Moonlight Shadow
“Our
time is running out and
our time is running out, you
can't push it underground,
we can't stop it screaming out. How did it
come to this”.
Che cosa strana il
tempo… inafferrabile, fugace,
imprevedibile, variabile. Non ci è dato sapere nulla su di
esso, eccetto la sua
natura di primo mobile: determina tutto e tutti.
E a nulla
serve spostare avanti o indietro le lancette degli orologi. Ognuno di
noi possiede un tempo massimo, che scade anche contro la nostra
volontà, non
dipende da noi, bensì da qualcosa di più grande.
Che sia Dio o qualcun altro,
questo non so dirlo. Onestamente, io ho smesso di credere in Dio molto
tempo
fa.
Ho solo
imparato a sfruttare ogni attimo adeguatamente, in modo da andarmene in
pace, senza rimpianti, sapendo di aver impiegato il tempo a mia
disposizione
nel migliore dei modi, per non vivere di ricordi durante la vecchiaia,
per non
incorrere nell’errore comune di desiderare più
tempo perché non si è fatto
abbastanza, per valorizzare le cose veramente importanti mai prese in
considerazione, per dare un ultimo tocco di magia nel mondo.
“Show
me what it’s like, to be
the last one standing,
and teach me wrong from right, and I’ll show you what I can
be,
and say it for me, say it for me, and I leave this life behind me,
say it if it’s worth savin’ me”.
Sì
Ems, direi che questa canzone come ninna nanna
oggi è perfetta, peccato solo che Ryan non sembri essere
d’accordo, vero
piccoletto?
«Voglio sentire la storia, zio Stiles». Lagnoso e
arrabbiato con la sorella, il
piccolo McCall.
«E sia. Forza Emily, spegni la radio e infilati sotto le
lenzuola, prima che ti
prenda come un piccolo sacco di patate e poi inizio a farti il
solletico,
finché esausta non mi implorerai di smetterla. Su, dai,
vieni qua ad ascoltare
la storia che ho da raccontarvi».
Un giorno
speciale attendeva, inconsapevoli, me e
papà. Calata la notte sui tetti di Beacon Hills, ci
preparammo per la solita
passeggiatina notturna, all’insaputa dei nostri genitori e a
caccia di guai.
Ho sempre amato cogliere di sorpresa vostro padre, mi piace vedere le
sue
reazioni da babbuino impietrito e mortificato dal terrore, per poi
iniziare a
giocare come bambini, proprio come fate voi… sì,
Ems, quella è esattamente la
giusta espressione!
Così quella sera piombai a casa della nonna, e vostro padre
stava per darmele
di santa ragione con una mazza da baseball. Una volta vistomi, dopo
aver
corrugato pesantemente la fronte, ci dirigemmo nella Jeep (ne avevo una
all’epoca, attualmente riposta nel mio garage sottoforma di
ammasso di
ferraglia arrugginita) alla volta del bosco.
Quella notte, ahimè, io e papà dopo esserci imbattuti in un cadavere nascosto nel bosco e dopo aver passato qualche guaio con mio padre, alla ricerca proprio di quel cadavere, Scott vide una di quelle creature speciali: un lupo mannaro.
Io, nel frattempo, trascinato per le orecchie, venivo riportato a casa da mio padre, accompagnati da una decina di poliziotti.
Ovviamente vostro padre mi raccontò della sua stravagante avventura solo molti giorni dopo, stanco delle mie insistenti domande da detective in corsia.
Stando al suo racconto, la bestia si presentava molto diversa dai disegni che appiccicano a caso sui libri per bambini. Paura sul suo volto alla vista di quella bestia mostruosa, dal temperamento indomabile, occhi rossi come il fuoco, mentre gocce di sudore bagnavano la nostra pelle gelida in preda a spasmi e convulsioni.
Paura che
emergeva durante il racconto, una paura
viva, di quelle che non passano in fretta.
Immobile, come rocce eterne sotto terra, non riuscì a fare
un passo, né a
proferire alcuna parola.
Solo sgomento e terrore nei suo occhi riuscivo a scorgere mentre egli
raccontava la raccapricciante.
Un lampo, una luce incandescente e molto densa, bianchissima, vidi in
lontananza quella sera mentre con l’auto della polizia mi
dirigevo sulla via di
casa, chiusi e riaprii gli occhi, disteso a terra distante mezza miglia
giaceva
vostro padre. Ovviamente mio padre non si accorse di lui e Scott
velocemente si
dileguò via da quel luogo oscuro.
Il giorno dopo,
a scuola, vostro papà aveva una
luce strana negli occhi, e i mille tentativi di farlo sobbalzare dallo
spavento
andarono tutti a vuoto. Non riuscivo a capire cosa stesse capitando,
Scott
diceva di aver imparato tutti i miei trucchetti e che non funzionavano
più.
Parlando degli eventi della sera prima, lui dichiarò ogni
cosa come una specie
di magia. Di questo era stato investito: magia. Nuovi poteri
sovrannaturali,
ecco spiegato il lampo di luce. In questo modo controllò
l’orrenda bestia.
Non so
esattamente cosa accadde quella notte, so
solo che quella notte ha cambiato completamente la nostra vita;
è diventata
migliore per alcuni aspetti, deprecabile per altri.
Prima di quella
notte io e papà risultavamo
anonimi al resto del mondo. Ma con la crescita le cose cambiano: ci si
innamora.
Quel giorno a
scuola arrivò una nuova studentessa
e Scott ne fu attratto sin dal primo istante, un’attrazione
non spiegabile,
fuori controllo: Allison Argent.
Scott dice sempre che lei è la sua magia.
Di fronte a tanto amore io mi sentivo piccolissimo, più
insignificante del
solito: Scott sapeva giocare a lacrosse, si era fidanzato con una
ragazza
stupenda, migliore amica dell’unica ragazza sulla quale da
anni tentavo di far
colpo, lei innamorata di un altro bell’imbusto molto
più attraente di me e con
meno cervello. Non mi sto vantando, giuro.
«Ma tu sei attraente, zio Stiles!»
«Cucciola Emily, tu così mi lusinghi, anche
troppo. Ma mi basta essere attraente
per zio Derek al momento».
«Voi due come vi siete conosciuti? Non ce lo hai mai
raccontato, uffi!»
«Se avrai un po’ di pazienza e se riuscirai a
restare sveglio quel tanto che
basta, ci sto arrivando, Ryan caro».
Dunque, papà aveva una vita perfetta, una vita
invidiabilissima. E, purtroppo,
l’invidia al liceo diventa un sentimento comune. Un mal
comune che va messo da
parte se si dispone della forza necessaria.
Grazie alla magia di cui Scott era stato investito, grazie al suo
fidanzamento
con Allison, iniziammo a far molte nuove conoscenze.
Lo vidi per la
prima volta nel bosco, quando nel
pomeriggio io e Scott andammo a cercare l’inalatore perduto.
La terra bagnata
tipica di una giornata uggiosa ed umida, come spesso se ne vivono a
Beacon
Hills. Quel pomeriggio, il bosco sembrava pervaso da un’aria
strana, più acre
del solito.
Improvvisamente, in piedi, davanti a quella che un tempo doveva esser
stata una
maestosa casa, un giovane dalla pelle bianchissima scrutava ogni nostro
movimento. Sulle prime Scott fu spaventato da quella figura
così imponente,
apparente vigile di quelle rovine. Una giacca di pelle avvolgeva il suo
corpo,
conferendogli un po’ di quel calore che, apparentemente,
l’animo umano non
riusciva a dargli; capelli corti ed irti; occhi verdissimi che
trasmettevano,
stranamente, un’aria tenebrosa -da brividi, direbbe qualcuno-
ma l’aria
sprezzante da macho che prendeva piega pian piano sul suo volto, faceva
ricredere lo spettatore.
Senza troppi complimenti, lanciò l’inalatore nelle
mani di Scott, che al volo
lo prese e altrettanto velocemente andammo via, vostro padre spaventato
ed io,
sembrerà strano sentirlo, indifferente.
Ricomparve il
giorno dopo nel parcheggio della
Beacon High, nella sua Camaro fiammante, giacca di pelle, occhiali da
sole
orgogliosamente posati su quel naso regolare e diafano. Derek, per
qualche
strana ragione, venne a prendere da scuola Scott e, dopo un sottile e
ostile
battibecco, andarono via insieme.
Quella vista da
capogiro mi tenne ansioso tutto il
giorno. Per non pensare mi occupai dei casi irrisolti di mio padre. Ma
niente,
quel viso pallido e sprezzante non accennava ad andar via dalla mia
testa e nei
pensieri compariva continuamente. Inspiegabile, come molte cose del
resto in
quei strani giorni. Ma le stranezze, da allora, divennero una
prerogativa delle
nostre giornate. La vista di Derek scatenò qualcosa in me,
come una boccata di
aria fresca pura e necessaria, come non ne inspiravo da secoli. Il mio
cervello
sembrava ricolmo di anidride carbonica e non di ossigeno, non riuscivo
a
ragionare. Studiare non serviva a nulla: non riuscivo a memorizzare.
Attesi
impaziente l’arrivo di Scott a casa, per sapere qualcosa di
quello strano
incontro.
