Libri > Il meraviglioso mago di Oz
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Autore: Light Clary    14/09/2013    1 recensioni
Dorothy ritorna a Oz. Un nuovo nemico minaccia la meravigliosa città di smeraldo e toccherà a lei sconfiggere la nuova minaccia, in compagnia di nuovi amici e un compagno speciale.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Altro personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo 1.
Erano passati due mesi, da quando la piccola Dorothy Gale aveva fatto il suo secondo viaggio nel regno di Oz, e da allora, non aveva più rivisto, né la sua amica Ozma né le altre creature fantastiche che popolano il meraviglioso regno. Un po’ le mancavano quei posti bellissimi, ma sapeva, che quando lo avrebbe desiderato con tutta se stessa, sarebbe tornata e li avrebbe rivisti. Quella mattina di ottobre, aveva infilato, la sua divisa scolastica e stava salendo sul cocchio della Zia Emma, che l’avrebbe portata a scuola. Toto, abbaiò tristemente vedendo la padroncina allontanarsi, ma lei gli promise che sarebbe tornata il prima possibile e avrebbe giocato con lui tutto il giorno.
I cavalli oltrepassarono tutto il paese e si fermarono di fronte all’edificio di mattoni rossi, che si ergeva accanto alla farmacia.
“Ti verrò a prendere alle due, d’accordo?” disse la zia Emma porgendo alla nipote dei quaderni e dei libri.
“Va benissimo” concordò la ragazzina scendendo dalla carrozza. Salutò la zia e si avviò all’entrata. Giunse in classe e si sedette al banco di fronte la lavagna. Quando il professore entrò, lei e i suoi compagni si alzarono e dissero in coro: “Buongiorno Signor Gollaher”
“Buongiorno a voi ragazzi. Prego sedete”
Ognuno prese posto e aprì il quaderno sotto gli occhi dell’insegnante, che chiusa la porta, passò attraverso i banchi con il bastone, ben stretto in pugno. Si fermò al tavolo di Elisabeth Marge e si chinò, sul suo quaderno.
“dov’è il suo compito, signorina?” domandò con voce calma.
“eccolo signore” rispose Elisabeth voltando pagina e mostrandone una scritta. Il signor Gollaher ci diede una rapida occhiata e tornò a domandare:
“Mi sa dire, qual è l’errore?”
La bambina guardò il testo per qualche secondo e poi scosse, spaventata la testa.
“Va bene, allora glielo dico io” riprese il professore. E immediatamente, la sua distensione svanì, lasciando il posto a una crisi di rabbia. Afferrò il quaderno della scolaresca e si mise a strappare le pagine, una dopo l’altra, per farne mille coriandoli e lanciarli in aria: “DOVEVANO ESSERE DUE PAGINE E LEI NE HA FATTE DUE E MEZZO!” sbraitò nell’orecchio di Elisabeth, che rabbrividì.
“oh, mi … dispiace molto. Non si ripeterà, lo giuro” chinò la testa lei balbettando.
“sono sicuro che non si ripeterà” ghignò l’insegnante. Afferrò il braccio della ragazzina e la costrinse a camminare accanto alla finestra, la scaraventò contro e la fece cadere a terra. Le chiese la mano e lei, con le lacrime agli occhi gliela tese. Lui, alzò il bastone e lo sbatté, così forte quasi spezzandolo, tre volte sul palmo della piccola che prese a singhiozzare, ma molto silenziosamente.
“Punizione, fino alla fine delle lezioni!” disse il signor Gollaher, tornando a girare tra i banchi mentre la mano di Elisabeth, sanguinava a perdita d’occhio.
Dorothy, non osò protestare. Rimase ferma, con la testa dritta e la pancia in dentro. Avrebbe tanto voluto urlare a quel mostro: “come può farle questo per così poco? Lei è davvero un creatura orribile!” non sopportava di vedere soffrire delle persone, dopo averne aiutate così tante, poi.
Quando fu il suo turno, mostrò le pagine soprascritte.
“molto bene signorina Gale!” disse il signor Gollaher “sarebbe così gentile da leggere la sua storia al resto della classe?”
