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Autore: FindingDarcy    19/09/2013    2 recensioni
Gwendaline Winter è soddisfatta della sua vita. Ha un lavoro che adora, un fidanzato che piace a tutta la famiglia e che presto la porterà all'altare, un appartamento spazioso affittato a prezzo d'occasione, una sorella adorabile e un pò eccentrica che sa sempre quando correre in suo aiuto.
Ma.. una nuvoletta grigia penderà presto sulla sua testa, portandole via fidanzato, appartamento e forse anche il lavoro. Ecco che vediamo la nostra protagonista barcamenarsi tra un bizzarro episodio e l'altro, per cercar di rimettere in piedi la sua vita. In fondo si dice sempre "chiusa una porta, si apre un portone". Ma Gwen sarà in grado di individuare il portone giusto a cui bussare?
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ero sicura di averlo messo proprio qui! Dove l’avrò potuto cacciare?! Qui non c’è, qui neanche.. e nemmeno nella cassetta degli attrezzi. Uff. Cerco in giro il rotolo gigante di adesivo ultra- resistente per imballaggi, che ho fatto sparire dal garage dei miei l’ultima volta che sono stata da loro. Restano pochi altri pacchi da sigillare e poi…bye bye… finalmente, mi lascerò alle spalle questa lurida topaia piena di ancor più luridi ricordi.
Ok. Forse sono un tantino eccessiva. Non che questo loft in cui ho vissuto fino a venti giorni fa con quello che credevo sarebbe diventato mio marito finché morte, la sua, non ci avrebbe separato, fosse davvero un posto così squallido e sudicio come potrebbe sembrare. Nient’affatto. Più che altro sono squallide le ultime immagini, perfettamente registrate nella mia mente, a rendermelo invivibile: Paul, il mio uomo o presunto tale, e Maria, la bambinaia italiana dei nostri dirimpettai, nudi e attorcigliati, come i miei nervi in questo momento, sul divano che ho acquistato con l’equivalente di quelli che sono nove degli stipendi del mio vecchio lavoro di dogsitter. Nove, dico nove! Non era un lavoro vero e proprio, quello ce l’ho, sono una discreta grafica in una rivista locale per sole donne. Era piuttosto un hobby, visto che io amo i cani e Paul invece li detesta, un passatempo da weekend per racimolare qualche soldo in più per ammortizzare il costo, appunto, dei mobili di casa.
Oddio. Lui e Maria non l’avranno mica fatto anche nel nostro letto? Che schifo! Paul non cambia mai le lenzuola. Quindi.. ciò vuol dire che.. oddio, no.. no, no, no! Ho dormito nelle stesse lenzuola in cui il viscidone e l’altra si sono rotolati?! Disgustoso. Devo assolutamente ricordarmi di fare le analisi di controllo appena avrò finito di sistemare il nuovo appartamento.
E così, tutto ad un tratto, questo magnifico, luminosissimo e spazioso loft appena ristrutturato e affittato a prezzo di occasione è diventato troppo piccolo, troppo vicino alla metro, troppo caldo d’estate e terribilmente freddo d’inverno, troppo lontano dal centro commerciale ma troppo vicino al garage del complesso Felpax.
E le pareti, poi, davvero troppo sottili!
 
Ahiiiiiiiiiiii! Spigolo incontra mignolo, spigolo batte mignolo uno a zero. Non avrei dovuto starmene scalza con tutta questa roba in giro per casa. Che male, mammaaaa!! Che male!! Aaaa – hiiii- ahhhhh! Sillabare non mi allevierà il dolore. Vabeh.
Sento un clacson pesante bussare tre volte.
Deve essere il camion che ho noleggiato per il trasloco. Mi affaccio alla finestra e faccio segno, ai due tizi che ne scendono, di parcheggiare più avanti e di salire al terzo piano. Ci mettono un bel po’ di minuti a salire o forse sono soltanto io che ho una grave urgenza di lasciare questo posto. Comincio ad essere un tantino agitata e, per calmare i nervi, inizio a girare e rigirare in tondo, cercando di non inciampare nelle cianfrusaglie rimaste ancora fuori degli scatoloni.
