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Autore: Palmeras Celestiales    19/09/2013    2 recensioni
In quel momento realizzai che la mia vita non avrebbe avuto senso senza il mio migliore amico e che “se saltava lui, saltavo io” e così, se voleva uccidersi, avrebbe dovuto uccidere anche me.
Fiumi di lacrime rigavano la mia faccia, lacrime amare, lacrime di sofferenza, lacrime che sapevano di morte e disperazione, lacrime speranzose. Senza pensarci troppo, mi ritrovai nel bel mezzo della pozzanghera di benzina, pronto a morire con lui.
Le parole uscivano fuori dalla mia bocca senza controllo, parole tremanti, parole sincere, il mio cuore parlava, non io e per fortuna, quelle brevi parole che il mio cuore disse, le stesse che avrei urlato al mondo e scritto su tutti i muri della città, sortirono l’effetto sperato: Scott era sempre stato mio fratello. Solo così lo convinsi che ricopriva un ruolo molto importante nella mia vita, ma lo ricopriva anche in quella degli altri lì presenti, solo che non se ne rendeva conto.
Presi il razzetto e lo lanciai il più lontano possibile, salvando vostro padre e me.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Scott McCall, Stiles Stilinski , Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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S1-S

Moonlight Shadow

 

 

 Our time is running out and our time is running out, you can't push it underground, we can't stop it screaming out. How did it come to this”. 

Che cosa strana il tempo… inafferrabile, fugace, imprevedibile, variabile. Non ci è dato sapere nulla su di esso, eccetto la sua natura di primo mobile: determina tutto e tutti.
E a nulla serve spostare avanti o indietro le lancette degli orologi. Ognuno di noi possiede un tempo massimo, che scade anche contro la nostra volontà, non dipende da noi, bensì da qualcosa di più grande. Che sia Dio o qualcun altro, questo non so dirlo. Onestamente, io ho smesso di credere in Dio molto tempo fa.
Ho solo imparato a sfruttare ogni attimo adeguatamente, in modo da andarmene in pace, senza rimpianti, sapendo di aver impiegato il tempo a mia disposizione nel migliore dei modi, per non vivere di ricordi durante la vecchiaia, per non incorrere nell’errore comune di desiderare più tempo perché non si è fatto abbastanza, per valorizzare le cose veramente importanti mai prese in considerazione, per dare un ultimo tocco di magia nel mondo.

 

“Show me what it’s like, to be the last one standing,
and teach me wrong from right, and I’ll show you what I can be,
and say it for me, say it for me, and I leave this life behind me,
say it if it’s worth savin’ me”.


Sì Ems, direi che questa canzone come ninna nanna oggi è perfetta, peccato solo che Ryan non sembri essere d’accordo, vero piccoletto?
«Voglio sentire la storia, zio Stiles». Lagnoso e arrabbiato con la sorella, il piccolo McCall.
«E sia. Forza Emily, spegni la radio e infilati sotto le lenzuola, prima che ti prenda come un piccolo sacco di patate e poi inizio a farti il solletico, finché esausta non mi implorerai di smetterla. Su, dai, vieni qua ad ascoltare la storia che ho da raccontarvi».

 

Un giorno speciale attendeva, inconsapevoli, me e papà. Calata la notte sui tetti di Beacon Hills, ci preparammo per la solita passeggiatina notturna, all’insaputa dei nostri genitori e a caccia di guai.
Ho sempre amato cogliere di sorpresa vostro padre, mi piace vedere le sue reazioni da babbuino impietrito e mortificato dal terrore, per poi iniziare a giocare come bambini, proprio come fate voi… sì, Ems, quella è esattamente la giusta espressione!
Così quella sera piombai a casa della nonna, e vostro padre stava per darmele di santa ragione con una mazza da baseball. Una volta vistomi, dopo aver corrugato pesantemente la fronte, ci dirigemmo nella Jeep (ne avevo una all’epoca, attualmente riposta nel mio garage sottoforma di ammasso di ferraglia arrugginita) alla volta del bosco.

Strane creature abitano nel bosco, alcune di esse bellissime a vedersi, malvagie nell’animo; altre dall’aspetto massiccio e antipatico, ma caritatevoli nel cuore; tutte pericolose per chi non sa come domarle.
Quella notte, ahimè, io e papà dopo esserci imbattuti in un cadavere nascosto nel bosco e dopo aver passato qualche guaio con mio padre, alla ricerca proprio di quel cadavere, Scott vide una di quelle creature speciali: un lupo mannaro.
Io, nel frattempo, trascinato per le orecchie, venivo riportato a casa da mio padre, accompagnati da una decina di poliziotti.
Ovviamente vostro padre mi raccontò della sua stravagante avventura solo molti giorni dopo, stanco delle mie insistenti domande da detective in corsia.
Stando al suo racconto, la bestia si presentava molto diversa dai disegni che appiccicano a caso sui libri per bambini. Paura sul suo volto alla vista di quella bestia mostruosa, dal temperamento indomabile, occhi rossi come il fuoco, mentre gocce di sudore bagnavano la nostra pelle gelida in preda a spasmi e convulsioni.

Paura che emergeva durante il racconto, una paura viva, di quelle che non passano in fretta.
Immobile, come rocce eterne sotto terra, non riuscì a fare un passo, né a proferire alcuna parola.
Solo sgomento e terrore nei suo occhi riuscivo a scorgere mentre egli raccontava la raccapricciante.
Un lampo, una luce incandescente e molto densa, bianchissima, vidi in lontananza quella sera mentre con l’auto della polizia mi dirigevo sulla via di casa, chiusi e riaprii gli occhi, disteso a terra distante mezza miglia giaceva vostro padre. Ovviamente mio padre non si accorse di lui e Scott velocemente si dileguò via da quel luogo oscuro.

Il giorno dopo, a scuola, vostro papà aveva una luce strana negli occhi, e i mille tentativi di farlo sobbalzare dallo spavento andarono tutti a vuoto. Non riuscivo a capire cosa stesse capitando, Scott diceva di aver imparato tutti i miei trucchetti e che non funzionavano più.
Parlando degli eventi della sera prima, lui dichiarò ogni cosa come una specie di magia. Di questo era stato investito: magia. Nuovi poteri sovrannaturali, ecco spiegato il lampo di luce. In questo modo controllò l’orrenda bestia.

Non so esattamente cosa accadde quella notte, so solo che quella notte ha cambiato completamente la nostra vita; è diventata migliore per alcuni aspetti, deprecabile per altri.

Prima di quella notte io e papà risultavamo anonimi al resto del mondo. Ma con la crescita le cose cambiano: ci si innamora.

Quel giorno a scuola arrivò una nuova studentessa e Scott ne fu attratto sin dal primo istante, un’attrazione non spiegabile, fuori controllo: Allison Argent.
Scott dice sempre che lei è la sua magia.
Di fronte a tanto amore io mi sentivo piccolissimo, più insignificante del solito: Scott sapeva giocare a lacrosse, si era fidanzato con una ragazza stupenda, migliore amica dell’unica ragazza sulla quale da anni tentavo di far colpo, lei innamorata di un altro bell’imbusto molto più attraente di me e con meno cervello. Non mi sto vantando, giuro.
«Ma tu sei attraente, zio Stiles!»
«Cucciola Emily, tu così mi lusinghi, anche troppo. Ma mi basta essere attraente per zio Derek al momento».
«Voi due come vi siete conosciuti? Non ce lo hai mai raccontato, uffi!»
«Se avrai un po’ di pazienza e se riuscirai a restare sveglio quel tanto che basta, ci sto arrivando, Ryan caro».
Dunque, papà aveva una vita perfetta, una vita invidiabilissima. E, purtroppo, l’invidia al liceo diventa un sentimento comune. Un mal comune che va messo da parte se si dispone della forza necessaria.
Grazie alla magia di cui Scott era stato investito, grazie al suo fidanzamento con Allison, iniziammo a far molte nuove conoscenze.

Lo vidi per la prima volta nel bosco, quando nel pomeriggio io e Scott andammo a cercare l’inalatore perduto. La terra bagnata tipica di una giornata uggiosa ed umida, come spesso se ne vivono a Beacon Hills. Quel pomeriggio, il bosco sembrava pervaso da un’aria strana, più acre del solito.
Improvvisamente, in piedi, davanti a quella che un tempo doveva esser stata una maestosa casa, un giovane dalla pelle bianchissima scrutava ogni nostro movimento. Sulle prime Scott fu spaventato da quella figura così imponente, apparente vigile di quelle rovine. Una giacca di pelle avvolgeva il suo corpo, conferendogli un po’ di quel calore che, apparentemente, l’animo umano non riusciva a dargli; capelli corti ed irti; occhi verdissimi che trasmettevano, stranamente, un’aria tenebrosa -da brividi, direbbe qualcuno- ma l’aria sprezzante da macho che prendeva piega pian piano sul suo volto, faceva ricredere lo spettatore.
Senza troppi complimenti, lanciò l’inalatore nelle mani di Scott, che al volo lo prese e altrettanto velocemente andammo via, vostro padre spaventato ed io, sembrerà strano sentirlo, indifferente.

