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Autore: Lol_96    13/09/2013    1 recensioni
In un mondo dove ogni uomo è destinato ad ucciderne un' altro, come si può sopravvivere? E se qualcuno si ribellasse al vincolo di sangue imposto dalla società?
Sono io quel ragazzo. Sono io quello che rinuncia a tutto per combattere una società macchiata dal sangue dell'omicidio.
Io, un diciassettenne con la voglia di cambiare, un animo anticonformista pronto a combattere in quello in cui crede fino alla morte. E sarà cosi.
Finché qualcuno non metterà un punto a tutto questo odio io ci sarò, combatterò per i miei ideali.
Un ragazzo fuori posto il cui riflesso non piace a se stesso, figurarsi agli altri.
Un ragazzo un po' confuso da tutto quello che sta succedendo, che sta cercando il proprio posto.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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XII
 
Quando Jeremy Landel  afferrò la pagina in pergamena profumata di quel libro chiamato vita, di fatto non sapeva a cosa sarebbe andato incontro. Non sapeva che tutto sarebbe cambiato più di quanto non lo era già.
Lui, non si aspettava che avrebbe cambiato se stesso e gli altri.
 
I quattro restarono per altre due buone ore a parlare del più e del meno,  cosa che sembrò stancare molto Ecate visto che partecipava alle conversazioni di rado, ma dando un significativo contributo a tutto il discorso. Shelena invece ammiccava e sorrideva ogni tanto, giusto per far capire agli altri che stava  ascoltando ciò che una prepotente Diana stava dicendo.
Jeremy si era alzato un paio di volte per “far stiracchiare un po’ queste fragili gambe”, ma tutti sapevano che in realtà era pressoché basito dalle informazioni che le tre sorelle gli avevano dato. La prima volta che lo fece fu quando Diana dichiarò di odiare il Corpo Portante principalmente perché dietro le sbarre della prigione “non poteva dare sfogo a ciò che pensava” ed in effetti era vero visto che Shelena teneva a freno la maggior parte dei pensieri che Diana e Ecate le propinavano.  Jeremy non volle sapere nello specifico a cosa si riferisse la più peperina delle tre ma questa, armata di un cinguettare giulivo che avrebbe fatto invidia ad un usignolo,  sputò tutto quello che aveva dentro iniziando da uno dei punti più caldi, se così si può definire.
 
“No care, non azzardatevi a fare quella faccia disgustata perché sappiamo tutte che non siete delle sante.” Il suo tono di rimprovero provocò nel ragazzo una lieve sfumatura di stupore, visto che la maggior parte delle volte era lei ad essere rimproverata. 
“Vedi, tesoro,” mosse le labbra lentamente accentuando i movimenti, in modo che tutto il suo fare da gatta vogliosa venisse allo scoperto “anche se siamo pressoché sempre rinchiuse in questa specie di casa che la Luna ci ha assegnato, abbiamo bisogno tutte di…ehm, quella cosa” Jeremy sembrò confuso dal suo pudore nel dire una determinata parola ma fece scorrere le lettere come poco più in là l’acqua scorreva verso sud.
Iniziava a fare freddo e Jeremy sfregava ,di tanto in tanto, le mani l’una con l’altra cercando di produrre calore. Qualora  anche quel tipico gesto di ricerca del calore sembrava inutile allora congiungeva le mani a coppa e le avvicinava alla bocca alitando un soffio caldo che per qualche istante sembrava placare il bisogno di un fuoco.
Shelena sembrò cogliere al volo il pensiero del ragazzo e di soppiatto si allontanò dal gruppo per qualche decina di minuti.
 
“Hai capito no?” Avvicinò la mano destra, nella quale aveva unito pollice e indice formando un cerchio, e l’indice della sinistra ma non riuscì a finire il gesto perché una prorompente ma assonnata Ecate alzò una mano schiaffeggiandola sulla spalla. Un piccolo, flebile risolino uscì da Diana che lasciò la parola alla sorella maggiore.
 
“Vedi, piccolo,  detto in maniera concisa noi siamo persone in carne ed ossa e come tali abbiamo i nostri bisogni.” Tirò un’ occhiataccia alla sorella rimproverandola di aver tirato fuori, tra tanti punti della lista delle cose di cui parlare, proprio quello.
“Oh senti vecchia, se io ho voglia non è colpa mia!” sbuffò e lasciò cadere il discorso.
 
L’aria che tirava quella sera era perfetta: un flebile e mellifluo suono di fronde sbattute tra di loro accompagnava il discorso provocando nel gruppo un senso di materna tranquillità che quella terra stava dando a tutti.
Per la prima volta dopo molto tempo, Jeremy si sentì realmente a casa. Non fu una sensazione brusca o troppo violenta; risultò tutto molto calmo e tenue. Le tre ragazze lo facevano sentire vivo: amava i modi di Diana di ammiccare sensualmente, adorava perfino il senso di vecchio che distribuiva Ecate quando parlava. Ma cosa ancora più importante, si rese conto che Shelena era perfetta. In tutti i sensi in cui una persona può esserlo. E quando si accorse di star pensando ad una persona che fisicamente non era lì con loro si alzò e andò verso il limitare del bosco per cercarla.
 