La ragazzina deglutì, ma non replicò all’ordine. Lo eseguì, alzandosi, andando di fronte la lavagna e alzandolo all’esatta distanza dagli occhi. Si schiarì la voce, tossicchiando e prese a parlare.
“Nel mio racconto creativo, ho voluto immaginare, di fare un viaggio, in un mondo al quanto sconosciuto agli esseri umani. L’ho voluto intitolare Oz! In questo regno, tutti gli animali, parlano, esistono creature minuscole e magiche, un lungo sentiero dorato, uno sconfinato campo di papaveri, alberi sui quali crescono delle merende, una città fatta solo di smeraldi e un mago dalla potenzialità assoluta, che ho deciso, alla fine del racconto, di far partire con una mongolfiera e di lasciare il posto di re di Oz, a uno spaventapasseri parlante, con il grande cervello raziocinante. Ma ho rappresentato anche luoghi, tetri e spaventosi: il deserto della morte, ovvero, una vasta di sabbia, che se si tocca, si prende le sue sembianze e diventa cenere, oppure la foresta dell’Ovest, dove miriadi di fantasmi e altri mostri, circolano in cerca di qualcosa da mangiucchiare. Qualsiasi cosa” non sentì più i lamenti di Elisabeth, si voltò nella sua direzione e la vide, rannicchiata, con il viso rigato, ma un’espressione poco triste. Prese un bel respiro e andò avanti, convinta di aver attirato molte attenzioni “durante il periodo della guerra, un re, dall’animo crudele, detto da tutti, re degli gnomi, si impossessò delle potenti pantofole di rubino, e le usò per trasformare, tutti gli abitanti di Oz, in pura pietra, imprigionare, la futura erede al trono, Ozma, trasformare, lo spaventapasseri in un oggetto che tenne rinchiuso nel suo castello e dare il potere alla principessa Momby. Una donna malefica che rubò le teste a tutte le più belle donne della città di smeraldo che usava per scambiarle con la sua originale! Ma, dei cittadini, sfuggiti all’incantesimo della pietrificazione, si unirono per combattere il re degli gnomi e salvare lo spaventapasseri. Si trattava, di un robot, di nome tic toc, di una zucca di nome Jack, di una gallina di nome Brillina e di una renna chiamata Gump. Unendo le loro, forze, riuscirono a salvare Ozma e lo spaventapasseri, a sconfiggere, Momby e il re e a riportare la pace nel regno. Dopo la festa della vittoria, Ozma, venne incoronata, regina e ancora oggi, governa con lo spaventapasseri. Fine!” Dorothy abbassò il quaderno e guardò i compagni silenti. Il professore aveva il mento poggiato sulla mano.
“mmh” commentava “molto interessante … ma ci avete messo troppa immaginazione signorina Gale”
La ragazza deglutì parecchie volte ascoltandolo “non si preoccupi, non l’aspetta una punizione. Ma voglio, un nuovo racconto, più moderno, copiato, cinque volte sullo stesso foglio. In modo da finirlo. E deve essere di ottanta parole”
Dorothy sussultò, era un’impresa veramente difficile, da compiere.
“ora torni al suo posto. Matematica!” strillò il signor Gollaher.
I ragazzi, presero delle lavagnette e iniziarono a scrivere, ciò che l’insegnante spiegava.
Elisabeth, tornò a piangere, premendosi una mano sulle labbra.
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Mentre, Dorothy, si avviava, al cocchio, da zia Emma, sentì la compagna, ancora in lacrime, dire, abbracciata a un’amica: “Non ci posso credere che non sia andato bene … “ tirò su col naso “ieri sera io e la mia mamma, ci siamo ammazzate per farlo e alla fine, lei, abbracciandomi mi aveva rassicurato che sarei stata bravissima” riprese a piangere bagnando la spalla dell’altra, che le accarezzava i capelli.
“su, su, non fare così” le diceva armoniosamente.
Toto, alla vista della padroncina, che rientrava in camera, le mise le zampe sulle calze e prese a fare tante feste.
