Voglio strapparmi l'anima, ma inevitabilmente resta lì.
A che ti serve il cuore, se te lo tirano via.
Lacrime lontane che ti trovano ancora. Non avevano mai dimenticato la strada.
Lo squarcio si rigenera e cambia solo nome.
Uccidimi, ma non farmi piangere ancora.
Non farmi piangere ancora.
Non lo voglio sentire, s'insinua sotto la pelle e non dormo la notte.
Non dormo la notte e le piaghe si allargano senza fine.
Ma farò finta di niente.
Finta di niente. Minimizzare.
L'orgoglio è l'ultima difesa, prima di spazzarmi via.
Rese dei conti impari. Vinci sempre tu.
La mia anima è troppo sottile e si sfilaccia un altro po'.
Fingere di volerti morto e non tra le coperte,
bugie che costano fatica.
Sempre lo stesso gioco
sempre lo stesso gioco.
Troppo difficile gettare la corazza e dire
“Ma che cazzo ce ne frega. Se ardono i corpi le parole non servono a niente.”
Sulle mie labbra tremi,
il mio grembo pugnali di discorsi che non portano a nulla.
Infliggerti lo stesso dolore per sanguinare meno.
Due corazze sottili, paura di bucarle entrambe. Ognuno nella sua gabbia.
Uccelli che cantano l'infelicità da trespoli diversi.
Senza duetto.
Generalizzare.
L'errore qual è:
“Sono tutti uguali”; o “lui è davvero diverso”?!