Credo che accenderò la tv, a quest’ora danno le ennesime repliche di Friends. Mi piacerebbe vivere in un appartamento con due amiche come Phoebe e Rachel. Monica, no. Mi è sempre stata un tantino sulle scatole perché mi aveva rubato Chandler, l’uomo immaginario della mia vita. Dopo Edward Lewis in Pretty Woman, si intende. Aaaah Edward!! Aaaaaaaah.
Il televisore sarà l’ultima cosa che impacchetterò, devo tenerlo acceso per distrarmi. Menomale che Paul è a lavoro, così non farà resistenza per convincermi a lasciarglielo. Giammai.
Mi fa uno strano effetto dover costringere tutta la mia vita fino ad oggi in tristissimi cartoni marroncini ed affidarla a due sconosciuti. A guardare i tipi a cui apro la porta, non sembrano tagliati ad organizzare traslochi: uno è piccoletto, sulla cinquantina, mingherlino ma con la pancia gonfia come un palloncino ad elio; l’altro è poco più che ventenne, sotto i due metri più o meno,  non credo capisca la nostra lingua dal momento che sembra un po’ perplesso e vagamente intontito quando il primo gli impartisce un paio di istruzioni per organizzare il da farsi. Scambiandosi poche parole, trovano la posizione a loro più congeniale per spostare i diversi pacchi disseminati ovunque. Eeee cinnnnqqq’ see’ settttt’ eeeeee.  Il più vecchio dei due, sicuramente il capo, s’improvvisa coreografo ed apre le danze così, trovando un ritmo tutto loro, i due danno vita ad una specie di mini-catena umana, coinvolgendo anche me, per spostare agevolmente gli scatoloni: il più anziano, fermo sull’uscio dell’ingresso di casa, fa da anello di mezzo e passa i pacchi dall’interno all’esterno. Ai due capi della catena ci siamo io e il ragazzone: io, dentro casa, passo i pacchi a Tony sull’uscio, il quale a sua volta li passa a Vlad – sì, mi sa proprio che è straniero - che li ammucchia in ascensore e li invia a piano terra. E sempre Vlad, di volta in volta,  imbocca di corsa le scale e  scende quattro gradini alla volta per attendere l’arrivo dei pacchi a destinazione. Meglio dare una controllatina, dai. Mi sporgo dalla finestra e aspetto che sistemi la mia roba sul camion, facendosi assistere dall’autista rimasto per strada. Poi lo vedo risalire in fretta al terzo piano per continuare l’opera iniziata.
Quando mi fermo per riprendere fiato, Tony mi fa segno di non perdere tempo, con l’indice che picchierella sull’orologio quasi a sfondare il vetro sul quadrante. Quest’uomo è un vero dittatore e pensare che sto facendo io gran parte della fatica per cui lo pago. Mah.
Ripetiamo questa danza una ventina volte, volendole contare. Anzi, saranno state molte di più. Ho la schiena a pezzi, riesco perfino a contarli. Vlad, poverino, ha almeno sette centimetri di lingua srotolata come quella dei cani che vanno a spasso in auto con il muso fuori del finestrino. A lui è toccata la fatica più grossa ed io ho parecchia roba da portar via. Certo, non lascerò a Paul l’appartamento vuoto ma lo priverò del minimo indispensabile che gli serve per sopravvivere: divano, microonde e televisore al plasma da trentadue pollici acquistato meno di un mese fa. Voglio vederlo ridursi a una larva, senza poter giocare alla Wii, con la barba lunga come quella di Tom Hanks in Cast Away, accoccolato su sé stesso in un angolo dove non giunge la luce del sole.
E pipistrelli, pipistrelli ovunque.
Sì, questo loft dovrà diventare più lugubre della Bat Caverna, dopo che avrò messo le mie multi- color Onitzuka Tiger fuori di qui, con file e file di pipistrelli ciondolanti dal soffitto. Ieri sera ho visto un pezzetto di  “Uccelli” di        Hitchcock, quindi stamattina trovo che sia più che normale immaginare che ondate di pipistrelli, mamme e papà, con tanto di pipistrellini a seguito, si spiaccichino contro le enormi vetrate del loft fino a infrangerle in centinaia di pezzetti, in modo da poter penetrare all’interno e decidere di nidificarvi. Per la mia salute psichica, ora come ora, è proprio necessario credere che questo loft diventi, in brevissimo tempo, lo scenario post-apocalittico di una guerra atomica e che non vi cresca più vita.
