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Autore: IamShe    19/09/2013    9 recensioni
"«Non tenermi sulle spine.»
«Ho sempre amato la tua perspicacia» lo sfotté, grattando le unghie sul divano in camoscio blu.
«Taglia corto.»
Quello sospirò, e la sua espressione divenne improvvisamente seria.
«Ho bisogno del tuo aiuto» disse. «Stanotte darò fuoco al cielo.»"

Due menti geniali che si uniscono, due volti che si conoscono e si alleano, ed un solo e magico lecca-lecca. È la notte di Natale, ma a casa Kuroba e Kudo, le cose non vanno per il verso giusto.
Genere: Comico, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aoko Nakamori , Kaito Kuroba/Kaito Kid, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa è una storia abbastanza singolare, ricollegata a quest'altra, sempre scritta da me: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1319451 . Nonostante ciò, può essere comunque immaginata come il sequel dell'odierno DC, in cui Kaito aveva dato aiuto a Shinichi in determinate situazioni. Premetto che la shot sarà alquanto demenziale e comica in alcuni punti, e i personaggi potrebbero sforare nell’OOC. Spero che, nonostante questo, possa piacervi comunque.

 

A magic lollipop
Ad Assu, che mi ha costretta spronata a scriverla, che mi è sempre vicina quando ne ho bisogno, e che asseconda le mie follie con le sue. Ti voglio bene.
 

 
Il cellulare vibrò debolmente sulla scrivania in legno di ciliegio, spostandosi di qualche centimetro ed illuminando la stanza buia col suo display in touchscreen. L’uomo, adagiato alla poltrona in pelle nera con le mani congiunte in palmi, lo scrutò per qualche secondo. Aveva un’aria indecisa e stranita, i suoi occhi pullulavano di sorpresa e meraviglia. Sfoderò un ghigno, poi si decise a rispondere.
«Credevo che non t’avrei mai più risentito.»
«Era quello l’intento» rispose l’altro, ridendo maliziosamente a sua volta.
Entrambi si concessero il piacere di qualche secondo di riso, poi il silenzio calò incombente e fastidioso. Fu quello che aveva risposto alla chiamata a parlare per primo:
«Non tenermi sulle spine.»
«Ho sempre amato la tua perspicacia» lo sfotté, grattando le unghie sul divano in camoscio blu.
«Taglia corto.»
Quello sospirò, e la sua espressione divenne improvvisamente seria.
«Ho bisogno del tuo aiuto» disse. «Stanotte darò fuoco al cielo.»
 
•••
 
«Un lecca-lecca per il piccolo, signora? È Natale, siamo tutti più buoni.» Il giovane stese il braccio verso la donna, mal celando la sua età con un cappello rosso abbastanza rattrappito e una barba bianca lunga e visibilmente finta. Fece svolazzare il gigantesco lollipop davanti agli occhi del bambino, che allungò le manine per afferrarlo.
«Lo vuoi, amore?» gli chiese la madre, dolcemente. Non c’era bisogno che rispondesse: il piccolo si era fatto sempre più avanti, e il ragazzo s’era chinato alla sua altezza.
«Per te, cucciolo.»
«Grazie.» Il bimbo sorrise, felice, quando le sue manine si strinsero intorno all’asticella del lecca-lecca.
«Quanti anni hai?» chiese allora, mentre la madre recuperava qualche spicciolo dal porta moneta per pagarlo.
«Quattro» rispose, con una squillante voce infantile.
«E come ti chiami?»
«Toichi» disse lentamente. Sembrava fiero di quel nome. «Toichi Kuroba.»
Quello sorrise ancora più amabilmente.
«Allora, Toichi, ti insegno una magia. Se mangerai questo lecca-lecca dopo la mezzanotte, succederà qualcosa di veramente bello.» Sussurrò al piccolo, facendogli l’occhiolino.
«Davvero?» esclamò lui, entusiasta. Adorava il mondo della magia, dei trucchi e delle illusioni: suo padre era un vero genio di quel mestiere, e non a caso era considerato il migliore al mondo. O almeno così diceva sempre lui.
«Sì, ma accadrà solo se non ne parlerai con nessuno. Capito, campione
Il bimbo sembrò dispiacersene: avrebbe voluto dirlo almeno al padre. Poi annuì: «sì» e gli sorrise.
Il ragazzo s’alzò e si scontrò con gli occhi bluastri della madre del piccolo. Gli stava offrendo dei soldi, ma lui scosse il capo, e con un fugace gesto della mano, li rifiutò.
«Si goda la vigilia di Natale stasera, madame» le sorrise enigmaticamente. «Non ne sprechi nemmeno un secondo.»
Aoko aggrottò le sopracciglia, poi strabuzzò gli occhi. Il giovane di fronte a lei era svanito, in una nuvola di fumo e gas grigiastra. In pieno centro, a Tokyo.
“Quasi meglio di Kaito” – pensò. Poi si rattristì: “Tutti meglio di lui.”
 