“ciao bello!” disse Dorothy prendendolo in braccio e facendolo ruotare “sono felice di vederti. Ma oggi non possiamo giocare. Devo fare i compiti!” lo rimise in mezzo ai cuscini, nella cesta e prese posto alla scrivania. Immerse la penna ad oca nel calamaio e iniziò a scrivere su un foglio. Pensò e ripensò, pensò e ripensò, finché non le venne un’idea: raccontare una storia inventata. Chissà, magari poteva scrivere, di essere stata aggredita da un serpente oppure, di aver, per sbaglio pestato delle uova di gallina e di essersi beccata tanti morsi da queste. Alla fine, decise. Narrò, un dì, lontano, in cui prese di nascosto la bici, di uno dei tre lavoratori di casa sua, Hickory (*) e la usò per spingersi lontano, sulla collina e che, per sbaglio, cadde e finì in un fiume. Sarebbe andato perfetto, per non beccarsi una sgridata e una picchiata dal signor Gollaher. Iniziò alle quattro e terminò alle sei e mezza. Aveva la fronte sudata e decise di concedersi, una mezza pausa. Lanciò più volte la pallina al suo cane che gliela riportava scodinzolando, si pettinò i capelli per rifarsi le trecce, si infilò la camicia da notte e guardò fuori dalla finestra, la luna che si alzava. Non si aspettò, che dieci minuti dopo aver ripreso il lavoro, lo ebbe terminato. Arrotolò il foglio a pergamena e lo infilò in un cassetto per ricordarselo la mattina seguente. Era stanca morta. Mangiò un po’ di zuppa di carote, per cena, diede la buonanotte allo zio Henry e a zia Emma e si chiuse nella stanza per poi crollare con la testa sul cuscino. Era impressionata da come il suo racconto su Oz, avesse colpito tutti. “wow” pensò “mi è venuta l’idea di scrivere un libro da grande” chiuse gli occhi con Toto che le leccava la mano e sognò, di viaggiare ancora una volta nella città di smeraldo.
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Che ora era? Mezzanotte? O prima? L’orologio della chiesa era in paese e quindi non si udivano i rintocchi in quella casa, nello sconfinato Kansas.
Eppure Dorothy, venne svegliata da uno strano presagio. Toto, non era più accanto a lei. Con le zampine sul vetro della finestra a guaiva lentamente.
“Toto, cosa ti succede?” domandò, stropicciandosi gli occhi e poggiando i piedi nudi, sul freddo pavimento. Gli si avvicinò e lo prese in braccio. Lui si agitò, indicando con il naso, l’esterno della camera, così anche la padroncina si decise a guardare e rimase impietrita davanti a tutte le mucche che si allontanavano dalla fattoria “Ci devono essere stati i ladri” bisbigliò, pensando che il cane la capisse. Un brivido le percorse la schiena e il cuore prese a martellarle forte in petto.
“sarà … meglio andare a vedere” strinse di più Toto, tanto da farlo mugolare di dolore.
Piano, piano, si infilò le ciabatte e la vestaglia rosa e molto lentamente, abbassò la maniglia dell’asse bianca e la tirò a sé. Scese i gradini di legno, facendo molta attenzione a non farle scricchiolare e giunse alla fine. In punta di piedi, sempre, tenendo il cagnolino, stretto in braccio, si avviò verso la cucina. Poteva benissimo sentire il respiro pesante degli zii, provenire dalla stanza sotto le scale. Pregò che fossero nel mondo dei sogni, mentre estraeva dalla credenza un coltello e un mattarello. Non voleva che si mettessero in pericolo. Mise Toto sul tappeto e gli fece cenno di tacere, mettendosi un dito sulla bocca. Lentamente, alzò la finestra, sopra il secchio dei panni da lavare e la scavalcò, per capitombolare, nel fienile. I cavalli ai due lati, nitrivano, senza fretta, non appena la videro arrivare. Lei poggiò le “armi” a terra e prese il cagnolino, dall’interno della casa, che piangeva, alla vista della sua scomparsa. Quando i due, furono usciti dall’alloggio dei cavalli, videro, che la luna, rifletteva un’ombra, che proveniva da dietro il