Ricomparve il giorno dopo nel parcheggio della Beacon High, nella sua Camaro fiammante, giacca di pelle, occhiali da sole orgogliosamente posati su quel naso regolare e diafano. Derek, per qualche strana ragione, venne a prendere da scuola Scott e, dopo un sottile e ostile battibecco, andarono via insieme.

Quella vista da capogiro mi tenne ansioso tutto il giorno. Per non pensare mi occupai dei casi irrisolti di mio padre. Ma niente, quel viso pallido e sprezzante non accennava ad andar via dalla mia testa e nei pensieri compariva continuamente. Inspiegabile, come molte cose del resto in quei strani giorni. Ma le stranezze, da allora, divennero una prerogativa delle nostre giornate. La vista di Derek scatenò qualcosa in me, come una boccata di aria fresca pura e necessaria, come non ne inspiravo da secoli. Il mio cervello sembrava ricolmo di anidride carbonica e non di ossigeno, non riuscivo a ragionare. Studiare non serviva a nulla: non riuscivo a memorizzare. Attesi impaziente l’arrivo di Scott a casa, per sapere qualcosa di quello strano incontro.

“Breathe out so I can breathe you in,
hold you in
and now I know you’ve always been
out of your head
out of my head I sang”.

 

Feci zapping con la tv, zapping con la radio, nulla che mi tranquillizzasse.
Miracoloso e tempestivo l’arrivo di Scott.
Dettagliato ed intrigante il resoconto di vostro padre circa quello strano colloquio.
L’incontro nel pomeriggio precedente aveva persuaso Derek del fatto che qualcosa di particolare e magico caratterizzasse la tempra del mio carissimo amico e fratello, perciò, quel pomeriggio i due avevano discusso solamente di ciò, di come quella magia notturna e inaspettata avrebbe cambiato la sua vita e di come sarebbe stato difficile controllare gli effetti di tanta magia. D’altr’onde sapete bene che, per quanto affascinante sia, la magia presenta sempre dei benefici solo a patto che essi possano trovare ricompensa in qualcosa: i malefici.

I giorni passarono fuori controllo, impossibile fermare il tempo, impossibile frenare gli eventi. L’amore che vostro padre provava per vostra madre era in continua crescita e, secondo Derek, uno degli effetti della magia.

«Zio, ma quindi papà ama così tanto la mamma solo perché è vittima di una magia?»
«Oh, no, certo che no Emily cara, papà amerebbe la mamma anche senza la magia, solo che questa ogni tanto gli fa perdere il controllo delle sue azioni, non gli permette di frenare l’istinto di baciarla in continuazione. Ma no, papà non si è innamorato della mamma per via della magia, lei, anzi, lo aiuta a controllarla. Su, non essere triste e piagnucolosa tesoro caro, hai frainteso le mie parole».
«Ma anche zio Derek possiede la stessa magia che possiede papà?»
«Sì Ryan, proprio così, solo che lui la possiede sin dalla nascita, papà no».
«Quindi è una cosa infettiva? Siamo anche noi creature magiche?»
«Al momento no, forse potreste esserlo. Onestamente Ems, di questo dovresti parlare con Scott!»
«Figoooo! Come Harry Potter! Ma riceveremo anche noi una lettera da Hogwarts? No vero, da quel che hai detto papà non ha mica frequentato una scuola di magia, quindi neanche noi la frequenteremo. Ma quando ce ne accorgeremo? Perché ce ne accorgeremo, vero?»
«Questa doveva essere la favola della buonanotte Ryan, non qualcosa su cui fare calcoli o investigazioni, è fantascienza».
«Vuol dire che fino ad ora ci hai presi per i fondelli? Zio, le bugie non si dicono!»
«Molto in stile Dolores Umbridge, Ryan. No, non vi sto prendendo in giro -così è più corretto-, solo che per approfondire questa storia dovete parlare con papà, non ne so molto neanche io».
«Lo sai che non ci stai convincendo, vero zio?»
«Ems, rimettiti distesa e chiudi gli occhi. La volete sentire o no la storia?»
«Sì, ma…»
«Niente “ma”, “però” e cose del genere, stendetevi, chiudete occhi, ascoltate e cercate di addormentarvi».

Dunque, Scott attratto sempre più da Allison cercava di controllarsi e, ovviamente, sia io sia Derek lo aiutavamo. Secondo quest’ultimo era necessario che i due giovani innamorati si lasciassero, in quanto Allison costituiva un pericolo per la sopravvivenza di entrambi. Il loro amore, tuttavia, era così forte da superare le barriere del tempo e dello spazio, dell’inspiegabile e della ragione, che Scott non aveva alcuna intenzione di lasciarla. Scoprire in seguito quanto lei fosse fondamentale per il suo autocontrollo tranquillizzò in parte anche Derek.
Vedete, il nonno Argent, la defunta nonna Argent e la prozia Kate, all’epoca facevano parte di un esercito, creato in Francia, che condannava quel tipo di creature magiche. Secondo le leggi del loro statuto speciale, l’unico modo per salvare il pianeta da queste creature magiche e pericolose, a loro detta, era la morte di esse. Non bisogna fare, tuttavia, di tutta l’erba un fascio. Non tutte le creature magiche sono malvagie e voi, avendo letto i libri e visto i film di “Harry Potter” e de “Il Signore degli Anelli” dovreste saperne qualcosa. Alcune creature nascono per essere malvagie, alcune si oppongono alla loro stessa natura; è difficile, ma lo fanno e ci riescono.
Questa amara scoperta certamente non ci faceva dormire sonni tranquilli. Temevamo ogni loro azione, Scott e Derek dovevano rimanere all’ombra degli Argent, ma la profondità dell’amore di Scott ed Allison rendeva ciò molto difficile. Restare all’ombra degli Argent risultava impossibile, se si considerano anche le enormi risorse da questi possedute.
Non vi nascondo che io per primo provavo una gran paura per la sorte di vostro padre.
Ascoltavo le loro storie, i loro piani d’azione e mi sentivo un pesce fuor d’acqua. Così diverso da loro, così umano. Scott tentava in ogni modo di rendermi partecipe ed io non smetterò mai di ringraziarlo per questo, ma nonostante tutto una grave pecca gravava tragicamente sul mio cuore.
Vostro padre è ogni cosa per me, più importante perfino dello zio Derek, è mio fratello, per lui farei qualunque cosa, esattamente come ho già fatto in passato, non esiterei a mettere a repentaglio la mia vita per lui né oggi, né domani. E se dovessi scegliere fra i due, come già accaduto in passato, la mia scelta ricadrà, anche se a malincuore, sempre su Scott. Derek deve poter essere ragionevole ogni tanto, lui ha la brutta abitudine di vedere tutto o bianco o nero, non riesce a vedere le sfumature nelle cose, quel compito, attualmente spetta a me, spetta a me fargli vedere le sfumature, ma non credete che sia una cosa facile, imbattibile la testardaggine di vostro zio, decisamente irritante certe volte.
«So sexy, so sweet, so stronger!»
«Emily!!! Sono sconcertato da questa canzoncina. Come ti vengono in mente certe cose? E con quel sorrisino poi e quell’aria maliziosa…! Mmmm, bimba monellina!»
«Zio, ma avresti dovuto sentirti. Parli di lui come se ne fossi follemente innamorato!»
«Ma io SONO follemente innamorato di Derek Hale, Ems cara! Lo sono e lo sarò sempre».
«Ma saresti disposto a rinunciare a lui, questo non è “essere innamorato follemente di una persona”».
«Carissimo Ryan, sei ancora molto giovane. Crescendo scoprirai che rinunciare ad una persona che ami, per il suo bene, è la forma suprema dell’amore. Vedi, Derek sfugge alla retta via troppo spesso, fa scelte sbagliate che non incidono solo su di lui, ma soprattutto, sulle persone che ama. Sta cercando di cambiare e questo lo noto ogni santo giorno, percepisco ogni suo sforzo, mi basta semplicemente guardarlo a volte per capire che sta facendo uno sforzo immane per diventare una persona migliore. Ma come si dice, il lupo perde il pelo, ma non il vizio. La sua indole naturale giace sempre dentro di lui, da qualche parte, non si può vedere, la si può percepire. Spesso non se ne rende conto. Su una cosa non avrò mai dubbi: il suo amore per me. La paura di ciò lo ha portato a sbagliare in passato. Ooooh, mio caro e amato Derek, quante follie, quanta rabbia, dolore, disperazione ha seminato per le sue paure. Rinnegare i primi cenni di “amor ch’a nullo amato amar perdona”, grave falla nella sua tempra instabile.
Ryan, nei momenti in cui io ho rinunciato a lui, cosa che mi ha fatto molto soffrire, una parte di lui, la parte umana e docile, ha sofferto tanto quanto me, e il senso di smarrimento iniziale lo ha indotto a tornare da me, alla viva ragione. Ecco perché tra lui e Scott scelgo quest’ultimo, in modo da riportare Derek sui suoi passi facendolo ragionare, inducendolo a non ripetere più volte lo stesso errore. Questo è amore e paura Ryan, paura di perderlo. Certo, vale la pena dire che ho vissuto con lui momenti intensi».

