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Autore: BlueWhatsername    17/09/2013    6 recensioni
' Beh, ma tanto ritardatario è sempre stato, dopotutto.
E se non fosse che adora il pesce – in ogni maniera ed in qualsiasi momento – non correrebbe certo così.
Niall Horan lo sa, di essere un pasticcione nato, ritardatario cronico – ma forse un po’ ci marcia su questo, lo sanno tutti – e anche un po’ sbadato.
E se non fosse che la cosa verso cui si dirige è quella che ama sopra ogni altra di certo non si scapicollerebbe così. '
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Hope you'll like it :)
Genere: Fluff, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L’entrata in casa di soppiatto non era mai stata la sua specialità.
Non lo era stata da bambino, quando si divertiva a scorrazzare in giardino, tuffandosi tra l’erba e la terra, e la madre lo costringeva letteralmente a spogliarsi prima di essere riammessa sull’immacolato pavimento di marmo dell’abitazione.
Non lo era stata da ragazzo, quando tornava a notte fonda – pancia piena e umore allegro, abbastanza allegro – e c’era sempre qualcuno pronto ad attenderlo per la ramanzina settimanale del sabato sera.
Non lo era ora, da sposato, quando rientrare significava obbligatoriamente dover passare per la vista a raggi X della moglie, una vista così acuta che nemmeno Superman avrebbe potuto eguagliarla, tanto precisa da individuare anche gli acari sperduti agli angoli delle stanze.
Niall socchiuse l’uscio, attento a non fare rumore – come se poi sarebbe servito davvero – ed avanzò lentamente, gli stivaloni di gomma che gli lambivano le ginocchia ancora ai piedi, il suo impermeabile indosso, berretto, canna da pesca in una mano e secchio con le vittime nell’altra.
Sospirò, quando si rese conto che il primo passo era stato portato a termine con successo: almeno era riuscito ad entrare, di solito era costretto a denudarsi come un verme – tipo quelli che teneva come esca – prima di poter anche solo mettere il naso dentro casa.
Avanzò di qualche passo, la suola bagnata – ed infangata – dei suoi stivali strideva pesantemente sul pavimento, come se ogni passo gli preannunciasse il rumore che avrebbe fatto il suo collo semmai lei lo avesse scoperto in quello stato.
Zuppo, infangato, lercio, con tanto di stivali sudici da pesca.
E dentro casa, sul pavimento immacolato dell’ingresso.
Sospirò, togliendosi il cappello e poggiandolo sul divano, dopodiché depositò il secchiello con i pesci pescati a terra e la canna proprio contro il muro, stando ben attento a non fare rumore.
Si guardò attorno, notando l’immobilità dell’ambiente, il silenzio che regnava, ed anche il buio che proveniva dal piano di sopra, sintomo che Bessie non fosse davvero a casa.
Altrimenti chissà che sarebbe successo.
Dette un’occhiata all’orologio: le sette e mezzo, davvero aveva passato così tempo fuori casa?
Si passò la mano tra i capelli biondi e sudaticci, sbuffando.
E quando fece per togliersi l’impermeabile, immancabilmente perse l’equilibrio, rovinando addosso al divano, finendosi praticamente sopra.
<< Cazzo… >> gli scappò detto in un sussurro quando notò la trama bianca del tessuto che lo rivestiva completamente striata di un marrone poco consono nonché puzzolente e acquoso.
Si tirò in piedi, con una manica dell’impermeabile infilata e l’altra no, gli stivali che stridevano di acqua e fango, e corse in cucina, portandosi dietro una candida scia di orme per tutto il pavimento.
Cosa che era comunque già successo dal suo ingresso a casa fino a quel momento.
Acciuffò una pezzuola bagnata, catapultandosi a riparare il danno che aveva combinato, quasi rischiando di travolgere sia la canna appoggiata al muro sia il secchio con i pesci morti – ed anche abbastanza puzzolenti, che ricoprivano quasi del tutto il profumo di arancio che Bessie amava tanto spruzzare in casa ogni mattina.
Con fare goffo – e disperato – tento di ripulire le striature marroni sul divano, ma l’unica cosa che ottenne fu di intensificarne il colore, oltre che l’odore acquoso.