porcile. La ragazzina si mise a quattro zampe ,come il suo animale, e insieme a lui, gattonò, fino a raggiungere il carro del fieno ancora da trasportare in paese. Si nascose dietro le ruote per godersi una perfetta visuale. Mise una mano sulle orecchie di Toto, per farlo restare calmo e non ringhiare, alla vista, di una sagoma alta, coperta dalla mezza oscurità che teneva in mano, qualcosa di simile a una gallina strozzata. La buttò dentro una cassa aperta e si guardò intorno. Dorothy, trattenne il fiato e il movimento. Neanche sbatté le palpebre. Almeno fin quando il ladro, non avesse cambiato direzione, diretto all’aia. Decise di alzarsi, di tenere il cane sotto il braccio e di cogliere lo straniero di sorpresa, per metterlo al tappeto con il mattarello e puntargli contro il coltello finché non avesse chiamato al centralino notturno, per mettersi in comunicazione con il distretto di polizia. Si mise su due piedi e sgattaiolò, nella direzione del furfante. Si appiattò accanto alla fontanella e attese di sentire dei passi avvicinarsi. Attese. Attese. Attese. Sentiva freddo. Voleva solo tornare nel suo letto e dormire tranquillamente, senza altre interruzioni. Toto, cominciava a sentire male alla pancia, visto tutto il tempo in cui la padroncina lo aveva tenuto in braccio, così, si mise a muovere le zampe per aria, in cerca di aiuto, ma lei non cedette a lasciarlo andare. Poi però, pensò, se il ladro fosse sbucato da dietro, avrebbe potuto prendere il povero cane in ostaggio e colpire forte la bambina. Così, decise di metterlo a terra, ma prima di farlo gli sussurrò in un orecchio teso:
“non fare rumore, ti prego” lui come se avesse capito, mosse la testa.
Ma quando le sue zampe toccarono il terreno, corse via, nella direzione illuminata da quella che pareva essere una lanterna
“Toto No!” cercò di urlare Dorothy, ma sentì il cane abbaiare e una voce borbottare qualcosa di insensato. Sicuramente era stato preso. La bambina, strascicò per terra, sedendosi e abbracciandosi le gambe con gli occhi lucidi. Cosa poteva fare? Doveva salvarlo o sarebbe stato ucciso. E ricordava una cosa molto importante: “Non bisogna mai abbandonare una persona a cui tieni molto” era il motto della città di smeraldo e lei lo aveva messo in atto più volte. Era giunto il momento di rifarlo. Si mise in piedi, le armi bene in pugno e corse verso il cortile, sperando che il ladro non avesse una pistola con sé. Prima di sbucare allo scoperto e urlare: “Fermo dove sei!”, chiuse gli occhi. Dopo più secondi, gli riaprì lentamente. Aveva le braccia tese e la testa inclinata il più possibilmente. Vide Toto seduto dinanzi che la guardava interrogativo. La testa tesa come la sua.
“Oh, come stai?” gli chiese gettando a terra le armi e correndo a prenderlo in braccio “ero così in pena per … ”
Ma, presa dallo spavento, quando una mano si premette sulla sua bocca e l’altra intorno alla sua vita, lasciò andare il cane che finì per terra con un tonfo, guaendo. Cercò di dimenarsi, graffiando le mani attaccanti, ma non ottenne nuovi movimenti. Solo una nuova voce che le chiese, con sua grande e stupita sorpresa, dolcemente:
“Tu sei … Dorothy Gale? Rispondi” quest’ultima parola la disse con più rigidità, ma la ragazzina, anche se immobilizzata, riuscì a abbassare la testa “Non ti succederà niente” continuò la voce “Vengo da Oz!” la paura sul volto di Dorothy, si cancellò. Tornò tranquilla, come quando aveva finito i compiti. Emise un verso soffocato per chiedere spiegazioni “ora ti lascio” riprese l’ex ladro “ma prima mi devi portare in un luogo tranquillo dove possiamo parlare”
“mm … laio” riuscì a dire la ragazzina attraverso la mano.
“come?” capendo che doveva aver detto qualcosa, il proprietario della voce la lasciò andare. Lei si mise una mano sulla fronte mentre ripeteva: “il pollaio!”