Un pomeriggio Danny, un mio compagno di scuola, doveva venire a casa mia per una ricerca. Ma poco prima, di soppiatto, Derek si era precipitato a casa mia in cerca di riparo e protezione, dato che la polizia e tutta Beacon Hills gli davano la caccia. Ovviamente vostro zio con la “delicatezza” non ci sa proprio fare, ma ci sto lavorando.
Ad ogni modo, presomi per la collottola, mi sbatté contro la porta, facendomi intendere che se non lo avessi ospitato mi avrebbe fatto molto male. Le sue labbra erano a pochi centimetri dalle mie, in quel momento avrei dovuto provare paura -chiunque l’avrebbe provata al mio posto, lo so-, invece io mi sentivo quasi felice e molto, molto eccitato. Guardavo quegli occhi minacciosi, quell’indice puntato contro di me, ma leggevo la tenerezza nei suoi occhi, bontà repressa dal troppo dolore subito. Volevo solo baciarlo, lì, in quel preciso istante. Lo guardavo attonito, quasi in trance, e pensavo solo che se non l’avessi baciato in quel momento non lo avrei più fatto. Il suo alito al sapore di menta stuzzicava violentemente le mie narici, mentre io, col fiato corto, quasi assente e impercettibile, eccezionalmente veloce il battito del mio cuore, pensavo mi sarebbe scoppiato nel petto, restavo immobile, inerme, incapace di pensare, ragionare, muovermi o respirare. La mia essenza persa nel suo sguardo, non possedevo oltremodo la capacità di intendere e di volere, non in quel momento almeno. Solo un bacio, il mio più grande desiderio.
Ovviamente, quel momento tragicomico venne interrotto inspiegabilmente da mio padre che mi diceva che si stava recando al lavoro. Notizia ovvia e del tutto inutile, ma sappiatelo ragazzi miei, i genitori nella maggior parte dei casi possiedono un cronometro preciso per devastare i bei momenti.
Immaginate la mia stizza in quel momento, avrei voluto prendere lui per la collottola.
Il pomeriggio proseguì quasi in completa tranquillità. Danny venne a casa per quella ricerca, fatta sotto gli occhi di quello che io gli avevo presentato come mio cugino Miguel, il caparbio Miguel che proprio in un momento di massima concentrazione necessitava di cambiarsi la maglietta. Mentre si cambiava lanciavo un’occhiata fugace al suo fisico scolpito e marmoreo, quei pettorali così ben posizionati da risultare una composizione artistica meticolosa, ma neanche il miglior artista avrebbe saputo riprodurre una scultura così perfetta.
Anche Danny lanciava molte occhiate e ciò stuzzicava parecchio la mia irritazione e con uno schiocco di dita e qualche schiaffetto qua e là riportavo la sua concentrazione alla ricerca, ma concentrarsi diveniva cosa davvero ardua con Derek lì.

L’irritabilità e la testardaggine di vostro zio trascendeva ogni cosa e l’impulsività di Scott non migliorava certo la situazione.
Il senso di paura e reverenza che scatenava ogni sua apparizione, ogni suo gesto, pian piano scemava, rendendo Derek più simile a noi.
Scoprire, in seguito, i loschi piani di suo zio Peter, scoprire che proprio lui aveva reso vostro padre un essere magico quella misteriosa notte nel bosco, è servito a far capire a me il ruolo che avevo in quella strana combriccola di matti: riuscivo ad arrivare a conclusioni inimmaginabili, riuscivo a mettere insieme pezzi apparentemente sconnessi e il mio esser figlio di un poliziotto aiutava parecchio.
Derek, pur non ammettendolo, riconosceva l’importanza del mio ruolo, e iniziava a considerare la mia presenza necessaria.
Determinante, probabilmente, il giorno in cui io e Scott gli abbiamo salvato la vita.

Un avvenimento terribile oscurò la notte di Beacon Hills: l’arrivo di Kate Argent. Quella notte aveva sparato a Derek un proiettile avvelenato, ferendogli il braccio. Dopo tante ricerche, l’unico modo per salvarlo era procurarsi un proiettile identico a quello con cui era stato colpito, cosa che solo Scott poteva fare, dirigendosi, con la scusa di voler vedere Allison, a casa Argent.
Sorpreso, sconvolto di vedere Derek ferito, contro la mia falsa volontà, Scott mi incaricò di occuparmi di lui. Prevedendo una giornata lunga e tenebrosa, cercai di smorzare l’atmosfera cupa con qualche battuta e un po’ di spirito. Una parte di me desiderava che quella giornata finisse in fretta, il mio cuore sperava che durasse per sempre, ma con Derek salvo.
Le ore passavano, in giro per la città, nella catapecchia Hale, poi nel garage di Deaton: di Scott nessuna notizia.
Attimi di terrore, il freddo attraversava le mie vene sconvolgendole con brividi sporadici ogni volta che vedevo la ferita ingrandirsi e diventare sempre più grave e profonda.
Il pensiero di “come sarebbe stata da lì in poi la mia vita senza Derek” non mi abbandonava mai, un chiodo fisso nella mia mente, irritante come un acuto ronzio, sollecitato dall’impotenza e dal non poter far nulla. Non mi capacitavo di ciò, non poteva essere possibile, perché la fortuna, per una buona volta, non girava verso di me, ma aveva colpito l’ingrato Scott. Avrei dovuto esserci io al suo posto quella notte nel bosco…
Pensieri deprecabili quanto il loro stesso concepimento affollavano la mia mente vivace.
Derek continuava a contorcersi dal dolore, il mio stomaco stretto in una morsa, cercavo un modo qualunque per tentare di alleviare il suo dolore, ma il tempo mi ha insegnato che non esiste arma migliore del silenzio.
Mancanza di aria, nausea, dolori vari e viscerali e Derek continuava a sibilare di disperazione. Urla potenti, urla sconvolgenti, urla che serravano l’aria e tutto ciò che ci circondava, urla impregniate nella pareti cedevoli a causa dei ripetuti colpi infertigli. Urla che sapevano di paura e disperazione, urla amare che dicevano “voglio sopravvivere”.

Potente il senso di sopravvivenza, le ore scorrevano imperterrite, di Scott neanche l’ombra, e allora non c’era altro da fare: l’amputazione del braccio sembrava l’unica soluzione.
Prendere quel dannato aggeggio in mano è stato orribile. Tremavo, avevo paura di sbagliare, Derek mi urlava contro, mentre un sudore freddo scendeva dalla mia testa, bagnava la mia maglietta improvvisamente appiccicosa. Il minimo errore sarebbe risultato fatale, fatale per la vita di Derek, fatale per il mio senso di colpa: la mia coscienza non avrebbe mai più vissuto in pace e la disperazione mi avrebbe reso un invertebrato inerme in balia degli eventi.

Improvviso come un lampo, Scott portò il proiettile e dopo molte peripezie, riuscimmo a guarire Derek, per fortuna senza amputargli il braccio.
Credo che quel giorno vostro zio mi fu eternamente riconoscente, ma questo ovviamente non lo ammetterà mai. Credo che quel giorno lui abbia capito di provare qualcosa per me.

Kate tornò in città e la felicità di vostra madre conviveva in opposizione allo stato di nervoso perenne di vostro zio Derek. Non capivo perché, ma la sua irritazione e il suo nervosismo rasentavano la follia. Diceva a Scott che i bambini sanno essere meno ingenui di lui e che era un folle se pensava che la sua storiella con Allison sarebbe continuata senza interferenze, anche quando lei avrebbe scoperto la verità su di lui. Sarebbe diventata spietata, peggiore di sua zia. Le mie orecchie udivano queste cose e la conoscenza dell’indole caparbia di Derek mi metteva in guardia, non da Allison, da lui.
Non molto tempo dopo scoprimmo, grazie anche a Peter, come Kate lo avesse sedotto al liceo, pur conoscendo la sua natura magica e come, per questo, lo avesse condotto alle porte della morte. Lui temeva che la storia si ripetesse.

Passarono pochi giorni con una velocità eccezionale, Peter mi offrì la possibilità di diventare un essere magico esattamente come lui, Scott e Derek.
Una parte di me desiderava quella condizione più di ogni altra cosa, questo miracolo si presentava a me come un fulmine a ciel sereno. Il cuore trionfante gonfio di gioia intensa e smisurata.
Pronto a saltare come un furetto a destra e a manca, pronto ad immedesimarmi nella mia nuova e tanto desiderata condizione, pronto a sfruttare al meglio, senza indugi e senza seminare terrore ovunque, rifiutai: non volevo diventare come loro, volevo essere amato per la mia essenza naturale.
Riconobbi, tuttavia, in quel gesto il rispetto e la riverenza che Peter sembrava nutrire per me.
Cambiare la mia condizione naturale avrebbe significato, probabilmente, un cambiamento radicale nel rapporto tra me e Derek che pretendeva la mia integrità fisica e morale. Voleva che la mia anima restasse pura, incontaminata dai terribili orrori che tale condizione genera, almeno durante i primi giorni.
Desiderio che permane ancora oggi.