Ed a quel punto l’unica soluzione che gli venne in mente fu di tornare da dove se n’era venuto a passare la serata – tutta la vita – con i pesci, nel rigagnolo che scorreva poco lontano da casa e che gli permetteva quelle ore di svago senza il bisogno di stare a contatto con nessuno.
Ci era cresciuto in quelle campagne, in mezzo al verde, respirando l’aria fresca e profumata d’Irlanda , a contatto con la natura e con gli spiriti liberi come lui, gli animali e le piante.
E non era stata una novità sentirlo dichiarare, nei mesi di fidanzamento con Bessie, che gli sarebbe piaciuto – avrebbe preteso, meglio – vivere in campagna, con un rigagnolo d’acqua vicino che gli permettesse di coltivare il suo hobby – ed anche di mangiare a gratis, cosa che lui amava sopra ogni altra.
Ed ora, quello stessa scelta di vivere in campagna e di andare a pesca, gli stava costando il matrimonio.
Perché, certo, se Bessie l’avesse mai scoperto, l’avrebbe buttato fuori casa – nudo come i vermi che usava per pescare, tanto per essere precisi.
E gli stava costando quasi la vita.
Perché la stessa Bessie, prima ancora di divorziare, gli avrebbe tranciato di netto la testa, di sicuro con uno di quegli adorabili coltelli con cui puliva sempre il pesce che lui portava a casa.
Mugolò, infastidito, lanciando la pezzuola nell’angolo della stanza.
Lo avrebbe ammazzato, e stavolta sul serio.
L’ultima volta che l’aveva vista arrabbiata era stata al loro primo incontro, poi non erano mai andati oltre il ‘Hai ragione tu, amore’.
Un rapporto impeccabile, il loro.
 
 
 
 
Niall corre così veloce che le ginocchia potrebbero staccarsi e gli stinchi smontarsi di loro volontà.
Se non fosse sempre così in ritardo, sarebbe anche meglio.
Aveva un appuntamento, un dannato appuntamento.
Il suo amico Fred lo ha concordato settimane prima di andare a mangiare a quel dannato Fish ‘n chips che ha aperto da poco all’angolo della strada, dicono che faccia la miglior frittura della città, e che le patate siano arrostite in una maniera ottima, croccanti ma così tenere da sciogliersi in bocca.
Ha anche prenotato un tavolo, Fred, e ritardare è davvero da stronzi.
Beh, ma tanto ritardatario è sempre stato, dopotutto.
E se non fosse che adora il pesce – in ogni maniera ed in qualsiasi momento – non correrebbe certo così.
Niall Horan lo sa, di essere un pasticcione nato, ritardatario cronico – ma forse un po’ ci marcia su questo, lo sanno tutti – e anche un po’ sbadato.
E se non fosse che la cosa verso cui si dirige è quella che ama sopra ogni altra di certo non si scapicollerebbe così.
Sorpassa un bambino sul monopattino, svoltando di corsa all’angolo, quasi inciampando nei suoi stessi piedi, ma continuando a correre.
Ed ha anche piovuto, per cui la strada è bagnata e scivolosa, ed anche un po’ infangata, roba che scivolarci sarebbe come buttarsi a occhi chiusi in un porcile.
Aumenta la corsa, mentre sente il telefono vibrare in tasca, di sicuro è Fred che si chiede dove sia finito, ma lui non ha davvero tempo di rispondere, lui…
… Senza rendersene conto finisce contro il muro, sbattendo la spalla.
Strizza gli occhi, mentre i peggiori sproloqui gli passano per il cervello, e tenta di rimettersi in piedi senza sforzi, pure se il dolore è pungente.
Muove il braccio in modo circolare, mentre il fastidio si attenua a poco a poco, pure se ormai i pantaloni si sono sporcati all’altezza delle ginocchia, ed anche la maglia e bagnata.
Beh, lo faranno entrare comunque, no?
Non può di certo perdersi quel meraviglioso fish ‘n chips
<< Pezzo di idiota! >>
Si riscuote, voltandosi verso la strada, sicuro che quel gentile appellativo sia per lui.
Che è un po’ idiota se l’è sempre detto – e anche da solo – ma sentirselo dire così, fa tutt’altro effetto.
Un ragazzina è seduta a terra, gambe incrociate e capelli sugli occhi.
