Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: beeEnene    15/09/2013    3 recensioni
Anno Domini 1500. Il Papa Alessandro VI organizza i festeggiamenti per il Giubileo, suo figlio Cesare è impegnato ad ampliare il potere dello stato pontificio.
Da quando Cesare l'ha preso con sè, Louis lo segue su e giù per la penisola e la sua fedeltà non è mai stata messa in dubbio: vive nell'ombra, non ha amici e non ama, mai.
In una Milano in cui la peste accumula cadaveri agli angoli delle strade, Louis si imbatte in un giovane cherubino dall'aspetto così puro da dargli l'illusione di potersi allontanare dalla sporcizia della sua vita. Quello che non si aspetta è ritrovarlo per le strade di Roma, quasi per caso. Louis sa che il caso non esiste ma il suo sorriso è bello e lui non riesce a farne a meno. Ma, dalle volte, anche gli angeli più luminosi nascondono un lato oscuro.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
gi
Illusion never changed into something real.


Roma, 1500 d.C.

Louis è in ginocchio sulle assi del sottotetto. Non si muove, eppure il rumore di un'infinità di scricchiolii riempie l'aria.
«Come vuoi morire?» È davvero la sua voce? Non la riconosce. Perché tentenna? Perché è spezzata?
«Le persone che devi uccidere sono solo pezzi di legno» aveva detto lui stesso una volta al suo signore. Eppure guardandolo rannicchiato sotto l'arco che sorregge il soffitto sente che questa volta è diverso. Ha ucciso così tante persone, Louis, nella sua vita, da aver perso il conto. La prima è stata suo padre: Louis non aveva mai amato nessuno.
«Tra le tue braccia» soffia il ragazzo, gli occhi arrossati, il petto che si alza e si abbassa febbrilmente. Come una lepre spaventata dal latrato dei cani e dallo scalpiccio degli zoccoli dei cavalli; come un animale braccato; come chi sa che è giunta davvero la sua ora.

*
Milano, 1500 d.C.

 «Leonardo da Vinci?» chiama con il suo solito tono neutro. Louis è così, l'unico valore a cui da realmente importanza è la lealtà verso il suo signore. C'è stato un tempo in cui credeva nell'amore, ma non ricorda neanche più l'ultima volta in cui ci aveva sperato.
«Andato» risponde una voce maschile. Il proprietario spunta da dietro una statua nascosta da un drappo.
«Il suo allievo? Il figlio bastardo del Moro?» chiede ancora, aggirando il tavolo colmo di fogli di pergamena, calamai e piume d'oca. Studia il suo interlocutore con il solito occhio critico che gli permette di salvarsi la pelle in ogni occasione. Un ragazzo, poco più di questo. I boccoli scuri e un filo appena di barba, gli occhi grandi da bambino in contrasto con lo sguardo malizioso e sporco che gli rivolgono, le labbra distese e la camminata sicura, solo una impercettibile tensione nelle spalle. Louis lo invidia, invidia quella perfezione di anima e corpo che lui non ha mai avuto. Lo vuole. Si sente incredibilmente attratto da lui.
«Andato anche lui» risponde, riportando Louis alla realtà.
«Non mentirmi, ragazzo» sibila, lasciandosi alle spalle l'ultimo ostacolo che li divide. Quello abbassa il capo e Louis sente il suo sguardo percorrerlo interamente.
«Suo padre lo ha portato via dal maestro» dice, sicuro.
«Perché?»
«Per questo.» Il giovane si volta, chinandosi leggermente in avanti per afferrare il drappo e scoprire la statua dietro la quale era nascosto. Louis sorpassa velocemente la barriera del suo corpo così sfacciatamente esposto e si posa sulla statua di un ragazzo, completamente nudo. Lo ammira per qualche minuto intero. È bello: tutti sanno delle incredibili doti di Leonardo.
«Avrebbe dovuto scegliere me» mormora il suo interlocutore, ruotando il capo appena il tempo necessario per fargli vedere la punta della lingua inumidire le labbra rosse.
In un attimo Louis è dietro di lui. Lo stringe, una mano sul ventre piatto e l'altra sul collo morbido. Louis ha un brivido di eccitazione e disgusto quando si rende conto che è la stessa morsa in cui stringe le sue vittime poco prima di spezzare loro l'osso del collo. Il ragazzo rovescia la testa sulla sua spalle. Ride.
«Perché ridi?»
«Perché essere posseduto da voi, mio signore, è molto meglio che posare per una statua di Leonardo» risponde, solo il sorriso ad adornare il bel volto. Non dice altro. Le fibbie della sua giacca sono fredde sotto le dita e una volta sciolti i lacci, le braghe di Louis si fermano all'altezza delle ginocchia. Il giovane si volta, i gomiti puntati contro il tavolo, non lo guarda ma lo cerca con i suoi gesti. Louis emette un ringhio quando entra in lui, rude, come sempre sono i pochi atti carnali che si concede. Il ragazzo mormora qualcosa, sembra latino, ma a lui non interessa. Si preoccupa del suo piacere solo dopo aver appagato il proprio, in maniera sbrigativa. Louis non fa l'amore, non lo bacerà dolcemente sulle labbra prima di andarsene, non gli dirà il suo nome e non gli chiederà il suo. Semplicemente sparisce tra le ombre da dove è venuto, in quella Milano che non conosce, in cui ha trovato un ragazzo qualsiasi che non rivedrà mai più.

