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Autore: Columbrina    18/09/2013    0 recensioni
Avvertimento OOC per sicurezza. Perdonare qualunque incongruenza con il personaggio.
 Quattro storie nello stesso destino, come non andrebbero mai raccontate.
 
 
Birth.
 Aerith Gainsborough, presto, sarebbe andata all’altare. Se lo promise, o meglio gliel’aveva promesso. Sarebbe stata la sposa più bella del mondo, con quegli occhi brillanti che avrebbero esaltato un colore così tenue come il bianco, al suo fianco solo gioia. Nessuna barricata poteva ferrare la certezza.
 
 
Life
 “Trascorri così il tempo quando non hai rogna in giro?”
 “O faccio questo o prendo a pugni qualche belloccio. La più allettante è sicuramente quest’ultima, ma non posso fare questa carognata al futuro marito della mia migliore amica”
 “Giusta osservazione. Comunque, non dovresti essere con Aerith?”
 “E tu non dovresti essere con Cloud?”
 
 
 Death
 “Tu cosa pensavi di fare, piuttosto. Volevi ucciderti? Perché? Pensavo ormai che fosse tutta acqua sotto i ponti. Mi sbagliavo? Certo, perché sono stata una stupida a credere di poterti dare una chance …”
 “Una passeggiata. Ecco cosa volevo fare”
 “No, un suicidio premeditato. Ecco cos’era.”
 
 
 
 Synthesis
 Questa è una fantasia ancora da scrivere.
 
Genere: Angst, Drammatico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aeris Gainsborough, Cloud Strife, Tifa Lockheart, Zack Fair
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco, Contesto generale/vago
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#29. (There is) No greater lover
 