•••
 
«Eccoci qua», Aoko entrò in casa con fare radioso e sorridente. Suo figlio, Toichi, era in braccio a lei, con il lecca-lecca tra le mani. La mamma mutò il suo volto nel giro di qualche secondo, notando il silenzio e la penombra dell’ambiente dell’appartamento. Per fortuna, i raggi solari pomeridiani, riuscivano a schiarirlo del necessario per guardarlo. «Ovviamente da soli.»
«È qui che ti sbagli» la raggiunse una voce dalla cucina, a cui seguì un’apertura comandata delle tende. Esse permisero alla donna di scorgere la figura appoggiata allo stipite della porta, a pochi passi da lei.
«Papà!» lo accolse il bambino, gioioso, dimenandosi tra le braccia della madre per poter scendere e raggiungerlo. Aoko lo poggiò a terra e lo vide correre da Kaito.
«Uh, c’è anche Mr NontrascorreròNataleconlamiafamiglia.» Lo sfotté, sarcastica e pungente. «Come mai qui, signor Lamagiaèlamiavita?»
L’uomo prese in braccio il bimbo, gli fece una carezza ed un sorriso, poi lo lasciò andare.
«È mio, questo?» domandò al figlio, cercando di rubarglielo.
«No» fece, indispettito. «Mio, papà!»
Kaito sorrise, ben consapevole di essere guardato e di dover rispondere a quelle domande. Vide Toichi andare in camera sua, e cercò di evitare lo sguardo della donna, ma sarebbe servito a ben poco. Deglutì, in difficoltà, poi si rimise all’in piedi.
«Ma quanti soprannomi mi hai dato?» rise, ma s’accorse di peggiorare soltanto la situazione. Così s’avvicinò, e superandola, le sussurrò ad un orecchio: «Hai una brutta considerazione di tuo marito, Aoko.»
«Mi limito a descriverti.» Replicò arguta e cinica, per niente in voga dei suoi vaneggiamenti.
Kaito sorrise, indietreggiò e lasciò che lei lo guardasse.
«Insomma, Aoko, sono qui. Non ti basta?» le chiese, sicuro e spavaldo, ma la giovane aveva assottigliato gli occhi e posato le mani sui fianchi: «No.»
«Ah» sembrò rimanerci male il mago, preso alla sprovvista. Deglutì di nuovo, poi tentò di sorridere: «Cosa vuoi che faccia, per farmi perdonare?»
La figlia dell’ispettore aguzzò gli occhi su quello che aveva deciso di sposare, cinque anni orsono. Era impressione sua, o si andava rimbecillendo ogni giorno che passava?
«Se sparissi, mi faresti un grande piacere.» Disse. «Lo sai fare bene, no?»
Kaito si passò una mano sotto il naso, poi cominciò a ridere. «Dai, sono qui perché me l’hai chiesto tu. Ho notato che ci sei rimasta male, quando ti ho detto che avrei avuto uno spettacolo molto importante a Natale.»
«Ovvio. Dato che lo spettacolo non era tuo, ma solo di quella mezza sgualdrina...» si ricompose, socchiudendo gli occhi e cominciando a contare in mente. Arrivò a dieci, poi si decise a continuare: «di quella donna che non fa altro che invitarti ad ogni sacrosanto festival di teatrini che organizza.»