*
Roma, 1500 d.C.

«Louis.» Il suo nome sulla bocca di quel traditore angelico continua a stregarlo. Lo ama, Louis, lo sa lo sapeva il suo cuore, lo aveva accettato; prima che la sua mente potesse rendersene conto il suo corpo aveva già capito che non avrebbe più potuto farne a meno.
«Sono qui» sussurra. Quella frase suona così ipocrita detta da lui: è la stessa cosa che dice alla sua vittima, poco prima di rubare la vita, «sono qui» e lei arriva. Attorno a loro c'è appena la luce necessaria a vedere il volto dell'altro. Louis vorrebbe alzarsi e spegnere la candela, ma il ragazzo ha paura del buio. Gli ha detto che solo se c'era lui al suo fianco riusciva ad addormentarsi con la luce spenta.
«Perché non dici mai il mio nome?» La sua voce è una sferzata sulla pelle di Louis. È vero, non lo ha mai chiamato per nome, neanche nei suoi pensieri, anche se lui alla fine glielo ha detto. Si volta, lo trova in piedi. Fa un passo avanti e posa una mano sulla sua guancia.
«Harry» e la sua sembra una disperata preghiera.
*

«Che ci fai a Roma?» La sua voce è meno di un sibilo contro il suo viso accaldato. Gli schiamazzi del mercato adiacente e il tintinnare della spada al suo fianco riescono a coprirla.
«Un amico mi ha pagato il viaggio.»
«Fino a Roma?» È scettico. Credeva di esserselo lasciato alle spalle, nella pestilenziale Milano, e ora lo ritrova ad aggirarsi per le strade dell'Urbe, non solo nei suoi sogni più nascosti. Se credesse in Dio, questo sarebbe il momento di invocarlo. Gli è mancato quel corpo, oh sì, da morire. La guarda dal basso, per colpa di una stupida differenza d'altezza che lo fa sentire solo più inferiore e sporco. Si sporge ancora, stringendo appena gli occhi quando sente le ossa del suo bacino premere contro lo stomaco.
«Mi stavi seguendo» afferma sicuro.
«Speravo di farlo» risponde lui, un piccolo sorriso che ha il chiaro intento di ammaliarlo.
«Sai cos'è il pericolo, ragazzino?» In risposta, quello sfiora le sue labbra con la punta del naso, ritraendosi quando Louis cerca di baciarlo, e «Tu» dice. Louis ha un unico, lungo, fremito. Lo lascia andare, si volta.
«Seguimi» dice, iniziando già a camminare.