 
Senza preavviso si era ritrovato a osservare impotente un susseguirsi di reazioni che instillate a piccole reazioni, sempre più insistenti, divenivano sempre più insostenibili, costringendolo a lasciare pavidamente il campo.
Era appena tornato a casa quando vide Aerith sulla soglia di casa, reggere a fatica il peso delle doglie di Tifa, addossandosi una responsabilità ben più grande di lei e a differenza di come avrebbe fatto lui, ha accettato di buon grado la consapevolezza e ha camminato a testa dritta, prendendo per mano le responsabilità di altri, senza guardarsi indietro, forse per riscattarsi delle colpe passate e trovare finalmente sollievo ai suoi sonni; o forse perché Aerith non era mai chi diceva di essere, non era una miscredente, non si lasciava condizionare da certezze inossidabili, per lei tutto era fuorché un dovere da prendere sottogamba.
Ricorda appena il moto di sensazioni che si sono innescate non appena aveva messo piede in ospedale, reggendo il peso dei cuori di altri, che si affastellavano come in un vespaio troppo stretto; però Cloud è cosciente solo di due momenti: quello in cui aveva visto Aerith sorridergli mentre portava il peso degli altri e l’altro in cui aveva stretto la mano ad entrambe, nell’epicentro del tripudio. E non era stato lui a sorreggerle, ma loro avevano fatto da sostegno a lui, così impacciato e goffo.
Era riconoscente a tutto e a tutti, forte era la gratitudine che pulsava dal petto e saliva fino in gola, prosciugandola del tutto; non aveva sete, ma desiderava saziarsi e sapeva che solo gli occhi di Tifa avrebbero potuto farlo, se solo lei non stesse recuperando le forze in un sonno senza spirali, la fronte impregnata di una placida fatica, gli occhi che dormivano, ma era provata lo sapeva, c’erano segni tangibili, anche se i pensieri e il respiro si erano assestati, a differenza della chioma che si espandeva a macchia d’olio sul guanciale: lui non l’aveva lasciata un attimo, perché aspettava di assaporare il momento fatidico in cui avrebbe sugellato definitivamente quel respiro che intercorreva testo tra loro e andava a farsi sempre più ansimante, per quanto grande era la sua bramosia di sentire la sensazione di appartenerle in un modo che non conosceva rese, limiti o scampi.
Era pervaso da un tonificante egoismo, che lo assaliva quando gli altri entravano per piangerle di gioia, carezzandole o addirittura stringendole come se non sapessero quanto fossero terribilmente fragili, tutte e due;  Zack si era addirittura premurato di restare per la notte, ma fu subito ammonito da Aerith quando lei lesse in uno sguardo celestino, alle pendici dell’emarginazione, una screziatura di disappunto latente.
“Invece devono stare da soli, Zack. Devono godersi questo momento per sempre, senza di noi” aveva sorriso lei, prima di congedarsi con due fugaci baci sulle gote arrossate di Tifa e uno sguardo intriso di lacrimante dolcezza al fagotto che dormiva avvolta in un panno chiaro. Allora Zack prese di buon grado la resa e assunse un piglio decisamente condiscendente e Cloud sapeva quanto gli costava; anche lui saluto Tifa con un bacio e sembrò dirle qualcosa di divertente perché rise forte, seppur provata dalla dolce fatica.
Poi si sentì sciogliere quando entrambi lo abbracciarono con le loro iridi chiare, pronte a dirgli tutto ciò di cui avevano fatto a meno in questi anni, parole d’affetto che mai come prima d’ora erano risuonate così franche e sincere.
Quando se ne andarono, riuscì a stare da solo con Tifa; ma l’aria tra loro era satura di aspettative che non potevano realizzarsi ora, quindi un assaggio effimero fu sufficiente per far calare su di loro una coltre serena di tepore che abbracciò lei quasi subito, mentre Cloud si crogiolò nella cogitabonda estasi di una primavera che propinava grandi cambiamenti, di una notte che avrebbe lasciato la bocca asciutta, mentre sotto i suoi occhi avvenivano piccole rese; tipo quando la stessa sera i bambini insisterono per dormire con lui, che acconsentì e gli cedette il posto nella piccola brandina arrangiata a letto.
E quel pomeriggio Cloud stava rimuginando ancora su Tifa che si era addormentata col sorriso, su Denzel e Marlene che dormivano vicini e senza abbracciarsi, su di lui che speculava e faceva palline di pensieri che accantonava presto o almeno fino a quando il tepore non prendeva anche lui. Tifa si era appena svegliata e lo guardava assestarsi continuamente la collottola della maglietta, divertita dal fatto che provasse a masticare parole più forti di lui, lasciando la stanza in un tonificante silenzio ora che Barret si era premurato di portare a casa i bambini per il pranzo; sarebbero tornati tutti nel pomeriggio e a breve avrebbero portato anche la piccola per l’allattamento.
Tifa pensò che Cloud era un po’ come i bambini: non aveva orari per riposare le emozioni che lo turbavano intrinsecamente.
E sorrideva, mentre la calura del sole timido saliva fin sopra la camicetta che Aerith le aveva portato come cambio, la mattina, quando Cloud era definitivamente affondato nell’estasi serena di tepore.