«È perché hai un marito molto famoso e rispettato nel suo lavoro.» Replicò ghignando il mago, che un tempo era famoso come Kaito Kid; ma si morse la lingua nel notare la reazione della donna. Aoko era imprevedibile.
«Smettila di pavoneggiarti come quando indossavi quello stupido vestito da gelataio» lo rimbeccò, acida. Kaito ingrandì gli occhi azzurro cielo, e ridacchiò tra sé e sé: “vestito da gelataio?”
«Sai che non tollero quell’atteggiamento che assumevi. Da latin lover mancato.» Disse poi, incamminandosi verso la cucina e borbottando alcune parole incomprensibili. Il marito la seguì, tenendosi a debita distanza, e la vide posare la frutta e le verdure nel frigo.
«Non ti piaccio, in versione... Kid?» domandò insicuro, quasi sorpreso, e perse un battito cardiaco nel scontrarsi con il suo sguardo. Aoko pareva comandare le armi a suo piacimento. Forse possedeva anche lei, un po’ di magia?
«Ma che domande mi fai?» lo sgridò, avvicinandosi pericolosamente. «Sai benissimo che non ho mai accettato quel tuo periodo di nullafacenza. E soprattutto non ho mai superato tutte le prese in giro che hai ordito a mio padre.»
Kaito annuì, ma la moglie rincarò la dose. Mutò la sua espressione, che divenne mite e molto più dolce. Gli poggiò le mani sulle spalle, e poggiò il seno sul suo petto. Il marito trasalì.
«È Kaìto quello che amo. Non Kàito.»* Gli sorrise, poi annullò la distanza tra di loro: «Però sono felice che hai rinunciato a quello spettacolo per la tua famiglia. Grazie, baka
Era sul punto di baciarlo, quando il piccolo Kuroba giunse in cucina: «Mamma! Papà!»
Il padre si scostò velocemente dalla madre, e mostrò anche un leggero rossore alle guance. Aoko lo imitò, e accolse il piccolo fra le sue braccia. Lo sollevò e gli chiese se avesse mangiato il lecca-lecca.
«No» scosse il capo il bimbo. «Dopo, mamma.»
Aoko scrollò le spalle, poi gli permise di scendere.
«Che ne dite se andiamo ai giardini vicino la torre Touto?» chiese allora Kaito, dopo un breve silenzio di tutti. «Hanno aperto da poco un parco.»
«Sì!» alzò il pugno in alto Toichi, felice della proposta del padre. «Andiamo, mamma! Andiamo!»
La trascinò per qualche centimetro, ma la poca forza che possedeva non era sufficiente a trasportarla. Aoko sorrise, e dopo qualche secondo, guardò suo marito: «Dovresti avere più spesso queste idee.»
Assecondò la traiettoria del piccolo e prese la borsa e il capotto, incitando Kaito a seguirli. L’uomo dai capelli ribelli e mossi e dagli occhi azzurri e profondi, rilasciò un sospiro.
“In effetti” pensò, stizzito. “Meglio queste, che altre.”
 