*

Harry segue i suoi movimenti, sente il suo sguardo accarezzare ogni singola cicatrice che gli deturpa la schiena.
«Sembra un prezioso ricamo di filo d'argento» mormora, sfiorandolo con la punta delle dita. Louis freme, ma lo ignora. Sa che Harry non vuole fargli cambiare idea, non più: ha accettato il suo destino. E anche Louis. Sfila lo specchio dalla custodia in cuoio, che scivola sul pavimento in un piccolo turbinio di polvere. Louis si volta, ora sono faccia a faccia. Lo guarda dritto negli occhi, trema appena. Quando lo lascia cadere a terra, lo specchio si frantuma davanti ai loro piedi scalzi.
«Harry» ripete.

*
«Non parlare a nessuno di questo luogo» inizia Louis, stringendo tra le mani una vecchia coppa colma d'acqua e indicando con il braccio il sottotetto in cui l'ha portato.
«Non chiedere dove vado. O dove sono stato. Se non mi vedi per una settimana, o più, aspettami. E se non ci riesci, tutto questo non significherà nulla. E te ne andrai. E te ne andrai in silenzio. E ti porterai quel silenzio nella tomba. Ma se romperai quel silenzio, ti troverò. E credimi, ragazzo, non lo vorresti» conclude, serissimo, guardando il suo amante sdraiato nudo sul materasso al centro della stanza. Ha gli occhi verdi lucidi per l'orgasmo ma comunque attenti.
«Giorni, settimane, cosa dovrei fare?» chiede.
«Goditi le bellezze di Roma. In quel barattolo ci sono dei soldi. Vai dal Bramante, frequenta il suo studio, sarà felice di accoglierti tra le sue lenzuola.» Il ragazzo si agita appena sopra le lenzuola. Louis sa che non era necessario dirgli quelle cose, ma condividere il letto con lui per più di una volta è qualcosa a cui è stato troppo facile abituarsi. Si volta, dando le spalle ai suoi sentimenti e a quei boccoli di cui già sente la mancanza.
«Dove vai?» La sua voce. Louis si irrigidisce, ma la voce esce piatta, autoritaria e minacciosa esattamente come voleva.
«Non devi mai chiederlo.»

*

Louis si china a raccogliere il pezzo di vetro più grande: ha i bordi affilati e una piccola goccia di sangue sgorga dal suo dito. Harry lo guarda, l'espressione di totale fiducia che fa tremare ancora di più Louis. Non può farlo. Non può ucciderlo, non dopo essere tornato ad amare grazie a lui. Abbassa lo sguardo e cammina sopra le schegge di vetro, ignorando le fitte di dolore che allarmano il suo fisico. Lo circonda tra le braccia, un po' rude e sicuramente goffo. Harry ricambia, con slancio, aggraziato e sincero posa i palmi aperti alla base della sua schiena e Louis se lo tira contro, in un tentativo di esternare i suoi sentimenti.

