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Autore: Gayzelle    17/09/2013    2 recensioni
[Questa fic partecipa al contest ‘Between Heaven and Hell’ indetto da FaGammaVoloso e Saw Yozora.]
Gli angeli e i demoni non hanno alcun ricordo della loro vita terrena.
E nessuno sembra tenerci particolarmente alla sua storia.
Tranne una ragazza dai lunghi capelli biondi e dalle ali bianche e pure.
Infrangerebbe persino le regole del Paradiso pur di ricordare la sua vita.
Ma se il passato e il futuro dovessero per caso intrecciarsi, il corso degli eventi cambierebbe irrimediabilmente.
Solo l'amore peccaminoso con un demone potrà far sì che il futuro non venga distrutto completamente.
Chi vincerà questa sfida contro il destino?
---
Finalmente l'ho pubblicata ^^"
Ero proprio sul filo del rasoio...
Beh, spero che vi piaccia ^^
Baci e buona lettura,
Alicchan.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri, Destra/Desuta, Sael/Sein
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Autore/i: Alicchan
Titolo:  I’ll write my future for another time
Pairing: Guel/Belzebu, accenno Desuta/Sein
Parole: 2536 (senza contare lo specchietto) secondo Word
Prompt: Ricerca del passato
Note [le potete inserire anche in fondo alla fic]: //

 
I’ll write my future for another time

 
Era scesa la notte e il silenzio si era appropriato dell’Eden.
Regnava una calma assoluta e tutto era immobile; le nuvole scure erano attraversate solamente da sfumature biancastre e nel cielo dal limpido colore blu oltremare le stelle erano già comparse da oltre un’ora.
Un fruscio interruppe quella silenziosa perfezione e un’ombra fugace attraversò il giardino correndo leggiadra.
Era una figura minuta e incappucciata, dalla corporatura poteva dirsi una ragazzina ma il volto era completamente coperto.
I piedi scalzi frusciavano tra l’erba bagnata e la mantellina svolazzava leggera sospinta dalla brezza notturna; la piccola mano teneva stretto il bavero cercando di nascondere il più possibile il viso e il lieve ansimare riempiva l’aria.
Raggiunse il confine tra l’Eden e il cielo e si fermò un attimo prima di cadere nel vuoto, lasciò cadere la mantellina e spiegò le ali diafane.
Avanzò quel poco che bastava per cadere nell’immensità di quel cielo e allargò le braccia per cingere le nuvole evanescenti.
Libera.
Quella sensazione così vera e limpida durò solo un istante, il tempo di assaporare col viso la freschezza dell’aria al di fuori di quella “prigione” e desiderarla ancora più ardentemente.
Qualcosa, o meglio, qualcuno, l’aveva fermata.
Una mano fredda e affusolata le teneva saldamente il polso e tentava in tutti i modi di farla tornare indietro.
Guel si divincolava e si opponeva alla forza che la stava trascinando indietro, sbatteva e le ali e cercava di tuffarsi nel vuoto, ma senza alcun risultato.
Alla fine, sfinita per quello sforzo, si accasciò sull’erba bagnata ansimando e cercando di dischiudere gli occhi poco abituati alla fioca luce della luna, mise a fuoco l’immagine della persona che le era seduta accanto.
-B-Bibì?- Disse la ragazza con la voce spezzata dal fiatone.
La figura si limitò ad annuire svogliatamente e, allungando le braccia sopra la sua testa, emise un lungo sbadiglio.
-Cosa ci fai qui? è pericoloso, pensa se qualcuno ti vedesse!- Esclamò Guel mettendosi seduta di scatto.
Il ragazzo dalle ali color pece fece un gesto di noncuranza con la mano e si limitò a dire che nessuno se ne sarebbe accorto.
-Già, difficilmente ci si accorge di un demone nell’Eden.- Aggiunse la ragazza sarcasticamente.
-Belzebu, perché ti trovi qui?- Disse poi dopo qualche istante di silenzio.