Questa tensione sospesa si sfaldò non appena una signora col camice delle infermiere dell’ospedale di Edge fece stridere sul pavimento intriso di cera una sorta di barella arrangiata a culla, dove riposava la piccola ancora avvolta nel panno di lino. Tifa la prese in braccio, sorridendo alla donna e poi a Cloud, che si voltò per nascondere il goffo sorriso che avrebbe dovuto ricambiare. Ma non ne fece un pretesto per angustiarsi, dato che Tifa sapeva leggerlo anche oltre i suoi semplici sbalzi. La donna li lasciò soli, con tutti i sensi all’erta.
Era distinto perfino il respiro della piccola, che prendeva gioia al sapore vago di latte, di cui si nutriva e cercava di tastare, raccogliendo l’amore che era maturato in nove semplici tappe e facendone suo cibo, nutrimento essenziale, pur essendo ancora allo stato brado della vita vera e propria. Cloud sentendo il suo respiro che si librava come una farfalla in volo, pensò che non ci fosse suono più bello, forse alla pari di quello dei bambini quando giocavano o si rincorrevano. Fece suo quel respiro e rispose quando sentì la chiamata dei suoi occhi piccoli e un po’ chiusi, somiglianti alle persiane.
Tifa stringeva ancora la piccola, sazia e rotonda, eppure fragile perché riusciva a coprire due palmi di mani aperte; aveva pochi capelli che somigliavano a filamenti preziosi ogni qual volta che il sole si avvicinava per vederla. Allora i loro tre sguardi sembrarono incrociarsi per far trapelare di tutto e Cloud si fece coraggio e raccattò tutti i moventi che avevano fatto da matrice d’attesa di quell’istante in cui tutto sarebbe divenuto così inebriante e lieto, chissà per quanto ancora.
Si fermò in piedi accanto al letto intriso dello stesso odore di cera e di sanità, conscio che ogni considerazione di lui l’aveva abbandonato, costringendolo a una perpetua esitazione rigida; mentre i suoi occhi affondavano sul viso piccolo e beato della bimba, la sua piccola dagli eterni occhi chiusi, forse dello stesso celestino malinconico o forse screziati di scarlatto, voleva tanto scoprirlo. Aveva voglia di affondare le labbra e ogni parte di sé in quelle gote simili a piccole pesche, soffici e inebrianti, una bramosia che non aveva mai provato, lontana dalla solita e vogliosa carnalità che concepiva nella donna che amava, eterna fautrice di un eclettico capolavoro, frutto di una collaborazione affiatata e del tutto voluta, reciproca.
“Penso che ti somigli” esordì lui, senza scomporre l’attimo o lasciandosi andare oltre la placida estasi; il respiro rigido, che si affollava al petto scoppiettante
“Allora somiglia anche a te” fece Tifa, cullandola e affondando ogni tanto il naso nelle sue gote, assaporando la maternità. Forse consapevole che avrebbe dovuto separarsi da lei, seppur per poco e ciò le dava una grande nostalgia.
“Denzel la trova molto carina” sorrise stavolta lui “Dice che la proteggerà, come io faccio con voi. E che somiglia molto anche a Marlene. Forse dice così, perché sono le sue sorelle”
“Ma Marlene non è sua sorella”
Gli occhi di Cloud erano rigidi, come impregnati in uno stucco spregevole.
“Lui la considera come tale”
“Chissà per quanto tempo ancora. Con la nascita della bambina, ho capito che stanno crescendo e forse troppo in fretta. I bambini non restano mai più bambini. Quando Marlene sarà cresciuta e maturata abbastanza, Denzel non la vedrà con gli stessi occhi di un fratello … Si è visto già dalla sera di Natale”
L’ultima frase quasi la sussurrò, tanto che non fu certa se Cloud l’avesse sentita o meno.
“E con questo vorresti dire che …”
“Calmo Strife, non dicevo sul serio” sorrise lei, facendosi tacita beffa di lui e delle sue manie “E gli altri che hanno detto della bambina?”
“Barret non è entrato. Altrimenti avrebbe pianto, così mi ha detto Yuffie. Perfino Vincent mi ha sorriso e ha detto che è bellissima, anche da dietro una teca di vetro”
Si avvicinò di più, prendendo per mano la realtà e mettendo una mano sulla spalla esile di Tifa, coperta dai capelli che ricadevano smunti sul viso a ciuffi ribelli, in netto contrasto col suo pallore; Cloud pensò che non era mai stata così bella.
“Shera invece sta assillando Cid perché vuole anche lei la nostra fortuna; io le ho detto che abbiamo tanto amore per poterlo condividere con tutti. Le ho promesso che può venire a trovare la piccola quando vuole”
“Non abbiamo molte stanze in casa …”
“Non corriamo alcun rischio, tranquillo”
Si sorrisero e poi si baciarono, sotto gli occhi chiusi della piccola, che continuava a colmare il silenzio con i suoi respiri; sembrava stare bene nel calore materno e desiderava che quella nuova placenta in cui dormiva ora non si rompesse mai e non la facesse mai soffrire.
Cloud scoccò un piccolo bacio anche alla testa della bimba, che muoveva le piccole mani simili a moncherini per tastare quella felicità inattesa.