La salopette di jeans che ha indosso è completamente sporca, sia sulle ginocchia che sul davanti, come se si fosse rotolata a terra – Niall vorrebbe ridere ma si trattiene, non sa per quale strambo istinto di conservazione che gli suggerisce di starsene zitto – ed i suoi capelli biondi, di un lucido color cenere, hanno le punte intrise di marrone, e no… Non è tinta, quella.
Poco più in là, una bicicletta viola è riversa a terra, schizzata di marrone anch’essa.
Devono essersi scontrati, allora, è l’unica soluzione.
Niall muove qualche passo, con tutto l’intento di aiutarla, quando si sente dare uno spintone improvviso, che nemmeno lo fa ragionare.
Lei, chiunque sia, gli è così vicina che può contarle le poco lentiggini sulle guance, ed anche sulla punta del naso.
Lo scruta con i suoi occhi di uno strano color selce, pieni di pagliuzze verdi che sembrano galleggiarci, lì dentro, le labbra spianate e la mascella contratta.
<< Io… >> tenta di dire Niall scostandola, ma lei lo spinge di nuovo, inchiodandolo al muro.
Ma cos’è, una ragazza o uno spirito demoniaco?
Somiglia tanto a una Banshee, una di quelle donne spiritate di cui la mamma gli parlava sempre da bambino e…
<< Brutto idiota! >> gli urla ancora lei, a poco più di due centimetri dal naso << Guarda cosa hai combinato! Mi sei praticamente venuto addosso, ma dove avevi il cervello, eh? >>
Lui la scruta con un misto di confusione e sincera sorpresa.
Non si è nemmeno fatta male, di che si preoccupa?
<< Se è per la bici mi spiace, se è rotta… >>
<< … La bici?! >> esclama lei, tirandosi indietro e allargando le braccia, con fare ovvio << Ma guarda come sono ridotta io! >> e Niall la squadra da capo a piedi, notando nuovamente le varie macchie sparse sulla sua salopette di jeans, oltre che sulle punte dei capelli biondo cenere << Sono diventata una schifezza, e tutto per colpa tua! >> scandisce fermamente, puntandogli l’indice contro.
<< Veramente… >>
<< Cosa?! Tu, nanerottolo da circo, dovresti ripagarmi la lavanderia, lo sai?! >>
Niall si acciglia, non riuscendo a nascondere un sorrisetto scemo.
<< Che c’è?! >> chiede lei, minacciosa.
<< Se è per questo dovrei ripagarti anche il parrucchiere! >> risponde, sarcastico, mentre la ragazza spalanca la bocca, visibilmente contrariata e si afferra una ciocca di capelli, urlando alla vista delle punte intrise di fango.
I suoi capelli sono così lunghi, nota Niall, che quasi le toccano i fianchi.
<< Tu… TU… >> sibila lei, le guance abbottate e rosse di rabbia << …Oh, sparisci! Idiota! >>
E si volta, dirigendosi a passo spedito verso la sua bicicletta ancora riversa a terra.
Niall sospira, passandosi una mano tra i capelli.
Si riscuote, estraendo il cellulare dalla tasca, che ha ormai accumulato talmente tante chiamate perse da esplodere quasi.
<< Arrivo subito, Fred, io… >>
<< Niente da fare, amico! Dobbiamo rimandare! >>
<< Come mai? >> chiese un basito Niall, senza staccare gli occhi di dosso da quella ragazza, ancora ferma a qualche metro da lui: è in ginocchio – nella fanghiglia – e sta trafficando alacremente con la catena della bicicletta, deve essersi sfilata con l’urto che l’ha fatta cadere, e ogni tanto lancia qualche imprecazione al cielo e qualche occhiataccia a lui.
<< … Capito? Dobbiamo rimandare! Ti spiace? >>
<< Eh? >> borbotta, alla domanda del suo amico al telefono << N… No! Figurati, ci… Ci sentiamo Fred! >> e appende, mentre l’altro ancora sta parlando.
Sta fermo pochi secondi, prima di avvicinarsi a quella stramba tipa, che è ormai talmente sporca di fango da risultare quasi comica.
<< Che cazzo vuoi?! >> lo aggredisce infatti, quando la catena della bici le scivola di mano e quella cade di nuovo a terra, facendola imprecare di nuovo.
Ha anche le mani sporche, ora, è davvero un disastro.