“Breathe
out so I can breathe you in,
hold
you in
and
now I know you’ve always been
out
of your head
out
of my head I sang”.
Feci zapping con
la tv, zapping con la radio,
nulla che mi tranquillizzasse.
Miracoloso e tempestivo l’arrivo di Scott.
Dettagliato ed intrigante il resoconto di vostro padre circa quello
strano
colloquio.
L’incontro nel pomeriggio precedente aveva persuaso Derek del
fatto che
qualcosa di particolare e magico caratterizzasse la tempra del mio
carissimo
amico e fratello, perciò, quel pomeriggio i due avevano
discusso solamente di
ciò, di come quella magia notturna e inaspettata avrebbe
cambiato la sua vita e
di come sarebbe stato difficile controllare gli effetti di tanta magia.
D’altr’onde sapete bene che, per quanto
affascinante sia, la magia presenta
sempre dei benefici solo a patto che essi possano trovare ricompensa in
qualcosa: i malefici.
I giorni
passarono fuori controllo, impossibile
fermare il tempo, impossibile frenare gli eventi. L’amore che
vostro padre
provava per vostra madre era in continua crescita e, secondo Derek, uno
degli
effetti della magia.
«Zio,
ma quindi papà ama così tanto la mamma solo
perché è vittima di una magia?»
«Oh, no, certo che no Emily cara, papà amerebbe la
mamma anche senza la magia,
solo che questa ogni tanto gli fa perdere il controllo delle sue
azioni, non
gli permette di frenare l’istinto di baciarla in
continuazione. Ma no, papà non
si è innamorato della mamma per via della magia, lei, anzi,
lo aiuta a
controllarla. Su, non essere triste e piagnucolosa tesoro caro, hai
frainteso
le mie parole».
«Ma anche zio Derek possiede la stessa magia che possiede
papà?»
«Sì Ryan, proprio così, solo che lui la
possiede sin dalla nascita, papà no».
«Quindi è una cosa infettiva? Siamo anche noi
creature magiche?»
«Al momento no, forse potreste esserlo. Onestamente Ems, di
questo dovresti
parlare con Scott!»
«Figoooo! Come Harry Potter! Ma riceveremo anche noi una
lettera da Hogwarts?
No vero, da quel che hai detto papà non ha mica frequentato
una scuola di
magia, quindi neanche noi la frequenteremo. Ma quando ce ne
accorgeremo? Perché
ce ne accorgeremo, vero?»
«Questa doveva essere la favola della buonanotte Ryan, non
qualcosa su cui fare
calcoli o investigazioni, è fantascienza».
«Vuol dire che fino ad ora ci hai presi per i fondelli? Zio,
le bugie non si
dicono!»
«Molto in stile Dolores Umbridge, Ryan. No, non vi sto
prendendo in giro -così
è più corretto-, solo che per approfondire questa
storia dovete parlare con
papà, non ne so molto neanche io».
«Lo sai che non ci stai convincendo, vero zio?»
«Ems, rimettiti distesa e chiudi gli occhi. La volete sentire
o no la storia?»
«Sì, ma…»
«Niente “ma”,
“però” e cose del genere, stendetevi,
chiudete occhi, ascoltate e
cercate di addormentarvi».
Dunque, Scott
attratto sempre più da Allison cercava
di controllarsi e, ovviamente, sia io sia Derek lo aiutavamo. Secondo
quest’ultimo era necessario che i due giovani innamorati si
lasciassero, in
quanto Allison costituiva un pericolo per la sopravvivenza di entrambi.
Il loro
amore, tuttavia, era così forte da superare le barriere del
tempo e dello
spazio, dell’inspiegabile e della ragione, che Scott non
aveva alcuna
intenzione di lasciarla. Scoprire in seguito quanto lei fosse
fondamentale per
il suo autocontrollo tranquillizzò in parte anche Derek.
Vedete, il
nonno Argent, la defunta nonna Argent e la prozia Kate,
all’epoca
facevano parte di un esercito, creato in Francia, che condannava quel
tipo di
creature magiche. Secondo le leggi del loro statuto speciale,
l’unico modo per
salvare il pianeta da queste creature magiche e pericolose, a loro
detta, era
la morte di esse. Non bisogna fare, tuttavia, di tutta l’erba
un fascio. Non
tutte le creature magiche sono malvagie e voi, avendo letto i libri e
visto i
film di “Harry Potter” e de “Il Signore
degli Anelli” dovreste saperne
qualcosa. Alcune creature nascono per essere malvagie, alcune si
oppongono alla
loro stessa natura; è difficile, ma lo fanno e ci riescono.
Questa amara
scoperta certamente non ci faceva dormire sonni tranquilli.
Temevamo ogni loro azione, Scott e Derek dovevano rimanere
all’ombra degli
Argent, ma la profondità dell’amore di Scott ed
Allison rendeva ciò molto
difficile. Restare all’ombra degli Argent risultava
impossibile, se si
considerano anche le enormi risorse da questi possedute.
Non vi
nascondo che io per primo provavo una gran paura per la sorte di vostro
padre.
Ascoltavo le
loro storie, i loro piani d’azione e mi sentivo un pesce fuor
d’acqua.
Così diverso da loro, così umano.
Scott tentava in ogni modo di rendermi partecipe ed io non
smetterò mai di
ringraziarlo per questo, ma nonostante tutto una grave pecca gravava
tragicamente sul mio cuore.
Vostro padre
è ogni cosa per me, più importante perfino dello
zio Derek, è mio
fratello, per lui farei qualunque cosa, esattamente come ho
già fatto in
passato, non esiterei a mettere a repentaglio la mia vita per lui
né oggi, né domani.
E se dovessi scegliere fra i due, come già accaduto in
passato, la mia scelta
ricadrà, anche se a malincuore, sempre su Scott. Derek deve
poter essere
ragionevole ogni tanto, lui ha la brutta abitudine di vedere tutto o
bianco o
nero, non riesce a vedere le sfumature nelle cose, quel compito,
attualmente
spetta a me, spetta a me fargli vedere le sfumature, ma non credete che
sia una
cosa facile, imbattibile la testardaggine di vostro zio, decisamente
irritante certe
volte.
«So
sexy, so sweet, so stronger!»
«Emily!!!
Sono sconcertato da questa canzoncina. Come ti vengono in mente certe
cose? E con quel sorrisino poi e quell’aria
maliziosa…! Mmmm, bimba monellina!»
«Zio,
ma avresti dovuto sentirti. Parli di lui come se ne fossi follemente
innamorato!»
«Ma
io SONO follemente innamorato di Derek Hale, Ems cara! Lo sono e lo
sarò
sempre».
«Ma
saresti disposto a rinunciare a lui, questo non è
“essere innamorato
follemente di una persona”».
«Carissimo
Ryan, sei ancora molto giovane. Crescendo scoprirai che rinunciare
ad una persona che ami, per il suo bene, è la forma suprema
dell’amore. Vedi,
Derek sfugge alla retta via troppo spesso, fa scelte sbagliate che non
incidono
solo su di lui, ma soprattutto, sulle persone che ama. Sta cercando di
cambiare
e questo lo noto ogni santo giorno, percepisco ogni suo sforzo, mi
basta
semplicemente guardarlo a volte per capire che sta facendo uno sforzo
immane
per diventare una persona migliore. Ma come si dice, il lupo perde il
pelo, ma
non il vizio. La sua indole naturale giace sempre dentro di lui, da
qualche
parte, non si può vedere, la si può percepire.
Spesso non se ne rende conto. Su
una cosa non avrò mai dubbi: il suo amore per me. La paura
di ciò lo ha portato
a sbagliare in passato. Ooooh, mio caro e amato Derek, quante follie,
quanta
rabbia, dolore, disperazione ha seminato per le sue paure. Rinnegare i
primi
cenni di “amor ch’a nullo amato amar
perdona”, grave falla nella sua tempra
instabile.
Ryan, nei
momenti in cui io ho rinunciato a lui, cosa che mi ha fatto molto
soffrire, una parte di lui, la parte umana e docile, ha sofferto tanto
quanto
me, e il senso di smarrimento iniziale lo ha indotto a tornare da me,
alla viva
ragione. Ecco perché tra lui e Scott scelgo
quest’ultimo, in modo da riportare
Derek sui suoi passi facendolo ragionare, inducendolo a non ripetere
più volte
lo stesso errore. Questo è amore e paura Ryan, paura di
perderlo. Certo, vale
la pena dire che ho vissuto con lui momenti intensi».
Un pomeriggio
Danny, un mio compagno di scuola,
doveva venire a casa mia per una ricerca. Ma poco prima, di soppiatto,
Derek si
era precipitato a casa mia in cerca di riparo e protezione, dato che la
polizia
e tutta Beacon Hills gli davano la caccia. Ovviamente vostro zio con la
“delicatezza” non ci sa proprio fare, ma ci sto
lavorando.