“Ah! Il pollaio. Bella trovata Dorothy. Dove sta?”
“lì dietro. Andiamo!”
Prese in braccio Toto e camminò in avanti, seguita da quella figura misteriosa che non era ancora riuscita del tutto a distinguere. Entrò nel pollaio con il cuore che batteva. Doveva fidarsi di lui, diceva di essere di Oz, e lei ricordava, che oltre agli zii e ai tre lavoratori che gli aiutavano a mandare avanti la fattoria, non l’aveva raccontato a nessuno. E quella profonda voce maschile, non sembrava affatto appartenere a qualcuno di sua conoscenza. Si sedette in un nido vuoto e si mise ad accarezzare Toto. Le galline dormivano profondamente e i galli, si aggiravano da tutte le parti alla ricerca di qualcosa da mettere sotto il becco.
“Oh, aspetta qui” disse di nuovo la voce. Dorothy vide la figura allontanarsi e uscire dal pollaio. Dove stava andando? E se avesse voluto chiuderla dentro per andare a saccheggiare la casa? Ma cosa sapeva di Oz? Attese dieci minuti, restando muta, fino a che una luce, emerse dall’entrata. Era una lanterna e a reggerla, era un ragazzo. Man mano che si avvicinava, la ragazza notò che aveva un profilo meraviglioso. Aveva capelli di un castano noisette, occhi di un azzurro mare e un naso che sembrava dipinto. Indossava una camicia nero notte, come i pantaloni e le scarpe bianche come la neve.
“oh!” fu il suo unico commento, mentre il ragazzo sistemava la fioca luce fra lui e lei e sedendosi di fronte.
“l’avevo dimenticata nel porcile. Eh, eh!” rise lui.
“scusa se te lo chiedo. Ma … vorrei sapere chi sei, e come sai del regno di Oz!”
“oh, è molto semplice mia cara “ rispose il ragazzo con voce timida “io mi chiamo Christopher e sono un inviato speciale della regina Ozma e del re Spaventapasseri”
“non ho mai raccontato a nessuno di Ozma … sì devo crederti. Sei di Oz. Racconta, cosa ti ha condotto qui?”
“la regina è gravemente ammalata”
“cosa? Perché? Cosa le è successo?”
“nessuno lo sa. Tutti i dottori hanno provato a curarla, tutte le fate, hanno tentato di toglierle il dolore con la magia, ogni cittadino della città di smeraldo hanno dato la loro parte per aiutarla, ma con scarsi risultati. Allora sospettiamo che dietro la sua malattia, ci sia qualche maleficio”
“da parte di chi?”
“ancora non si sa. Ma è per questo che sono qui. Mi hanno inviato a prenderti per tornare a Oz! Te la senti?”
“se me la sento? Ozma è la mia migliore amica! Non la posso abbandonare proprio quando ha bisogno di me. Andiamo anche subito se possibile!”
“allora vai subito a vestirti!”
“va bene … oh, aspetta, come facciamo con i miei zii? Se domattina non mi trovano, si preoccuperanno molto!”
“a quello ci penso io. Spargerò nella loro stanza, una polvere magica che gli faccia dormire fino al tuo ritorno!”
“oh, perfetto. Allora, aspettami in soggiorno. Ci metterò un attimo a cambiarmi!” detto questo la ragazzina, corse fuori dal pollaio, ma prima di sparire, dalla finestra del fienile, fece un’altra domanda “come mai hai fatto scappare le mucche?”
“cosa? Oh, quelle! Non ti preoccupare, non erano tue. Per sbaglio, prima di apparire qui, sono capitombolato in una fattoria della Cornovaglia e i bovini mi sono venuti addosso!”
“Oh! E la gallina morta?”
“quale gallina morta?”
“ti ho visto con una gallina morta in mano”
“ma cosa … oh … ah, ah! No. Non era una gallina era una mela che ho fatto cadere da un albero non appena sono arrivato!”
“ok. Allora, vieni!” scavalcò nuovamente la finestra e corse in camera sua, mentre Christopher, andava in quella di Zio Henry e Zia Emma, e si riempiva il palmo della mano, con una strana polverina verde. Ci soffiò sopra e tutta la camera si cosparse di questa. Richiuse in fretta la porta a chiave, mentre sentiva i due che russavano più forte.
