Anime & Manga > Makai Ouji: Devils and Realist
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Autore: Ita rb    13/09/2013    1 recensioni
[Pairing: SalomonexSitrixWilliam]
In un pomeriggio come tanti altri, i pensieri si legano l'uno all'altro.
Dal testo: Le bambole non parlano. Le bambole non ribattono. Le bambole non si lamentano.
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Baalberith, Salomone, Sitri, William Twining
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Note: Salve a tutti, finalmente mi dedico a una delle mie OTP del fadom di Makai Ouji ~
Differentemente dalla precedente storia che ho pubblicato qui, attendendo l’apertura della sezione, ho voluto dedicarmi proprio a loro: William e Sitri, con quale accenno a Salomone.
Sono di poche parole questa volta, diciamo che su Facebook ho sentito parlare un po’ troppo di Baalberith e avevo iniziato un’introspezione riguardo la situazione drammatica in cui vive, poi ho deciso di dedicarmi al rapporto dolcioso (?) e moe del protagonista con il demone che predirigo in assoluto nell’opera: Sitri.
Spero che possa piacervi questo spaccato di vita quotidiana senza pretese ~
L’avviso inerente alle tematiche delicate sta sempre per la situazione di SItri che ho precedentemente citato, anche se non scenderò nel dettaglio in nessun caso e s’intende anche dal rating riportato nella fan fiction.
Xoxo

 
 
Le bambole non parlano.
 
Nella sua testa echeggiava ancora il suono di quelle parole: erano fastidiose e opprimenti, tant’è che al centro del petto si stava creando una strana sensazione non dissimile dal disgusto e dalla nausea, una pulsazione interna che non riusciva a lasciarsi sfuggire neppure per un istante e che lo tartassava qualunque passo facesse e ovunque si trovasse.
Sebbene si trovasse ai piedi d’un albero del giardino della scuola dove studiava il principe elettore, l’incubo di suo zio continuava a perseguitarlo in tutti i modi possibili e inimmaginabili: era un eco lontano, ma dopo tutto vicino – così tanto da poterne sentire il fiato sul collo.

 
Le bambole non ribattono.
 
Sembrava che non servisse a nulla e forse aveva ragione, perché in un modo o nell’altro aveva il potere di metterlo a tacere in qualsivoglia circostanza, annichilendolo fino a ridurlo in polvere. Non esisteva giusto o sbagliato, ma semplicemente ciò che Baalberith reputava fosse tale – non poteva dunque avere opinioni personali di fronte a lui, meno che mai rifiutarsi di accettare una sua richiesta.
Era tutto così buio di fronte a lui, nessuna luce pareva illuminargli la via, dandogli un briciolo di speranza, perché questa era svanita nel nulla prima ancora che se ne accorgesse, divenendo un ricordo lontano come quell’assurda promessa che aveva visto infrangersi di fronte a lui.

 
Le bambole non si lamentano.
 