Così quel giorno mi resi conto di quanto amassi vostro zio, sapevo l’importanza che aveva per me, ma non capivo fino a che punto avrebbe determinato la mia esistenza… quel giorno lo capii, come capii che non avrei avuto altre possibilità di diventare un essere magico, come capii che lui sarebbe stata la persona che più mi avrebbe fatto soffrire a questo mondo. Il numero maggiore di momenti senza respiro lo avrei ottenuto con lui e con nessun altro, sia che fosse Lydia, la ragazza per la quale avevo una cotta sin dalle scuole elementari, sia che fosse un nuovo arrivato qualunque, Derek il centro di tutto, lui il centro di ogni mio pensiero, lui la mia forza di gravità.

Orribile donna vostra zia Kate e, sebbene io non auguri a nessuno la morte, grazie alla sua ognuno di noi ha potuto nuovamente respirare.

Giorni terribili quelli in cui lei catturò e imprigionò vostro zio. Scott la mia unica speranza per ritrovarlo e garantirgli la sopravvivenza, perché, seriamente, cosa sono io senza Derek? Non riesco neanche ad immaginarlo. E dal momento che Peter col suo scetticismo e la sua aria da sbruffone palestrato aiutava ben poco, mi toccava riporre ogni mia speranza nel piccolo beta.
Passavano i giorni e aumentava il rischio di una prematura morte di Derek. Notavamo la sua assenza ovunque. Nei resti della sua splendida dimora, nel bosco, a scuola. Nella mia Jeep ero pronto a sbattermi la testa contro lo sterzo, ovunque.
Non potevamo certo immaginare la complicità di Allison, inizialmente ignara del grandissimo segreto della sua famiglia, ignara di ogni loro delitto. Kate pensava che la nipote, seppur a diciassette anni, dovesse venire a sapere ogni segreto della sua famiglia, iniziando da Derek.
Lui non parla mai dei giorni di prigionia presso il sotterraneo degli Argent, dei giorni in cui veniva “invitato” a parlare incoraggiato con scariche di corrente elettrica, ma le condizioni pessime in cui versava apparvero immediatamente nel momento in cui io e Scott lo trovammo. Scoprire il ruolo che Allison aveva avuto nella sua prigionia fece raggelare pesantemente le vene perfino a me. Scott non riuscì a parlarle per alcuni giorni, io per alcune settimane la evitai, tanta la gravità delle ferite inflitte all’amore della mia vita.

Arrivò il giorno del ballo d’inverno, dopo una pausa di riflessione che rese insopportabile l’esistenza di Scott fino a farlo diventare monotono e ripetitivo, periodo che Allison sfruttò per diventare una vera Argent, allenata al peggio. Superata la fase critica, i vostri genitori ritrovarono le loro essenze a quel ballo. Lui capì che…
«l’avrebbe amata per sempre e glielo disse e lei rispose che il sentimento era reciproco. La mamma ci ha sempre raccontato di quel ballo, ci ha detto che quella sera lei scoprì quanto papà fosse speciale, scoprì la sua bontà pura e genuina ma che dovettero passare alcuni giorni prima di credere alla realtà dei sentimenti di papà, perché nessuno aveva mai provato per lei un amore così ardente e passionale».
«Mi sa Ems, che se continui così, diventerai un’incurabile romanticona. Pensavo vi foste addormentati, proprio sul più bello».
«Credevo che “il più bello” fosse la parte riguardante zio Derek».
«Ridi pure maliziosamente Ryan, ma tesoro, l’avventura, quella fa venire i brividi, quella vi fa restare svegli».
Su richiesta di Scott io vi andai con Lydia, e dal momento che una parte remota di me, nascosta nelle profondità più segrete del mio cuore, provava qualcosa per lei, sulle prime la cosa mi eccitò, ma non passò molto tempo prima di pentirmene amaramente. Lei era con me ma con lo sguardo alla ricerca costante del suo amato Jackson. Ripensandoci oggi, credo che per lei lui significasse esattamente quello che significa per me Derek, ed Allison per Scott. Difficile trovare Jackson, così perdemmo un po’ di tempo a chiacchierare, rendendomi conto, per la prima volta, di quanto avessi avuto sempre ragione su di lei: nascondeva una grandissima intelligenza nascondeva, mentre mostrava in superficie un cervello da ochetta catastrofica dalla bellezza mozzafiato. Lydia Martin, tutto ciò che Jackson non meritava.
Ballare con lei quella sera riempì i miei polmoni di gioia infinita, un grande onore, veramente, mi sentivo cinquanta metri sopra il cielo, credevo di vivere un sogno, il sogno di un altro, non mi capacitavo dell’irrazionale realtà della situazione. Febbrile sgomento e viva felicità, qualcosa che chi possiede la quantità di emozioni di un cucchiaino non può contenere.
Terminate le danze, terminati quegli attimi fugaci di straniamento dal mondo dove ogni nostro pensiero taceva infondendoci quella felicità che a lungo abbiam creduto di non poter mai provare, ovviamente corremmo alla febbrile ricerca di Jackson. I miei pensieri volarono in un lampo a Derek, a come mi sarebbe piaciuto provare con lui le sensazioni provate con Lydia, alla triste considerazione di come ciò non sarebbe mai accaduto. Cercavamo Jackson separatamente, ma quella sera accaddero così tante cose e tanto velocemente che, alla fine della corsa, vidi Lydia distesa inerme sul campo da baseball. La paura provocata da quella vista fu qualcosa di sconcertante e a parole non riesco bene a farvi capire quanto stetti male quella sera, non saprei ripetervi la grandezza dello sconcerto e lo sconforto interiore nel quale caddi, come un orribile tunnel buio, senza uscita. Tutti gli interventi miei, di Jackson, a nulla servirono, Lydia restava immobile e neanche l’intervento dell’ambulanza riuscì a normalizzarla.

Lo shock provocato da quell’avvenimento sconvolse tutti. 
Kate morì nel bosco, davanti al casolare di Derek e Peter, per mano di quest’ultimo. Uccidemmo lui grazie ad una bomba molotov che Lydia ci aveva insegnato a creare, ma anche grazie alla rabbia di Derek. Peter e Kate, due creature infime scomparse nella più infame oscurità, segnando temporaneamente la liberazione del mondo terreno.
Ovviamente le rivelazioni shoccanti non mancarono. A causare l’incendio che ebbe come conseguenze la decimazione della dinastia Hale e la distruzione di quella incantevole dimora, era stata proprio Kate. A provocare “l’incidente” di Lydia, Peter. Con l’uccisione di quest’ultimo, Derek fu investito dei poteri supremi, diventando così il capo indiscusso.
Quella sera vostra madre vide l’entità della magia di vostro padre e lo baciò senza indugi, cosa che Kate non avrebbe mai fatto. Allison si rivelò migliore di Kate quanto a sentimenti, più brava di lei nell’attività familiare.
Quella sera una gran quantità della mia gratitudine andò a chiunque lassù ci guardasse e ci proteggesse, per aver salvato Derek, per averlo lasciato indenne, anche se col dolore delle terribili scoperte, con la paura di ciò che il nonno Argent avrebbe fatto a lui e a Scott sapendo la verità su di loro e sapendo che sua figlia non aveva problemi ad accettarla.

Non ci aspettavamo un futuro facile, ma neanche quello che accadde in seguito.
Un altro avvenimento importante giungeva a sconvolgere la tranquillità di Beacon Hills: Jackson Whittemore, campione indiscusso della squadra di baseball, ragazzo storico della bellissima Lydia Martin, avendo ricevuto i poteri magici da Derek, diventava una creatura orribile, un abominio della sua specie.
Mentre io passavo giornate intere in ospedale sperando in una miracolosa ripresa di Lydia, mentre le portavo palloncini e, involontariamente, facevo cadere in avanti macchinette delle merendine, mentre mi assicuravo sulla sua sicurezza, Derek vagava in giro per i boschi; Scott cercava di consolidare il suo rapporto con Allison; Jackson… beh, di lui non abbiamo avuto notizie per un po’ di tempo.