-Per cercare di fermarti, stupida.-
-Fermarmi? E per quale ragione?-
Il demone alzò gli occhi al cielo e sbuffò annoiato.
-Semplice: non sopravvivresti più di due minuti sulla Terra.-
Guel sorrise sarcastica.
-Oh, è così che la pensi? Sai, dubito che tu possa capire quanto sia frustrante per me non ricordare nulla del mio passato. L’unica occasione che avevo per andarmene è andata in fumo grazie a te.-
La ragazza sbuffò e si stese a terra, gli occhi erano fissi sul cielo e sembravano scrutare ogni suo angolo; saltavano da una stella all’altra, senza tralasciare nemmeno quelle più piccole e dalla luce più flebile.
-Cosa guardi con tanto interesse?- Chiese Belzebu dopo un interminabile silenzio.
Guel non disse niente, si limitò solamente ad indicare l’immensità del cielo con un gesto della mano.
-Sai Bibì, stavo pensando… se il nostro legame è così “forte”, nonostante apparteniamo a razze in conflitto sin dall’alba dei tempi, ci deve essere un perché, no?-
Il demone la guardò profondamente tenendo gli occhi fissi nelle sue iridi argentee e, mettendosi seduto con fare pigro, avvicinò il suo viso a quello dell’angelo.
-Sai Guel, è la prima volta che ti brillano così gli occhi.- Disse scrutandola ancora più attentamente.
-Mi stai ascoltando?!- Sbottò lei infastidita e, spingendo a terra il demone, continuò a spiegare.
Belzebu fece una smorfia di dolore e, mugolando, si girò in direzione dell’angelo.
-Magari in vita eravamo conoscenti, non pensi?- Disse Guel sorridendo.
Il silenzio che seguì era denso e cupo, il demone era scettico e apparentemente indifferente all’ipotesi emessa dalla ragazza.
-Senti Guel, sei riuscita a vivere per mille anni nonostante questo dubbio, non credi di poter lasciar perdere?- Cercò di dissuaderla lui, ma con scarso risultato.
La ragazza parve rifletterci.
Poi, dopo un lungo silenzio, esclamò:
-Cosa sono mille anni in confronto all’eternità?-
-Dovrei vivere senza ricordare il mio passato per sempre? Non credo di riuscirci.-
Improvvisamente l’atmosfera si era fatta insopportabilmente triste, un velo impalpabile era sceso su di loro fino ad ovattare ogni cosa al di fuori di esso.
Restarono così fino a che i primi raggi del sole non illuminarono il Giardino Sacro, scoperchiando la sua semplicità pura che lo rendeva in qualche modo maestoso.
Guel si alzò e spalancò le ali intorpidite, dopodiché si avviò lentamente sul sottile striscio di terra che divideva l’Eden dal cielo e, prima di tuffarsi, rivolse un ultimo sguardo al demone che giaceva addormentato.
Sorrise e si lasciò cadere.
Aspettò a spiegare le ali, voleva godersi la sensazione di vuoto che le aveva attanagliato lo stomaco.
Era una sensazione inebriante, la velocità le toglieva il respiro e il giallo acido del cielo all’alba sembrava fagocitarla completamente.
Spiegò le ali una volta oltrepassata l’Oltrenuvola, una nuvola enorme che separava il Paradiso dalla Terra e che permetteva di attraversare il tempo.
E fu libera.
Una volta attraversata quella soffice muraglia le apparve davanti un mondo meraviglioso.
Era un luogo reale e percettibile, una presenza viva in un universo sconfinato e impalpabile.
Sapeva di casa.
Guel atterrò abbastanza vicino a un villaggio, ma sufficientemente lontano per non dare nell’occhio.
Camuffò le sue ali e nascose il suo viso sotto un cappuccio, se avesse in qualche modo interferito con la se stessa del passato, ogni cosa sarebbe potuta cambiare.
