Titolo: Kanpai!!
Serie: DGray-man
Personaggi: Lavi, Yu Kanda
Pairing: Lavi x Kanda
Rating: Giallo
Song: Colors – Utada Hikaru
Genere: Generale, Drammatico
Avvisi: Alternative Universe, One-Shot, Shonen-ai
Note: Ho solo una cosa da dire. Se avete
tempo, appena avete finito di leggerla… rileggetela. E’ un
consiglio. Ci sono delle cose che si capiscono davvero solo dopo aver letto il finale.
Traduzione dal Giapponese:
Konnichiwa = Buongiorno
Gome - Gomennasai = Scusa, Mi dispiace
Sayounara = Arrivederci, Addio
Kanpai = Cin cin
Kami = Dio
Il Kendo è uno sport solitamente praticato nelle
scuole giapponesi.
Kanpai!!
Faceva freddo, quel giorno. Il cielo, grigio di neve, non
lasciava passare neanche un raggio di sole. Un vento lieve ma costante faceva
volare foglie secche e volantini stracciati.
A Lavi piaceva guardare il cielo.
In quel momento, seduto sulla rete del tetto della scuola,
lo fissava con occhi vuoti, senza pensare. Quasi senza respirare.
Perfettamente immobile, muovendo di tanto in tanto la mano
destra dal proprio viso alla ringhiera, dalla ringhiera al viso, in un
movimento quasi ipnotico. Distrattamente.
All’improvviso, sorrise.
E fu come se lo avesse sempre fatto. Sul suo viso non rimase
traccia dell’apatia di un attimo prima.
«La devi piantare con quella roba»
Il sorriso di Lavi si allargò ancora di più,
poi lo rivolse alla persona che gli aveva appena parlato con quel tono
così autoritario.
«Oh,
Konnichiwa Yu-chan!» alzò il braccio sinistro e
lo sventolò a mo’ di bandiera verso l’altro, felice. La rete
oscillò pericolosamente, ma non se ne preoccupò. Yu, invece, si
irrigidì all’istante.
«Finirai con il crepare se continui così»
lo disse a voce bassa, scuotendo piano la testa. «Avanti, scendi»
Ordini, ecco cos’erano le parole di Yu. Ma Lavi fu ben
felice di ubbidirgli, e un attimo dopo, con un balzo ben calcolato, gli atterrò
proprio davanti con un «Hop!» entusiasta. Poi si tirò su con
un gesto fluido, sporgendosi come se stesse cadendo, ma finì solo con lo
schioccare un bacio veloce sulla bocca imbronciata dell’altro, per poi
ritirarsi con un passo indietro e un sorriso smagliante.
«Getta quella cosa. L’odore mi da
fastidio» Yu indicò con lo sguardo la mano destra del ragazzo,
corrucciato.
«Come mai da queste parti?» ma Lavi lo
ignorò, incrociando le braccia dietro la schiena e nascondendo le mani,
dondolandosi sui talloni con noncuranza. «Mi cercavi, Yu-chan?»
«Per te è solo Kanda, baka!»
Con un gesto veloce, l’altro si portò la
sinistra alla bocca, sventolandola poi come per dire “Ma sì, ma sì, dettagli!”
«E spegni quella fottutissima sigaretta! Ora!»
Il vento gelido salì all’improvviso,
invistendoli entrambi.
Il sorriso di Lavi si spense in un attimo, sorpreso, per poi
lasciandogli al posto di quello una smorfia amara e uno sguardo ferito.
«…d’accordo.» borbottò
dopo un po’, lasciando cadere la sigaretta per terra, abbassando la testa
e fingendo di seguirla con lo sguardo.
Il vento calò, e quella rimase lì, insieme a loro.
Kanda si portò una mano alla spalla, stringendola e
strofinandola piano come se avesse freddo, fissando anche lui per terra.
«La divisa della scuola è sempre stata meglio a
me, non è vero?»
Il giapponese alzò lo sguardo, colto alla sprovvista,
e vide che Lavi ridacchiava divertito mentre lo
indicava, totalmente dimentico della tristezza di poco prima. Allora si accorse
che l’altro indossava solo la camicia bianca e i pantaloni scuri. Si
chiese se non avesse freddo.
«Che ci fai qui?»
«Uh? Oh, si » il rosso
sembrò cadere dalle nuvole e si portò una mano tra i capelli sorridendo
colpevole «Ho saltato l’allenamento di Kendo, scusa»
Kanda strinse le labbra, assottigliando lo sguardo.
«A proposito. Ho sentito che c’è un
ragazzino nuovo!» esclamò di colpo Lavi, avvicinandosi e
afferrando l’altro per le spalle, facendosi improvvisamente serio.
«Di’ la verità: …è carino come dicono?»
«Ma lasciami!»