Strani omicidi macchiavano di rosso le notti di Beacon Hills e la gente che tranquillamente dormiva nel calduccio del proprio letto, improvvisamente, veniva svegliata.
Cittadini, poliziotti, parenti, fidanzati.
Le urla di sgomento, di orrore, di paura, di panico, di gioia nel constatare la salvezza della propria famiglia… ognuna di queste faceva raggelare il sangue nelle vene, mentre volti inespressivi vagabondavano per la città, alla ricerca disperata di qualcosa, qualcosa a cui aggrapparsi, qualcosa che dicesse loro “è solo un sogno”. Purtroppo, nessuno di loro sognava la brutale realtà che avvolgeva la cittadina, un tempo tranquilla, di Beacon Hills.
Come un cobra che si attorciglia al collo facendo perdere il respiro, provocando la morte per asfissia… intensa, dolorosa, fuori controllo, imbattibile.
Beacon Hills veniva devastata da una specie di cobra, la forma peggiore che può assumere un lupo mannaro: un kanima.

«Un che???»
«Un kanima, ragazzi».
«Mai sentito un animale del genere».
«Neanche noi, ma vostro bisnonno Argent sì, sapeva molto bene cos’era, come dominarlo e come distruggerlo».
«Il bisnonno Argent? Gerard dici?»
«Proprio lui».
«Ma la mamma ha sempre detto che era cattivissimo, il peggior nonno della storia dei nonni, nonno McCall messo a confronto è un angelo».
«Non dovete avere una considerazione così cattiva del nonno McCall. Ha sbagliato in passato, ma si è fatto perdonare a dovere, contrariamente al bisnonno Gerard che, pur sapendo di sbagliare, ha continuato a fare anche di peggio. Ma procediamo con ordine e vi racconterò ogni cosa nel dettaglio, per quanto la mia memoria me lo consenta».

Un kanima dunque è l’ultima espressione di un lupo mannaro, quella peggiore. Una persona diventa una specie di lucertola ambulante quando nutre sentimenti deprecabili, proprio come Jackson, assetato di ricchezza e potere, due elementi che, per antonomasia, portano un uomo alla propria naturale distruzione.
Esso, tuttavia, per agire necessita di un padrone indiscusso, di cui possiede le fobie, da solo non agisce.

Difficile capire l’insolita fonte distruzione della città, nessuno esente dai sospetti, iniziando da Lydia, scomparsa misteriosamente nei boschi per due giorni durante il suo ricovero in ospedale, ritrovata casualmente per strada nuda e senza memoria; Derek, che rintanato nella sua catapecchia costituiva un nuovo esercito personale, in modo da affrontare gli Argent; Scott in apparente separazione da Allison (avevano una relazione segreta ignota ai nonni Argent che si opponevano a questa); i nuovi arrivati: Isaac Lahey, Erica Reyes, Vernon Boyd, questi ultimi due morti in tragici incidenti, mentre Isaac oggi è il nostro più grande alleato e amico di papà; per un attimo pensammo perfino al Dottor Deaton, il padrone della clinica veterinaria che pareva sapesse più di quanto dicesse.
Non nascondo che, con tanti omicidi, con tanti misfatti, mi preoccupava costantemente la salvezza di mio padre che, da poliziotto bravo e coraggioso, si ritrovava continuamente invischiato in simili incredibili misfatti, senza conoscere esattamente la fonte di tanta distruzione.

L’arrivo di Gerard in città, seppur inaspettato e pieno di sospetti da parte nostra, contribuì all’addestramento di Allison, grazie alla quale scoprimmo il kanima proprio in Jackson.
Egli diventò il padrone del kanima riuscendone a togliere il possesso a Matt Daehler. Con l’uccisione di tutti i giocatori di pallanuoto, e con la fobia del kanima per l’acqua, non si rivelò difficile risalire al suo padrone, l’essere meno sospettabile di questo mondo.

Aaaah, ricordo quasi con dolcezza il momento in cui mi resi conto che il kanima aveva paura dell’acqua. Quella sera un sempre più fuori controllo Derek, venne catturato e paralizzato dal veleno del kanima. Caduto nella piscina della scuola, non potendo reagire, accorsi in suo aiuto. Mi tuffai in piscina, lo presi dal fondo e notando l’impossibilità del kanima di tuffarsi, tentai di tenerlo a galla insieme a me il più possibile, nonostante le sue proteste. L’irritazione quasi rasentava la disperazione, le proteste di Derek come l’imperterrito ronzio di uno sciame di zanzare. Chiusi gli occhi, inspirai a fondo alla ricerca di un briciolo di pazienza che in quel momento scemava sempre più, trovando conforto nel calore della sua schiena, mentre i suoi capelli mi pungevano delicatamente il mento, provocandomi degli spasmi irregolari di freddo, causato non solo dalla bassa temperatura dell’acqua, ma dalla consapevolezza di tenerlo stretto tra le mie braccia. Per una volta la sua salvezza dipendeva da me, e non il contrario, perciò dovevo fare qualunque cosa riuscisse a tenerlo a galla e a salvarlo. Quando il senso di disperazione mi sopraffaceva, quando nessuna delle mie preghiere faceva arrivare immediatamente Scott, quando temevo di non farcela, piano appoggiavo le mie labbra sulla sua schiena possente, e la mia testa per trovare in lui la forza necessaria per non fare passi falsi, per restare in acqua sani e salvi. Pesante fino allo sfinimento il suo corpo, mi sembrava una delle sette fatiche di Ercole, sorreggerlo si rivelava estremamente difficile. Fortunatamente non potevo guardarlo in faccia, perciò una parte di me fantasticava felicemente cercando di indovinare ogni sua espressione: sopracciglio inarcato, denti sporgenti a forma di ghigno, occhi tenebrosi, un certo imbarazzo, misto a senso di piacere che gli faceva assumere un’espressione tra lo sconcerto e l’ironia.
Per ironia della sorte, i ruoli si erano inverti e una parte di me pensava che rinfacciarglielo in eterno sarebbe stato molto divertente: lui aveva bisogno di me quanto io di lui. Io lo ammettevo, lui lo sapeva in cuor suo.

Tempestivamente, come al solito, giunse Scott che trasse noi in salvo e mise il kanima in fuga.

Nel frattempo, per effetto di un sortilegio quanto mai ambiguo, Lydia riportò in vita Peter Hale.
«Aspetta un momento! Zia Lydia ha fatto resuscitare Peter???»
«Proprio così ragazzi».
«Ma è possibile?»
«Neanche noi credevamo in una cosa del genere, ma essa è avvenuta proprio sotto i nostri occhi e, sebbene la maggior parte di noi credeva di sognare, la sfacciataggine pungente di Peter ci riportò coi piedi per terra, alla realtà.».
«Wooow».
«Oh, no, non direi “wow”. La resurrezione di Peter fu una delle cose più infime mai accadute, perché lui portò Lydia ad avvelenarci tutti con una particolare erba velenosa durante una festa, un’erba che provocava in noi delle allucinazioni. Tutte le nostre paure, Peter le vedeva e le usava contro di noi, tentando di farci smarrire la nostra strada, di farci perdere la ragione e la lucidità che in quel periodo dovevamo avere a tutti i costi. Un prestigiatore, così potremo definire Peter, egli gioca con le emozioni altrui e le sfrutta a suo vantaggio. Proprio sfruttando le debolezze e la bontà di Lydia è potuto resuscitare».
«Uffa, così la fai diventare una cosa orribile».
«È una cosa orribile, Ryan».

Arriviamo al giorno dello scontro nell’ufficio dello sceriffo, l’ufficio di mio padre. Sapendo che il kanima si trovava proprio lì, beh, potete immaginare la mia ansia e la mia paura. Io, Scott, Derek e la sua cricca di combina guai ci dirigemmo lì, ma, inaspettatamente, con noi anche gli Argent, capeggiati da Gerard. Serata orribile, il kanima spargeva il suo veleno paralizzante ovunque, così tanto che io e Derek, paralizzati (quel ragazzo sembrava avere la fortuna dalla sua parte in quel periodo) stavamo l’uno sull’altro.
Imbarazzo ed eccitazione, la paralisi come una benedizione, o almeno, lo sarebbe stata in un momento diverso. In quel momento le nostre volontà ci spingevano a lottare per separarci e correre in aiuto dei nostri amici. I nostri sguardi rivolti a due parti opposte, nell’importanza del momento, uno scatto repentino, desideroso, difficile da bloccare, in un lampo i nostri sguardi uno dento l’altro, per quel poco che il movimento dei nostri occhi ci consentiva.
Parlavamo, parlavamo come due anime febbrili e desiderose, parlavamo come il silenzio di quel momento non poteva neanche descrivere, parlavamo come mai in vita nostra. Troppo forte il desiderio di baciarlo, un fremito lungo la mia schiena bloccata.
Ah, dannato kanima, se solo non ci avesse avvelenato.
Il nostro sguardo incrociato, le orecchie tese ad ascoltare anche il minimo rumore, urla, parola sussurrata, in quel silenzio ostile e tenebroso, circondati e intrappolati nell’oscurità e nell’incertezza, come catene saldamente strette, le catene della nostra felicità ci legavano così forte da toglierci il fiato.

