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Autore: rosa_bianca    18/09/2013    2 recensioni
E se la madre del temuto Fantasma dell'Opera, invece di consegnarlo ad un circo di zingari, avesse deciso di affidarlo ad un convento parigino?
E se, il caso volesse, quest'ultimo fosse proprio il Petit Picpus, rifugio di Valjean e Cosette?
Cosa succederebbe se, quello che sarebbe in un'altra vita un futuro Fantasma, venisse accudito dal nostro ladro di pane preferito?
Come si evolverebbero i fatti? Cosa accadrebbe nel noto 1832, anno della Ribellione di Giugno?
Leggete e scoprirete.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Cosette, Jean Valjean, Marius Pontmercy
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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1 Gennaio, 1825



L’esile donna si strinse nello scialle, chinando la testa nel tentativo di sfuggire la neve che le copriva il mantello nero. Camminava da due ore, ormai, con la paura che la fragile creatura che stringeva tra le braccia potesse morire per il freddo.
La giovane, che avrà avuto al massimo venti anni, posò lo sguardo preoccupato sul bambino. Aveva solo un giorno. Lei si sentiva meno in forze che mai, ma muoveva un passo dopo l’altro, nella neve, continuando a ripetersi: Lo faccio per lui… lo faccio per me e per lui.
I suoi grandi occhi azzurri guardavano ancora quelli del figlio, che erano di un particolare colore tra il grigio e il verde.
Ma, purtroppo, non era la sfumatura delle sue pupille a notarsi di più nel suo piccolo volto; bensì la metà destra del viso, cosparsa da piaghe orrende. L’occhio destro quasi non si vedeva, coperto dalla pelle, il naso era storto, il mento sfregiato.
La madre rabbrividì, al ricordo dell’espressione di suo marito quando vide per la prima volta il neonato.
“È un mostro! Nient’altro che un mostro! Non è figlio mio, questo! Vattene, prima che possa alzare le mani su te e quello scherzo della natura… Vattene via subito!”
L’immagine di lui mentre rovesciava il tavolo che li separava le tornò alla mente, ma lei cercò di scacciarlo.
Continuava a camminare con materna stoicità, impedendosi di piangere.
Dopo essere stata cacciata di casa, ancora piena di dolori per il parto sfiancante, aveva iniziato ad errare per le campagne, senza avere un soldo in tasca, fino ad arrivare a Parigi.
Tutte le case erano chiuse, ma s’intravedevano le luci all’interno: sebbene fuori nevicasse incessantemente ormai da ore, le famiglie non rinunciavano a festeggiare il Capodanno come potevano.
La donna osservava con stupore le belle case del centro di Parigi, continuando a cullare il bambino stretto alla veste. Sentiva già i morsi della fame, i più forti che avesse mai avuto la disgrazia di provare. L’acqua delle fontane era completamente ghiacciata, e la sua gola diventava ogni secondo più secca e ruvida.
Si fermò solo un attimo, per allattare il piccolo, e poi si rimise in cammino, con i suoi piccoli e lenti passi segnati dalla stanchezza che si era impadronita del suo corpo.
Nonostante tutto, era consapevole.
Consapevole che sarebbe stata costretta ad abbandonare suo figlio.
Consapevole di amarlo, nonostante la sua vistosa deformità.
Consapevole che non avrebbe più avuto motivo di crucciarsi per la mancanza di soldi, poiché sentiva che non ne avrebbe più avuto bisogno.
Stremata, col respiro affannato, si inginocchiò sui gradini di pietra davanti a lei, recitando a mezza voce una preghiera. Incurante dei vagiti del piccolo, alzò lo sguardo all’edificio che aveva dinnanzi.
La targa di marmo recitava: “Convento Petit Picpus”. Sulla seconda parte, interamente coperta dalla neve, c’era scritto: “Collegio di Formazione e Preghiera per Fanciulle Cristiane”.
