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Autore: Emma Bennet    14/09/2013    3 recensioni
"Ma una costante che non l'aveva mai lasciata era stato lo sguardo di Lorenzo, che la fissava, che non l'aveva abbandonata neanche per un secondo. Quello sguardo famelico, brillo, ardente, che sembrava seguirla come un'ombra, ovunque lei andasse. Quello sguardo a cui, nonostante i diversi tentativi, non era riuscita a smettere di pensare.
[...] «Mi manchi»
Era stato un mormorio, che aveva rischiato di essere coperto dalla musica assordante, dalle urla della gente.
Dal battito del suo cuore."
Quando tutte le parole non servono più, quando non restano altro che i frammenti di una storia finita, quando non si riesce a trovare la forza per andare avanti. Quando l'amore non basta.
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
- Questa storia fa parte della serie 'Tutti i brividi del mondo'
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Quel che resta di Noi.



 


«Vuoi che ti riaccompagni?»
«No! No... Non riaccompagnarmi subito»
«Vuoi stare un po' con me?»
«Sì...»
«Dove vogliamo andare?»
«Lo sai. Lo sai dove»
La ragazza sorrise timidamente, in un modo che non era da lei, riavviandosi i capelli lunghi fino a sotto il seno, tutti pari, di cui tanto andava fiera.
«Gin... Sei sicura?» lui la osservava preoccupato.
«Sì, ti ho detto di sì» rispose lei, frettolosamente, tornando ad sistemarsi il vestitino di pizzo nero comprato da Zara e i risvolti della giacca, troppo leggera per il freddo di Novembre.




Solo qualche ora prima, aveva indossato quei capi pensando a lui, a lui a cui non avrebbe più dovuto pensare, perché se un ex è un ex sarà per qualche motivo, no?
Ma è risaputo che tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare, e dopotutto, Ginevra Lobianco non rappresentava un'eccezione a quest'antica perla di saggezza. 
Lorenzo Ferrara l'aveva lasciata qualche mese prima, dopo due anni - due anni intensi, pieni, felici, erano stati due anni, cazzo! - di relazione, per ragioni che Ginevra a volte si  ritrovava a condividere del tutto, mentre altre, le riteneva solamente delle stupide scuse. 
Non che le importasse, ovviamente. Aveva smesso di importarsene, com'era giusto che fosse, solo che... Solo che, infondo, ci teneva a fargli vedere quello a cui aveva rinunciato.
Hai dimenticato che piaccio a te come piaccio agli altri, che ogni volta che tu mi trascuri c'è qualcuno pronto a consolarmi. 
Era solo puro desiderio di rivalsa, niente di più, niente di meno.
Frequentavano gli stessi posti e avevano gli stessi amici, lei e Lorenzo, per questo anche dopo la fine della loro storia avevano continuato a vedersi piuttosto spesso, volenti o nolenti. Una situazione piuttosto strana, che le sue amiche non mancavano di farle notare. «Come fai a sopportare una cosa del genere? Io non ce la farei mai, io non potrei mai, io...»
Io, io, io... Ma a come dovesse sentirsi lei nessuno ci pensava. Ogni volta, Ginevra si piazzava sulle labbra un sorriso di circostanza, limitandosi ad annuire o a stringersi nelle spalle, cercando di non pensare al fatto che no, neanche a lei faceva piacere ritrovarselo sempre sotto gli occhi o sentir sempre parlare di lui, come se l'intero universo si prendesse gioco di lei, e del suo proposito di andare avanti, ma cosa poteva farci?
E anche quella sera, Lorenzo sarebbe uscito con loro, ma per una volta non si trattava di uno dei soliti, tristi sabati sera passati a mangiare schifezze in qualche pub: sarebbero andati a ballare in un locale aperto da poco, fuori Napoli, dove un loro amico si era improvvisato PR. 
Era la sua occasione per distrarsi, per staccare la spina e divertirsi, abbandonando almeno per qualche ora la maschera della brava ragazza. Ginevra sorrise all'immagine che le rifletteva lo specchio, l'immagine di una diciottenne sorridente, dallo sguardo spensierato e luminoso.
Sì, almeno per quella sera si sarebbe divertita.




