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Autore: Stay away_00    17/09/2013    1 recensioni
Un angelo è stato punito da Dio.
E quella punizione è l'umanità e l'amore.
Genere: Dark, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Incest
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CAPITOLO 2.

 Scottdale, Arizona. 2013.

 Padre…per favore, per favore, non fami questo.”
Quelle parole erano state vane per Samael, Lui non lo aveva ascoltato.
Lo aveva costretto a scendere su quella terra, lo aveva costretto a scegliere un corpo e a mimetizzarsi in quel posto, a vivere sessant’anni da umano, per comprendere la vita che lui aveva creato, per compredere quello che realmente poteva significare essere una creatura di Dio senza ali, senza poteri  e lui era uno dei primi angeli.
Lui che aveva scelto Dio e allo stesso tempo ripudiato l’umanità in quel momento si trovava in quel posto sconosciuto, con il viso rigate di lacrime calde e egoistiche. Lacrime di nostalgia e vergogna.
Si ritrovava in quel luogo sconosciuto, muoveva un corpo che non era il suo. Che non possedeva i suoi occhi fatti di rubino liquido e i suoi capelli neri come la pace. Quella era stata la trasformazione che aveva avuto al momento della sua scelta. I suoi occhi erano diventati rossi, come il sangue che in futuro avrebbe versato e i suoi capelli neri, come il buio che aveva circondato la sua anima, ma suo Padre aveva continuato a sperare, aveva continuato a rischiare, sino a quando lui non aveva passato il limite.
Punito.
Come se fosse un bambino disubbidiente, come se fosse un angioletto alle prime armi.
Scosse il capo, osservandosi le mani e i piedi nudi. Possedeva il corpo di una vittima di un incidente, era stato lui a scatenarlo, non sapeva perché ma quell’umano lo aveva attratto.
Edgar.
Era quello il suo nome. Aveva udito la ragazza, che doveva essere la sua fidanzata, urlare il suo nome, poi c’era stato il nulla e si era svegliato al centro di quella stradina.
Si guardò intorno con aria distratta, mentre continuava a passarsi il dorso della mano sulla guancia, come un bambino. E forse lo era, era un bambino, in quel momento non era quell’angelo potente che era stato un tempo, ma un banale umano alle prime armi con la sua vita.
Continuò a camminare per ore, o forse minuti, sino a quando non arrivò ad una piccola villetta, un po’ isolata ma molto – all’apparenza – accogliente. Possedeva un tetto giallo canarino e le mura dipinte di rosso sangue, sembrava una casa delle favole e se ne sentì improvvisamente attratto. Sapeva che era li che doveva andare.

 

“Ciao Ed… ti ricordi di me?
Sono Maya Morgan, tua sorella. Ricordi che noi non amavamo definirci in quel modo? Ci definivamo semplicemente amici, anche se intrambi sapevamo che eravamo qualcosa di più. Tu eri tutta la mia vita e quando te ne sei andato sono morta con te.
Ormai sono tre anni, fratellino. E a volte mi chiedo se tu mi osservi da lassù, se mi proteggi e mi ami come facevi una volta, oppure hai trovato un altro angelo?Hai trovato qualcuno da proteggere? Qualcuno per cui valga la pena lottare? Hai trovato la tua strada? Quella che dicevi che avresti cercato per tutta la vita? Ma… ma tu una vita non l’hai più ed è colpa mia, se non ti avessi convinto ad andare a quella festa. Edgar. Mi manchi così tanto. Mi mancano le nostre chiacchierate, mi mancano i tuoi abbracci e ho cercato di compensare con il tuo cuscino, sai? A volte lo porto nel mio letto e lo piazzo accanto a me sotto le coperte, fingendo che quello sia tu, fingendo che tu sia ancora con me e che in un modo o nell’altro tu stia ridendo a quel patetico tentativo di sentire meno la tua mancanza, a quel patetico tentativo di tornare alla realtà, alla nostra realtà. Ricordi il piccolo angolo di paradiso dedicato a noi? A volte i torni? A volte torni da me, Ed? Torneresti da me, per favore?
Non lo sopporto più. Non posso sopportare le persone felici, non posso  sopportare i fiori sulla tua tomba, non posso sopportare te. Ti odio Eddy. Mi impedivi di lasciarti solo, passavo il tempo a progettare la mia vita con te e poi sei tu quello che mi ha abbandonata. Non te lo perdonerò mai. MAI.”

 

 Maya sentì le labbra seccarsi. Il sole quella mattina era cocente e lei aveva passato la notte in bianco. Era la prima che passava senza la sua famiglia, la prima giornata da diciannovenne in quel nuovo mondo. Sapeva che per lei stava iniziando un nuovo capitolo.
Niente Edgar, niente lacrime, niente sangue.

 

 

Quel giorno provava a sentirsi viva, quel giorno provò a provava a capire e l’unica cosa che c’era da capire era che non si è mai soli, e lei non lo era mai stata.
Non aveva smesso neanche per un attimo di amare Edgar in quei tre anni, non aveva smesso neanche per un attimo di sperare e di pensare di poter morire da un momento all’altro, ma quel giorno lei tornava in vita. Quel giorno rinasceva, cercando di realizzare tutti i suoi sogni, tutte le sue aspettative, cercando di trovare una nuova ragione, anche se pensava nulla avrebbe mai rimpiazzato quella vecchia.
Aveva piazzato l’ultimo vaso di fiori ed era tornata in casa.
La sua casa con il tetto giallo e le mura rosse. Proprio come l’avevano sempre sognata lei e suo fratello, era la casetta in cui sarebbero dovuti andare a vivere una volta compita la maggiore età. Quel momento non era mai arrivato, ma non importava. Non importava affatto. Avrebbe vissuto per entrambi. Sia per lei che per suo fratello.
Si versò un bicchiere di limonata gelata e lo portò alle labbra, sentendo quasi immediatamente la gola rinfrescarsi e una sensazione di pace invaderla. Posò il bicchiere nel lavello e poi si spaparanzò sul divano, chiudendo gli occhi e sentendosi finalmente soddisfatta.
A quel punto sentì qualcuno bussare alla porta. Si sentiva spaesata, non aveva detto ai suoi genitori dove intendeva andare, ne cosa avrebbe fatto della sua vita, un giorno, era semplicemente andata via.
Doveva essere qualcuno che si era perso.
Era restia ad andare ad aprire la porta ma alla fine lo fece.

 Sentii la mano tremarle e le gambe che stavano per cederle, mentre le lacrime avevano cominciato quasi immediatamente a scorrerle lungo il viso.
-No… -
Mormorò, senza lasciare che il ragazzo – Edgar – proferisse parola, senza lasciare che potesse fare qualunque cosa, a quel punto gli gettò le braccia al collo e lo abbracciò con forza, mentre continuava a tremare e singhiozzare.
Sino a quando due mani maschili non l’afferrarono per le braccia e la spinsero via e due occhi, che non sembravano affatto quelli di suo fratello non la guardarono con disgusto.
-Non ti conosco. –
Disse il ragazzo.

 

 

   
 
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