Ad ogni modo, presomi per la collottola, mi sbatté contro la
porta, facendomi
intendere che se non lo avessi ospitato mi avrebbe fatto molto male. Le
sue
labbra erano a pochi centimetri dalle mie, in quel momento avrei dovuto
provare
paura -chiunque l’avrebbe provata al mio posto, lo so-,
invece io mi sentivo quasi
felice e molto, molto eccitato. Guardavo quegli occhi minacciosi,
quell’indice
puntato contro di me, ma leggevo la tenerezza nei suoi occhi,
bontà repressa
dal troppo dolore subito. Volevo solo baciarlo, lì, in quel
preciso istante. Lo
guardavo attonito, quasi in trance, e pensavo solo che se non
l’avessi baciato
in quel momento non lo avrei più fatto. Il suo alito al
sapore di menta
stuzzicava violentemente le mie narici, mentre io, col fiato corto,
quasi
assente e impercettibile, eccezionalmente veloce il battito del mio
cuore,
pensavo mi sarebbe scoppiato nel petto, restavo immobile, inerme,
incapace di
pensare, ragionare, muovermi o respirare. La mia essenza persa nel suo
sguardo,
non possedevo oltremodo la capacità di intendere e di
volere, non in quel
momento almeno. Solo un bacio, il mio più grande desiderio.
Ovviamente, quel momento tragicomico venne interrotto inspiegabilmente
da mio
padre che mi diceva che si stava recando al lavoro. Notizia ovvia e del
tutto
inutile, ma sappiatelo ragazzi miei, i genitori nella maggior parte dei
casi
possiedono un cronometro preciso per devastare i bei momenti.
Immaginate la mia stizza in quel momento, avrei voluto prendere lui per
la
collottola.
Il pomeriggio proseguì quasi in completa
tranquillità. Danny venne a casa per
quella ricerca, fatta sotto gli occhi di quello che io gli avevo
presentato
come mio cugino Miguel, il caparbio Miguel che proprio in un momento di
massima
concentrazione necessitava di cambiarsi la maglietta. Mentre si
cambiava
lanciavo un’occhiata fugace al suo fisico scolpito e
marmoreo, quei pettorali
così ben posizionati da risultare una composizione artistica
meticolosa, ma
neanche il miglior artista avrebbe saputo riprodurre una scultura
così
perfetta.
Anche Danny lanciava molte occhiate e ciò stuzzicava
parecchio la mia
irritazione e con uno schiocco di dita e qualche schiaffetto qua e
là riportavo
la sua concentrazione alla ricerca, ma concentrarsi diveniva cosa
davvero ardua
con Derek lì.
L’irritabilità
e la testardaggine di vostro zio trascendeva
ogni cosa e l’impulsività di Scott non migliorava
certo la situazione.
Il senso di paura e reverenza che scatenava ogni sua apparizione, ogni
suo
gesto, pian piano scemava, rendendo Derek più simile a noi.
Scoprire, in seguito, i loschi piani di suo zio Peter, scoprire che
proprio lui
aveva reso vostro padre un essere magico quella misteriosa notte nel
bosco, è
servito a far capire a me il ruolo che avevo in quella strana
combriccola di
matti: riuscivo ad arrivare a conclusioni inimmaginabili, riuscivo a
mettere
insieme pezzi apparentemente sconnessi e il mio esser figlio di un
poliziotto
aiutava parecchio.
Derek, pur non ammettendolo, riconosceva l’importanza del mio
ruolo, e iniziava
a considerare la mia presenza necessaria.
Determinante, probabilmente, il giorno in cui io e Scott gli abbiamo
salvato la
vita.
Un avvenimento
terribile oscurò la notte di Beacon
Hills: l’arrivo di Kate Argent. Quella notte aveva sparato a
Derek un
proiettile avvelenato, ferendogli il braccio. Dopo tante ricerche,
l’unico modo
per salvarlo era procurarsi un proiettile identico a quello con cui era
stato
colpito, cosa che solo Scott poteva fare, dirigendosi, con la scusa di
voler
vedere Allison, a casa Argent.
Sorpreso, sconvolto di vedere Derek ferito, contro la mia falsa
volontà, Scott
mi incaricò di occuparmi di lui. Prevedendo una giornata
lunga e tenebrosa,
cercai di smorzare l’atmosfera cupa con qualche battuta e un
po’ di spirito.
Una parte di me desiderava che quella giornata finisse in fretta, il
mio cuore
sperava che durasse per sempre, ma con Derek salvo.
Le ore passavano, in giro per la città, nella catapecchia
Hale, poi nel garage
di Deaton: di Scott nessuna notizia.
Attimi di terrore, il freddo attraversava le mie vene sconvolgendole
con
brividi sporadici ogni volta che vedevo la ferita ingrandirsi e
diventare
sempre più grave e profonda.
Il pensiero di “come sarebbe stata da lì in poi la
mia vita senza Derek” non mi
abbandonava mai, un chiodo fisso nella mia mente, irritante come un
acuto
ronzio, sollecitato dall’impotenza e dal non poter far nulla.
Non mi capacitavo
di ciò, non poteva essere possibile, perché la
fortuna, per una buona volta,
non girava verso di me, ma aveva colpito l’ingrato Scott.
Avrei dovuto esserci
io al suo posto quella notte nel bosco…
Pensieri deprecabili quanto il loro stesso concepimento affollavano la
mia
mente vivace.
Derek continuava a contorcersi dal dolore, il mio stomaco stretto in
una morsa,
cercavo un modo qualunque per tentare di alleviare il suo dolore, ma il
tempo
mi ha insegnato che non esiste arma migliore del silenzio.
Mancanza di aria, nausea, dolori vari e viscerali e Derek continuava a
sibilare
di disperazione. Urla potenti, urla sconvolgenti, urla che serravano
l’aria e
tutto ciò che ci circondava, urla impregniate nella pareti
cedevoli a causa dei
ripetuti colpi infertigli. Urla che sapevano di paura e disperazione,
urla
amare che dicevano “voglio sopravvivere”.
Potente il senso
di sopravvivenza, le ore scorrevano
imperterrite, di Scott neanche l’ombra, e allora non
c’era altro da fare:
l’amputazione del braccio sembrava l’unica
soluzione.
Prendere quel dannato aggeggio in mano è stato orribile.
Tremavo, avevo paura
di sbagliare, Derek mi urlava contro, mentre un sudore freddo scendeva
dalla
mia testa, bagnava la mia maglietta improvvisamente appiccicosa. Il
minimo
errore sarebbe risultato fatale, fatale per la vita di Derek, fatale
per il mio
senso di colpa: la mia coscienza non avrebbe mai più vissuto
in pace e la
disperazione mi avrebbe reso un invertebrato inerme in balia degli
eventi.
Improvviso come
un lampo, Scott portò il
proiettile e dopo molte peripezie, riuscimmo a guarire Derek, per
fortuna senza
amputargli il braccio.
Credo che quel giorno vostro zio mi fu eternamente riconoscente, ma
questo
ovviamente non lo ammetterà mai. Credo che quel giorno lui
abbia capito di
provare qualcosa per me.
Kate
tornò in città e la felicità di vostra
madre
conviveva in opposizione allo stato di nervoso perenne di vostro zio
Derek. Non
capivo perché, ma la sua irritazione e il suo nervosismo
rasentavano la follia.
Diceva a Scott che i bambini sanno essere meno ingenui di lui e che era
un
folle se pensava che la sua storiella con Allison sarebbe continuata
senza interferenze,
anche quando lei avrebbe scoperto la verità su di lui.
Sarebbe diventata
spietata, peggiore di sua zia. Le mie orecchie udivano queste cose e la
conoscenza dell’indole caparbia di Derek mi metteva in
guardia, non da Allison,
da lui.
Non molto tempo dopo scoprimmo, grazie anche a Peter, come Kate lo
avesse
sedotto al liceo, pur conoscendo la sua natura magica e come, per
questo, lo
avesse condotto alle porte della morte. Lui temeva che la storia si
ripetesse.
Passarono pochi
giorni con una velocità
eccezionale, Peter mi offrì la possibilità di
diventare un essere magico
esattamente come lui, Scott e Derek.
Una parte di me desiderava quella condizione più di ogni
altra cosa, questo
miracolo si presentava a me come un fulmine a ciel sereno. Il cuore
trionfante
gonfio di gioia intensa e smisurata.
Pronto a saltare come un furetto a destra e a manca, pronto ad
immedesimarmi
nella mia nuova e tanto desiderata condizione, pronto a sfruttare al
meglio,
senza indugi e senza seminare terrore ovunque, rifiutai: non volevo
diventare
come loro, volevo essere amato per la mia essenza naturale.
Riconobbi, tuttavia, in quel gesto il rispetto e la riverenza che Peter
sembrava nutrire per me.
Cambiare la mia condizione naturale avrebbe significato, probabilmente,
un
cambiamento radicale nel rapporto tra me e Derek che pretendeva la mia
integrità fisica e morale. Voleva che la mia anima restasse
pura, incontaminata
dai terribili orrori che tale condizione genera, almeno durante i primi
giorni.
Desiderio che permane ancora oggi.