Né soprattutto la si generi dandoci dentro sul mio divano bianco di simil-pelle!!
«Sii superiore.» mi ha suggerito la mia amica Claudia. «Non dargli soddisfazioni, comportati da signora e lasciagli tutto intatto, così capirà ancora di più di non meritarti. Si mortificherà per il tuo atteggiamento distaccato e finirà col sentirsi una merda. E questo quello che vuoi, no?»
Ma “sii superiore” un corno, mia cara Claudia! Soffrire deve, crepare deve… e mi accorgo di aver pensato quest’ultima cosa con l’accento siciliano di Marlon Brando nel Padrino
 
Dalla finestra in camera mia vedo il camion per il trasloco in strada e Vlad, con il supporto dell’autista, che vi ripone frettolosamente i miei ultimi scatoloni. Avrei dovuto scrivere “Fragile” su qualche pacco, vista la poca accortezza con cui se li passano tra le mani e li gettano dentro.
Scendo le scale più in fretta che posso; non sopporto l’idea che si maltratti cosi la mia roba. Son sempre stata molto gelosa delle mie cose. E anche delle persone che mi appartengono. So che è tremendo dire una cosa del genere; so che vorreste farmi la ramanzina cercando di dirmi che una persona non si può possedere, non la si può paragonare di certo ad un oggetto ecc. ecc. e tante altre parole piene di giudizio e saggezza. Eppure, è così. Ogni volta che qualcheduno si avvina troppo ai miei, a mia sorella, alla mia migliore amica o anche a quello stupido di Paul, mi scatta una pungente gelosia sottocutanea e così, mentre mi costringo a mostrare il più aperto e cordiale dei sorrisi,  il mio fegato, invece, ne risente come se avessi bevuto dodici bottiglie di birra e due di vodka, l’una di fila all’altra. Per fortuna, adesso ho una persona in meno da calcolare tra le possibili cause dell’ulcera che, sono sicura, mi si sta gonfiando come il tacchino ripieno che cucina Zia Francesca.
Riesco a metter naso fuori dell’ingresso dello stabile nel preciso momento in cui vedo i piedi di Vlad sospesi a circa un metro da terra; il poverino per poco non batte pesantemente la schiena sul ciglio stradale, ma nella caduta viene rallentato dall’impatto con l’ alto e grosso sederone, simile a quello di Mami in Via col Vento, del clochard che stava spulciando tra la spazzatura. Nell’aria, macchie colorate e senza contorni ovunque.
Aspetta.
Cosa sta succedendo?
Ma che diavolo…
Maledizione!! Nooooo. Non è possibile. Lo shock mi sorprende quando realizzo che si tratta della mia biancheria intima con cui avevo deliziato le noiose sere del viscidone. Forse Maria era addirittura una di quelle che non indossava affatto l’intimo, convinta dei suoi seni alti da ventenne che, nei suoi striminziti top, mi ricordano i reggiseni a punta metallica che Madonna indossava alla fine degli anni ottanta.
Miss Capezzoli d’Acciaio.
Ma mia cara Maria, i trent’anni sono dietro l’angolo anche per te e …  così anche i seni che guardano all’ingiù. Mi basterà sedermi sulla riva del fiume ed aspettare  che passi il cadavere. Il tuo. In senso metaforico, ovviamente. Ho già avuto troppi pensieri omicidi negli ultimi giorni, meglio non scatenare piccola Hannibal Lecter che giace in me.  
 
Corro in direzione del camion e vedo i miei slip, i collant ed i reggiseni sparsi sul marciapiede. Argh. Tra tutti gli scatoloni che ho impacchettato, era proprio necessario che fosse quello dell’intimo a fare un volo del genere e sfracellarsi al suolo? Come se bastasse soltanto il mio umore ad essere talmente a terra da poterlo calpestare.
Dannato Karma!
Probabilmente è scritto che avrei dovuto lasciare questo stramaledetto quartiere in maniera tale che si ricordassero di me per un bel po’. E decido che questa ipotesi mi suona molto più simpatica del dover ammettere che sarebbe stato meglio abbondare col nastro adesivo al momento dell’imballaggio.
   
 
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