Lavi si allontanò per non essere colpito dal
giapponese e scoppiò a ridere, portandosi una mano davanti al viso per
nascondere un ghigno.
«Scusa, scusa, non ho resistito» si asciugò
una lacrimuccia con un dito, se fosse vera o finta Kanda non seppe dirlo.
«Ma è vero che ha i capelli bianchi?»
«Mh» Kanda squadrò ancora arrabbiato il
rosso, facendo comunque intendere con quel mugugno che non approvava il nuovo
venuto.
Lavi sembrò pensarci un po’, seriamente, poi si
portò un dito sulle labbra e inclinò la testa di lato, fissando
con la coda dell’occhio il giapponese. «Magari ce li ha bianchi
perché è stato maledetto!»
«Ma ti prego…»
«Dico sul serio! Ti immagini?» il rosso sembrava
entusiasta.
«Se quel moyashi è stato maledetto allora io sono
immortale!»
Per un attimo, ci fu silenzio.
Poi, di nuovo, il rosso scoppiò a ridere, più
di prima, stavolta senza ritegno. Si strinse la pancia con entrambe le braccia,
barcollò, e infine si accovacciò per terra, continuando a ridere
indecentemente.
«Che diavolo hai da ridere???
Ti faccio a fette, baka!»
«Go-gomennasai Yu-chan, io non-» sembrò
sul punto di fermarsi, ma poi alzò lo sguardo e incrociò quello
furioso del giapponese, quindi tornò a ridergli in faccia «Ahahaha, oddio, ci mancherebbe altro, un
Super-Kanda immortale! Ahahaha!»
«Ora basta!»
«…oh, Kami…»
Quando Lavi smise del tutto di
ridere, era ormai completamente sdraiato per terra. Kanda, sopra di lui, lo
fissava risentito.
Triste.
Il rosso tirò su la testa di scatto, fintamente
corrucciando, forse imitando proprio l’amico.
«Senti un po’, ma non starai facendo
tardi?» si guardò un orologio immaginario al polso
mentre si alzava in piedi, spolverandosi distrattamente con
l’altra mano i pantaloni. «Credo che oggi chiudano presto,
sai?»
Kanda annuì impercettibilmente. Si, dove andare.
«Allora, ci vediamo in giro, ne?» Lavi gli si
piazzò di nuovo davanti, sorridendo come faceva sempre. In modo un
po’ stupido, senza un motivo preciso.
Il giapponese annuì ancora, senza staccare gli occhi
di dosso dall’altro. Doveva andare.
«Uhn.»
«Sayounara, Yu-chan.»
«Io…» sorrise anche lui. Appena, e, visto
che non era abituato a farlo, la sua sembrò
più una smorfia. Amara. «Gome»
«Non fa niente, tanto ci vediamo domani a scuola.» replicò
l’altro con un ghigno. Trovava divertente l’incertezza del
giapponese. Il quale sospirò, abbassando lo sguardo.
«Si»
Lo rialzò solo dopo molto, quando fu sicuro di essere
rimasto solo. Allora alzò gli occhi, di nuovo severi
e imperturbabili, e si incamminò verso le scale.
* * *
Faceva ancora freddo. Il cielo era ancora grigio. Tutto, attorno
a lui, sembrava di un colore più pallido di quello che avrebbe dovuto.
Ma non se ne curò. Non lo avrebbe fatto in passato,
quindi non c’era bisogno di farlo ora.
Arrivato sul posto, sospirò. Per tutta la camminata
non aveva quasi più respirato, troppo concentrato per ricordarsene.
Sospirò, poggiando il sacchetto di plastica per terra per poi sedersi a
sua volta a gambe incrociate.
Osservò senza interesse la
pietra che aveva davanti, frugando quasi nervosamente dentro il sacchetto.
Vide qualcosa che lo bloccò, che gli fece piano piano
abbassare la guardia e smuovere quello sguardo così freddo, autoritario.
Fece una smorfia, di nuovo. Triste, amara.
Intanto una mano aveva trovato quello che cercava, e si
strinse involontariamente attorno all’oggetto.
Sussurrò qualcosa. Ma la voce gli si bloccò a
metà
Lo ripetè, più forte, poggiando la bottiglia
sulla pietra e stringendosi il petto con una mano, artigliando la camicia.
«Gome»
Lasciò la bottiglia di sakè, che
oscillò pericolosamente. Si piegò su se stesso, dondolandosi,
continuando a ripetere con voce strozzata quella sola parola.
«Gome»
La bottiglia cadde e si ruppe. Il sakè colò e
si sparse sul freddo marmo, insinuandosi in quell’unico solco grosso come
lettere nel marmo freddo.
«Gomennasai, gomennasai, gomennasai…»
E quell’unica parola, tutta sola in mezzo alla lapide.
LAVI
«Kanpai, Yu-chan»
The End, sorry.
Kanpai.