Così
quel giorno mi resi conto di quanto amassi vostro zio, sapevo
l’importanza che aveva per me, ma non capivo fino a che punto
avrebbe
determinato la mia esistenza… quel giorno lo capii, come
capii che non avrei
avuto altre possibilità di diventare un essere magico, come
capii che lui
sarebbe stata la persona che più mi avrebbe fatto soffrire a
questo mondo. Il
numero maggiore di momenti senza respiro lo avrei ottenuto con lui e
con nessun
altro, sia che fosse Lydia, la ragazza per la quale avevo una cotta sin
dalle
scuole elementari, sia che fosse un nuovo arrivato qualunque, Derek il
centro
di tutto, lui il centro di ogni mio pensiero, lui la mia forza di
gravità.
Orribile donna
vostra zia Kate e, sebbene io non
auguri a nessuno la morte, grazie alla sua ognuno di noi ha potuto
nuovamente
respirare.
Giorni terribili
quelli in cui lei catturò e
imprigionò vostro zio. Scott la mia unica speranza per
ritrovarlo e garantirgli
la sopravvivenza, perché, seriamente, cosa sono io senza
Derek? Non riesco
neanche ad immaginarlo. E dal momento che Peter col suo scetticismo e
la sua
aria da sbruffone palestrato aiutava ben poco, mi toccava riporre ogni
mia
speranza nel piccolo beta.
Passavano i giorni e aumentava il rischio di una prematura morte di
Derek.
Notavamo la sua assenza ovunque. Nei resti della sua splendida dimora,
nel
bosco, a scuola. Nella mia Jeep ero pronto a sbattermi la testa contro
lo
sterzo, ovunque.
Non potevamo certo immaginare la complicità di Allison,
inizialmente ignara del
grandissimo segreto della sua famiglia, ignara di ogni loro delitto.
Kate
pensava che la nipote, seppur a diciassette anni, dovesse venire a
sapere ogni
segreto della sua famiglia, iniziando da Derek.
Lui non parla mai dei giorni di prigionia presso il sotterraneo degli
Argent,
dei giorni in cui veniva “invitato” a parlare
incoraggiato con scariche di
corrente elettrica, ma le condizioni pessime in cui versava apparvero
immediatamente nel momento in cui io e Scott lo trovammo. Scoprire il
ruolo che
Allison aveva avuto nella sua prigionia fece raggelare pesantemente le
vene
perfino a me. Scott non riuscì a parlarle per alcuni giorni,
io per alcune
settimane la evitai, tanta la gravità delle ferite inflitte
all’amore della mia
vita.
Arrivò
il giorno del ballo d’inverno, dopo una
pausa di riflessione che rese insopportabile l’esistenza di
Scott fino a farlo
diventare monotono e ripetitivo, periodo che Allison sfruttò
per diventare una
vera Argent, allenata al peggio. Superata la fase critica, i vostri
genitori
ritrovarono le loro essenze a quel ballo. Lui capì
che…
«l’avrebbe amata per sempre e glielo disse e lei
rispose che il sentimento era
reciproco. La mamma ci ha sempre raccontato di quel ballo, ci ha detto
che
quella sera lei scoprì quanto papà fosse
speciale, scoprì la sua bontà pura e
genuina ma che dovettero passare alcuni giorni prima di credere alla
realtà dei
sentimenti di papà, perché nessuno aveva mai
provato per lei un amore così
ardente e passionale».
«Mi sa Ems, che se continui così, diventerai
un’incurabile romanticona. Pensavo
vi foste addormentati, proprio sul più bello».
«Credevo che “il più bello”
fosse la parte riguardante zio Derek».
«Ridi pure maliziosamente Ryan, ma tesoro,
l’avventura, quella fa venire i
brividi, quella vi fa restare svegli».
Su richiesta di Scott io vi andai con Lydia, e dal momento che una
parte remota
di me, nascosta nelle profondità più segrete del
mio cuore, provava qualcosa
per lei, sulle prime la cosa mi eccitò, ma non
passò molto tempo prima di
pentirmene amaramente. Lei era con me ma con lo sguardo alla ricerca
costante
del suo amato Jackson. Ripensandoci oggi, credo che per lei lui
significasse
esattamente quello che significa per me Derek, ed Allison per Scott.
Difficile
trovare Jackson, così perdemmo un po’ di tempo a
chiacchierare, rendendomi
conto, per la prima volta, di quanto avessi avuto sempre ragione su di
lei: nascondeva
una grandissima intelligenza nascondeva, mentre mostrava in superficie
un
cervello da ochetta catastrofica dalla bellezza mozzafiato. Lydia
Martin, tutto
ciò che Jackson non meritava.
Ballare con lei quella sera riempì i miei polmoni di gioia
infinita, un grande
onore, veramente, mi sentivo cinquanta metri sopra il cielo, credevo di
vivere
un sogno, il sogno di un altro, non mi capacitavo
dell’irrazionale realtà della
situazione. Febbrile sgomento e viva felicità, qualcosa che
chi possiede la
quantità di emozioni di un cucchiaino non può
contenere.
Terminate le danze, terminati quegli attimi fugaci di straniamento dal
mondo dove
ogni nostro pensiero taceva infondendoci quella felicità che
a lungo abbiam
creduto di non poter mai provare, ovviamente corremmo alla febbrile
ricerca di
Jackson. I miei pensieri volarono in un lampo a Derek, a come mi
sarebbe
piaciuto provare con lui le sensazioni provate con Lydia, alla triste
considerazione di come ciò non sarebbe mai accaduto.
Cercavamo Jackson
separatamente, ma quella sera accaddero così tante cose e
tanto velocemente
che, alla fine della corsa, vidi Lydia distesa inerme sul campo da
baseball. La
paura provocata da quella vista fu qualcosa di sconcertante e a parole
non
riesco bene a farvi capire quanto stetti male quella sera, non saprei
ripetervi
la grandezza dello sconcerto e lo sconforto interiore nel quale caddi,
come un
orribile tunnel buio, senza uscita. Tutti gli interventi miei, di
Jackson, a
nulla servirono, Lydia restava immobile e neanche
l’intervento dell’ambulanza
riuscì a normalizzarla.
Lo shock
provocato da quell’avvenimento sconvolse
tutti.
Kate morì nel bosco, davanti al casolare di Derek e Peter,
per mano di quest’ultimo.
Uccidemmo lui grazie ad una bomba molotov che Lydia ci aveva insegnato
a creare,
ma anche grazie alla rabbia di Derek. Peter e Kate, due creature infime
scomparse nella più infame oscurità, segnando
temporaneamente la liberazione
del mondo terreno.
Ovviamente le rivelazioni shoccanti non mancarono. A causare
l’incendio che
ebbe come conseguenze la decimazione della dinastia Hale e la
distruzione di
quella incantevole dimora, era stata proprio Kate. A provocare
“l’incidente” di
Lydia, Peter. Con l’uccisione di quest’ultimo,
Derek fu investito dei poteri
supremi, diventando così il capo indiscusso.
Quella sera vostra madre vide l’entità della magia
di vostro padre e lo baciò
senza indugi, cosa che Kate non avrebbe mai fatto. Allison si
rivelò migliore
di Kate quanto a sentimenti, più brava di lei
nell’attività familiare.
Quella sera una gran quantità della mia gratitudine
andò a chiunque lassù ci
guardasse e ci proteggesse, per aver salvato Derek, per averlo lasciato
indenne, anche se col dolore delle terribili scoperte, con la paura di
ciò che
il nonno Argent avrebbe fatto a lui e a Scott sapendo la
verità su di loro e
sapendo che sua figlia non aveva problemi ad accettarla.
Non ci
aspettavamo un futuro facile, ma neanche
quello che accadde in seguito.
Un altro avvenimento importante giungeva a sconvolgere la
tranquillità di
Beacon Hills: Jackson Whittemore, campione indiscusso della squadra di
baseball, ragazzo storico della bellissima Lydia Martin, avendo
ricevuto i
poteri magici da Derek, diventava una creatura orribile, un abominio
della sua
specie.
Mentre io passavo giornate intere in ospedale sperando in una
miracolosa
ripresa di Lydia, mentre le portavo palloncini e, involontariamente,
facevo
cadere in avanti macchinette delle merendine, mentre mi assicuravo
sulla sua
sicurezza, Derek vagava in giro per i boschi; Scott cercava di
consolidare il
suo rapporto con Allison; Jackson… beh, di lui non abbiamo
avuto notizie per un
po’ di tempo.
Strani omicidi
macchiavano di rosso le notti di
Beacon Hills e la gente che tranquillamente dormiva nel calduccio del
proprio
letto, improvvisamente, veniva svegliata.
Cittadini, poliziotti, parenti, fidanzati.
Le urla di sgomento, di orrore, di paura, di panico, di gioia nel
constatare la
salvezza della propria famiglia… ognuna di queste faceva
raggelare il sangue
nelle vene, mentre volti inespressivi vagabondavano per la
città, alla ricerca
disperata di qualcosa, qualcosa a cui aggrapparsi, qualcosa che dicesse
loro “è
solo un sogno”. Purtroppo, nessuno di loro sognava la brutale
realtà che
avvolgeva la cittadina, un tempo tranquilla, di Beacon Hills.
Come un cobra che si attorciglia al collo facendo perdere il respiro,
provocando la morte per asfissia… intensa, dolorosa, fuori
controllo,
imbattibile.