•••
 
Al parco, Kaito e la sua famiglia si sedettero su una panchina. L’uomo notò le luci che adornavano gli alberi e le vetrine, e si imbambolò a fissare i vari Babbo Natale che sfrecciavano sui pattini, consegnando annunci o pubblicità. Il piccolo Toichi camminò verso uno stand di dolci montato a qualche metro di distanza, ma quando il padre stava per raggiungerlo, Aoko lo afferrò per il braccio e lo indusse a sedersi di nuovo. L’ex ladro di gioielli sussultò, impaurito, e non sembrò tranquillizzarsi nemmeno quando la moglie si accovacciò sotto il suo petto e lo abbracciò.
«Non preoccuparti, lo vediamo da qui.» Disse, poi alzò il mento verso di lui. «Sono felice tu ci sia.»
Il marito sorrise, ma non sembrava per nulla tranquillo. Diede uno sguardo al bimbo, e deglutì: «Forse è meglio se lo vado a controllare.»
Si alzò e si allontanò dalla moglie, lasciandola basita e in equilibrio precario sulla panchina. «Bakaito!» gli urlò contro, indispettita. Suo marito sospirò, abbassando il capo, e rivolse gli occhi al piccolo. “Dannazione” imprecò in silenzio, poi improvvisò un sorriso nel momento in cui il bimbo gli rivolse lo sguardo. Aoko lo guardò giungere fino allo stand e chiedere al figlio cosa volesse, quando Toichi indicò un ciambella rotonda ricoperta di cioccolato al latte e mandorle. Kaito gliela comprò, quando ad un certo punto gli si avvicinò una donna. Era bella, aveva lunghi capelli castani e due bei occhi azzurro-lilla. Aveva un fisico longilineo, ma formoso al punto giusto. La figlia dell’ispettore la vide poggiare la mano sul braccio del marito, e scattò dalla panchina, come una molla.
«Ciao Kid» disse quella, sorridente. «Da quanto tempo non ci si vede!»
L’uomo era sbiancato: strabuzzò gli occhi e balbettò qualcosa di strano. Poi, notando arrivare Aoko, si impose l’autocontrollo.
“Questa non ci voleva!” pensò, maledicendo il destino.
«Ciao...» replicò, quando ormai sua moglie era al suo fianco. «Tu sei Ran, giusto? La moglie di... Kudo.»
“Ran?” pensò Aoko, imbestialendosi. Aveva un solo ricordo di quel nome, e non era bello. “Quella Ran?”
«Sì, ti ricordi di me, no? Mamma mia, ti sei fatto proprio identico a Shinichi. Direi che vi divide solo l’acconciatura di capelli.»
«Dici?» rise Kaito, in difficoltà. Si grattò la testa, poi ritirò subito la mano: «In effetti, c’è una leggera somiglianza...»
Aoko tossì, indispettita. «Scusate, non per interrompere la vostra conversazione, ma... potrei sapere chi sei? Una sua amica?»
«Scusami, non mi sono presentata» disse l’altra, sorridente. Le porse la mano e ricercò la sua stretta. «Sono la moglie di uno dei suoi amici, Ran Mouri. Kaito aiutò tantissimo la nostra famiglia tre anni fa, quando mio marito improvvisò una delle sue solite cretinate
«Oh!» ruggì Kaito, stizzito. «Guarda che... tuo marito, fece tutto per te e tuo figlio all’epoca. E chiese a me un aiuto, sì. Ed io sono stato lieto di aiutarlo.»
Aoko inarcò un sopracciglio, dapprima stupita da quelle parole e da quel tono. Ma concentrò le sue idee sul senso del discorso; ricordava di un amico in difficoltà, che suo marito aveva dovuto aiutare da Kaito Kid, e lei che s’era imbufalita per le sue bugie. Ricordava adesso anche quella chiamata. E la mittente... era la donna che aveva di fronte.
Ran scoppiò a ridere. «Lo so, ma ancora non gli ho perdonato del tutto d’avermi lasciata sola un mese a piangere la sua morte, quando era vivo e vegeto. Diciamo che, ogni tanto, gliela faccio pagare.»
Kaito stava per replicare, ma Aoko lo bloccò: «Si è finto morto?» chiese, quasi sconvolta.
Ran annuì, rilasciando un sospiro. «Un mese a piangere sulla tomba di un altro.»
La Nakamori spalancò gli occhi, incredula. Per la prima volta, si sentì solidale con una donna. Kaito ne aveva combinati di guai: si travestiva da gelataio, andava scassinando cassaforti, certo, però un colpo al cuore del genere non gliel’aveva mai fatto prendere. Finalmente riusciva a scorgere la storia dietro quei silenzi di suo marito, anni prima, quando lei aveva in grembo Toichi.
«E tu che cosa hai fatto?» chiese poi, la prese sottobraccio, e la trascinò di qualche metro. L’uomo le seguì, interessatissimo alla conversazione. «Sai com’è... anche io ho a che fare con un marito cretino.»
