.
«Oh, è la prima volta che non ti risulta qualcosa, genio
Manabe non rispose.
«Dai, stavo scherzando.» lo rassicurò. «Dimmi qual è e vediamo se trovo io la risposta esatta.»
«“Qual era l'essere che cammina ora a quattro gambe, ora a due, ora a tre che, contrariamente alla legge generale, più gambe ha più mostra la propria debolezza?”» lesse.
Il detective si portò una mano al mento e chiuse gli occhi.
«È davvero carino quando riflette.» pensò l’altro, osservandolo.
«… ci sono!» esclamò dopo qualche minuto.
«Così presto?» domandò il piccolo genio, quasi deluso.
«È ovvio che la risposta è l’uomo. Quando nascono i bambini gattonano, poi crescono ed imparano a camminare su due piedi…»
«Quale sarebbe il terzo piede, alla fine?» lo sfidò Jinichirou, abbastanza scocciato perché non era giunto a quella conclusione.
«Suvvia Manabe, ti facevo più intelligente.»
Lo guardò male.
«Il terzo piede è il bastone, no? Un bambino è più debole di un vecchio, e un vecchio è più debole di un adulto.»
«Mpf.»
«Sai una cosa Manabe? Esiste anche un secondo indovinello che la Sfinge aveva posto.»
Il viola gli lanciò uno sguardo confuso. «Sarebbe?»
«“Esistono due sorelle, delle quali l'una genera l'altra, e delle quali la seconda, a sua volta, genera la prima. Chi sono?”»
«… questo è più difficile del tuo» bisbigliò Jinichirou.
L’altro sorrise compiaciuto, così si imparava a fare tanto il saputello.
Passava il tempo e non riusciva a trovare la risposta.
 
«Ragazzi dobbiamo andare» li chiamò un’insegnante.
«Arriviamo» rispose il genio. «Andiamo capelli sparati, ci hanno chiamati.»
«Ehi, qualcosa contro i miei capelli?»
«Oh beh, quei ciuffi rivolti verso l’alto sono… buffi.» si portò una mano alla bocca per soffocare una risata e gli passò davanti, lanciandogli un sorriso di sfida.
«… stronzo…» replicò Minaho tra sé e sé, senza però levare lo sguardo dal corpo dell’altro.
 
Erano appena tornati dalla rappresentazione classica e avevano finito di mangiare, erano circa le undici.
«È stata molto carina, specialmente mi è piaciuto quella specie di essere che è comparso ad inizio scena, doveva essere lo spettro della Sfinge, giusto?»
«Esatto, è l’unica risposta plausibile. Quando cantava, tutti i cittadini impazzivano.»
«Già.»
 «…»
«Ancora devi rispondere al mio indovinello~» cantilenò il detective.
«Mi arrendo…» mormorò il viola.
«Vuoi sapere la risposta?»
Il ragazzo annuì.
«Il giorno e la notte.» sorrise Kazuto.
«Ma il giorno non è femm-» si paralizzò. «Ma certo! In greco ‘giorno’ è un sostantivo femminile.»
«Esatto,» gli sorrise l’arancione «ma ormai è troppo tardi… e sai cosa succedeva quando non si arrivava alla risposta giusta?»
Manabe si ricordò che la Sfinge divorava coloro che sbagliavano.
«… non vorrai mangiarmi, spero.»
«Nah.»
Il detective lo fece cadere sul letto, con una leggera spinta, e gli si posizionò di sopra «qualcosa di più divertente.»
Il cuore del genio aveva iniziato a battere ad un ritmo molto più veloce del solito e le sue guance erano diventate color porpora.
Le due labbra dei ragazzi si unirono in un bacio, un po’ impacciato, ma pur sempre un bacio.
 
«Sei un maniaco…» mugolò Manabe, quando si divisero.
«Come se non ti piacesse.» rispose a tono colui che stava sopra.
«… da quanto tempo lo sai?»
«Diciamo da quando ti ho chiesto di stare in camera con me, eri arrossito.»
«E da quanto tempo io ti piaccio?»
«Mh. Possiamo dire da sempre, ma me ne sono reso conto solo un mese fa, circa.»
«E tu per tutto questo tempo hai fatto finta di nulla?»
«Già.»
«… ma fai schifo.»
«Ti amo anch’io~» 











♦♣Angolo Autrice♥♠ 

Queste sono le idee che mi vengono quando entro in crisi che devo ancora iniziare a fare tutto il greco e mancano tipo tre giorni all'inizio della scuola. 
'kay. 
Buh che dire, mi aspettavo qualcosa di meglio ma ad un certo punto non ci ho capito più nulla e mi sono un po' confusa. 
Secondo me sia Minaho che Manabe come superiore andrebbero al Classico, sì, anche Manabe. 
Sono convinta che Manabe sia attratto dalla cultura greca, anche perché la maggior parte dei più grandi matematici erano greci -tipo Pitagora- e tante altre belle cose. (?) 
Sono talmente confusa che non riesco a capire se sono caduta nell'OOC o meno. 
Ah, e non sapevo cosa mettere come "Generi" quindi ci ho buttato un "Romantico" a random.

Okay, io me ne torno sulle mie versioni di greco. 
Pace&Amore~
 

Shindou_Takuto 

 
   
 
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