Beacon Hills veniva devastata da una specie di cobra, la forma peggiore
che può
assumere un lupo mannaro: un kanima.
«Un
che???»
«Un kanima, ragazzi».
«Mai sentito un animale del genere».
«Neanche noi, ma vostro bisnonno Argent sì, sapeva
molto bene cos’era, come
dominarlo e come distruggerlo».
«Il bisnonno Argent? Gerard dici?»
«Proprio lui».
«Ma la mamma ha sempre detto che era cattivissimo, il peggior
nonno della
storia dei nonni, nonno McCall messo a confronto è un
angelo».
«Non dovete avere una considerazione così cattiva
del nonno McCall. Ha
sbagliato in passato, ma si è fatto perdonare a dovere,
contrariamente al
bisnonno Gerard che, pur sapendo di sbagliare, ha continuato a fare
anche di
peggio. Ma procediamo con ordine e vi racconterò ogni cosa
nel dettaglio, per
quanto la mia memoria me lo consenta».
Un kanima dunque
è l’ultima espressione di un lupo
mannaro, quella peggiore. Una persona diventa una specie di lucertola
ambulante
quando nutre sentimenti deprecabili, proprio come Jackson, assetato di
ricchezza e potere, due elementi che, per antonomasia, portano un uomo
alla
propria naturale distruzione.
Esso, tuttavia, per agire necessita di un padrone indiscusso, di cui
possiede
le fobie, da solo non agisce.
Difficile capire
l’insolita fonte distruzione
della città, nessuno esente dai sospetti, iniziando da
Lydia, scomparsa
misteriosamente nei boschi per due giorni durante il suo ricovero in
ospedale,
ritrovata casualmente per strada nuda e senza memoria; Derek, che
rintanato
nella sua catapecchia costituiva un nuovo esercito personale, in modo
da
affrontare gli Argent; Scott in apparente separazione da Allison
(avevano una
relazione segreta ignota ai nonni Argent che si opponevano a questa); i
nuovi arrivati:
Isaac Lahey, Erica Reyes, Vernon Boyd, questi ultimi due morti in
tragici
incidenti, mentre Isaac oggi è il nostro più
grande alleato e amico di papà;
per un attimo pensammo perfino al Dottor Deaton, il padrone della
clinica
veterinaria che pareva sapesse più di quanto dicesse.
Non nascondo che, con tanti omicidi, con tanti misfatti, mi preoccupava
costantemente la salvezza di mio padre che, da poliziotto bravo e
coraggioso,
si ritrovava continuamente invischiato in simili incredibili misfatti,
senza
conoscere esattamente la fonte di tanta distruzione.
L’arrivo
di Gerard in città, seppur inaspettato e
pieno di sospetti da parte nostra, contribuì
all’addestramento di Allison,
grazie alla quale scoprimmo il kanima proprio in Jackson.
Egli diventò il padrone del kanima riuscendone a togliere il
possesso a Matt
Daehler. Con l’uccisione di tutti i giocatori di pallanuoto,
e con la fobia del
kanima per l’acqua, non si rivelò difficile
risalire al suo padrone, l’essere
meno sospettabile di questo mondo.
Aaaah, ricordo
quasi con dolcezza il momento in
cui mi resi conto che il kanima aveva paura dell’acqua.
Quella sera un sempre
più fuori controllo Derek, venne catturato e paralizzato dal
veleno del kanima.
Caduto nella piscina della scuola, non potendo reagire, accorsi in suo
aiuto.
Mi tuffai in piscina, lo presi dal fondo e notando
l’impossibilità del kanima
di tuffarsi, tentai di tenerlo a galla insieme a me il più
possibile,
nonostante le sue proteste. L’irritazione quasi rasentava la
disperazione, le
proteste di Derek come l’imperterrito ronzio di uno sciame di
zanzare. Chiusi
gli occhi, inspirai a fondo alla ricerca di un briciolo di pazienza che
in quel
momento scemava sempre più, trovando conforto nel calore
della sua schiena,
mentre i suoi capelli mi pungevano delicatamente il mento, provocandomi
degli
spasmi irregolari di freddo, causato non solo dalla bassa temperatura
dell’acqua, ma dalla consapevolezza di tenerlo stretto tra le
mie braccia. Per
una volta la sua salvezza dipendeva da me, e non il contrario,
perciò dovevo
fare qualunque cosa riuscisse a tenerlo a galla e a salvarlo. Quando il
senso
di disperazione mi sopraffaceva, quando nessuna delle mie preghiere
faceva
arrivare immediatamente Scott, quando temevo di non farcela, piano
appoggiavo le
mie labbra sulla sua schiena possente, e la mia testa per trovare in
lui la
forza necessaria per non fare passi falsi, per restare in acqua sani e
salvi.
Pesante fino allo sfinimento il suo corpo, mi sembrava una delle sette
fatiche
di Ercole, sorreggerlo si rivelava estremamente difficile.
Fortunatamente non
potevo guardarlo in faccia, perciò una parte di me
fantasticava felicemente
cercando di indovinare ogni sua espressione: sopracciglio inarcato,
denti
sporgenti a forma di ghigno, occhi tenebrosi, un certo imbarazzo, misto
a senso
di piacere che gli faceva assumere un’espressione tra lo
sconcerto e l’ironia.
Per ironia della sorte, i ruoli si erano inverti e una parte di me
pensava che
rinfacciarglielo in eterno sarebbe stato molto divertente: lui aveva
bisogno di
me quanto io di lui. Io lo ammettevo, lui lo sapeva in cuor suo.
Tempestivamente,
come al solito, giunse Scott che
trasse noi in salvo e mise il kanima in fuga.
Nel frattempo,
per effetto di un sortilegio quanto
mai ambiguo, Lydia riportò in vita Peter Hale.
«Aspetta un momento! Zia Lydia ha fatto resuscitare
Peter???»
«Proprio così ragazzi».
«Ma è possibile?»
«Neanche noi credevamo in una cosa del genere, ma essa
è avvenuta proprio sotto
i nostri occhi e, sebbene la maggior parte di noi credeva di sognare,
la
sfacciataggine pungente di Peter ci riportò coi piedi per
terra, alla realtà.».
«Wooow».
«Oh, no, non direi “wow”. La resurrezione
di Peter fu una delle cose più infime
mai accadute, perché lui portò Lydia ad
avvelenarci tutti con una particolare
erba velenosa durante una festa, un’erba che provocava in noi
delle
allucinazioni. Tutte le nostre paure, Peter le vedeva e le usava contro
di noi,
tentando di farci smarrire la nostra strada, di farci perdere la
ragione e la
lucidità che in quel periodo dovevamo avere a tutti i costi.
Un prestigiatore,
così potremo definire Peter, egli gioca con le emozioni
altrui e le sfrutta a
suo vantaggio. Proprio sfruttando le debolezze e la bontà di
Lydia è potuto
resuscitare».
«Uffa, così la fai diventare una cosa
orribile».
«È una cosa orribile, Ryan».
Arriviamo al
giorno dello scontro nell’ufficio
dello sceriffo, l’ufficio di mio padre. Sapendo che il kanima
si trovava
proprio lì, beh, potete immaginare la mia ansia e la mia
paura. Io, Scott,
Derek e la sua cricca di combina guai ci dirigemmo lì, ma,
inaspettatamente,
con noi anche gli Argent, capeggiati da Gerard. Serata orribile, il
kanima
spargeva il suo veleno paralizzante ovunque, così tanto che
io e Derek,
paralizzati (quel ragazzo sembrava avere la fortuna dalla sua parte in
quel
periodo) stavamo l’uno sull’altro.
Imbarazzo ed eccitazione, la paralisi come una benedizione, o almeno,
lo
sarebbe stata in un momento diverso. In quel momento le nostre
volontà ci
spingevano a lottare per separarci e correre in aiuto dei nostri amici.
I
nostri sguardi rivolti a due parti opposte, nell’importanza
del momento, uno
scatto repentino, desideroso, difficile da bloccare, in un lampo i
nostri
sguardi uno dento l’altro, per quel poco che il movimento dei
nostri occhi ci
consentiva.
Parlavamo, parlavamo come due anime febbrili e desiderose, parlavamo
come il
silenzio di quel momento non poteva neanche descrivere, parlavamo come
mai in
vita nostra. Troppo forte il desiderio di baciarlo, un fremito lungo la
mia
schiena bloccata.
Ah, dannato kanima, se solo non ci avesse avvelenato.
Il nostro sguardo incrociato, le orecchie tese ad ascoltare anche il
minimo
rumore, urla, parola sussurrata, in quel silenzio ostile e tenebroso,
circondati e intrappolati nell’oscurità e
nell’incertezza, come catene
saldamente strette, le catene della nostra felicità ci
legavano così forte da
toglierci il fiato.
Il caos
cessò, le urla anche, l’effetto del veleno
svanì. Distruzione, macerie, corpi feriti, i miei occhi non
riuscivano ad
abituarsi a quella vista. La faccia sconcertata della nonna McCall che,
a causa
della ostinazione e del menefreghismo di Jackson, scoprì
come suo figlio,
vostro padre, fosse un essere magico. E dopo lo sconcerto iniziale per
l’assurdità di quella vista, di quegli
avvenimenti, l’amore materno prevalse perché
sempre ogni mamma sa riconoscere la bontà nei propri figli.