<< Posso… >> prova Niall, frenandosi dal ridere, ma solo perché teme che lei possa prenderlo a pugni.
<< No, non puoi! E ora sparisci! >> lo apostrofa lei, alzandosi in piedi, e agguantando la bici.
<< Ma… >>
<< Oh senti, ma che cazzo… >> e la bici le scivola di nuovo di mano, finendo nel fango della strada, ormai è sporca e inzaccherata quanto la padrona.
Padrona che si è appena portata le mani al viso, in un gesto disperato.
Padrona che ora sta urlando, dopo essersi resa conto che aveva le mani sporche dell’olio della catena, e che ora quell’olio ce l’ha per tutto il viso.
E che puzza, ed è unto.
Niall non si trattiene più, scoppia a ridere, cogliendo a pieno la scintilla incendiaria di rabbia che le pervade gli occhi.
<< Oh, fanculo tutto, idiota! >>
E si volta, incamminandosi nella direzione opposta, senza manco raccogliere la bici.
Niall tenta di ricomporsi, mentre uno strano intreccio gli coglie lo stomaco.
La fame, sicuro.
Ed è per puro caso che le corre dietro, chiedendole come si chiama.
Non è proprio Banshee, ma ci va vicino.
Bessie suona bene.
Ed è sempre per puro caso se lei accetta di andare a quel fish ‘n chips con lui, dopo.
Tanto il tavolo è prenotato, no?
E pure se sono entrambi lerci e sporchi, il profumo di fritto coprirà tutto, persino gli insulti che lei gli sta ancora rivolgendo.
 
 
 
 
Lo avrebbe riempito di insulti, poco ma sicuro.
E di sprangate.
Mai una litigata, dopo quella del primo incontro, certo, ma lo sguardo demoniaco da Banshee le era sempre e comunque rimasto.
Certo, ora non portava più salopette di jeans, né andava in giro in bicicletta, i suoi capelli erano più corti, ma sempre di quel biondo cenere strano che brillava, per certi tratti.
Non faceva più le cose di una volta, ma se c’era una sua caratteristica rimasta inalterata era la maniacale voglia di pulito.
Ed un divano bianco sporco di fango, un pavimento lercio, ed un secchio di pesci puzzolenti in salotto di certo non sarebbero mai rientrati nelle sue prospettive di pulizia.
Niall sbuffò, andando ad agguantare la canna da pesca vicino al muro – i suoi stivali che ancora stridevano rumorosamente sul pavimento – quando una mano si sovrappose alla sua, strappandogli l’oggetto da sotto gli occhi.
La luce dello sgabuzzino si accese, e con essa la luce poco cordiale degli occhi di sua moglie.
Si sentì deglutire, mentre questa lanciava la canna da pesca nello sgabuzzino, con ben poca grazia, e poi avanzava a passo lento nel salotto, studiando ogni minimo particolare.
I suoi occhi di selce intercettarono il pavimento imbrattato, spalancandosi pericolosamente alle chiazze sul divano, diventando contrariati alla vista dei pesci morti nel secchio.
Non fiatò, sollevando su di lui due occhi ammonitori ed esplicativi.
Sospirò, una, due, tre volte, deglutendo.
Niall aprì la bocca, rendendosi conto di non sapere che dire, quindi la richiuse al volo, mentre tentava di farsi venire una qualche buona idea per salvare il matrimonio.
E la sua testa, senz’altro.
<< Mi spieghi che significa, di grazia? >> fu la placida domanda di lei, velenosa quanto il morso di un serpente ed ammaliante quanto il suo sibilo.
<< Pensavo non fossi a casa… >> attaccò Niall, confuso, ma pentendosi subito dopo della risposta data.
Prima ammissione di colpevolezza e non era una bella cosa.
Gli occhi di Bessie scintillarono, furenti.
<< E quindi se non sono a casa puoi entrare ed imbrattare tutto a tuo piacimento, eh?! Tu, brutto idiota che… >>
<< … Il divano non è… >>
Seconda ammissione, e gli occhi di lei sempre più cupi: stavano per degenerare.
<< Niall James Horan, chi pensi che sono io, eh?! >>
<< Tesoro, il pavimento… >>
Terza ammissione, e lo scatto fulmineo di lei, con l’indice puntato.