«Ehi, belli! Entrate, entrate... Divertitevi, eh! Il vostro tavolo è quello sulla destra... Riccio, sì, tavolo Riccio»
Avevano saltato la fila all'ingresso, superando ragazzi in camicie dai colori fluorescenti e ragazze stipate in abitini striminziti, con tacchi troppo alti su cui non sapevano visibilmente camminare, per arrivare al privè, dove era situato il loro tavolo. Una bottiglia di prosecco - quello dolce, che a Ginevra piaceva tanto - li aspettava, giusto per iniziare in maniera positiva la serata.
I ragazzi avevano brindato, allegri, canticchiando le note dell'ultimo successo di Rihanna, mentre il vocalist della serata li invitava a ballare. Ginevra aveva notato lo sguardo di Lorenzo su di sè quando si era tolta la giacca, ma aveva scosso la testa, decisa a ignorarlo, e presa per mano la sua amica Stella, l'aveva trascinata in pista, in mezzo al caos delle altre persone che si strusciavano una addosso all'altra, lontano dai loro amici, lontano da un paio di occhi verdi. 
Avevano urlato eccitate all'arrivo di un ballerino vestito solo di un boxer di pelle che si dimenava su un cubo, avevano cantato a squarciagola, avevano brindato ancora. Ginevra aveva mandato giù un drink a base di vodka e lemon fatto alla cazzo di cane, altri due bicchieri di prosecco, e uno di vodka liscia - e dire che la vodka manco le piaceva, sapeva di medicinale, di sciroppo per la tosse, com'era solita dire - e aveva continuato a ballare, mischiandosi alla folla che la circondava.
Ma una costante che non l'aveva mai lasciata era stato lo sguardo di Lorenzo, che la fissava, che non l'aveva abbandonata neanche per un secondo. Quello sguardo famelico, brillo, ardente, che sembrava seguirla come un'ombra, ovunque lei andasse. Quello sguardo a cui, nonostante i diversi tentativi, non era riuscita a smettere di pensare.
«Ohi, Gin...»
Ed eccolo lì, Lorenzo, con la sua camicia nera e il sorriso impertinente, che la tirava per lembo del vestito.
«Ci vieni fuori a fumare con me?»
Lei aveva annuito, la mente annebbiata dall'alcol, con in bocca ancora il sapore dell'ultimo drink che aveva ingollato, e lui l'aveva presa per mano, trascinandola oltre la massa di corpi sudati e psichedelici che si dimenavano al ritmo di un pezzo house che non faceva altro che ripetere sempre le stesse due parole per tutto il tempo.
L'aria fredda che si respirava fuori al locale servì a Ginevra per schiarie i pensieri.
«Ma che ore sono?» domandò, accettando la sigaretta che il ragazzo le offriva.
Lui si strinse nelle spalle. «Saranno le due e mezza, le tre...» rispose, vago, mentre si portava la Marlboro alle labbra. Sorrideva gioviale, visibilmente ubriaco.
«Allora...»
«Allora lo fai apposta a farti notare così? Vuoi che ti guardi?»
Gin si voltò di scatto, Lorenzo era lì che la guardava malizioso. Vicino, troppo vicino.
Ma no, che dici... Come ti viene in mente una cosa del genere?, fu la prima risposta che le venne in mente.
«E anche se fosse?» pronunciò, invece, con uno sguardo di sfida negli occhi.
«E anche se fosse, ci sei riuscita benissimo...»
«Ah, sì?»
La ragazza si stampò un sorriso vittorioso in faccia, che purtroppo, ebbe vita breve.
«Mi manchi»
Era stato un mormorio, che aveva rischiato di essere coperto dalla musica assordante, dalle urla della gente. Dal battito del suo cuore.
«Cosa? Cosa hai detto?»
Lui la stava osservando, un'espressione impenetrabile dipinta in volto.
«Sì, Gin... A volte mi manchi. No, non a volte. Spesso. Ti penso spesso...»
Neanche nei suoi sogni più nascosti, Ginevra si era aspettata questa dichiarazione da parte di Lorenzo, da sempre orgoglioso e poco propenso a parlare dei propri sentimenti.
Aprì la bocca per dire qualcosa, ma la verità è che non sapeva cosa dire, si era improvvisamente ritrovata a corto di parole. 
Ho perso le parole, eppure ce le avevo qua un attimo fa.
«È così, sai» continuava il ragazzo, intanto «Non te lo sto dicendo solo perché sono ubriaco. Cioè, te lo sto dicendo anche perchè sono ubriaco... Ma sai come si dice no? In vino veritas... In vodka figuriamocis!»
Ginevra era ammutolita.
Ho perso le parole, può darsi che abbia perso solo le mie bugie...
«Io... Io non so...» 
Lorenzo la zittì con un cenno. «Shh, non devi dire niente. Niente che tu non voglia. Lo so che è strano, Gin, ma... Io non ti ho lasciato per niente, tu lo sai questo. Lo sai che non ti ho lasciato solo per un capriccio, o per un'altra... Lo sai che c'eri solo tu. Che ci sei solo tu»
La testa aveva preso a girarle vorticosamente, e Ginevra non era sicura fosse solo colpa dell'alcol. Le lacrime le pizzicavano le palpebre, premendo per uscire, ma era decisa a trattenerle.
«E allora perché? Perché?»
Lui scosse la testa. «Lo sai perché... Litigavamo sempre, non stavamo più bene insieme, volevamo cose diverse...»
«E l'amore? Che fine ha fatto tutto l'amore, Lorenzo? Il nostro amore, che fine ha fatto?»
Il ragazzo la guardò tristemente. «L'amore non è tutto, Gin...»
Parole che avevano già ascoltato, parole che avevano già pronunciato.
Non servono parole, so che lo sai. Le mie parole non servon più.
«Io ti amo ancora...»
Un'unica lacrima le rigò la guancia. «Perché mi stai dicendo questo? Perché mi fai questo, Lorenzo?»
Perché, perché, perché?
«Perché è così, Gin. Io ti amo ancora. Solo che...»
«Solo che...?»
«Solo che...»
Lei sospirò. Non era la serata adatta ad ottenere risposte, quella, apparentemente.
Ho perso le parole, oppure sono loro che perdono me.
Lorenzo la attirò a sè, cingendole la vita con un braccio. Ginevra non oppose resistenza e si lasciò baciare, stanca delle maschere che si era costruita, stanca delle bugie che si era raccontata, stanca di dover sembrare chi non era.
Ho perso le parole,  vorrei che mi bastasse solo quello che ho.
«Ti amo anch'io...»