Il caos cessò, le urla anche, l’effetto del veleno svanì. Distruzione, macerie, corpi feriti, i miei occhi non riuscivano ad abituarsi a quella vista. La faccia sconcertata della nonna McCall che, a causa della ostinazione e del menefreghismo di Jackson, scoprì come suo figlio, vostro padre, fosse un essere magico. E dopo lo sconcerto iniziale per l’assurdità di quella vista, di quegli avvenimenti, l’amore materno prevalse perché sempre ogni mamma sa riconoscere la bontà nei propri figli.
Lei la ritrovò in Scott nonostante tutto. E sebbene la sua natura indicasse il contrario, Scott non era un essere malvagio, il nostro True Alpha.

Non so come, ma vostro padre, credo anche grazie all’aiuto del dottor Deaton, riuscì a scoprire i piani di Gerard e così arriviamo al giorno della sconfitta del kanima.
Il vostro bisnonno ammalato di cancro, voleva la magia per guarirsi, e voleva che questa gli fosse data da zio Derek, cosa non facile da ottenere, per questo aveva bisogno del kanima, per poter ricattare lui e il suo branco, per cui ne diventò il secondo padrone. Scott, tuttavia, scoperti i suoi piani, gli scambiò le pillole, in modo che, al momento dell’incantesimo, egli rigettasse la magia. Il piano riuscì alla perfezione, ma non segnò la morte del vostro bisnonno.
Nel frattempo il kanima impazzava, ma Jackson poté diventare uno splendido lupo mannaro solo grazie all’aiuto di Lydia, che rievocò un ricordo prezioso della loro storia d’amore. Sconfitto il kanima, gli occhi gialli verdastri, improvvisamente divennero blu elettrico.

Per evitare di provocare danni e sofferenze alla cittadina, egli si trasferì a Londra con stupore di Lydia, ferendola più di quanto non avesse fatto fino ad allora, e proteggendola come mai si era sognato di fare.

A seguito del suicidio di nonna Argent, decisa a non poter vivere con la magia, avuta a causa di un casuale incantesimo di Derek, vostra madre, persuasa di dover trovare un equilibrio stabile tra la sua nuova condizione di cacciatrice, la morte di sua madre e la relazione con vostro padre, decise di darci un taglio per un po’ di tempo. Ovviamente ciò ferì bruscamente l’animo di vostro padre, che capendo perfettamente i sentimenti di lei, acconsenti con la speranza di un loro nuovo ritorno di fiamma quanto prima. Scott, infatti, ha sempre pensato che vostra madre fosse la donna della sua vita, la sola ed unica in grado di farlo sentire vivo.

«Mamma e papà si erano lasciati???»
«Accidenti, che facce sconvolte, non volevo traumatizzarvi. Circa un anno dopo sono tornati insieme, e poi si sono sposati e siete arrivati voi due mostriciattoli».
«Un anno di separazione? Oddio! E papà in quell’anno non si è suicidato?»
«Ryan!»
«Ma lo sappiamo tutti che papà è morbosamente innamorato della mamma, mica è una novità».
«Riuscì a farsi da parte quella volta, per la felicità di lei, e so che lo rifarebbe se le circostanze dovessero richiederlo».
«Ma abbandonerebbe noi!»
«No, Emily vostro padre non vi abbandonerà mai, farà l’impossibile pur di stare con voi!»
«Davvero?»
«Davvero! Sono pronto a mettermi al rogo, vostro padre ama ognuno di voi più della sua stessa vita».
«Ok, continua pure la storia».

Allison andò in vacanza in Francia, a Parigi, per ben quattro mesi, quattro mesi di tranquillità nei quali Scott decise di fare l’impossibile per mettersi al passo con gli studi, e allenandosi duramente per nuove battaglie. L’istinto di chiamare vostra madre era sempre presente e non so esattamente dove trovasse tanta forza, ma lo reprimeva.

Derek continuava nelle ricerche di Erica e Boyd, scomparsi misteriosamente, ma ogni nuova pista lo portava nel nulla.

Lydia, disperata per l’assenza di Jackson, cercava di divertirsi un po’ e nel frattempo consolidavamo il nostro rapporto di squadra come investigatori, data la sua intelligenza smisurata.

Nonna McCall, diventata nostra complice, aiutava le ricerche, un aiuto sorprendentemente eccellente.

Una sera io e vostro padre decidemmo di dedicarci una serata all’insegna del divertimento, ma fermi ad un incrocio incontrammo Lydia ed una Allison molto cambiata di ritorno dalla Francia.
Scott voleva lasciarle stare, ma io utilizzai il pretesto del mio legame con Lydia per farli parlare: missione non riuscita.
Partite poco prima di noi da quel semaforo, investirono un cervo. Noi corremmo in loro soccorso.
Quella sera segnò l’inizio di nuove stranezze in città e così la vita magica quasi totalmente abbandonata quattro mesi prima, ci sopraffaceva nuovamente, come se la città non fosse stata abbastanza sconvolta in passato.

Derek, trasferitosi in un nuovo appartamento in città con Isaac, sapeva esattamente di cosa si parlava, ma lo scorrere della vita tranquilla per tutti noi lo aveva persuaso a non dirci nulla: dei maghi stranieri investiti dei supremi poteri si trovavano in città. Loro avevano rapito Boyd ed Erica, ma con il cervo e col caos che quella notte si generò in ospedale loro non avevano nulla a che fare, almeno in apparenza.

Due minacce di entità diverse e noi troppo pochi e troppo deboli per contrastarle.

Così, anche se con molta fatica, i vostri genitori si ritrovarono a collaborare fianco a fianco.
Lydia doveva convivere con un nuovo strano potere che ignorava di possedere.
Io cercavo di trovare un collegamento tra alcuni sacrifici umani fatti in città. La prima vittima una mia carissima amica d’infanzia: Heather. La sera del suo compleanno io e Scott eravamo stati invitati alla sua festa. Una serata molto speciale per me e per lei. Ma si sa, le cose non vanno mai come vorremo e le cose belle non possono avere mai un finale altrettanto bello e favoloso. Un attimo mi ero allontanato da lei, quell’attimo fatale per la sua sicurezza.
La rividi qualche giorno dopo all’obitorio, casualmente, mentre analizzavo un altro cadavere.
«Analizzavi cadaveri??? Che schifo!»
«Ogni tanto i poliziotti debbono farlo».
«Bravo Ryan, hai interrotto la storia proprio nella parte più bella e ora lui si è perso».
«Cosa c’è di bello nell’analizzare cadaveri?»
«Heather, scemino! Per essere la più piccola tra i due, risulto la piú intelligente».
«Emily!»
«Ma è vero! Dunque, il corpo di Heather, ti prego continua, e tu evita di interromperlo inutilmente».
«Calma, calma, abbiate pazienza, ho quasi finito».

Vidi il corpo di Heather e mi sentii morire, una sensazione di vuoto e smarrimento si impadronì di me, mi sentii mancare la terra sotto i piedi. Sudore freddo misto a lacrime bagnava la mia maglietta.
Io, Heather e il ragazzo che stavo analizzando avevamo una cosa in comune e da quel momento la paura e il senso di soffocamento non mi abbandonarono mai. Temevo di essere la prossima vittima, temevo che anch’io sarei stato sacrificato.

Rimasi in lutto per Heather per un po’ di tempo, ma la vicinanza di vostro padre e Lydia mi spinsero ad andare avanti, a non perdermi d’animo, a vendicarla.

Poco dopo, grazie ad alcuni ricordi di Isaac fatti riemergere con la forza d’animo, riuscimmo a trovare il nascondiglio dove veniva tenuto in prigionia Boyd, dove giaceva il corpo di Erica e dove, da anni, veniva segregata una delle sorelle di Derek a lungo creduta morta nell’incendio: Cora.

Una sfida ardua ed estenuante liberarli, Derek decise di occuparsene da solo per una notte intera. Quella notte egli conobbe Jennifer, la nostra nuova professoressa di letteratura americana, aggredita dai due. Non ci volle molto che tra i due sbocciò una storia d’amore.

Scoprire il mio Derek con un’altra donna mi distrusse letteralmente. La mia ultima ragione per sopravvivere mi aveva tradito, aveva tradito tutti. Cercava amore e compassione e si concedeva a una qualunque donna spaurita e bella; proprio non riusciva a capire che io avrei potuto dargli tutto ciò che desiderava, che non gli avrei mai fatto del male, che non tramavo nulla alle sua spalle, che non lo avrei mai usato per scopi malefici, che non sarebbe stato una delle mie pedine, che tutto ciò che volevo da lui era l’amore puro e semplice così come lo desiderava lui.

Vedere Cora viva davanti a lui, sua sorella minore, probabilmente lo aveva reso vulnerabile fino a renderlo cieco. Ognuno di noi nutriva profondi sospetti sulla lealtà di Jennifer.
A Lydia loro due insieme piacevano, ma sapeva cosa provavo io e se ne rammaricava profondamente.