“Vuoi tenerla un po’? Stamattina Zack l’ha presa in braccio per un po’ e aveva le lacrime agli occhi. Aerith sistemava i fiori nel vaso e piegava i vestiti sporchi. Poi l’ha presa e si è messa a parlarle, a raccontarle favole e filastrocche e ha sorriso quando ha visto che tu stavi dormendo”
“Peccato che non abbiamo abbastanza fortuna da condividere con gli altri …”  fece lui, esitando con le mani pronte ad accogliere quel fagotto perfetto, un peso che avrebbe alleviato tutte le sue fatiche. Tifa asserì con un sospiro lieve e gliela porse tra le braccia.
“Mantienile la testa, senza farle male. Sorreggila, non avrà paura di cadere, si fida di te”
Rinfrancato di tutte le felicità e le risa che si susseguivano in una spirale idealista e senza rese, assaporò solo con lei un segreto che avrebbe custodito gelosamente fino a quando non sarebbe divenuta lei stessa troppo grande per starle ancora al passo e quindi l’avrebbe guardata camminare sempre più lontano; ma avrebbero sempre condiviso questi attimi di spire flebotomiche, indimenticabili proprio come il pulviscolo che aleggiava tra le tende stantie e tra i petali dei fiori nuovi. Era addirittura più bella e fragile di loro.
Poi incrociò lo sguardo di Tifa, quando il primo contatto gli riaprì coscienze che sperava aver dovuto per sempre evitare, anche se ciò era impossibile.
“Posso già chiamarla per nome, vero?” fece lui, mordendo il timore sferzante e stringendosi nella morsa dei pensieri di lucidità involontaria
“Non so, dipende da te” sorrise lei, come se sapesse già come prendere la situazione.
E lui capì.
“Allora non ti dispiace”
Scosse il capo ed elargì un sorriso che lasciava carta bianca.
“No. Che nome hai scelto?”
“Beh … Dopo che avevi partorito la bambina, forse non te lo ricordi, ma ti sei addormentata e avevano bisogno di qualcuno che registrasse la piccola e quindi visto che sono il padre... So che avevamo concordato per Valerie, ma in compenso è il suo secondo nome. L’ho chiamata Airelle. Airelle Valerie.”
“Airelle?”
Tifa lo aveva detto a voce sommessa, in modo che risultasse un patto tacito con sé stessa, non allo stesso modo placido con cui le sue labbra proferivano Valerie, a lettere velari e coincise; stavolta lo disse come un piccolo impulso, come se la serratura del cuore fosse scoccata, come se fosse ingiustamente perfetto.
Cloud continuava a rispondere con voce sommessa, pur continuando a scrutare il volto piccolo e addormentato della bimba, che sognava di felicità per quanto le sue rotondità erano placide.
“Volevo chiamarla Aerith” confessò con le parole in mano, che pesavano tanto quanto valevano “E’ stata lei ad aiutarti a partorire, sarebbe stato un modo per … Diciamo, essere riconoscente e alleviarla un po’ dalle sofferenze della sua condizione. Però poi ho pensato che non suonava bene per noi e ho optato per un nome che comunque lo ricordasse. Ci ho ragionato molto, anche perché Aerith è importante nella nostra vita e insieme ne abbiamo passate tante. Spero non ti dispiaccia”
“Affatto” sorrise lei.
Le spire della felicità li facevano scivolare in un tepore ancora più bello, profondo, che per gli altri era un insulso rifacimento degli altri proprietari abusivi della felicità che si rinnovavano a cuor leggero; per loro non era affatto questo, il loro amore avrebbe compensato tutto.
“Anzi Airelle è molto più bello”
Cloud elargì un altro sorriso, ordinario, solo perché lasciava anche questo carta bianca ad emozioni che si affastellavano confuse. Le diceva il suo nome a voce bassa, continuando a incespicare goffe moine, trasportato dai suoi stessi moti di quando la cullava, che si depositavano sui lidi intoccati di una serenità finalmente raggiunta. Insieme a Tifa.
E gli vennero in mente gli aromi della fanciullezza, che ti lasciano rimasugli inconcludenti anche raggiunto un traguardo come quello.
Era una felicità iniziata nei giorni senza pena e finita nel pulviscolo stantio di una stanza al di fuori dei confini degli altri, bianca come il candore che aveva il volto della sua bambina.
“Da adesso ci saremo solo noi”
Cloud scosse la testa.
“Forse ci siete state da sempre” disse alla piccola nel caldo involto di candore pastello, mentre la guardava andare via dietro la teca di vetro dove avrebbero visto tutti quanto era bella dell’amore che non andava sciupato “Solo che non lo sapevo”







Synthesis
 
Ahimè, stavolta dovremmo fare a meno di una Synthesis dettagliata, ma mi farò perdonare.
Cheats è agli sgoccioli e non posso far rimanere tutto in sospeso.
 
Ringraziamenti vivissimi a Aeris aka Hilda, il cui sostegno diventa sempre più saldo ogni giorno di più e impedisce alle mie certezze di crollare.
 
E a Manila che, nel bene e nel male, è sempre lì. E si sta anche approcciando alla Neve Fulminante… Cara, questa coppia di piacerà, forse non quanto il Cloti (sì, dovete sapere che Manila è la più estimata autrice del Cloti del circondario. Non ci credete? Controllate le sue storie).
 
E grazie a tutti voi, lettori silenziosi.
 
S.
 
   
 
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