Camminava piano affondando i passi nei fasci d’erba mossi dal vento, contando ogni falcata che faceva. Arrivato alla numero trentotto alzò la testa e guardò muovendola qua e là, cercando di capire dove si trovasse e con chi fosse.
Dall’analisi del tutto risultò che era finito, involontariamente e quasi inconsciamente, sotto ad una grossa quercia che otturava la sua vista. Mentre l’ aggirava passò una mano sulla solida corteccia fredda. Sentiva ogni fibra della pianta muoversi, capiva che una piccola tarma la stava ferendo mangiandola dall’interno. Aveva anche capito che in quel luogo, sicuramente non ancora da lui e dalle sorelle visitato, non era un posto dove soffermarsi allungo.
 
Ma i ragazzi a certe cose non ci pensano, proprio non ci arrivano. Se qualcosa va storto, se sono in un bosco buio e in qualche strana occasione hanno la sensazione che ci sia qualcosa che non va, fanno di testa loro.
E  fu quello che fregò Jeremy, fu il sentirsi sicuro di quello che stava facendo che lo mise nei casini ancora una volta. E ci mancò poco che non ci lasciò le penne.
 
“Shelena, dove sei?”  le parole uscirono come quando si sputa la sabbia dopo essere stati sbattuti a riva da un’onda troppo forte per poterla gestire. E quella fu effettivamente un’ onda troppo grossa per un povero ragazzo come lui.
 Il suono della sua voce riecheggiò nelle tenebre diminuendo di momento in momento. Passarono quasi cinque minuti nei quali raccolse il coraggio per girarsi e vedere cosa aveva calpestato un ramo secco, ma non volle averlo fatto. In piedi, appena sotto la quercia, una Bimba aveva la testa china ed i capelli le coprivano il viso rendendo tutta la cornice, per chi la guardava dal basso verso l’alto come Jeremy, molto lugubre.  In mano, con presa salda e violenta, teneva per il collo uno scoiattolo che con l’ultimo squittio si lasciò andare. La bambina portò il corpo alla bocca e affondò i denti nel folto pelo. Il sangue schizzò sulla vestaglia colando sulle sue gambe fino ai piedi. Da dietro l’animale, la Bimba fece vedere le gengive in un sorriso a 32 denti-tutti tra l’altro molto poco curati-. Il suo sguardo carico di sangue vagò per parecchio tempo, da capo a piedi, prima che la bambina decise cosa fare.
Lancio lo scoiattolo verso Jeremy, la folta coda marrone roteava nell’aria. Cercando di scansarsi dalla carcassa che lo avrebbe colpito in pieno abbassò la guardia e quando la Bimba gli era ormai addosso fu troppo tardi anche solo cercare di sferrare un destro per difendersi.
L’orribile bambina si ritrovava ora seduta sulla pancia di lui che, dopo essere caduto, aveva sbattuto il coccige urlando di dolore. Gli afferrò le mani per tenerle ferme piantandole a terra e soffiò aria dalla bocca per spostarsi i capelli che le occupavano la vista. Il suo volto, bianco e in alcuni punti cianotico, era rigato da graffi e da morsi. A Jeremy balzò alla mente che non tutte le sue prede morivano prima di essere mangiate. E lui era decisamente una sua preda.
Aveva ancora il sangue che le colava dal mento mischiato con la bava e quando avvicinò il viso al suo collo, Jeremy urlò. Urlò tutto quello che aveva dentro.
Il sangue iniziava a colare lentamente: la Bimba voleva giocare. Aveva solo conficcato i canini come fanno i vampiri e strisciava la lingua nei buchi cercando di infilarcela dentro provocando fitte di dolore al povero ragazzo che ora piangeva.
Con tutta la forza che riuscì a raccogliere mosse il braccio sinistro ancora stretto da una presa formidabile e si liberò. Sganciò un pugno dritto alla guancia e sentì la mascella della Bimba uscire dal suo asse. Quando questa  si ristabilì dal colpo, guardò dritto Jeremy negli occhi ed un rantolo di sorpresa le uscì dalla bocca. Se Jeremy avesse potuto fermarsi un attimo di più ad osservare, avrebbe visto che l’arcata dentale inferiore era quasi perpendicolare a quella superiore ma questo non sembrava preoccupare l’ essere che cercò di agguantare ancora la sua vittima. Ma Jeremy si scostò i tempo e questa cadde a terra di faccia. Quando si girò per rimettersi in piedi, ricevette in faccia un calcio ben assestato che fece volare la mascella qualche metro più in la. In quel momento, quando il tonfo provocato dai denti che sbattono sulle radici della quercia riecheggiò nel sottobosco, si sentì potente. Si rese conto di poter fare ciò che voleva. Avrebbe afferrato per il collo quel mostro e le avrebbe staccato la testa con forza. Oh, come gli piaceva questa sensazione …
La Bimba rimase in ginocchio per qualche secondo, guardando Jeremy da una prospettiva ancora più bassa del normale. Nel suo sguardo si percepì il pensiero della sconfitta seguito a ruota da quello della morte. Quest’ ultimo però non sembrò essere provocato dal ragazzo.
Un raggio di luce colpì in pieno la Bimba carbonizzandola all’ istante. Il corpo ricadde morto al suolo e subito dopo si sgretolò diventando cenere portata via dal vento.
 