Cercavo di annegare tutto il mio dolore e la disperazione nella ricerca, nella risoluzione dei casi, nella ricerca del darach, così si chiamava la minaccia numero due, l’artefice dei sacrifici.
Le strade della città inquinate dallo spargimento di troppo sangue, ogni giorno un nuovo omicidio, una nuova tragedia, senza contare che bisognava badare al gruppo di Alphas, infiltrati anche nella scuola per distruggerci. Difficile prevedere i loro piani, ogni nuova mossa, ogni loro azione; stessa cosa dicasi per il darach, che sfruttava gli Alphas per arrivare a Scott.

Durante una trasferta con la scuola, Scott, Isaac, Boyd e i gemelli Alpha (Aiden ed Ethan) iniziarono ad avere strani atteggiamenti omicidi, sembravano in preda ad allucinazioni che li portavano all’autodistruzione. Ma nessun tentativo di suicidio potrebbe mai essere paragonato a quello di Scott.

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Non spaventatevi. Allison e Lydia trovarono vostro padre in una pozzanghera di benzina, con essa si era anche bagnato e aveva in mano un razzetto segnalatore, era pronto ad uccidersi. Le urla delle ragazze mi fecero correre immediatamente e quando lo vidi lì mi sentii morire per la terza volta in due mesi. Farneticava, considerava la sua vita inutile, pensando di non aver avuto successo in nessuna delle sue azioni, in nessuno dei suoi propositi. Con Scott ho condiviso i momenti migliori e peggiori della mia vita e vi posso assicurare che non lo avevo mai visto in quello stato e che d’allora non ne ho più avuto occasione, fortunatamente.
Nulla sembrava convincerlo del fatto che si sbagliava di grosso e in quel momento realizzai che la mia vita non avrebbe avuto senso senza il mio migliore amico e che “se saltava lui, saltavo io” e così, se voleva uccidersi, avrebbe dovuto uccidere anche me.
Fiumi di lacrime rigavano la mia faccia, lacrime amare, lacrime di sofferenza, lacrime che sapevano di morte e disperazione, lacrime speranzose. Senza pensarci troppo, mi ritrovai nel bel mezzo della pozzanghera di benzina, pronto a morire con lui.
Le parole uscivano fuori dalla mia bocca senza controllo, parole tremanti, parole sincere, il mio cuore parlava, non io e per fortuna, quelle brevi parole che il mio cuore disse, le stesse che avrei urlato al mondo e scritto su tutti i muri della città, sortirono l’effetto sperato: Scott era sempre stato mio fratello. Solo così lo convinsi che ricopriva un ruolo molto importante nella mia vita, ma lo ricopriva anche in quella degli altri lì presenti, solo che non se ne rendeva conto.
Presi il razzetto e lo lanciai il più lontano possibile, salvando vostro padre e me.
Il giorno dopo, grazie all’intuito di Lydia, scoprimmo che i fantastici cinque erano state vittime di un sortilegio: venivano avvelenati lentamente e Lydia vide dietro questa mossa la mano del darach.

Le ricerche continuarono senza sosta, la gente inspiegabilmente moriva e la popolazione non sapeva piú cosa pensare.
Avendo salvato loro la vita, i gemelli iniziarono a fare il doppio gioco, ammorbidendosi nei nostri confronti. Ma Ethan temeva così tanto il loro capo da perdere il controllo qualche volta e sottostare ai suoi loschi piani.
Poco dopo, anche grazie ad Aiden, capimmo che Ethan non aveva paura di morire, ma di perdere l’amore della sua vita: Danny.
Anche Aiden temeva di perdere Lydia, soprattutto a causa dei suoi strani poteri, ma riusciva a nasconderlo bene.
La coppia Scott – Allison nel frattempo diventava un triangolo amoroso, data la nuova e strana intesa tra Isaac ed Allison.
Circondato da tutto questo amore mi sentivo un perdente, una larva inerme dalla vita priva di senso, un parassita alla mercè altrui. E nessuno, né Lydia, né Scott che sembrava comprendermi molto bene in quel periodo, riuscivano a far emergere un briciolo di felicità in me.
Scivolavo nell’oblio dall’oscurità sempre più densa, non vedevo alcuna luce in fondo al tunnel, nulla che mi riportasse a galla, mi sentivo alla deriva, solo nel mio dolore, solo con un’enorme piaga nel cuore, una ferita così profonda da risultare, apparentemente, non rimarginabile, come se me lo avessero squarciato con un fendente appuntito e acuto.
Quello era solo l’inizio…

Un giorno, a casa Hale, Cora e Peter mi raccontarono una curiosa storia sul passato di Derek. Lui, ovviamente, era scomparso di sua sponte per qualche giorno.
Parlando con Cora capii quanto lei somigliasse a suo fratello, stesso carisma e atteggiamento un po’ aggressivo, stessa voglia di agire, stessa impulsività, stesso senso di protezione, stesso senso di famiglia. Qualcosa che trascendeva di gran lunga da Peter.
La storia della primissima cotta di Derek mi aiutò a capire qualcosa in più sul suo carattere e in che modo ciò avrebbe determinato il suo e il nostro futuro.
Credo che quel giorno anche Cora abbia visto qualcosa di speciale in me, qualcosa che probabilmente neanche so di possedere, ma il suo atteggiamento mutato nei miei confronti funzionò come un campanellino d’allarme per una dolce intesa.

Gli Alpha volevano catturare il darach più di noi, molto più di quanto volessero Scott nel loro clan, lo volevano vivo per poi distruggerlo con le loro mani.
Cora, nel frattempo, ferita durante la lotta con un’Alpha, si ammalò, non riuscivamo a capire di cosa e non trovavamo neanche una cura. Derek cadeva sempre più nella disperazione, non faceva nulla, gli eventi gli scivolavano addosso. A nulla servivano le nostre urla, i nostri rimproveri, nulla potevano sulla sua corazza ferrea.

La situazione diventava man mano sempre più grave, inspiegabile e irrecuperabile. La necessità di informare mio padre circa gli eventi soprannaturali della città diventava incombente: lui doveva sapere, per agire a modo e con cautela. Non sapevo come dirglielo, così provai ad essere il più sincero possibile, ma anche all’ora l’incredulità emergeva dagli occhi chiari di mio padre e a nulla serviva convincerlo a mettere i piedi per terra; la sua psiche rifiutava una cosa del genere. Incredulità e paradosso, questo leggevo nei suoi occhi.

Jennifer organizzò a scuola un concerto di beneficenza e quella sera Lydia fu rapita. Le sue urla riecheggiarono per l’intero edificio, tanto da non permettere alla sua rapitrice di ucciderla e far arrivare noi sul luogo dell’incauto gesto per scoprire l’identità del darach coi nostri occhi: proprio lei, Jennifer.

Quella visione mi distrusse l’anima, soprattutto nel momento in cui la vidi portar via mio padre per condurlo alla morte.
Quella l’espressione ultima dell’oblio, non v’era via d’uscita.

Jennifer fece un patto con Derek: avrebbe curato Cora in cambio di protezione. Con mio grande sconforto accettò. Grandissima rabbia provai in quell’istante, perché era come se lui non si rendesse conto che giocava con la vita del mio unico genitore. La rabbia esplose tutta durante la battaglia in ospedale. Che battaglia, accidenti… anche nonna McCall venne rapita da Jennifer, che grazie a Kali (la donna alpha) scoprimmo chiamarsi Julia Baccari, la sua emissaria, una specie di consigliera e guida ecco, esattamente come il dottor Deaton per noi.

Per contrastare lo sviluppo negativo degli eventi, nonno Argent si fece rapire; richiamò l’attenzione di Jennifer, nel tentativo di aiutare me e Scott.

Il rapimento di mio padre segnò il ritorno in città di nonno McCall, a significare che i guai non vengono mai da soli.
Vedete, non ho mai stimato troppo vostro nonno, in quel periodo lui rappresentò la goccia che fece traboccare il vaso, sempre a rimproverare gli altri per i propri errori e a non tentare di riparare minimamente i suoi. Vostro padre per fortuna ha preso da vostra nonna.
Non riuscivo ad immaginare la mia esistenza senza mio padre, non accettavo di dover rimanere orfano a diciassette anni.
La rabbia e il dolore represso, sfociarono nuovamente in attacchi di panico, che non avevo dalla morte di mia madre, che non pensavo di riavere a distanza di così poco tempo.
Un giorno a scuola, parlando con Lydia, mi sentii mancare l’aria, la testa mi girava vorticosamente. Le parole di Lydia sembravano vuote e sudavo, sudavo tanto, la pelle ghiacciata al tatto, le ginocchia deboli, così tanto da accasciarmi a terra. Non sapevo cosa fare, tentai di riacquistare l’antico controllo che sembrava svanito nel nulla.
Lydia, impaurita da quella situazione, mi trascinò il più delicatamente possibile nello spogliatoio maschile. Nel tentativo di calmarmi, mi accarezzò più volte la faccia e, presa dal panico anche lei, mi baciò. Un bacio a stampo, impacciato ma intenso, mi tolse il fiato e placò così il mio attacco di panico. Arrestato il battito del mio cuore, impercettibile all’orecchio umano.
Stremato, guardai vostra zia con aria interrogativa, mi pareva un sogno, un sogno a lungo desiderato, da tempo con effetto lato: quel bacio per quanto bello, intenso e inaspettato non sortiva su di me l’effetto strabiliante che, un anno prima, avrebbe sortito. Effetto che avrebbe avuto invece un bacio di Derek.
Tuttavia, incantato dalla maestosità di quel gesto e dalla sua potenza, fissai la ragazza blaterare parole confuse che arrivavano alle mie orecchie come uno scioglilingua.
Riacquistato il controllo, tornammo alla straziante e affatto romantica realtà.