Camminò per un breve tratto di sentiero, sperando di essere giunta al villaggio giusto; ma in cuor suo sentiva di esserci riuscita, di aver trovato istintivamente il luogo dove erano custoditi i ricordi della sua vita terrena.
Annusò l’aria, aveva un odore umido e terroso, aspro e un po’ dolce come il fieno nelle stalle disseminate nei dintorni.
Niente a che vedere con l’odore trasparente e impercettibile, quasi sterile, a cui era abituata a sentire nel cielo.
Si fermò quando capì di essere davanti alla porta della città.
Alzò di poco lo sguardo e cercò di ricordare quell’enorme porta in legno scuro, nodosa e ruvida, imponente ma semplice allo stesso tempo.
Anche quella aveva un buon odore; era antico e un po’ spento, il legno aveva perso la fragranza della foresta e aveva assorbito l’essenza calda e umida della città .
Le voci impetuose di due uomini la costrinsero a fermarsi.
Le intimarono di non muovere un altro passo e di riferire loro il suo nome.
-Tsubaki. Mi chiamo Tsubaki.- Disse lei dopo averci pensato un po’.
Se avesse riferito il suo vero nome sarebbe andata contro le leggi del Paradiso.
Io ho infranto la legge appena ho scelto di compiere questo viaggio.
-Scopriti il viso.-
Guel rabbrividì; se avessero riconosciuto il suo volto avrebbe mandato in fumo ogni cosa, forse l’avrebbero condannata come strega o eretica e l’avrebbero messa al rogo.
-Il mio viso porta i segni della Febbre Rossa che sono riuscita a combattere, ma la mia famiglia è morta dopo poco tempo. Non ho nulla da nascondere se non il mio volto trasfigurato.-
Si stupì di quanto velocemente era riuscita ad inventarsi qualcosa.
Alzò un poco lo sguardo e, stringendo la presa sul tessuto del colletto, chiese umilmente: -Per favore.-
I due parvero pensarci e, dopo averle fatto altre domande, la lasciarono entrare.
Una volta attraversato il portone, Guel si ritrovò immersa nella confusione cittadina.
Osservò la gente che camminava per le strade, poche persone in realtà, e si stupì di quanto fossero diverse le une dalle altre.
Un gruppo di ragazzi rumorosi giocava in mezzo alla strada di ciottoli, comportandosi incoscientemente, agitando pericolosamente oggetti appuntiti.
Osservò poi un uomo anziano dall’aria distinta, portava dei vestiti puliti ed eleganti e camminava aiutandosi con un bastone che, ad occhio, sembrava parecchio costoso.
Nel frattempo le passò davanti una donna sulla quarantina camminando tranquilla e tenendo per la mano una bambina dai lunghi capelli biondo platino.
Il sorriso di quest’ultima le scaldò il cuore e, avvicinandosi lentamente, cercò di ascoltare la loro discussione.
-Ieri mamma  ho incontrato di nuovo il ragazzo con i capelli neri!- Esclamò la bimba.
Guel non ne aveva la certezza, ma per lei quella bambina non aveva più di sei anni.
Notò che la madre fece un’espressione contrariata e, dopo aver sospirato, si rivolse alla figlia nel modo più calmo e pacato possibile.
-Vedi piccola mia, preferisco che tu non abbia più niente a che fare con quel ragazzo.-
In fondo lo conosci da poco no? Non sai se è bravo o meno…-
Io ho già visto questa scena.
Pensò Guel osservandole meglio.
-Ma mamma! Belzebu è un bambino simpatico! E poi mi tratta sempre come una principessa.- La piccola ora
sorrideva dolcemente, guardando la madre in modo rassicurante.
Ha degli occhi bellissimi, grandi e dolci, di un argento vacuo.
E poi il suo sorriso è… così simile al mio…
Il rumore di uno schiaffo la distolse dai suoi pensieri.
-Non devi pronunciare il suo nome, Guel!-
Sentì poi il bruciore di esso sulla sua guancia, nonostante fosse arrivato in viso alla bambina.
