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Autore: biberon    15/09/2013    4 recensioni
Heather, qualche mese dopo il reality è finita a lavorare per un vecchio panificio. E la sua triste vita senza Alejandro continua, tra farina, lievito e dolci canzoni ... ma sarà proprio così? Voglio dire, sarà VERAMENTE così lontana da lui come crede di essere ? Forse no ...
Genere: Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alejandro, Heather | Coppie: Alejandro/Heather
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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La Ragazza si pulì le mani nel grembiule troppo largo per lei, lasciando delle impronte bianche e unte sulla stoffa azzurrina.
Prese la brocca, versò un po’ d’acqua sull’impasto colloso e riprese a lavorarlo schiacciandolo e tirandolo con forza.
Pensò a cosa avrebbe detto il suo Alejandro se l’avesse vista lì in quello stato, a impastare pane in un vecchio forno gestito da operai nell’estrema periferia canadese.
 
“Non perdere tempo a pensare a quel ragazzo!” sbraitò il suo capo, in fondo alla stanza. Era seduto ad u tavolo a leggere il giornale, era in pausa.
Di solito faceva in pane anche lui, o le pizze.
“Quale ragazzo?” chiese lei con una leggera sfumatura di sfida, che sperò lui non cogliesse.
L’uomo si alzò posando il giornale sul tavolo.
Heather lo odiava: aveva sempre il volto coperto da un passamontagna e dagli occhiali da sole.
Si vedeva solo il naso, anche perché aveva un grande cappellone da cowboy che impediva a chiunque di vedergli i capelli.
Era impossibile capire quanti anni avesse: aveva un fisico stupendo, ma sempre troppo coperto.
La sua voce era rauca e tossiva molto spesso.
Quando credeva di non essere visto sbirciava la ragazza lavorare.
Heather credeva che fosse un po’ maniaco o che avesse una cotta per lei, ma pensava che dirlo non fosse la mossa migliore.
Comunque era fermamente convinto che lei fosse innamorata di un ragazzo.
Beh, in un certo senso era così, ma come faceva quel bestione a saperlo? Dalla fine del reality non le staccava gli occhi di dosso.
 
“Quello a cui pensi sempre con aria sognante.”
 
“E cosa ne sa lei?”
 
“Lo so, cara mia. Lo so, chica.”
 
“CHE COSA?!”
 
L’aveva chiamata chica?!
 
Quel chica le ricordava Al …
 
Che il suo datore di lavoro fosse spagnolo?
 
Fece per dire qualcosa, ma si trattenne.
 
“Torno al lavoro, boss.” Sussurrò chinando la testa e concentrandosi (almeno visivamente) sul pane che stava preparando.
 
Allungò un filone di pasta e lo cullò con le braccia.
Cristo, quanto le mancava Al.
Con la sua pelle scura e morbida, con il suo accenno di pizzetto castano, con i suoi magnetici occhi verdi capaci di scuoterla dalla testa ai piedi benché lei volesse nasconderlo …
-PAF!- Batté la pasta sul piano fortissimo schiacciandola con la mano.
No, lui era solo un idiota.
Un latin lover idiota.
Già, per chi l’aveva scambiata, per l’ennesima sgualdrina della sua lista?
Appiattì ancora un po’ la montagnozza giallastra, con qualche semino di sesamo che sbucava qua e la.
Beh, un po’ si vergognava, tre mesi dopo la fine di a tutto reality era ancora lì a pensare a lui … e a quegli occhi stupendi, e a quel fisico perfetto,e  a quel sorriso accattivante, e …
 
“Basta, Heather, cerca di darti un contegno!” sibilò a sé stessa.
 
“Non posso, Heather, capisci?” disse una vocina dentro di sé.
“Sì che puoi!”
 
“No, non posso. Tu amavi Alejandro, e lo ami ancora.”
 
“No! Non è vero!”
 
“Non mentire a te stessa.”
 
“Tu sei me stessa?”
 
“Sì, e ti dico che lo ami!”