La donna, pur non sapendo leggere, sapeva riconoscere alcune parole: “convento” era una di esse. Inoltre la grande croce posta sopra il tetto era un indizio difficile da non notare.
Si sentì mancare, pensando che non avrebbero mai accettato suo figlio in un posto del genere.
E se credessero che si tratta del Figlio del Diavolo, come ha fatto mio marito?, si domandò preoccupata.
Ma si disse che ormai non sarebbe più riuscita a camminare più di due passi.
Lo accoglieranno per bontà divina.
SI alzò con lentezza, fino a raggiungere una specie di finestrella di legno. Sporgendosi, chiamò qualcuno, con la voce rauca per il freddo e lo sforzo.
“Vi prego… c’è qualcuno qui? Nessuno?” gracchiò disperata.
Dopo pochi secondi vide un uomo dall’altra parte della finestra. Aveva una barba corta, capelli neri curati e una divisa da giardiniere. I suoi piccoli occhi erano preoccupati, per la vista di una donna in quello stato.
“Buongiorno, monsieur…” esordì lei, più sollevata. L’uomo rimase zitto, come per esortarla a continuare.
“Vi prego…. Vorrei che consegnaste questo bambino alle suore. Che lo accudiscano, come io non potrò mai fare.”
Delle lacrime calde presero ad inumidirle le ciglia, rotolando lente sulle guance fino a solcare le labbra, contratte in un sorriso di speranza.
Il giardiniere corrugò la fronte. “Mi dispiace, ma le Sorelle accettano solo fanciulle. Ma… non mi sembrate in condizioni di tornare a casa, madame. Volete entrare?” chiese con la sua voce calda e profonda, indicando una casupola al centro del giardino pieno di neve, non lontana dalla finestrella.
Lei scosse la testa. “Non vi dovete preoccupare per me, monsieur, ma unicamente per mio figlio. Sembrate un uomo gentile, lo leggo nei vostri occhi, perciò vi prego di dare un’ ultima grazia a questa povera donna…”
Le sue lacrime presero a bagnare il panno in cui era avvolto il piccolo, che osservava la scena ad occhi spalancati, come se potesse capire le loro parole.
L’unico rumore che si sentiva era il fischio forte del vento, che quasi sovrastava le loro parole.
L’uomo tentennò. Come avrebbe potuto allevare un bambino, da solo? Le suore non lo avrebbero di certo voluto. Però, a pensarci meglio, non era solo: suo fratello l’avrebbe potuto aiutare.
Guardò un’ultima volta la giovane con i suoi occhi gentili, gli occhi che sfoderava sempre quando era in compagnia della sua figlioletta. La donna le ricordava terribilmente un’altra giovane, incontrata anni prima, una giovane dolce e bisognosa come lei…
“E sia.” si arrese lui. “Qual è il suo nome?” domandò, aprendo la porticina che li separava.
“Eerikki” sospirò lei, porgendo il fagottino all’uomo. Egli, seppure avesse ascoltato attentamente le parole della giovane, non riuscì a comprendere per bene il nome del bambino, a causa del vento che soffiava sulle loro teste.
Non fece in tempo a chiederle di ripeterlo.
“Abbiatene cura…” mormorò solamente, prima di accasciarsi a terra, senza più forza.
Il giardiniere, con folle velocità, si piegò per ascoltare il battito del suo cuore.
Niente.
Il piccolo riprese a piangere, proprio come se avesse capito cosa stava succedendo.






“Ultime! Dov’eri andato con questa tempesta?” chiese l’uomo seduto accanto al camino. Era seduto su una poltroncina color ambra, e la sua gamba destra, storta e malandata, era stesa sulla sedia davanti al fuoco.
Il giardiniere, che d’ora in poi chiameremo per comodità e correttezza Jean Valjean –no, Ultime non era il suo vero nome- rimase in piedi, col bambino ancora in braccio.
“Ero andato a prendere un pacco del Signore.” rispose con un sorriso.