*
«Cosa vuol dire?» chiede arrabbiato e sospettoso Louis. Ha trascritto dei segni sulle travi del pavimento con un gesso e ora passa lo sguardo dalla assi al ragazzo. Louis è tornato presto quella mattina, dopo essere stato via una settimana intera. È stato felice di ritrovarlo addormentato tra me lenzuola, anche se lui per primo si è stupito di essere ancora in grado di provare quel sentimento. Aveva voglia di svegliarlo. Voleva fare l'amore con lui. Poi la prima luce dell'alba è entrata dalla finestra, battendo su qualcosa di lucido poggiato sul piccolo tavolino. Avvicinandosi Louis ha visto uno stilo e pochi segni vergati su un foglio.
«È il tuo nome» risponde il ragazzo, seduto a torso nudo sull'unica sedia, la pelle pallida che attira irrimediabilmente l'attenzione di Louis.
«Davvero?» Louis si mantiene sulla difensiva, anche se non ha altra scelta che credergli visto che non sa leggere. «Perché? » chiede, sedendosi accanto alle lettere che ha tracciato.
«Quando eri via, scrivere il tuo nome mi faceva sentire più vicino a te. È il linguaggio dell'amore» spiega con innocenza.
«Non è roba per te, Louis, tu non sai amare. E questo mondo non accetterebbe il vostro amore. Vuoi vederlo bruciare su una pira?» si dice nella sua mente. Non ha una coscienza, altrimenti avrebbe capito prima di aver intrapreso una strada senza sbocco.
Nonostante quei pensieri Louis trattiene il respiro, combattuto. «Quindi se non so leggere non so amare?» domanda.
«Ma sai scrivere» dice il ragazzo, confuso, indicando con un cenno il pavimento.
«Ricordo i segni, le forme... Per me sono solo questo.»
«Posso insegnarti, se vuoi» si propone lui.
Quella che sgorga fuori dalla gola di Louis è una risata amara. «No, sono troppo vecchio per imparare.»
«Posso leggere per te allora» ritenta, alzandosi a prendere un libro che Louis era sicuro di non avere in casa. Vedendo che non oppone resistenza, il ragazzo inizia: «Vivamus, mea Lesbia, atque amemus, rumoresque senum severiorum, omnes unius aestimemus assis.»
«Non conosco il latino» dice Louis appena il ragazzo tace.
«Viviamo, mia Lesbia, e amiamo, e i rimproveri dei vecchi severi non stimiamoli tutti neanche un soldo.»
«Neanche un soldo…» ripete. Il giovane gli sorride, scivola giù dalla sedia tra le sue braccia. Louis si getta vorace sulle sue labbra, dimentico del libro e del resto del mondo.

*
Sono in ginocchio l'uno di fronte all'altro. Scalzi come Gesù Cristo quando salì sul Golgota, le braghe sporche di polvere e i petti nudi che quasi si sfiorano ad ogni respiro. Harry prende un gesso, lo stesso che aveva usato Louis qualche tempo prima, dopo la prima volta che avevano fatto l'amore in quel sottotetto. Se lo rigira tra le dita lunghe mentre Louis stringe sempre più spasmodicamente il pezzo di vetro. Alla fine si china in avanti, poggia il gesso sulla trave e inizia a scrivere.
«GOOD...» il gesso stride sul legno consumato, Harry si ferma, alza il volto e lo guarda. Louis non dice niente, è già morto dentro.
«GOODBYE» conclude Harry, la scritta bianca campeggia tra di loro come una vecchia cicatrice sulla pelle. Il gesso produce un suono sinistro mentre cade sul pavimento: Louis pensa che somiglia al rintocco delle campane di San Pietro che suonano a morto.

*

Passa troppo tempo con lui.
«Mancano pane, miele e uova» lo sente dire, un piede già sul primo gradino della scala che porta al piano sottostante.
«E anche il latte» completa Louis gettandogli altri soldi. Il giovane sorride e schizza fuori. Louis si butta tra i cuscini, desiderando di addormentarsi per poter almeno rimandare l'amara incombenza che gli spetta. Eppure non prende sonno, anzi al contrario sembra pieno di energia, anche se il suo umore è nero come la bocca dell'Inferno. Si alza in fretta e, ancora nudo, si avvicina alla prima asse davanti alle scale. Gli sfugge un gemito quando la sente traballare sotto i piedi. In un impeto di rabbia afferra un pugnale per riuscire a spostarla facilmente. Il cuore si fa pesante nel petto: sotto la trave c'è un foglio di pergamena ripiegato più volte su sé stesso, una fitta rete di segni vergati sopra. Li studia attentamente, poi ripone tutto al suo posto. Quando il suo amante ritorna trova il sottotetto vuoto, ma si limita a sospirare: ritornerà, non sa se per sua fortuna o sfortuna.