Si trovava all’ombra di un albero, seduto s’una panchina, con in mano la sua scatola di biscotti preferita, mentre rifletteva sul fatto che i dolci fossero un espediente avvolgente per sanare ogni dolore.
Più desiderava non ricordare nulla e più tutto si concentrava su di lui, rendendo impossibile quell’impresa, perché a ogni modo non faceva che riproporsi a lui con la stessa intensità di una volta, per quanto vi rifuggisse lontano e cercasse di non coesistere con la realtà momentaneamente fuori luogo.
Doveva vestire i panni di una matricola e tendeva a farlo egregiamente, senza spiccare troppo, anzi, tutt’altro; aveva subito imparato a stare al suo posto in quel mondo, rendendosi famoso solo per il suo bell’aspetto, perché dopo tutto quello era l’unico merito che pensava di possedere a causa delle continue insinuazioni di Baalberith nei suoi confronti, così come delle voci di corridoio che aleggiavano su di lui negl’Inferi. Perfino Dantalion era al corrente della sua natura viziosa, cosa che non aveva mancato di raggiungere William poco dopo il suo arrivo tra i mortali proprio a causa di quel suo fastidioso amichetto di nome Isaac.
Doveva ammetterlo, però, nonostante tutto quell’esistenza era quasi piacevole.
Non doveva fare nulla se non ascoltare qualche professore durante le lezioni del mattino, constatando come anche questi fossero limitati in fatto di conoscenze – nessuno poteva eguagliare Salomone, in fondo.
Trascorrere poi qualche ora in compagnia del principe elettore era divertente, se non altro per i guai in cui si cacciava di continuo, pur non volendo, così come per il fatto che continuasse a credere che la sua esistenza, così come quella dei suoi simili, fosse puramente inventata dall’uomo.
Quel ragazzo era un realista convinto, non c’era alcun dubbio in merito, e aveva una gran voglia di scoprire cose nuove, di conoscere ogni cosa – e forse in questo assomigliava prettamente a Lui, ma non voleva sovrapporre la sua immagine a quella dell’altro, per quanto fisicamente fossero simili.
Prima o poi, William Twining sarebbe cresciuto e avrebbe assunto quelle stesse sembianze, così come, probabilmente, anche le sue conoscenze; prima o poi l’anima di Salomone avrebbe preso il sopravvento, o semplicemente si sarebbe fusa con quella nuova realtà che l’elettore stava vivendo, allora lui avrebbe avuto modo d’incontrarlo di nuovo, ancora una volta, constatando quanto quella promessa effimera si fosse rivelata tangibile a distanza di secoli.
Gli mancava trascorrere del tempo in sua compagnia, lo ricordava nitidamente, avvolto dall’alone di polvere che era racchiuso nella moltitudine di tomi della grande biblioteca che consultava di continuo; allo stesso modo, anche William aveva un che di simile, ma allo stesso tempo diverso – non faceva che ripeterselo ogni volta, osservandolo, perché al contrario di Dantalion aveva compreso bene la situazione, così come i punti critici e salienti che riguardavano la situazione: William non era Salomone, non in quel momento per lo meno, e premere affinché ricordasse qualcosa sarebbe stato totalmente inutile, perché si sarebbe solo chiuso a riccio nel suo mondo fatto di atomi – come ci teneva a precisare di tanto in tanto.
«Come mai sei qui?»
Quella domanda echeggiò nella sua testa fino a farlo quasi sobbalzare, allorché si rese conto che non provenisse dalla stessa voce petulante che, di continuo, lo distruggeva lentamente, bensì al principe elettore che, spingendosi un po’ in avanti, aveva fatto capolino con la testa oltre la sua spalla sinistra, posando le mani sulle toghe della panchina in legno cui si trovava. «Per nessun motivo in particolare», disse il demone, osservando un piccolo biscotto dalla forma allungata e precisa, senza voltarsi. Sapeva perfettamente che quando era William a cercarlo, qualcosa di strano si stava muovendo nei bassifondi degl’Inferi o nell’alto dei cielo; così non volle in nessun modo interferire fino al momento in cui il suo intervento sarebbe stato necessario. «Tu, piuttosto, perché sei qui?» Domandò di rimando, osservandolo solo quando questo fece il giro della panca, sedendosi accanto a lui con aria afflitta.
«Ho deciso di prendermi una pausa», rispose prontamente il biondo, facendo sorridere appena l’albino che, dal canto suo, sapeva riconoscere quelle bugie lontane un miglio.