“E io ti dico di no!”
 
“Se no perché staresti ancora qui a pensarci?! Andiamo, Heather, so che lo sogni ogni notte e che pasticci i fogli a cuoricini pensando a lui …”
 
“IO?!!?”
 
“Sì! Pensa a quegli occhi, quegli incredibili e stupendi occhi, alle sue belle labbra, alla sua pelle ispanica, al suo fisico perfetto ….”
 
“Devi piantarla! Voce della coscienza che non sei altro!”
 
“E che c’è di male!?”
 
“Devi stare zitta! Io sto lavorando!”
 
“Ceeeeerto, come no. Baci la pasta da pane o la prendi a pugni, ma pensando sempre e SOLO a lui. Perché non ti decidi ad ammettere, almeno con te stessa, che ti manca e faresti di tutto per riaverlo?”
 
 
Heather si morse il labbro.
La sua voce interiore aveva perfettamente ragione, ma non doveva dargliela vinta.
Che cosa?!
MA così sarebbe sembrata una matta!
In realtà non gliene fregava nulla, a parte che di Al.
 
“Vedi che di lui t’importa?!”

“Non è vero! Basta dirlo!”
“Sei così acida solo perché la profezia che ha pronunciato sul vulcano si è avverata?! Perché TU ti sei presa tutto il milione di dollari e lui è sparito dalla tua vita per sempre?!”

“No! Non me ne importa nulla!”
 
“Invece sì!”
 
“STA ZITTA!” urlò l’asiatica a se stessa dandosi un colpo in faccia con un pezzo di pasta da pane.
 
Si accorse, forse troppo tardi, che un cameriere in divisa era appena entrato e la stava osservando attonito.
“Ehm … signorina Wilson, l’ordinazione … i clienti la fuori, la pagnotta …” bisbigliò, come se avesse paura di farla sbottare di nuovo.
Lei rimase pietrificata.
Si girò di scatto e con un gesto fulmineo si liberò dalla pasta da pane.
Si sciacquò le mani sfregandole violentemente, finché non diventarono rosse, poi prese dal forno a legna incastonato nel muro la teglia di pagnotte ormai pronte, belle calde e dorate.
Gliela ficcò in mano sgarbatamente e fece per riprendere a lavorare.
Lo sguardo le cadde subito su alcuni bicchieri trasparenti pulitissimi, appena uscita dalla lavatrice, che il ragazzo aveva sbattuto in malo modo sul bancone nel retrobottega per prendere le pagnotte.
Abbandonò ciò che stava facendo e ne prese uno.
Era così bello e perfetto, così caldo … lo rigirò tra le mani pensando di stringere le dita di Al,e un ritmo frenetico le rimbalzò subito in testa.
Una canzone, dove l’aveva già sentita?
Spinse di lato l’impasto, che rotolò sbriciolandosi e spappolandosi per terra.
Batté le mani due volte, poi a destra e sinistra e di nuovo a destra sul bancone, e dopo aver ruotato il bicchiere, lo spostò tenendolo con la bocca rvolta all’ingiù. Poi lo afferrò capovolgendo la mano e lo fece battere contro il palmo aperto della’altra, ruotò un angolo sul tavolo, poi passo la mano e batté con forza.
Ripeté questo ritmo con il bicchiere ancora e più veloce, sempre più veloce.
Quando fu al massimo che le sue mani sottili le concedevano, lasciò che le note le invadessero la bocca, giocassero con la sua lingua, le strofinassero i denti, compissero semicerchi gioiosi giù per la sua gola facendo vibrare le sue corde vocali ed uscissero di nuovo fuori in una voce splendidamente clama e melodica:
 
I got my ticket for the long way ‘round
Two bottle ‘a whiskey for the way
And I sure would like some sweet company
And I’m leaving tomorrow, wha-do-ya say?