Le ricerche si rivelano lunghe, estenuanti e senza sosta, al punto che, per trovare i nostri genitori, dovemmo ricorrere ad un particolare rituale magico di localizzazione. La magia riscosse un successo inaspettato, riuscimmo a trovarli, scoprendo che conoscevamo già il posto, casualmente. Deaton sembrava certo del successo della magia, ma ne temeva le conseguenze, non a torto. Una sorta di oscurità costante e profonda ci avrebbe accompagnato da lì in poi nel lungo viaggio della vita, cambiandoci in maniera imprevedibile: alcuni di noi in meglio, altri in peggio. La sentiamo ogni giorno, anche in questo momento.

Arriviamo così al giorno della battaglia finale, quando Derek, accortosi del bluff di Jennifer, curò Cora mediante le proprie forze, diventando così un beta. Una Cora guarita e nel pieno delle forze lo fece tornare in sé, al punto da fare il doppiogiochista con Jennifer: da alleato la conduceva nelle grinfie della morte, peccato solo che Deucalion, il capo supremo, non riuscì nell’impresa, anzi, tutti i suoi piani fallirono miseramente. Al punto che Scott, da diventare un suo sottoposto, diventò il True Alpha: un capo degno di essere tale, per la sua purezza d’animo. Questa la conclusione del piano di Scott.
Prima della sua misera sconfitta, Jennifer curò magicamente la vista di Deucalion, diventato cieco molti anni prima per colpa del bisnonno Argent.
L’assenza di poteri supremi e la vista resero Deucalion quasi innocuo, al punto che Scott e Derek decisero di concedergli una seconda possibilità di vivere in pace lontano da Beacon Hills.

Allison e Isaac erano rimasti imprigionati durante la battaglia, nel covo sotterraneo del darach, ma io riuscii a trovarli prima che fossero sepolti vivi. Mio padre, nonna McCall e nonno Argent erano salvi.

Riabbracciare mio padre provocò in me un’esplosione di felicità innata. Tutta la paura e la preoccupazione in un abbraccio strozzacollo, cosa inusuale per noi Stilinski, ma anch’egli, consapevole della triste realtà che aleggiava virtuosamente per le strade della città, era felice di rivedermi vivo.

La nuova condizione di Scott e la guarigione di Cora, indussero Derek ad abbandonare la città per qualche tempo.
Inebriati dal calore della “monotona routine” vivevamo la nostra vita, godendoci ogni spiraglio di felicità come aria fresca penetrante e passeggera.
Ovviamente la partenza di Derek non mi rese affatto felice. Le orribile parole urlate in ospedale riecheggiarono nelle mie orecchie per molto tempo. Pur rappresentando la realtà dei fatti, esse bruciavano come lame ardenti, al punto da pensare che lui non mi avrebbe mai perdonato.
Contrariamente ad ogni mia aspettativa, lui e Cora piombarono in casa mia, senza alcun permesso, senza avvisare, in perfetto stile Hale.
Cora, saltatami al collo, si congratulò con me per il mio coraggio e la mia bontà d’animo. Promettendole che avrei evitato di andare a caccia di guai in sua assenza, scherzosamente mi rimproverò di avere lo strano potere di ammorbidirla, lo stesso potere che, a quanto pare, ho su un altro Hale. Con un altro abbraccio mi disse che la mia magia è insita nel mio cuore e che mai lo avrebbe abbandonato.
Derek, con occhi curiosi, guardava la scena immobile. Non riuscimmo a dirci neanche una parola, niente, solo uno sguardo intenso e penetrante. Quell’istante parve durare un eternità, per molto più di un istante i nostri occhi parlarono al posto delle nostre bocche, dicendosi quello che noi, per mancanza di coraggio, non riuscivamo a dirci verbalmente.
Esasperata da quella situazione, Cora incoraggiò un abbraccio. L’accontentammo solo per farla stare zitta, anche se il suono della sua voce stuzzicava volentieri le mie orecchie e quelle di vostro zio.
Così io e Derek ci abbracciammo prima della sua partenza.
Le sue labbra assunsero la forma di un bacio lasciato compositamente sul mio collo. Un bacio breve, carico di significato, un bacio d’amore e d’addio, un bacio da “ti ho perdonato, ma vado via per il tuo bene” che rese tragica la mia notte insonne. Grazie a quel bacio capii esattamente quanto spazio ricoprivo nel cuore di vostro zio, quanto importante fossi per lui, peccato solo che non lui non capiva quanto male provocava in me la sua fuga.

Vostra madre e vostro nonno stipularono un nuovo codice di condotta: “Nous protègeons ceux qui ne peuvent pas se protèger eux mêmes” e così è stato da quel momento in poi.

Le storie tra Lydia ed Aiden e tra Ethan e Danny proseguirono a gonfie vele, ancora oggi stanno tutti insieme, ed io e Scott ci godevamo quegli attimi di felicità in attesa di nuovi guai, gli stessi che riportarono Derek e Cora in città.
Nel frattempo noi dovevamo ripristinare i rapporti con i nostri padri, cosa alquanto difficile.
Dopo qualche tempo, i vostri genitori iniziarono un nuovo capitolo della loro storia, non lasciandosi mai più.
Sconfitti tutti i nemici e messa al riparo la città da altre minacce, io e Derek iniziammo a vivere pian piano la nostra favola.

La vostra nascita ha reso la nostra esistenza sicuramente migliore, voi rappresentate il nostro futuro e la speranza di una vita lontana da pericoli, fughe ed errori.

La mia vita mi ha insegnato, prendendo in prestito una citazione di un noto film, che:

“Per essere quello che vuoi essere, non c’è limite di tempo, comincia quando vuoi.
Puoi cambiare o rimanere come sei, non esiste una regola in questo.
Possiamo vivere ogni cosa al meglio o al peggio.
Spero che tu viva tutto al meglio.
Spero che tu possa vedere cose sorprendenti.
Spero che tu possa avere emozioni sempre nuove.
Spero che tu possa incontrare gente con punti di vista diversi.
Spero che tu possa essere orgogliosa della tua vita.
E se ti accorgi di non esserlo, spero che tu trovi la forza di ricominciare da zero”.

La citazione è tratta dal film…
«”Il Curioso Caso Di Benjamin Button”. La mamma ce lo ha fatto vedere centinaia di volte. È la lettera che Benjamin scrisse a sua figlia Caroline, che la lesse in ospedale al capezzale della madre».
«Esatto Emily. La storia termina qui. È tardi, dovete dormire, altrimenti chi la sente vostra madre».
«Ma è reale la storia?»
«In parte sì, Ryan, in parte lo è».
«E cosa non lo è?»
«Lo scoprirete crescendo. Dolce notte miei cari, domattina una lunga giornata al lago vi attende e mica potete dormire tutto il giorno».
«Quindi la gita non è annullata?»
«No, certo che no. Ma potrei decidere di annullarla se ora non dormite».
«Buona notte zio».
«Buona notte ragazzi».




Esiste una playlist per questa storia:

Muse – Time Is Running Out

Foo Fighters – Everlong

Nickelback – Savin’ Me

Oasis – Let There Be Love

Queen – Don’t Stop Me Now

Mike Oldfield – Moonlight Shadow

Neffa feat. Ghemon – Dove Sei

Laura Pausini feat. Kylie Minogue – Limpido

John Lennon – Imagine

Evan & Jaron – Crazy For This Girl

Subsonica – In Tutti I Miei Sbagli

Negrita – Destinati A Perdersi

Pearl Jam – Unthought Known

One Republic feat. Timbaland – Apologize

Tra le fonti di ispirazione, ovviamente, c’è anche il mio quadro preferito: “La Persistenza della Memoria” di Salvador Dalì.
Che volete da me, tra me e quel quadro è stato amore a prima vista. XD

 

 

Ringrazio infinitamente la mia amica Phoenixstein per il supporto, per essere costantemente la mia beta e per avermi ricordato dettagli che alla mia anziana memoria sfuggivano. Senza il suo entusiasmo questa storia non sarebbe mai nata.
Sua anche l’immagine intermedia alla storia, perciò, se dovessero servirvi immagini fantastiche da creare, non esitate a contattarla. ;)





  
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