*
Louis blocca il braccio a mezz'aria.
«Ti amo» ha detto Harry. Vorrebbe picchiarlo, perché quelle parole gli fanno male, malissimo. Ma Harry ha le lacrime agli occhi, eppure non cerca neanche di dissuaderlo. «Ti amo» ripete. Afferra i suoi polsi e Louis si sente dannatamente vulnerabile: potrebbe dargli una testa e rompergli il naso, potrebbe prendere il pezzo di vetro dalle sue mani e pugnalarlo dritto al cuore. Louis spera che lo faccia, perché accoglierebbe volentieri la morta se venisse per sua mano. Ma Harry non lo fa, non fa nulla di quello che Louis aveva ipotizzato. Non pretende neanche che Louis risponda a quelle parole, solo si sporge e lo bacia, allentando la presa sui suoi polsi per far ricadere le braccia lungo i fianchi.
«Non potevo morire senza avertelo detto» biascica sulla sua bocca.

*
Louis rientra tardi: la giornata è finita peggio di come fosse cominciata.
«Cerca un libro» ha detto il suo signore. Ha trascritto il testo del messaggio per lui e il suo signore ha dato voce ai suoi incubi: «È una spia.» Ma alla fine il messaggio si è rivelato essere nascosto, e per decifrare l'apparente groviglio di numeri Louis deve trovare un libro.
Il ragazzo siede allo scrittoio, ha un libro e qualche foglio bianco davanti. Louis si inginocchia ai suoi piedi come un postulante di fronte al papa.
«Leggi per me» lo prega. Quello gli rivolge un sorriso sincero e Louis vorrebbe strapparsi gli occhi per non dover affrontare la bellezza di quel viso e la dolcezza dei suoi gesti.
«È una spia.»  la voce del suo signore nella sua testa viene coperta da quella del giovane che inizia a declamare: «Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior. »
Louis aspetta paziente che inizi a tradurre. «Odio e amo: per quale motivo io lo faccia forse ti chiederai. Non lo so. Ma sento che accade, e mi tormento.»
«Non so perché» ripete Louis. «Conosco quella sensazione da tutta la vita. Da tutta la vita!» Già, neanche lui sa perché è capitato in quella situazione. Lo odia e lo ama. Lo ama. Lo ama disperatamente.
«L'amore è così, non si sceglie chi amare, mio signore» conclude il ragazzo.
Una frase che suona ricca di sottintesi alle orecchie di Louis mentre, seduto accanto al suo signore, con il messaggio da decifrare e i Carmina di Catullo disposti ordinatamente sul tavolo, spera con tutto se stesso che quel giovane angelo non si trasformi in Lucifero.
«Da chi hai avuto il messaggio?» chiede il suo signore.
«Un ragazzo.»
«Quale ragazzo?»
«Quello che ho accolto nel mio letto.» Lo vede trattenere il respiro, preoccupato più che disgustato: lui è così, non l'ha mai giudicato.
«La spia che hai accolto nel tuo letto. È una spia degli Sforza. Uccidilo» decreta alla fine il suo signore e Louis annuisce. Non lo odia per questo, lui protegge la sua famiglia e Louis ucciderà quell'unico embrione di serenità che abbia mai avuto.