<< E non chiamarmi tesoro, sai?! >> la voce di Bessie raggiunse qualche ottava sopra il naturale tono di voce, la mano quasi le tremava << Vattene al diavolo, tu, i tuoi pesci e la tua stramaledetta pesca! >>
Niall impallidì, vedendola così scossa.
<< Andiamo, Bes! >> esclamò, con quel nomignolo che usava sempre in situazioni particolari, e che a lei piaceva tanto per il modo in cui la voce roca di lui riusciva a farla fremere e tremare.
La donna gli si avvicinò ancora, l’indice puntato come un coltello davanti al suo viso, fece per parlare, ma tutto ciò che le uscì fu un verso inarticolato.
Si volse, mollando un calcio al secchio con i pesci, facendoli scivolare sul pavimento.
<< E cucinateli da solo! Strozzatici! >> esclamò, entrando in camera e sbattendosi la porta alle spalle.
Niall stette immobile, quasi incapace di respirare.
Oh beh, almeno aveva ancora la testa attaccata al collo.
Dire lo stesso del suo cuore attaccato allo sterno era fantascienza.
 
 
 
 
Ora capiva perché quel fish ‘n chips fatto in casa fosse così buono.
Perché Bessie puliva il pesce fin troppo bene, e lasciava cuocere le patate in una maniera tale per cui si scioglievano al contatto stesso con la forchetta.
Cosa che Niall non sapeva fare, viste le spine che aveva trovato nel suo piatto e le patate quasi crude con cui si era pelato lo lingua, al solo metterle in bocca.
Mollò la forchetta, abbattuto.
Sbuffò, poggiando il suo piatto mezzo vuoto nel lavandino, con la tentazione di buttarsi, a sua volta, dalla finestra.
Quel litigio l’aveva un poco destabilizzato, anche troppo.
Non era mai successo, non era preparato ad affrontare una tale situazione.
Come si faceva pace con qualcuno con cui non si aveva mai avuto un dissidio, nemmeno il minimo?
Due anni di frequentazione, tre di fidanzamento e due di matrimonio.
E quello era il loro primo litigio vero, escluso il primo incontro.
Sbuffò, acciuffando un piatto pulito e riempiendolo con quello che gli pareva il pesce cucinato meglio e con qualche patata cotta – almeno alla prima occhiata.
Prese un bel respiro, avanzando senza ripensamenti verso la porta chiusa della camera: adesso o mai più, si disse con convinzione, abbassando la maniglia.
Sbirciò nella stanza, trovandola raggomitolata sul letto, di spalle rispetto a lui, le ginocchia strette al petto e sommersa in una di quelle felpe giganti che le piaceva portare, quelle che profumavano sempre d’arancio o di detersivo.
<< Sparisci, tu e quella roba che puzza a chilometri di distanza. >> lo apostrofò lei, la voce sicura e decisa.
Almeno non aveva pianto, si consolò lui, posando il piatto sul comò e sedendosi accanto a lei, sul grande letto che sapeva di bucato fresco ogni volta.
Profumava, tutto odorava di piacevole con lei, tutto sapeva di buono.
<< Sono un pessimo cuoco, lo ammetto… >> ridacchiò lui, sentendosi stringere lo stomaco a vederla ancora ostinatamente voltata e silenziosa.
<< Bes, io… >>
<< Sei sempre il solito, Niall! >> esplose di scatto lei, sollevandosi a sedere, con gli occhi sbarrati << Te ne freghi sempre di quello che uno fa, te e vai a pesca per tutto il pomeriggio e poi arrivi e cominci a… >>
<< Oh andiamo, Bes, è stato un caso… >>
<< … Un caso?! >> rise lei, portandosi i capelli dietro le orecchie con stizza << Pensi sempre che io non ti dica niente solo perché in questi anni non abbiamo mai litigato, ma ciò non significa che io sia scema! Sai quanto ci tengo a certe… Cose! E tu… >>
<< Stiamo litigando per un pavimento sporco? >> proruppe lui, sentendosi irritato.
<< No, stiamo lit… Non stiamo litigando! >> ci tenne a correggere lei, con un tono di voce quasi isterico << E se anche lo stessimo facendo è perché tu sei un idiota! >> e si volse di nuovo di schiena, spostandosi di un po’, il più lontano possibile da lui.