Vide lentamente il suo passato che prendeva forma, come se le pagine di un libro venissero strappate e si riformassero dinanzi ai suoi occhi.
Il peso che sentì sullo stomaco la fece barcollare e, girandosi di scatto, udì una carrozza avvicinarsi velocemente.
-Mamma! Guarda quel gattino, è nel mezzo della strada!- Esclamò la bambina indicando un micio dal pelo nero e lucido.
Si era già dimenticata dello schiaffo, evidentemente.
Guel sentiva i battiti del suo cuore farsi sempre più veloci.
Il rumore perpetuo della carrozza le ronzava fastidioso nelle orecchie.
Vide in maniera indistinta la figura di lei stessa da piccola avvicinarsi al cucciolo e prenderlo fra le braccia.
Ora il rumore delle ruote della carrozza era penetrante.
I battiti del cuore acceleravano sempre di più.
Fu un attimo.
La carrozza era a pochi metri dalla bambina bloccata dal terrore, mentre l’urlo della madre le arrivava ovattato alle orecchie.
Scattò in avanti e con un solo battito d’ali raggiunse la piccola.
La prese in braccio e la portò in salvo dall’altro lato della strada.
Nell’esatto istante in cui i loro occhi si incontrarono, Guel seppe di aver cambiato il futuro irrimediabilmente.
Lasciò a terra la bambina e fece per spiccare il volo, ma le ali stavano lentamente svanendo e lei stessa stava diventando semi-trasparente.
Sto… svanendo?
Prima che la bambina potesse vederla in viso, Guel si trovò tra le braccia di un ragazzo a lei familiare.
-Belzebu?-
Stavano volando.
Arrivarono fino ad una radura nascosta tra i boschi delle montagne.
Il demone posò a terra la ragazza, per poi accasciarsi sull’erba sfinito.
Le ali nere di Belzebu erano diventate sbiadite, la membrana cartilaginea era trasparente abbastanza da poter vedere il mondo in grigio guardando attraverso di esse.
-Bibì, cosa sta succedendo?- Chiese Guel in tono malinconico.
Lui smise di ansimare e le disse la verità, guardandola con un velo di tristezza.
-Svaniremo. Nessuno si ricorderà più di noi come Angelo e Demone, bensì come esseri umani.-
I due stettero in silenzio per qualche minuto, sino a che i singhiozzi dell’angelo si diffusero nel’area circostante.
-Belzebu, promettimi che non ti dimenticherai di me.- Gli chiese tra i singhiozzi.
Aveva il viso arrossato e le guance umide di lacrime; gli occhi gonfi e lucidi esprimevano solo un dolore profondo e disperato.
Il demone arrossì violentemente e, passandosi una mano tra i capelli color pece, iniziò a balbettare qualcosa in modo imbarazzato.
-Scema… C-certo che non ti dimentico. Ma tanto so che sarai tu a dimenticarti di me…-
Guel lo zittì con un bacio.
Un bacio casto, fugace e puro, aveva la freschezza dell’aria e la leggerezza di una piuma.
-Io non mi dimenticherò mai di te.- Sussurrò poi l’angelo ad un soffio dalle labbra di Belzebu.
Lui ridacchiò maliziosamente.
-Cosa volevi dire con questo, Angelo?-
-Che mi sono innamorata di uno stupido demone.-
 
Ormai le due figure erano evanescenti e sarebbero presto scomparse.
Ma nei loro occhi non si leggevano né paura né rimorso, solo il cangiante luccichio della vita.
Consapevoli del futuro che li attendeva, strinsero un patto che sarebbe durato in eterno.
-Ti amo Bibì.-
-Ti amo Guel.-
E sigillarono quella promessa con un ultimo bacio prima di disperdersi nell’aria.
Avevano appena espresso il loro voto macchiato di nero peccato.
E sparirono insieme.
Un Angelo e un Demone.
Due anime.
Un solo cuore.
 

Oh God, I pray you:
If one day we will reborn,
Make it will be together.