“Me la sarei cavata, maledizione!” era offeso, ma ancora di più si sentiva debole.
“Non ho alcun dubbio al riguardo ma quelle sono creature che non muoiono facilmente!” Shelena cercava di spiegare il perché del suo intervento ma sembrava che al ragazzo non importasse la sua tesi.
“Cristo Shelena, era senza mezza bocca! Avrei potuto finirla se solo me ne avessi dato il tempo!”
“Quindi ora uccidi? Ora sei diventato uno spietato assassino? Da quando Jeremy, eh? Da quando hai cambiato la tua natura?” Shelena urlava con aspro disprezzo quello che le uscì involontariamente dalla bocca. Aveva gli occhi lucidi, i pugni stretti lungo i fianchi per cercare di calmarsi.
Jeremy si sentì attraversare da una decina di lame affilate, roventi fitte che bruciano la carne. Stava diventando quello che non voleva essere? Era cambiato?
Ripensò alla  fermezza di spirito della sua mentore, a come lei sapeva controllarsi, sapeva sempre cosa fare. Lui no. Lui stava perdendo il controllo.
Ma cavolo, quella sensazione lo appagava. Come quando aveva nelle mani la vita della trota, qualche mattina prima. Anche lì si era sentito potente.  La morte lo rendeva vivo.
 
Un ghigno disegnato a matita fece capolino sulla sua faccia e rise. Rise istericamente. Convulse note di pazzia attraversarono il boschetto.
Tutto quello che lei poté fare per cercare di riportarlo sulla giusta via, tutto quello che lei voleva effettivamente fare fu una sola cosa: spinse per la seconda volta la sua mano dentro il suo petto. Fu difficile centrare il cuore al primo colpo perché Jeremy si dimenava follemente. Quando ci arrivò, impiantò le unghie in esso e lo strinse in maniera prepotente. Lo baciò mentre il suo cuore le pulsava nelle mani. Lui si calmò, spostò la mano sinistra verso il suo ventre, poi sempre più in su.
Scostò il reggiseno che intralciava la via e le palpò il seno. Fu strano per lei. Prese il  suo gemito come un invito ad andare avanti così si abbassò la patta, e portò la mano di Shelena sul suo pene. Le insegnò, pur non sapendo che era la sua prima volta, come si faceva. Aveva passato parecchie notti a sperimentare ed ora  il lavoro lo faceva un’altra per lui. E come lo faceva bene, maledizione.
Le loro lingue continuarono ad intrecciarsi quando lei lasciò la presa sul cuore e la portò al bordo della maglietta che gli sfilò velocemente.
Si staccarono un attimo, giusto il tempo di calarsi i pantaloni e togliersi la veste.  
Rimasero nudi, pezzi di carne che vibravano di piacere.
Il freddo che andava aumentando fece strani giochi con i loro sospiri: ad ogni gemito una nuvola di vapore si formava e scompariva.
Si stesero a terra insieme e rotolarono toccandosi per interminabili minuti. Lei sentì la sua bocca mordicchiare i suoi lobi. Gli fece fare quello che voleva, era sua ormai. Lui scese sul collo, glielo baciò dolcemente e dopo essersi soffermato un attimo sul suo capezzolo scese ancora. Il campanello dell’ascensore suonò, le sue porte si aprirono ed il paradiso li attendeva. Entrò in lei con prorompente voglia. Assaporò ogni movimento del bacino che faceva e ad ogni urlo di piacere di Shelena lui andava più a fondo. Mentre lei stava sdraiata di schiena con lui sopra, gli passò le mani sulla schiena graffiandolo. Lo baciò ancora e ancora. Poi, con un unico colpo finale, venne.
 
Fecero l’amore all’età di diciassette anni. Chi dice che è troppo presto? Loro si sentivano pronti, o semplicemente era la cosa giusta da fare in quel momento.
 
Stettero stesi l’uno al fianco dell’altra per tutta la notte guardando le stelle coperte di tanto in tanto dai rami degli alberi mossi dal vento. Poi Morfeo bussò alla loro camera e loro aprirono. 







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Allora, allora, allora... Io lo so che è un mese che non pubblico ma capitemi: tra esami e altre cose non sono riuscito ad andare avanti. In più, ad aggravare il tutto, ho avuto un blocco in cui ogni parola che scrivevo sembrava sbagliata. Mi faceva schifo TUTTO ciò che mi veniva in mente.

Spero almeno sia uscito qualcosa di probuttivo dal tutto...
C'é anche da dire che non ho l più pallida idea di come si scriva una scena di sesso per cui....Vi prego datemi consigli!
Fatemi sapere com'è lasciando una recensione-che non vi uccide state tranquilli!!-

Spero sia almeno decente, alla prossima
-Matt
  
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