La voce prese a scorrerle dentro fino a squarciarle il petto e ad aprirle I polmoni al suono.
Voleva cantare, sì, ma voleva farlo solo per Al, perché se lui l’avesse sentita gli sarebbe piaciuto, no?
Come si chiamava quella canzone?
Comunque, qualsiasi nome avesse era stupenda e le stava aprendo il cuore alla leggerezza.
SI allontanò dal bancone battendo le mani a ritmo e ripeté la coreografia manuale sul tavolino della farina, poi si spostò di nuovo e lo fece sul forno.
Si decise, e senza smettere di battere le mani a tempo entrò nella sala.
Lei si mise a battere sul bancone del barman con il suo ritmo frenetico e riprese a cantare deliziandosi con la sua intonazione e spalmandosi il palato di allegra musica:
 

When I’m gone
When I’m gone
You’re gonna miss me when I’m gone
You’re gonna miss me by my hair
You’re gonna miss me everywhere, oh
You’re gonna miss me when I’m gone”




Tutti, nel locale, man mano iniziarono a girarsi a guardarla incuriositi.
Presto intorno al bancone si radunò una piccolo folla di persone:
vecchi, coppie, amici, ragazzi, bambine, genitori, gruppi di amiche, scout …
tutti quelli che c’erano dentro il locale si radunarono intorno a lei.
E poi accadde proprio quello che Heather sperava tanto: ognuno di loro prese un bicchiere e presero il ritmo insieme a lei.
Tum tum tum tum tum, tum tum tum. Tum tum tum tum tum, tum tum tum.
Lasciò che prendessero iu
l passo, poi lasciò il suo bicchiere, scavalcò il bancone e salì sulla sedia del barman spostandolo di lato.
 
 
“I’ve got my ticket for the long way ‘round
The one with the prettiest of views
It’s got mountains, it’s got rivers, it’s got sights to give you shivers
But it sure would be prettier with you

 
When I’m gone
When I’m gone
You’re gonna miss me when I’m gone
You’re gonna miss me by my walk
You’re gonna miss me by my talk, oh
You’re gonna miss me when I’m gone”



Se solo ci fosse stato Al, a sentire come stava cantando bene …
Sì, stava dando tutta se stessa.
 
“I got my ticket for the long way ‘round
Two bottle ‘a whiskey for the way
And I sure would like some sweet company
And I’m leaving tomorrow, wha-do-ya say?

 
When I’m gone
When I’m gone
You’re gonna miss me when I’m gone
You’re gonna miss me by my hair
You’re gonna miss me everywhere, oh
You’re gonna miss me when I’m gone

I’ve got my ticket for the long way ‘round
The one with the prettiest of views
It’s got mountains, it’s got rivers, it’s got sights to give you shivers
But it sure would be prettier with you


When I’m gone
When I’m gone
You’re gonna miss me when I’m gone
You’re gonna miss me by my walk
You’re gonna miss me by my talk, oh
You’re gonna miss me when I’m gone”








 
Decise di ripetere l’ultimo ritornello e finire con un acuto, mentre tutti picchiettavano sui tavoli con I loro bocchieri.
Sì! Era tutto perfetto.
 
 
 
 
“When I’m gone
When I’m gone
You’re gonna miss me when I’m gone
You’re gonna miss me by my walk
You’re gonna miss me by my talk, oh
You’re gonna miss me when I’m gone”

 
 
When I’m gone
When I’m gone
You’re gonna miss me when I’m gone
You’re gonna miss me by my walk
You’re gonna miss me by my talk, oh
You’re gonna miss me when I’m GOOOOOOOONEEEEEEEEEEEEEEEE!”

 
 
Tutti si lanciarono in ovazioni e applausi frenetici.
Avevano abbandonato tavoli e cibo per LEI.
Fu un momento bellissimo.
E poi finì.
 