E così, si era ritrovata in macchina con lui, per l'ennesima volta, alla fine della serata.
Quante volte aveva vissuto una scena del genere? Quante volte si era seduta lì, su quel sedile del passeggero della Ypsilon blu di Lorenzo? Quante volte avevano litigato per la musica da ascoltare? 'E levalo, sto Guè del cazzo, un po' di musica normale no? Ma chi cazzo ti senti...'
Quella bruciatura di sigaretta ce l'aveva fatta lei, quella volta che avevano riso troppo, così tanto che le era caduta la Marlboro di mano. E avrebbe scommesso di trovare ancora nel vano portaoggetti quel vecchio cd degli Oasis, Definitely Maybe, che gli aveva regalato lei, 'Così qualche volta un po' di musica normale ce la sentiamo...', cd che lui le aveva permesso di ascoltare solo una volta, però.
Lorenzo guidava velocemente, come se non vedesse l'ora di arrivare alla meta, e una vena sul collo gli pulsava furiosamente.
Era nervoso? Possibile che fosse nervoso?
Il ragazzo, sentendosi osservato, si girò a guardarla, interrogativo. Ma lei scosse la testa, non c'era niente che valesse la pena di dire.
Le mie parole non servon più.
Rimasero in silenzio fino a quando arrivarono in quel posto dimesso, poco distante dalle loro case. Era un vicolo buio, popolato da un'unica villa in fondo alla strada, un posto perfetto per stare da soli. Un po' squallido, forse, non esattamente il massimo del romanticismo, ma andava bene per un po' di tranquillità, per un'ora d'amore rubata al trantran della vita quotidiana.
«Eccoci arrivati» mormorò lui, spezzando quell'atmosfera surreale che si era venuta a creare.
«Ma va', e io che pensavo che ci fossimo fermati perché si era rotta la macchina...» 
«Sempre molto simpatica, noto». Lorenzo la guardò male per due secondi, ma poi gli angoli della bocca gli si piegarono all'insù.
«Ma se stai ridendo!» 
«Sì, ma di te, non con te»
La ragazza aprì la bocca, ma non ne uscì niente. Non ci fu il tempo. Lorenzo la stava baciando, di nuovo. 
E fu come tornare a casa dopo un lungo viaggio. Proprio lei, che aveva sempre odiato queste descrizioni smielate nei libri, si ritrovò a pensarlo, automaticamente. Baciare Lorenzo era come rileggere il suo libro preferito, cantare a memoria una canzone, recitare una poesia di Baudelaire, era come tornare a casa. Perché Lorenzo era casa.
Rappresentava tutto ciò di sicuro e di conosciuto che c'era al mondo, rappresentava protezione, gioia, complicità e amore. Soprattutto amore.
E poi tutti i pensieri di Ginevra si azzerarono, perché non ci fu più tempo per pensare. 
C'era tempo solo per le mani di Lorenzo, calde e familiari, sul proprio corpo. C'era tempo solo per le sue labbra, che la baciavano ovunque potessero arrivare. C'era tempo solo per la pelle che scottava, per le maglie tolte frettolosamente, per i jeans arrotolati alle caviglie, per i respiri affannosi, per i brividi, per la brama di avere tutto, e subito. E poi, ci fu tempo solo per volare.