 
-Non pensi che dovremmo svegliarla, Desuta?-
-Non lo so e non mi interessa.-
-Non sei d’aiuto.-
-Mi hai letteralmente trascinato qui, ergo, non pensare che debba per forza interessarmi il motivo.-
-Solitamente è così che succede…-
Un gemito li distolse dalla loro discussione.
-Si sta svegliando, Sein.-
La ragazza sdraiata sull’erba si stropicciò gli occhi con fare infantile e si mise a sedere con calma.
-Ehilà.- Disse il ragazzo con le ali bianche.
La ragazza sgranò gli occhi chiari e tentò di dire qualcosa, ma con scarso risultato.
-È normale che tu non riesca a parlare ora.
Hai dormito a lungo e hai bisogno di tempo per riabituarti alle azioni quotidiane
di quando eri in vita.-
La ragazza inclinò la testa di lato come a manifestare tutta la sua incomprensione.
I due ragazzi sorrisero guardando quell’espressione e, lo stesso ragazzo di prima,
continuò a spiegarle.
-Vedi, tu ora ti trovi nel punto d’incontro tra Inferno e Paradiso.
È qui che gli esseri umani, una volta deceduti, vengono divisi tra Angeli e Demoni.-
Lei annuì piano, dando segno di comprendere.
-Bene, immagino che tu non ricordi il tuo nome, giusto?-
La ragazza scosse il capo.
-Appunto.-
Questa volta fu il ragazzo dalle ali nere a parlare.
-Ti chiami Guel e, quando ti abbiamo trovata qui, eri insieme ad un ragazzo.-
Un ragazzo…?
-Io e la gallina qui al mio fianco pensiamo possa essere qualcuno di tua conoscenza.-
Il ragazzo dalle ali bianche gli tirò un lieve schiaffo dietro la nuca.
-Era qui fino a poco fa…- Disse poi quest’ultimo guardandosi intorno.
Un terzo ragazzo fece capolino da i due.
Aveva la pelle rosea, i capelli color cenere e gli occhi profondi e scuri come due pozze di petrolio.
Non è possibile…
Fu il ragazzo dai capelli lunghi e neri a presentarlo.
-Guel, il suo nome è…-
…Belzebu!
Guel corse ad abbracciarlo.
Le lacrime calde bagnavano il petto del ragazzo dai capelli corvini.
-Guel, perché piangi?- Chiese il demone facendo passare le dita tra i suoi capelli chiari.
Lei trattenne a stento qualche singhiozzo e si alzò sulle punte dei piedi fino a che i loro occhi non si specchiarono.
Sorrisero entrambi e lui colmò le distanze con un bacio.
Era così puro per un demone,
ma conservava lo stesso calore delle fiamme.
E fu allora che la ragazza vide:
le ali di entrambi erano bianche.
 

God, thank you for the new chance you’ve given to me.
I will spend all my life with him,
as I swore on that day.
Because my impure love for him
is stronger than everything.
But now we are sharing the same destiny
And no one could ever separate us.
 
Buongiorno/pomeriggio/sera cari lettori.
Innanzitutto vi ringrazio di aver letto fino a questo punto e spero che la storia vi sia piaciuta ^^
Ringrazio tantissimo Fra e Saw per avermi concesso di partecipare al contest e per avermi dato la settimana di proroga.
Devo dire che la fiction è completamente diversa da come me l'ero immaginata inizialmente, ma sono abbastanza soddisfatta.
L’avrò modificata centinaia di volte, ma questo è il risultato migliore che ho ottenuto e mi piace. :3
Il motivo per cui ho scelto questa pairing è che i personaggi mi sono piaciuti fin da subito, mi sembravano l’uno il riflesso dell’altro, yin e yang, Angelo e Demone (?).
A questo punto posso solo dire di essermi divertita tantissimo a scriverla e auguro a tutti i partecipanti buona fortuna! ^^
Ora vi lascio che ho già sclerato abbastanza.
Bye bye,
Alicchan.
  
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