«E io che pensavo te la stessi svignando dagli allenamenti pomeridiani», disse, vagamente divertito, nonostante la sua espressione continuasse ad apparire incolore e forse ingenua. Desiderava spiazzarlo con quel tarlo, facendo in modo che fosse William a prendere in fallo la propria menzogna con un’esclamazione; allorché, udendola, si sentì quasi vittorioso. «Ho indovinato…» cantilenò appena, porgendogli poi il biscotto che aveva osservato fino a quel momento.
William batté appena le palpebre, non comprendendo il motivo di quel gesto, ma dopo qualche attimo d’esitazione accettò di buon grado l’offerta e gli regalò un debole sorriso, mormorando un grazie. «A ogni modo non ho bisogno di fare certi allenamenti», si giustificò osservando il dolcetto per poi portarselo alle labbra, seguito da Sitri che fece altrettanto subito dopo con un nuovo biscotto preso dalla scatola blu.
«Dantalion si mette ancora tanto in mostra?»
Aveva colto nel segno ancora una volta, sorprendentemente, e William si chiese come facesse a comprenderlo così a una prima occhiata – ammesso e non concesso che nel frattempo gliene avesse lanciata una; probabilmente si trattava di un ragazzo molto empatico o un buon osservatore: non aveva dubbi su questo, sebbene stentasse ancora a definire cosa fosse, rifiutandosi di credere nella favoletta degli angeli e dei demoni. «Già, inizia a diventare quasi fastidioso», ammise con uno sbuffo, sentendo ridacchiare appena l’altro, prima di lanciargli un’occhiata curiosa. «Cosa c’è di divertente?»
«Hai sbagliato,» disse poco dopo, con aria saputa, mentre addentava un nuovo biscotto «Dantalion è fastidioso.»
William sospirò, alzandosi poi dalla panchina e osservandolo un poco si chiese se quei due sarebbero mai andati d’accordo: erano così diversi, in lotta tra loro per la sua totale attenzione; entrambi desideravano farsi eleggere come regnanti in assenza del fantomatico imperatore degl’Inferi e a lui quella situazione stancava un po’, a essere sinceri. In quel momento, però, Sitri non aveva detto nulla in merito, perciò ogni riferimento sarebbe stato quantomeno fuori luogo da parte sua, perché sarebbe stato a significare che fosse il primo a pensare a quell’assurdità – cosa che non poteva essere, dopo tutto, perché lui era un vero e proprio fan dell’epoca moderna, non di credi religiosi vari e storie per bambini timorati di Dio. «Lo siete entrambi», sbottò poi, dandogli le spalle poco dopo, non di certo con cattiveria; ma questo bastò a far scattare in piedi l’albino che, sgranando gli occhi, si chiese se avesse detto qualcosa a sproposito.
Il tappo di metallo della scatola cadde in terra, rotolando lontano e facendo voltare il biondo con aria corrucciata. «Che succede?»
In quel momento, Sitri sorrise appena, risollevandosi del fatto che l’espressione dell’altro fosse tutto fuorché realmente infastidita; allora comprese che questo si stesse riferendo al fatto in sé per sé: la loro presenza, la lotta spasmodica per l’anima di Salomone e per il trono infernale. «Nulla», disse, tranquillizzandosi, mentre si chinava a raccogliere il tappo che era rotolato qualche passo più in avanti, così lo raggiunse, prendendolo sottobraccio e sorridendo con fare affabile aggiunse: «Dove vai adesso?»
«A studiare», rispose seccamente il biondo, distogliendo lo sguardo un po’ imbarazzato da quelle continue manifestazioni d’affetto che gli venivano propinate di continuo, per lo meno da lui, seppur Dantalion avesse un modo tutto suo di marcare il territorio. È mio, diceva, semplicemente, come se fosse realmente così e lui non avesse potere decisionale sulla sua stessa vita.
«Posso farti compagnia?» Domandò Sitri, intento a chiudere la scatola di biscotti che sorresse con la mano libera poco dopo, guardando l’altro con fare quasi dolce: era impossibile negargli una cosa del genere quando il visconte mostrava il suo sguardo più tenero e infantile, William lo sapeva bene e stentò a voltarsi proprio per quello, cedendo solo dopo qualche istante.
«Va bene, ma non voglio sentir volare una mosca.»

 
Le bambole non parlano.
Le bambole non ribattono.
Le bambole non si lamentano.
 
Credo di non essere una bambola.
   
 
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