In effetti, era a pochi centimetri dal bordo del letto, sarebbe potuta cadere senza problemi.
<< Bessie, spostati o finirai sul pavimento. >> la avvertì lui, serio, tentando di prenderle un polso.
<< Fatti i cazzi tuoi, e lasciami in pace! >> ribatté lei, scrollandoselo di dosso, quasi sbilanciandosi << E portati via quella schifezza che ha un odore così insopportabile da sembrare fiele! >>
Niall inarcò un sopracciglio, sempre più confuso.
<< Dai, vieni qua… >> tentò ancora, agguantandola per il gomito.
Lei scattò, in un rapido corpo a corpo, rischiando quasi di portarselo dietro, finendo per travolgerlo comunque.
E quando gli fu sopra, con le ginocchia ai lati dei suoi fianchi e le mani sul suo petto, Bessie si concesse un sorrisetto soddisfatto.
<< Sparisci, Niall. >> rimarcò, facendo per spostarsi.
Lui fu più veloce, la capovolse sotto di se, premurandosi di tenersi un poco sollevato per non pesarle addosso.
Bessie lo squadrò con sospetto, prima di mollargli un ceffone in pieno viso, con tutta la forza che aveva.
Lui se ne stette immobile, quasi senza respirare, mentre sentiva il sangue fluirgli alle guance, e non solo per il fastidio che avvertiva.
<< Me lo meritavo… >> concordò poco dopo, guardandola negli occhi.
Lei annuì, poggiando la fronte contro il suo petto, nascondendosi in lui.
<< Profumi… >> mormorò dopo un po’, soffocando uno sbadiglio.
<< Guarda che uso farmi la doccia, fino a prova contraria! >> scherzò lui, passandole una mano tra i capelli; rimase in silenzio, sentendola respirare verso le parti del suo collo << Non hai fame? Guarda che non fa poi così schifo, basta solo stare attenti alle spine… >> e rise ancora, sentendola fare lo stesso.
Avvertì le delicate mani di lei, risalirgli le spalle, dolcemente, poco prima che sollevasse il viso verso il suo, per guardarlo dritto negli occhi.
E Niall sentì di potercisi perdere davvero, come aveva sentito quella prima volta che erano stati a mangiare da quel nuovo fish ‘n chips sfruttando la prenotazione del suo amico Fred, quando l’aveva vista abbuffarsi di frittura e patatine come nulla fosse, il viso ancora sporco di olio di bici e gli occhi profondi e pensosi come in quel momento.
Si avvicinò lentamente, incastrando le sue labbra con quelle di lei, avvertendole morbide e bollenti come ogni volta, con quel retrogusto fruttato, colpa del suo lucidalabbra, quello che le faceva diventare la bocca ancora più rossa ed invitante.
Lasciò vagare le mani lungo la sua schiena, tratteggiando le pelle coperta dalla felpa, avvertendo il suo respiro farsi irregolare e così basso da confonderlo.
Era come una fucilata, un dannato colpo sparato dritto alla bocca dello stomaco, una fame che non avrebbe mai saziato in pieno.
Perché di lei non se ne poteva mai avere abbastanza.
<< Rimani comunque un idiota… >> gli sussurrò Bessie all’orecchio, quando Niall si chinò a lambirgli il collo e poi sfilarle la felpa, spargendo la sua massa di capelli biondo cenere sul cuscino.
E quello lo sapeva.
Ma pensare, in quell’istante, gli veniva difficile, più complesso del solito.
Specie se lei tratteneva le sue dita sulla pelle, se gli baciava il mento in quel modo, se lo chiamava così insistentemente da stordirlo.
E andava bene, dopotutto, per la cena ci sarebbe stato tempo.
 
 
 
 
Bessie si volse, incontrando il sorriso di lui.
Gli sorrise a sua volta, rannicchiandosi sotto il lenzuolo, una mano sotto la guancia ed una stretta nella sua.
Le dita di Niall erano state sempre molto più lunghe delle sue, e per questo adattissime a scaldarla dal freddo.
<< Lo pulisci tu quel casino di là, sia chiaro… >> ci tenne a precisare lei dopo un po’, alludendo al divano ancora lercio ed al pavimento.
Lui annuì, scoccandole un bacio all’altezza dello zigomo.
Bessie prese un bel respiro, storcendo il naso.