*

La scheggia di vetro affilata taglia in profondità la carne dei polsi di Harry. Louis sente subito il sangue sgorgare e inondare la sua mano. Una goccia bagna il pavimento ma il respiro spezzato di Harry copre il leggero tonfo. Alla prima ne seguono altre, come una pioggia. I polsi di Harry sanguinano copiosamente, il suo colorito si fa terreo, trema. Louis solleva il braccio, incide la sua pelle ancora più in fondo di quanto abbia fatto con Harry. Il suo corpo scatta, ha uno spasimo, si ribella. Louis non abbandona gli occhi di Harry mentre anche dal secondo polso il sangue comincia a sgorgare abbondantemente, mischiandosi a quello del suo amante sul pavimento. Harry gli strappa via il pezzo di vetro, lo butta lontano. Unisce le mani, le solleva sopra il suo viso e il sangue denso e scuro cola sul viso di Louis.
«Stai piangendo» mormora Harry, allontanando le braccia e guardandolo.
«Lacrime di sangue» conferma Louis. Ormai che non può più tornare indietro la disperazione lo sta soffocando. Vorrebbe lottare strenuamente per tenersi aggrappato a quel brandello di vita che gli rimane, ma la verità è che la sua vita sta morendo insieme a lui, con lui. Harry si getta tra le sue braccia con disperazione.
«Ho paura. Stringimi.» La voce è spezzata, il suo sangue scivola sulle spalle di Louis, che si lascia sfuggire un singhiozzo.
«Ti amo.» Doveva dirlo. Esattamente come lui, non crede nell'aldilà e non poteva morire senza dirgli anche a parole quello che prova. Harry piange e a Louis gira la testa. Lo stringe forte, come se fosse la sua ancora di salvezza, ma ben consapevole che per loro non ci sarà nessuna salvezza. Sa che questi era l'unico epilogo possibile per loro: se non l'avesse fatto lui, l'avrebbe fatto un sicario dopo giorni di inutile fuga. Per Harry valeva la pena lottare, ma forse Louis non è mai stato così forte. L'unica cosa che può fare per lui è non lasciarlo solo, morire con lui.
«Vedo tante luci» mormora Harry ormai con un filo di voce.
«Dicono sia la tua anima che lascia il tuo corpo, se ci credi» risponde meccanicamente Louis.
«È il mio corpo che lascia il tuo» ribatte Harry, prima che un eccesso di tosse gli tolga il respiro.
«Harry» lo chiama.
«Non lasciarmi andare» La sua voce si spezza e il suo corpo ha un ultimo sussulto.
«Mai» dice Louis. Ha la vista appannata, la testa pulsa dolorosamente e le braccia non hanno più la forza di muoversi, rimangono strette al suo corpo. Cadono entrambi sul pavimento intriso di sangue e Louis sente appena il dolore dell'impatto. Chiude gli occhi, Harry non si muove più tra le sue braccia, non sente neanche il flebile calore del suo fiato sulla pelle. Louis sospira di sollievo quando si sente gli occhi pesanti e il fiato arranca un'ultima volta per la sua gola.
«Harry» le sue labbra si muovono appena ma non riesce a produrre alcun suono.
Harry non ha negato, era una spia.
Harry non ha mentito, lo ama.
Harry non si è tirato indietro, è morto. E Louis con lui.


Note Finali:
Allora, se siete arrivati qui, complimenti! Non sono solita scrivere questo genere di storie e mi piange il cuore (e anche gli occhi (?)) per il finale, io che mi dicevo tanto difensore dell’happy ending. Non è che ci sia molto da aggiungere, giusto qualche nota storica, perché ci tengo tantissimo: Il Moro di cui si parla all’inizio è Ludovico Sforza detto il Moro, duca di Milano dal 1480 al 1499, mentre il “signore” di Louis è Cesare Borgia, figlio del Papa Alessandro VI, al secolo Rodrigo Borgia e personaggio che personalmente amo alla follia (come Irene sa bene ahah) Sulla presunta omosessualità di Leonardo da Vinci e del Bramante, è una di quelle cose su cui si chiacchiera da secoli ma che non ha un solido fondamento (anche perché in quel periodo gli omosessuali venivano bruciati sul rogo quindi veniva tenuto ben segreto). Personalmente mi piace pensare che fossero amanti del bello, in ogni sua forma. Ecco perché Harry Styles era allievo del da Vinci, concordiamo tutti sulla sua bellezza! Comunque tranquilli, non siete finiti magicamente a scuola durante una lezione di storia ahahah Ho scritto troppo, lo so, fatemi sapere se volete  costruirmi una forca o preferite il lancio di pomodori!
Bee :)
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: beeEnene