“buonanotte” disse loro, da dietro la porta sorridendo divertito. Si sedette su una poltrona e poco dopo, vide Dorothy scendere le scale con il suo solito vestito rosa, le calze bianche e le scarpette nere.
“sono pronta” disse lei prendendo in braccio Toto per l’ennesima volta.
“bene. Dammi le mani allora” replicò lui tendendo le mani. Lei, un po’ imbarazzata, le afferrò, mettendo il cane a terra che restò fermo “ chiudi gli occhi” ordinò il messaggero di Ozma. Lei obbedì ed eseguì il terzo comando: “spera di andare dove vuoi”
La ragazzina si concentrò e si disse più volte:
“Città di smeraldo. Città di smeraldo. Città di smeraldo”
Non sentì più la terra sotto i piedi, ma un’ondata di vento le scompigliò le trecce facendole alzare. Non si mosse e non urlò. Rimase concentrata e quando tutto si fermò e riaprì gli occhi, si ritrovò davanti, un letto a baldacchino, largo e con delle tende rosa. Sotto le coperte era rannicchiata una ragazza bionda, con occhi celesti, e un viso pallido, come un cadavere.
“O … O …. OZMA!” balbettò Dorothy, staccandosi dalle mani di Christopher e correndo a sedersi su una sedia accanto al suo cuscino.
“Doro-thy!” disse la regina di Oz, con il naso tappato, cercando di allungare una mano per stringere quella dell’amica.
“non ti sforzare troppo mamma!” disse una voce alle spalle di Dorothy. Si voltò e vide un suo caro amico. Jack testa di zucca, che una volta la chiamava sempre mamma, fin quando non aveva incontrato la sua vera: Ozma!
“Jack!” disse la ragazzina illuminando i suoi occhi. Poi notò che alle spalle della zucca, c’erano tutti i suoi amici: Tic Toc, più lucido che mai (**) Gump, lo spaventapasseri, Brillina, l’uomo di latta e il leone codardo. Corse ad abbracciarli uno per uno e venne ricambiata con molto affetto.
“bentornata Dorothy” fece le fusa il leone.
“ci sei mancata molto coccodè” disse Brillina.
“anche voi mi siete mancati” si commosse la bambina. Poi si voltò verso la regina di Oz e le si avvicinò “come sta?” chiese.
“non molto bene” rispose Tic Toc, avvicinandosi “ha la febbre alta e fa molta fatica a respirare. Ha attacchi d’asma e vomita spesso la notte”
“all’inizio abbiamo pensato si trattasse solo di una semplice influenza” disse l’uomo di latta.
“ma poi abbiamo capito che era altro. Visto che è da un mese che ce l’ha!” finì per lui lo spaventapasseri.
“un mese?” esclamò Dorothy.
“sì. E ormai pensiamo, che sia opera di un incantesimo” abbassò lo sguardo Jack.
“oh. Ozma!” si intristì la ragazzina con le treccine.
“mi … sento … g-ià meglio ora … che … sei … qui” balbettò lei prima di starnutire e tossire contemporaneamente.
“ora che sei qui Dorothy” disse Gump “possiamo organizzare il consiglio di Oz. Domani”
“il consiglio di Oz?” domandò lei.
“si. Così decideremo cosa fare per aiutare Ozma” spiegò lo spaventapasseri “adesso è meglio che andiamo a dormire”
“faccio io il primo turno” si offrì Christopher.
Dorothy, guardò con occhi lucidi Ozma, e prima di seguire i suoi amici fuori dalla stanza le diede un bacio sulla guancia.
La regina di Oz, fece un lieve sorriso sul viso rosso per lo sforzo e si girò su un fianco mostrando di più i capelli bagnati di sudore.
“fai attenzione!” si raccomandò il re di Oz al ragazzo venuto a chiamare Dorothy prima di sparire con lei e gli altri, dietro la porta della camera. La bambina prese Toto, fra le sue braccia e salì una grossa rampa di scale, con lo sguardo teso.