Il problema fu il dopo. Il problema è sempre il dopo, in questi casi.
Non perché ci fosse imbarazzo, perché non c'era più spazio per l'imbarazzo, fra di loro. Si conoscevano troppo bene, per imbarazzarsi ancora. Era la consapevolezza a fregarli. La consapevolezza che, dopotutto, non sarebbe cambiato niente.
Lorenzo la accompagnò a casa, in silenzio. Tra di loro era calata di nuovo quella strana cortina di ferro, neanche fossero gli Stati Uniti e l'URSS durante la Guerra Fredda.
 Arrivati giù al portone, fece per parlare, ma Ginevra lo zittì prima che potesse dire qualcosa.
«Non c'è bisogno che tu dica niente. So già quello vuoi dirmi. So già tutto. Non c'è bisogno che tu aggiunga qualcosa»
Lui annuì. «Voglio solo che tu sappia che ti amo. Davvero. Ma...» 
«Ma l'amore non è tutto» continuò la ragazza, ripetendo quello che lui aveva detto qualche ora prima. «Lo so, non preoccuparti»
Lorenzo abbassò lo sguardo, e lei non potè trattenersi.
«Ti amo anch'io...» mormorò, un secondo prima di scendere dalla macchina e allontanarsi, senza voltarsi neanche una volta.
Doveva smetterla, si disse. Doveva proprio smetterla. Era arrivata l'ora di lasciarsi questa storia alle spalle, una volta e per tutte.

Ho perso le parole, eppure ce le avevo qua un attimo fa. Dovevo dire cose, cose che sai, che ti dovevo, che ti dovrei.
Non servono parole, so che lo sai, le mie parole non servon più.












Author's Corner:  alcune delle frasi in corsivo riportate nel testo sono tratte dalla canzone "Ho perso le parole" di Luciano Ligabue.
Era semplicemente una cosa che avevo bisogno di scrivere, tutto qui. Una recensione è sempre cosa gradita :) EDIT: questa oneshot rappresenta uno spinoff, una sorta di prequel, a una long che sto scrivendo: Tutti i brividi del mondo. Mi farebbe molto piacere se qualcuno decidesse di dedicare due minuti anche a quest'altra storia :)

   
 
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