“Che sta succedendo qui?!” gridò il capo irrompendo nella sala, sfondando praticamente la porta con un calcio.
I clienti, vedendo che tirava una brutta aria, mollarono i bicchieri e sciamarono ai loro tavoli borbottando tra di loro.
“CHE DIAVOLO CREDEVI DI FARE, HEATHER WILSON?!” le urlò in faccia.
Lei si sentì avvampare e lasciò cadere il bicchiere a terra, che s’infranse in mille pezzi.
“INCAPACE!” sbraitò lui.
La prese malamente per un braccio per trascinarla nel retrobottega.
Lei avrebbe voluto ribellarsi, ma dato che tutti la stavano guardando decise che era meglio non rischiare di fare altre brutte figure.
Quando furono soli e a porte chiuse, iniziò la vera sfuriata.
“PENSI CHE LA GENTE VENGA QUI PER VEDERE TE CANTICCHIARE SUL BANCONE DEL MIO BAR?! EH?! SEI UNA BUONA A NULLA! NEMMENO PREPARARE PAGNOTTE, RIESCI?! EH Sì CHE LE HO PROVATE TUTTE PER FARTI CAPIRE COME SI LAVORA! SEMPRE A PENSARE A QUEL TUO FIDANZATINO DEL CAZZO, POI …”
“DEL CAZZO sarà LEI!” urlò Heather perdendo ogni controllo.
Nessuno, nessuno poteva insultare Alejandro.
CHIARO?!
“Bene, sai una cosa, allora?!” chiese lui sputando per terra.
“CHE cosa!?”
“Togliti il grembiule, perché da oggi no lavori più qui!”
“CHE COSA?!” Heather rischiò di strozzarsi.
Però quel tizio aveva sempre approfittato di lei, dandole il doppio del lavoro e prendendola in giro.
Era tempo di dire basta.
Si sfilò il grembiule con un gesto rapido e lo gettò a terra.
Poi si voltò e fece per uscire, quando lui le afferrò la pelle delicata del polso.
C’era qualcosa, nel suo tocco, di unico e incredibile …
“Da oggi non lavori più qui, vieni a vivere con me.” Disse una voce calda e sensuale.
Heather si voltò di scatto, giusto in tempo per vedere passamontagna, felpa e occhiali a terra, buttati lì.
“ALEJANDRO BURROMUERTO!” urlò.
Il ragazzo che le stava davanti era alto, bello, bellissimo, stupendo! Non c’erano più segni di bruciature sul suo bel viso, solo magnifici occhi verdi …
“Che ci fai qui?!” chiese stupita, senza però cercare di togliere la mano da quella dell’ispanico.
“Ti ho seguita, appena te ne sei andata dal reality. Cioè, appena mi hanno fatto uscire dall’ospedale … sai, un ustione come la mia non si cura in due giorni …”
“E come sei diventato proprietario di questo locale?”
“Era di mio padre, sai , noi Burromuerto siamo gente ricca …”
“Ecco … come facevi a sapere del ragazzo che mi piaceva!”
“Elementare, mio caro Watson …”
“Eh … beh … perché mi hai presa in giro e umiliata per ben tre mesi?!”
“Beh … dovevo pur fartela pagare per avermi fatto finire tra la lava di un vulcano, no?”
Heather dapprima rimase un po’ scocciata e incrociò le braccia come faceva sempre, poi lo guardò per qualche secondo negli occhi e …
“OH, Ale, mi sei mancato!” esclamò gettandogli le braccia al collo.
Poi si ricompose e disse : “Beh, resti sempre un cretino.”
“E tu la chica più bella di tutte.”
Le loro labbra si unirono in un dolce bacio, ed ora non erano solo le note ad accarezzare il palato di Heather, ma anche la lingua calda dello spagnolo …
Lei si abbandonò a quel che aveva stringendolo forte, pensando che non le importava più di niente se non del suo Alejandro, lì, ora, e sempre.
E poi c’era quella canzone, che continuava a rimbalzarle in testa …
Com’era?
Ah, già, cominciava così:
 
 
 
I got my ticket for the long way ‘round
Two bottle ‘a whiskey for the way
And I sure would like some sweet company
And I’m leaving tomorrow, wha-do-ya say …”

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
   
 
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