<< Quel coso puzza! >> sbottò, alludendo al piatto di pesce e patate ancora sul comò.
<< Sei solo paranoica! Guarda che se avessi provato… >>
<< Scherzi?! Non voglio che moriamo avvelenati! >>
Niall rise, divertito << Io sto benissimo, se è per questo… >>
<< Non parlo di te, difatti. >>
<< Ma hai detto… >>
<< Lo so quello che ho detto! >> lo frenò Bessie con un’occhiata decisa, leggendo l’indecisione negli occhi celesti del marito << Io… Io mi riferivo… >>
Niall deglutì, sentendo un nodo schifosamente piacevole formarsi al livello del suo stomaco.
<< Hai presente quel detersivo alla lavanda che non uso più? >>
Lui annuì, senza capacitarsi di cosa stesse dicendo.
<< Beh, ultimamente avevo notato che se lo usavo avevo una tossa che non finiva più e… Oh, ricordi quel sapone strano che… ? >>
<< Bessie, piantala e arriva al dunque. >> la interruppe lui, sull’orlo dell’isteria.
<< Penso che prossimamente avrò più panni da lavare e stirare. >> confessò lei, mordendosi un labbro.
Niall inarcò un sopracciglio, scettico << Tua madre viene a trovarci? >> chiese, senza interesse né felicità alcuna all’eventualità.
Lei dissentì, sentendosi un poco più sicura.
<< No, verrà a trovarci qualcuno che resterà con noi per molto tempo… >>
Il silenzio che seguì fu di quanto più surreale al mondo.
<< Cazzo! >> sibilò Niall di punto in bianco, sbiancando << Vuoi dirmi che lo zio Jonathan torna a trovarci?! Non posso crederci, io… >>
E Bessie si ritrovò inspiegabilmente a sbuffare, quasi sull’orlo dell’isteria.
<< Quando dico che sei un idiota, lo dico per davvero! Niall James Horan, sei un idiota! >>
<< Ma tu non parli e… >>
<< Mi chiedo come farà un bambino a vivere qui dentro con te che sei così… >>
E gli lanciò un’occhiata indecifrabile, mentre i suoi occhi celesti si scurivano, e poi si puntavano su di lei, quasi spiritati.
<< Tuo cugino di dieci anni viene per cas… ? >> scherzò a quel punto Niall, mentre sentiva il cuore esplodergli e non poté evitare di stringerla a sé, riempiendole i capelli di baci.
<< IDIOTA! >> rimarcò lei, ridendo e baciandolo a sua volta, sentendo quella piacevole pressione al basso ventre farsi sempre più intensa, e non solo per la rivelazione appena fatta.
Quando si separarono, fu lei la prima a parlare.
<< Dovrò insegnargli a lavarsi i denti, ci pensi? >>
<< E a lavarsi le mani… >> la assecondò lui, sorridendo.
<< E a fare tutto, e… >>
<< … Credi gli piacerà andare a pesca? >> domandò Niall, ridendo.
Bessie lo scrutò un secondo, scrollando il capo.
Se fosse nato uguale a suo padre, sarebbe stato davvero difficile fargli comprendere il limite di certe cose.
Scemenze comprese.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
SPAZIO AUTRICE.
Sono una persona ignobile.
Solo ieri ho pubblicato il capitolo di una FF e stamani mi sono svegliata con questa idea.
Che poi, già ce l’avevo da mesi, l’idea… Ma solo stamani mi è venuto tutto bene nel cervello, chiaro e limpido (?).
Due cose:
1)la storia della bici la devo ad una simpatica donzella che io amo, lei capirà. Love you, Aitch. <3
2)la storia del pavimento sporco di orme, invece… AHAHAHAH lo devo a qualcun altro.
Tutto ciò, si è mescolato alle idee che già avevo ed eccoci qua :’)
ANCHE NIALL HA LA SUA OS.
*trombette*
Volevo troppo scrivere di lui, ve lo giuro *-*
Spero vi sia piaciuta.
Io ne sono decisamente soddisfatta <3 ed è tutto dire.
Io adoro quel biondino irlandese con tutto il mio <3 e boh… AMATELO.
Se vi fosse piaciuta, let me know.
:3
[Non la smetterò mai di intasare questo fandom, credo]
Byeeee :3

 
  
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