Lei la ritrovò in Scott nonostante tutto. E sebbene la sua
natura indicasse il
contrario, Scott non era un essere malvagio, il nostro True Alpha.
Non so come, ma
vostro padre, credo anche grazie
all’aiuto del dottor Deaton, riuscì a scoprire i
piani di Gerard e così
arriviamo al giorno della sconfitta del kanima.
Il vostro bisnonno ammalato di cancro, voleva la magia per guarirsi, e
voleva
che questa gli fosse data da zio Derek, cosa non facile da ottenere,
per questo
aveva bisogno del kanima, per poter ricattare lui e il suo branco, per
cui ne
diventò il secondo padrone. Scott, tuttavia, scoperti i suoi
piani, gli scambiò
le pillole, in modo che, al momento dell’incantesimo, egli
rigettasse la magia.
Il piano riuscì alla perfezione, ma non segnò la
morte del vostro bisnonno.
Nel frattempo il kanima impazzava, ma Jackson poté diventare
uno splendido lupo
mannaro solo grazie all’aiuto di Lydia, che
rievocò un ricordo prezioso della
loro storia d’amore. Sconfitto il kanima, gli occhi gialli
verdastri,
improvvisamente divennero blu elettrico.
Per evitare di
provocare danni e sofferenze alla
cittadina, egli si trasferì a Londra con stupore di Lydia,
ferendola più di
quanto non avesse fatto fino ad allora, e proteggendola come mai si era
sognato
di fare.
A seguito del
suicidio di nonna Argent, decisa a
non poter vivere con la magia, avuta a causa di un casuale incantesimo
di
Derek, vostra madre, persuasa di dover trovare un equilibrio stabile
tra la sua
nuova condizione di cacciatrice, la morte di sua madre e la relazione
con
vostro padre, decise di darci un taglio per un po’ di tempo.
Ovviamente ciò
ferì bruscamente l’animo di vostro padre, che
capendo perfettamente i
sentimenti di lei, acconsenti con la speranza di un loro nuovo ritorno
di
fiamma quanto prima. Scott, infatti, ha sempre pensato che vostra madre
fosse
la donna della sua vita, la sola ed unica in grado di farlo sentire
vivo.
«Mamma
e papà si erano lasciati???»
«Accidenti, che facce sconvolte, non volevo traumatizzarvi.
Circa un anno dopo
sono tornati insieme, e poi si sono sposati e siete arrivati voi due
mostriciattoli».
«Un anno di separazione? Oddio! E papà in
quell’anno non si è suicidato?»
«Ryan!»
«Ma lo sappiamo tutti che papà è
morbosamente innamorato della mamma, mica è
una novità».
«Riuscì a farsi da parte quella volta, per la
felicità di lei, e so che lo
rifarebbe se le circostanze dovessero richiederlo».
«Ma abbandonerebbe noi!»
«No, Emily vostro padre non vi abbandonerà mai,
farà l’impossibile pur di stare
con voi!»
«Davvero?»
«Davvero! Sono pronto a mettermi al rogo, vostro padre ama
ognuno di voi più
della sua stessa vita».
«Ok, continua pure la storia».
Allison
andò in vacanza in Francia, a Parigi, per
ben quattro mesi, quattro mesi di tranquillità nei quali
Scott decise di fare
l’impossibile per mettersi al passo con gli studi, e
allenandosi duramente per
nuove battaglie. L’istinto di chiamare vostra madre era
sempre presente e non
so esattamente dove trovasse tanta forza, ma lo reprimeva.
Derek continuava
nelle ricerche di Erica e Boyd,
scomparsi misteriosamente, ma ogni nuova pista lo portava nel nulla.
Lydia, disperata
per l’assenza di Jackson, cercava
di divertirsi un po’ e nel frattempo consolidavamo il nostro
rapporto di
squadra come investigatori, data la sua intelligenza smisurata.
Nonna McCall,
diventata nostra complice, aiutava
le ricerche, un aiuto sorprendentemente eccellente.
Una sera io e
vostro padre decidemmo di dedicarci
una serata all’insegna del divertimento, ma fermi ad un
incrocio incontrammo
Lydia ed una Allison molto cambiata di ritorno dalla Francia.
Scott voleva lasciarle stare, ma io utilizzai il pretesto del mio
legame con
Lydia per farli parlare: missione non riuscita.
Partite poco prima di noi da quel semaforo, investirono un cervo. Noi
corremmo
in loro soccorso.
Quella sera segnò l’inizio di nuove stranezze in
città e così la vita magica
quasi totalmente abbandonata quattro mesi prima, ci sopraffaceva
nuovamente,
come se la città non fosse stata abbastanza sconvolta in
passato.
Derek,
trasferitosi in un nuovo appartamento in
città con Isaac, sapeva esattamente di cosa si parlava, ma
lo scorrere della
vita tranquilla per tutti noi lo aveva persuaso a non dirci nulla: dei
maghi
stranieri investiti dei supremi poteri si trovavano in
città. Loro avevano
rapito Boyd ed Erica, ma con il cervo e col caos che quella notte si
generò in
ospedale loro non avevano nulla a che fare, almeno in apparenza.
Due minacce di
entità diverse e noi troppo pochi e
troppo deboli per contrastarle.
Così,
anche se con molta fatica, i vostri genitori
si ritrovarono a collaborare fianco a fianco.
Lydia doveva convivere con un nuovo strano potere che ignorava di
possedere.
Io cercavo di trovare un collegamento tra alcuni sacrifici umani fatti
in
città. La prima vittima una mia carissima amica
d’infanzia: Heather. La sera
del suo compleanno io e Scott eravamo stati invitati alla sua festa.
Una serata
molto speciale per me e per lei. Ma si sa, le cose non vanno mai come
vorremo e
le cose belle non possono avere mai un finale altrettanto bello e
favoloso. Un
attimo mi ero allontanato da lei, quell’attimo fatale per la
sua sicurezza.
La rividi qualche giorno dopo all’obitorio, casualmente,
mentre analizzavo un
altro cadavere.
«Analizzavi cadaveri??? Che schifo!»
«Ogni tanto i poliziotti debbono farlo».
«Bravo Ryan, hai interrotto la storia proprio nella parte
più bella e ora lui
si è perso».
«Cosa c’è di bello
nell’analizzare cadaveri?»
«Heather, scemino! Per essere la più piccola tra i
due, risulto la piú
intelligente».
«Emily!»
«Ma è vero! Dunque, il corpo di Heather, ti prego
continua, e tu evita di
interromperlo inutilmente».
«Calma, calma, abbiate pazienza, ho quasi finito».
Vidi il corpo di
Heather e mi sentii morire, una
sensazione di vuoto e smarrimento si impadronì di me, mi
sentii mancare la
terra sotto i piedi. Sudore freddo misto a lacrime bagnava la mia
maglietta.
Io, Heather e il ragazzo che stavo analizzando avevamo una cosa in
comune e da
quel momento la paura e il senso di soffocamento non mi abbandonarono
mai.
Temevo di essere la prossima vittima, temevo che anch’io
sarei stato
sacrificato.
Rimasi in lutto
per Heather per un po’ di tempo,
ma la vicinanza di vostro padre e Lydia mi spinsero ad andare avanti, a
non
perdermi d’animo, a vendicarla.
Poco dopo,
grazie ad alcuni ricordi di Isaac fatti
riemergere con la forza d’animo, riuscimmo a trovare il
nascondiglio dove
veniva tenuto in prigionia Boyd, dove giaceva il corpo di Erica e dove,
da
anni, veniva segregata una delle sorelle di Derek a lungo creduta morta
nell’incendio: Cora.
Una sfida ardua
ed estenuante liberarli, Derek
decise di occuparsene da solo per una notte intera. Quella notte egli
conobbe Jennifer,
la nostra nuova professoressa di letteratura americana, aggredita dai
due. Non
ci volle molto che tra i due sbocciò una storia
d’amore.
Scoprire il mio
Derek con un’altra donna mi
distrusse letteralmente. La mia ultima ragione per sopravvivere mi
aveva
tradito, aveva tradito tutti. Cercava amore e compassione e si
concedeva a una qualunque
donna spaurita e bella; proprio non riusciva a capire che io avrei
potuto
dargli tutto ciò che desiderava, che non gli avrei mai fatto
del male, che non
tramavo nulla alle sua spalle, che non lo avrei mai usato per scopi
malefici,
che non sarebbe stato una delle mie pedine, che tutto ciò
che volevo da lui era
l’amore puro e semplice così come lo desiderava
lui.
Vedere Cora viva
davanti a lui, sua sorella
minore, probabilmente lo aveva reso vulnerabile fino a renderlo cieco.
Ognuno
di noi nutriva profondi sospetti sulla lealtà di Jennifer.
A Lydia loro due insieme piacevano, ma sapeva cosa provavo io e se ne
rammaricava profondamente.
Cercavo di
annegare tutto il mio dolore e la
disperazione nella ricerca, nella risoluzione dei casi, nella ricerca
del darach,
così si chiamava la minaccia numero due,
l’artefice dei sacrifici.