“Cosa…come..?” domandò con affanno Alain Fauchelevent, guardando interrogativamente colui che da anni chiamava ‘fratello’.
“Una donna in fin di vita me l’ha consegnato… non potrei lasciarlo alle Sorelle, lo sai bene.” spiegò lui e, sovrappensiero, continuò: “Mi ha riferito il suo nome… Erik, o qualcosa di simile. Sfortunatamente non ho compreso. Mi pare un nome strano da dare ad un bambino, qui, ma lei non mi sembrava francese. Dai capelli e dagli occhi oserei azzardare che provenisse dalla Scandinavia, o comunque un Paese del Nord. Ma…Alain?”.
Fauchelevent guardava Valjean con gli occhi fuori dalle orbite.
“Cosa? Cosa c’è?” chiese lui, iniziando a spazientirsi.
“Lo…l-lo hai visto bene?”.
Valjean corrugò la fronte e fece cenno di no con la testa, e, per la prima volta, diede uno sguardo al bambino.
“Santo Cielo!” esclamò, stupito, dopo aver posato gli occhi sul suo viso.
Non gli era mai capitato in vita sua di vedere una cosa del genere.
Fauchelevent si lasciò cadere sulla poltroncina, con espressione atterrita.
“Ora lo hai visto. Come faremo a tenere nascosta dalle Sorelle una creatura? Una creatura del genere, per di più! Oh, io non so come hai potuto anche solo pensare di accettare…!” esclamò, portandosi una mano alle tempie.
Valjean fece per interromperlo ma rimase zitto.
“E poi,” continuò affannosamente l’altro “come faremo con il latte? Credo che ai bambini serva quello di una madre, per crescere sani e forti. Io non so nulla, su come si cresca un bambino in fasce. Oh, Ultime, ma lo hai visto? Hai visto il suo volto?”
Valjean non sapeva come rispondere. Effettivamente tutte quelle domande avevano senso; ma si disse che se era riuscito a crescere un’orfana mentre era inseguito da un poliziotto particolarmente testardo, avrebbe potuto farcela.
“Alain, so di aver fatto la cosa giusta. E non me ne pentirò” affermò con convinzione.






Angolo dell’autrice
Buondì a tutti!
Allora, volevo iniziare dicendo che questo è un esperimento, frutto di un sogno avuto dopo una notte mezza insonne ad ascoltare canzoni da Les Mis e PotO (so che non sembra, ma giuro si essere una persona del tutto normale!).
Fatta questa premessa, so che si tratta di un’idea un po’ (un po’ tanto) azzardata, ma questo me lo dovrete confermare voi u.u Forse questo capitolo è troppo ‘introduttivo’ per darvi un’idea, ma comunque…
Il titolo vuol dire ‘Le Rose Fioriranno’ in francese, mi sembrava abbastanza appropriato per la mia storia.
Anyway, diciamo che in questo capitolo ho nascosto (neanche troppo) alcuni mie head-canon sul Fantasma. Non so come mai, ma sua madre me la immagino tipo albina, non chiedetemi perché XD Poi non volevo che dicesse a Valjean che il nome del bambino era Erik, perché nella versione originale è precisato che quel nome se lo è scelto da solo, una volta andato ad abitare nei sotterranei dell’Opera. Tutto questo mi ha portato a cercare un nome svedese simile ad Erik e ad aggiungere del vento (mooolto vento) alla scena (più un Valjean già mezzo sordo).
Bene, detto ciò credo di aver esaurito tutto quello che ho da dirvi… vi ricordo che siete autorizzati a lasciare una recensione sia nel caso trovate questa idea abbastanza schifosa, sia per dire che è scritto tutto male… insomma, esprimetevi! A me fa piacere sapere cosa pensate u.u
Il mio buon proposito è quello di aggiornare ogni cinque giorni, spero di farcela :3
Salut,
rosa_bianca
P.s: Se siete arrivati a leggere fino a qui vi meritate una medaglia <3
   
 
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