“non ti preoccupare” la rassicurò Jack mettendole una mano sulla spalla “troveremo un modo per guarirla”
Dorothy lo abbracciò dolcemente. Quando lo aveva conosciuto, non avrebbe mai immaginato che quella testa di zucca, sarebbe diventato un amico speciale su cui contare ogni volta.
Alla fine della scalinata, oltrepassò un bivio seguendo il suo amico robot e diede la buonanotte a tutti gli altri, che cambiarono direzione. Dopo aver seguito un ultimo corridoio pieno di finestre che davano sull’immenso cortile notturno, e un grosso ritratto dei campi di papaveri che avevano fatto addormentare la bambina e i suoi compagni, durante il primo viaggio alla città di smeraldo, i due giunsero a una porta rivestita in oro con un pomello di argento che sembrava una pallina scura.
“sapendo del tuo arrivo, ti abbiamo preparato una stanza” disse Tic Toc.
“non dovevate disturbarvi!” sorrise lei.
“noi non ci disturbiamo affatto. Eravamo così ansiosi di rivederti”
“oh, anche io” poggiò per terra il cane e abbracciò il robot “sono così felice di essere di nuovo qui! Con voi!” una lacrima di commozione le scese sulla guancia e andò a conficcarsi in una rotella dell’amico meccanico che se ne accorse, sentendo un dolorino alla gamba.
“su, non piangere. L’importante è che tu ora sia qui e noi ti vogliamo bene”
“anche io. Tanto. Tanto. Tanto! “ si staccò dall’abbraccio e riprese in braccio Toto “buonanotte Tic Toc!”
“buonanotte mia cara!”
Quando Dorothy, girò il pomello, vide davanti ai suoi occhi, una stanza ampia, occupata da un letto con le tende di velluto rosso, una moquette dello stesso colore, una finestra chiusa, una bacinella piena d’acqua poggiata su una poltrona gialla, un armadio, una candela accesa su un comodino e un cestino pieno di cuscini accanto al materasso rialzato. Toto corse a infilarsi dentro e a sistemarsi con la testa sul cuscino più comodo che trovò. Fece ridere la padroncina che, chiusa la porta, andò a prendere la candela e a spostarla di fronte l’armadio. La poggiò per terra e lo aprì. Rimase incantata davanti a tanti vestiti che sembravano adatti a lei. Scelse una vestaglia bianca che si infilò, davanti allo specchio. Ripiegò i vecchi indumenti e camminò ancora un po’ per la stanza, per conoscerla meglio, prima di infilarsi sotto il morbido piumone che sembrava esser stato fatto con lana di pecora tosata. Quando poggiò la nuca sul capezzale, decise di non restare con la luce accesa un solo secondo di più. Soffiò sulla fiammella e disse:
“sogni d’oro Toto” ed ebbe in risposta un guaito affettuoso. Chiuse gli occhi, ma prima di sognare, pensò.
Chissà quale straordinaria missione l’avrebbe attesa stavolta. Sarebbe stata rischiosa? Perché più di una volta aveva rischiato di perdere la vita a Oz e i pericoli diventavano sempre più grossi. Ma giurò a se stessa, che per Ozma e tutto il regno che amava da sempre, avrebbe tentato l’impossibile. Dormì rasserenata da questo pensiero, sognando di riuscire a riportare la pace ancora una volta
Twilight2006:(*)Per chi non lo sapesse, Hickory, nel mago di Oz, con Judy Garland (anche se qui si parla dei personaggi di “Nel meraviglioso mondo di Oz”) è uno dei tre lavoratori che compaiono all’inizio del film e alla fine, si scoprono essere gli stessi attori dello spaventapasseri, l’uomo di latta e il leone. Non vengono mai menzionati in “Nel meraviglioso mondo di Oz” ma sono pur sempre personaggi del libro! ;)
(**) ricordate? Alla fine di: “Nel meraviglioso mondo di Oz”, durante la festa in cui Dorothy torna a casa, si vede Tic Toc che è stato lucidato tanto da specchiarsi. ;)
continuate a seguirmi! ;) ;) ;)
  
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