Le strade della città inquinate dallo spargimento di troppo
sangue, ogni giorno
un nuovo omicidio, una nuova tragedia, senza contare che bisognava
badare al
gruppo di Alphas, infiltrati anche nella scuola per distruggerci.
Difficile
prevedere i loro piani, ogni nuova mossa, ogni loro azione; stessa cosa
dicasi
per il darach, che sfruttava gli Alphas per arrivare a Scott.
Durante una
trasferta con la scuola, Scott, Isaac,
Boyd e i gemelli Alpha (Aiden ed Ethan) iniziarono ad avere strani
atteggiamenti omicidi, sembravano in preda ad allucinazioni che li
portavano
all’autodistruzione. Ma nessun tentativo di suicidio potrebbe
mai essere
paragonato a quello di Scott.
Non
spaventatevi. Allison e Lydia trovarono vostro
padre in una pozzanghera di benzina, con essa si era anche bagnato e
aveva in
mano un razzetto segnalatore, era pronto ad uccidersi. Le urla delle
ragazze mi
fecero correre immediatamente e quando lo vidi lì mi sentii
morire per la terza
volta in due mesi. Farneticava, considerava la sua vita inutile,
pensando di
non aver avuto successo in nessuna delle sue azioni, in nessuno dei
suoi
propositi. Con Scott ho condiviso i momenti migliori e peggiori della
mia vita
e vi posso assicurare che non lo avevo mai visto in quello stato e che
d’allora
non ne ho più avuto occasione, fortunatamente.
Nulla sembrava convincerlo del fatto che si sbagliava di grosso e in
quel
momento realizzai che la mia vita non avrebbe avuto senso senza il mio
migliore
amico e che “se saltava lui, saltavo io” e
così, se voleva uccidersi, avrebbe
dovuto uccidere anche me.
Fiumi di lacrime rigavano la mia faccia, lacrime amare, lacrime di
sofferenza,
lacrime che sapevano di morte e disperazione, lacrime speranzose. Senza
pensarci troppo, mi ritrovai nel bel mezzo della pozzanghera di
benzina, pronto
a morire con lui.
Le parole uscivano fuori dalla mia bocca senza controllo, parole
tremanti,
parole sincere, il mio cuore parlava, non io e per fortuna, quelle
brevi parole
che il mio cuore disse, le stesse che avrei urlato al mondo e scritto
su tutti
i muri della città, sortirono l’effetto sperato:
Scott era sempre stato mio
fratello. Solo così lo convinsi che ricopriva un ruolo molto
importante nella
mia vita, ma lo ricopriva anche in quella degli altri lì
presenti, solo che non
se ne rendeva conto.
Presi il razzetto e lo lanciai il più lontano possibile,
salvando vostro padre
e me.
Il giorno dopo, grazie all’intuito di Lydia, scoprimmo che i
fantastici cinque
erano state vittime di un sortilegio: venivano avvelenati lentamente e
Lydia
vide dietro questa mossa la mano del darach.
Le ricerche
continuarono senza sosta, la gente
inspiegabilmente moriva e la popolazione non sapeva piú cosa
pensare.
Avendo salvato loro la vita, i gemelli iniziarono a fare il doppio
gioco,
ammorbidendosi nei nostri confronti. Ma Ethan temeva così
tanto il loro capo da
perdere il controllo qualche volta e sottostare ai suoi loschi piani.
Poco dopo, anche grazie ad Aiden, capimmo che Ethan non aveva paura di
morire,
ma di perdere l’amore della sua vita: Danny.
Anche Aiden temeva di perdere Lydia, soprattutto a causa dei suoi
strani
poteri, ma riusciva a nasconderlo bene.
La coppia Scott – Allison nel frattempo diventava un
triangolo amoroso, data la
nuova e strana intesa tra Isaac ed Allison.
Circondato da tutto questo amore mi sentivo un perdente, una larva
inerme dalla
vita priva di senso, un parassita alla mercè altrui. E
nessuno, né Lydia, né
Scott che sembrava comprendermi molto bene in quel periodo, riuscivano
a far
emergere un briciolo di felicità in me.
Scivolavo nell’oblio dall’oscurità
sempre più densa, non vedevo alcuna luce in
fondo al tunnel, nulla che mi riportasse a galla, mi sentivo alla
deriva, solo
nel mio dolore, solo con un’enorme piaga nel cuore, una
ferita così profonda da
risultare, apparentemente, non rimarginabile, come se me lo avessero
squarciato
con un fendente appuntito e acuto.
Quello era solo l’inizio…
Un giorno, a
casa Hale, Cora e Peter mi
raccontarono una curiosa storia sul passato di Derek. Lui, ovviamente,
era
scomparso di sua sponte per qualche giorno.
Parlando con Cora capii quanto lei somigliasse a suo fratello, stesso
carisma e
atteggiamento un po’ aggressivo, stessa voglia di agire,
stessa impulsività,
stesso senso di protezione, stesso senso di famiglia. Qualcosa che
trascendeva
di gran lunga da Peter.
La storia della primissima cotta di Derek mi aiutò a capire
qualcosa in più sul
suo carattere e in che modo ciò avrebbe determinato il suo e
il nostro futuro.
Credo che quel giorno anche Cora abbia visto qualcosa di speciale in
me,
qualcosa che probabilmente neanche so di possedere, ma il suo
atteggiamento
mutato nei miei confronti funzionò come un campanellino
d’allarme per una dolce
intesa.
Gli Alpha
volevano catturare il darach più di noi,
molto più di quanto volessero Scott nel loro clan, lo
volevano vivo per poi
distruggerlo con le loro mani.
Cora, nel frattempo, ferita durante la lotta con un’Alpha, si
ammalò, non
riuscivamo a capire di cosa e non trovavamo neanche una cura. Derek
cadeva
sempre più nella disperazione, non faceva nulla, gli eventi
gli scivolavano
addosso. A nulla servivano le nostre urla, i nostri rimproveri, nulla
potevano
sulla sua corazza ferrea.
La situazione
diventava man mano sempre più grave,
inspiegabile e irrecuperabile. La necessità di informare mio
padre circa gli
eventi soprannaturali della città diventava incombente: lui
doveva sapere, per
agire a modo e con cautela. Non sapevo come dirglielo, così
provai ad essere il
più sincero possibile, ma anche all’ora
l’incredulità emergeva dagli occhi
chiari di mio padre e a nulla serviva convincerlo a mettere i piedi per
terra;
la sua psiche rifiutava una cosa del genere. Incredulità e
paradosso, questo
leggevo nei suoi occhi.
Jennifer
organizzò a scuola un concerto di
beneficenza e quella sera Lydia fu rapita. Le sue urla riecheggiarono
per
l’intero edificio, tanto da non permettere alla sua rapitrice
di ucciderla e
far arrivare noi sul luogo dell’incauto gesto per scoprire
l’identità del
darach coi nostri occhi: proprio lei, Jennifer.
Quella visione
mi distrusse l’anima, soprattutto
nel momento in cui la vidi portar via mio padre per condurlo alla
morte.
Quella l’espressione ultima dell’oblio, non
v’era via d’uscita.
Jennifer fece un
patto con Derek: avrebbe curato
Cora in cambio di protezione. Con mio grande sconforto
accettò. Grandissima
rabbia provai in quell’istante, perché era come se
lui non si rendesse conto
che giocava con la vita del mio unico genitore. La rabbia esplose tutta
durante
la battaglia in ospedale. Che battaglia, accidenti… anche
nonna McCall venne rapita
da Jennifer, che grazie a Kali (la donna alpha) scoprimmo chiamarsi
Julia
Baccari, la sua emissaria, una specie di consigliera e guida ecco,
esattamente
come il dottor Deaton per noi.
Per contrastare
lo sviluppo negativo degli eventi,
nonno Argent si fece rapire; richiamò l’attenzione
di Jennifer, nel tentativo
di aiutare me e Scott.
Vedete, non ho mai stimato troppo vostro nonno, in quel periodo lui rappresentò la goccia che fece traboccare il vaso, sempre a rimproverare gli altri per i propri errori e a non tentare di riparare minimamente i suoi. Vostro padre per fortuna ha preso da vostra nonna.
Non riuscivo ad immaginare la mia esistenza senza mio padre, non accettavo di dover rimanere orfano a diciassette anni.
La rabbia e il dolore represso, sfociarono nuovamente in attacchi di panico, che non avevo dalla morte di mia madre, che non pensavo di riavere a distanza di così poco tempo.
Un giorno a scuola, parlando con Lydia, mi sentii mancare l’aria, la testa mi girava vorticosamente. Le parole di Lydia sembravano vuote e sudavo, sudavo tanto, la pelle ghiacciata al tatto, le ginocchia deboli, così tanto da accasciarmi a terra. Non sapevo cosa fare, tentai di riacquistare l’antico controllo che sembrava svanito nel nulla.
Lydia, impaurita da quella situazione, mi trascinò il più delicatamente possibile nello spogliatoio maschile. Nel tentativo di calmarmi, mi accarezzò più volte la faccia e, presa dal panico anche lei, mi baciò. Un bacio a stampo, impacciato ma intenso, mi tolse il fiato e placò così il mio attacco di panico. Arrestato il battito del mio cuore, impercettibile all’orecchio umano.
Stremato, guardai vostra zia con aria interrogativa, mi pareva un sogno, un sogno a lungo desiderato, da tempo con effetto lato: quel bacio per quanto bello, intenso e inaspettato non sortiva su di me l’effetto strabiliante che, un anno prima, avrebbe sortito. Effetto che avrebbe avuto invece un bacio di Derek.
Tuttavia, incantato dalla maestosità di quel gesto e dalla sua potenza, fissai la ragazza blaterare parole confuse che arrivavano alle mie orecchie come uno scioglilingua.
Riacquistato il controllo, tornammo alla straziante e affatto romantica realtà.
Le ricerche si
rivelano lunghe, estenuanti e senza
sosta, al punto che, per trovare i nostri genitori, dovemmo ricorrere
ad un
particolare rituale magico di localizzazione. La magia riscosse un
successo
inaspettato, riuscimmo a trovarli, scoprendo che conoscevamo
già il posto,
casualmente. Deaton sembrava certo del successo della magia, ma ne
temeva le
conseguenze, non a torto. Una sorta di oscurità costante e
profonda ci avrebbe
accompagnato da lì in poi nel lungo viaggio della vita,
cambiandoci in maniera
imprevedibile: alcuni di noi in meglio, altri in peggio. La sentiamo
ogni
giorno, anche in questo momento.
Arriviamo
così al giorno della battaglia finale,
quando Derek, accortosi del bluff di Jennifer, curò Cora
mediante le proprie
forze, diventando così un beta. Una Cora guarita e nel pieno
delle forze lo
fece tornare in sé, al punto da fare il doppiogiochista con
Jennifer: da
alleato la conduceva nelle grinfie della morte, peccato solo che
Deucalion, il
capo supremo, non riuscì nell’impresa, anzi, tutti
i suoi piani fallirono
miseramente. Al punto che Scott, da diventare un suo sottoposto,
diventò il
True Alpha: un capo degno di essere tale, per la sua purezza
d’animo. Questa la
conclusione del piano di Scott.
Prima della sua misera sconfitta, Jennifer curò magicamente
la vista di
Deucalion, diventato cieco molti anni prima per colpa del bisnonno
Argent.
L’assenza di poteri supremi e la vista resero Deucalion quasi
innocuo, al punto
che Scott e Derek decisero di concedergli una seconda
possibilità di vivere in
pace lontano da Beacon Hills.
Allison e Isaac
erano rimasti imprigionati durante
la battaglia, nel covo sotterraneo del darach, ma io riuscii a trovarli
prima
che fossero sepolti vivi. Mio padre, nonna McCall e nonno Argent erano
salvi.
Riabbracciare
mio padre provocò in me
un’esplosione di felicità innata. Tutta la paura e
la preoccupazione in un
abbraccio strozzacollo, cosa inusuale per noi Stilinski, ma
anch’egli,
consapevole della triste realtà che aleggiava virtuosamente
per le strade della
città, era felice di rivedermi vivo.
La nuova
condizione di Scott e la guarigione di
Cora, indussero Derek ad abbandonare la città per qualche
tempo.
Inebriati dal calore della “monotona routine”
vivevamo la nostra vita,
godendoci ogni spiraglio di felicità come aria fresca
penetrante e passeggera.
Ovviamente la partenza di Derek non mi rese affatto felice. Le orribile
parole
urlate in ospedale riecheggiarono nelle mie orecchie per molto tempo.
Pur
rappresentando la realtà dei fatti, esse bruciavano come
lame ardenti, al punto
da pensare che lui non mi avrebbe mai perdonato.
Contrariamente ad ogni mia aspettativa, lui e Cora piombarono in casa
mia,
senza alcun permesso, senza avvisare, in perfetto stile Hale.
Cora, saltatami al collo, si congratulò con me per il mio
coraggio e la mia
bontà d’animo. Promettendole che avrei evitato di
andare a caccia di guai in
sua assenza, scherzosamente mi rimproverò di avere lo strano
potere di
ammorbidirla, lo stesso potere che, a quanto pare, ho su un altro Hale.
Con un
altro abbraccio mi disse che la mia magia è insita nel mio
cuore e che mai lo
avrebbe abbandonato.
Derek, con occhi curiosi, guardava la scena immobile. Non riuscimmo a
dirci
neanche una parola, niente, solo uno sguardo intenso e penetrante.
Quell’istante parve durare un eternità, per molto
più di un istante i nostri
occhi parlarono al posto delle nostre bocche, dicendosi quello che noi,
per
mancanza di coraggio, non riuscivamo a dirci verbalmente.
Esasperata da quella situazione, Cora incoraggiò un
abbraccio. L’accontentammo
solo per farla stare zitta, anche se il suono della sua voce stuzzicava
volentieri le mie orecchie e quelle di vostro zio.
Così io e Derek ci abbracciammo prima della sua partenza.
Le sue labbra assunsero la forma di un bacio lasciato compositamente
sul mio
collo. Un bacio breve, carico di significato, un bacio
d’amore e d’addio, un
bacio da “ti ho perdonato, ma vado via per il tuo
bene” che rese tragica la mia
notte insonne. Grazie a quel bacio capii esattamente quanto spazio
ricoprivo
nel cuore di vostro zio, quanto importante fossi per lui, peccato solo
che non
lui non capiva quanto male provocava in me la sua fuga.
Vostra madre e
vostro nonno stipularono un nuovo
codice di condotta: “Nous protègeons ceux qui ne
peuvent pas se protèger eux
mêmes” e così è stato da quel
momento in poi.
Le storie tra
Lydia ed Aiden e tra Ethan e Danny
proseguirono a gonfie vele, ancora oggi stanno tutti insieme, ed io e
Scott ci
godevamo quegli attimi di felicità in attesa di nuovi guai,
gli stessi che
riportarono Derek e Cora in città.
Nel frattempo noi dovevamo ripristinare i rapporti con i nostri padri,
cosa
alquanto difficile.
Dopo qualche tempo, i vostri genitori iniziarono un nuovo capitolo
della loro
storia, non lasciandosi mai più.
Sconfitti tutti i nemici e messa al riparo la città da altre
minacce, io e
Derek iniziammo a vivere pian piano la nostra favola.
La vostra
nascita ha reso la nostra esistenza
sicuramente migliore, voi rappresentate il nostro futuro e la speranza
di una
vita lontana da pericoli, fughe ed errori.
“Per
essere quello che vuoi
essere,
non
c’è limite di tempo, comincia
quando vuoi.
Puoi
cambiare o rimanere come sei, non
esiste una regola in questo.
Possiamo
vivere ogni cosa al meglio o al peggio.
Spero
che tu viva tutto al meglio.
Spero che tu possa vedere
cose sorprendenti.
Spero che tu possa avere
emozioni sempre nuove.
Spero che tu possa
incontrare gente con
punti di vista diversi.
Spero che tu possa essere
orgogliosa della tua
vita.
E se ti accorgi di non
esserlo, spero
che tu trovi la forza di ricominciare da zero”.
La
citazione è tratta dal film…
«”Il Curioso Caso Di Benjamin Button”. La
mamma ce lo ha fatto vedere centinaia
di volte. È la lettera che Benjamin scrisse a sua figlia
Caroline, che la lesse
in ospedale al capezzale della madre».
«Esatto Emily. La storia termina qui. È tardi,
dovete dormire, altrimenti chi
la sente vostra madre».
«Ma è reale la storia?»
«In parte sì,
Ryan, in parte lo è».
«E cosa non lo è?»
«Lo scoprirete crescendo. Dolce notte miei cari, domattina
una lunga giornata
al lago vi attende e mica potete dormire tutto il giorno».
«Quindi la gita non è annullata?»
«No, certo che no. Ma potrei decidere di annullarla se ora
non dormite».
«Buona notte zio».
«Buona notte ragazzi».
Esiste
una playlist per questa storia:
Muse
– Time Is Running Out
Foo
Fighters – Everlong
Nickelback
– Savin’ Me
Oasis
– Let There Be Love
Queen
– Don’t Stop Me Now
Mike
Oldfield – Moonlight Shadow
Neffa
feat. Ghemon – Dove Sei
Laura
Pausini feat. Kylie Minogue – Limpido
John
Lennon – Imagine
Evan
& Jaron – Crazy For This Girl
Subsonica
– In Tutti I Miei Sbagli
Negrita
– Destinati A Perdersi
Pearl
Jam – Unthought Known
One
Republic feat. Timbaland – Apologize
Tra
le fonti di ispirazione, ovviamente, c’è anche il
mio quadro
preferito: “La Persistenza della Memoria” di
Salvador Dalì.
Che volete da me, tra me e quel quadro è stato amore a prima
vista. XD
Ringrazio
infinitamente la mia amica Phoenixstein per il supporto, per
essere costantemente la mia beta e per avermi ricordato dettagli che
alla mia
anziana memoria sfuggivano. Senza il suo entusiasmo questa storia non
sarebbe
mai nata.
Sua anche l’immagine intermedia alla storia,
perciò, se dovessero servirvi
immagini fantastiche da creare, non esitate a contattarla. ;)