Ran apparve dapprima stupita, poi sorrise. «Ma Kaito è così disponibile e simpatico.»
«Quando dorme.» Replicò Aoko, scocciata. «Non fa altro che lavorare, lavorare... Mago da strapazzo.»
«Non sai come ti capisco.» Concordò la Mouri. «Shinichi è... stacanovista e cocciuto, che non hai idea.»
«Però è un bravo detective» si intromise Kaito, facendosi notare. «E ovviamente io... sono un bravo mago.»
«Certo» rispose Ran. «Non sia mai a dire il contrario. Figurati. Ma oggi, il bravo detective, ha detto che non ci sarà tutta la giornata. “Ho un caso da risolvere”, come al solito! La vigilia di Natale! Che idiota!»
«Anche a te?» sbottò Aoko. «Lo vedi questo cretino? Non so per quale ragione è qui, aveva esplicitamente detto che non ci sarebbe stato. Per uno spettacolo, capisci?!»
Ran emise uno sbuffo di sorpresa. «Ma come si vede che sono amici! Guarda,... scusami, non so il tuo nome» si bloccò, poi.
«Aoko Nakamori» suggerì lei, velocemente. «Chiamami pure per nome.»
«E tu chiamami pure Ran» le sorrise, come se stesse parlando con l’amica di una vita. «Guarda, Aoko, è una cosa impossibile. Dico io, almeno a Natale, dannazione. La festa per antonomasia, staccati da quei casi. No, nulla. Scusate lo sfogo, è che... sono parecchio arrabbiata.»
Kaito sospirò, socchiudendo gli occhi, ma nessuno lo notò.
«Cara, questi qui vanno messi in riga» propose la moglie del mago, diretta. «Fanno sempre di testa loro.»
«Adesso state un po’ esagerando» provò Kaito, pallido e agitato, ma le due lo zittirono.
«Non prendere le sue difese, Kaito, per favore» disse Ran.
«Quello prende le sue» ribatté Aoko. «Sai che ti dico? Dobbiamo lasciarli senza sesso, vedrai come rigano!»
Kaito rise, ma per mascherare la paura che albergava dentro di lui. «Aoko cara, non suggerire cose strane e assurde a Ran. Questi sono fatti suoi e di suo marito.»
«Guarda che parlavo anche di te» replicò la donna, pungente. «Sarebbe ora che cominciassi a crescere un po’ di testa.»
Kaito fece per replicare, ma Ran lo interruppe: «L’ho fatto, Aoko. Ci ho già provato... ma i risultati non si vedono.»
«Tu sbagli tattica, mia cara, fattelo dire» si intromise di nuovo il mago. «Fai più sesso con lui, e vedi i risultati come si vedono.»
Ran ci pensò un attimo su, poi inarcò un sopracciglio: «Tu dici?»
«Garantito!» replicò lui, convincente. «È proprio testato.»
«Ma non lo stare a pensare!» smontò tutto il suo entusiasmo Aoko, con una voce irrompente ed energica. «Ma lo sai che oggi sei proprio strano? Bah! Non ti ho mai visto prendere le difese di un altro con così tanta forza. Sarà proprio uguale a te, il marito della poveretta.»
«Almeno lui è qui» si lasciò andare ad un altro respiro stizzito Ran. «Shinichi ha lasciato me e suo figlio la notte di Natale.»
«Lasciato! Che esagerazione» disse Kaito.
«Avete anche un figlio? Come noi. Wow, proprio separati alla nascita.»
«Sì» replicò la karateka. «È laggiù» indicò uno stand di libri. «Ha 12 anni, si chiama Conan.»
Kaito voltò lo sguardo verso il ragazzino. Era di fronte ad alcuni libri di vecchia edizione, e non sembrava essersi minimamente accorto della loro presenza.
«Come si è fatto grande» disse. «Vado a salutarlo, eh?»
Si allontanò dalle due donne, che in quel momento parevano esser diventate due arpie. Affrettò il passo e raggiunse il giovane velocemente. Conan non si accorse della sua presenza inizialmente: stava leggendo l’introduzione di un libro, e pareva essersi isolato dal mondo. L’uomo ne afferrò uno più grande e pesante, alla sua sinistra, e glielo lanciò. Il ragazzino fu obbligato a distogliere lo sguardo dalle parole, essendosi anche fatto male al polso: alzò gli occhi, e sussultò.
«Quello è migliore...» gli disse l’uomo, indicandoglielo. Poi sorrise: «...mostriciattolo
Conan strabuzzò gli occhi, incredulo. Lasciò cadere il libro sullo stand.
«Papà?!» sbottò. «Che ci fai qui!?», poi lo osservò meglio e sbatté ripetutamente le palpebre: «ma soprattutto, che diavolo hai fatto ai capelli!?»
«È una storia lunga» disse, frettoloso, lanciando un’occhiata alle due donne. «Se te la racconto... mi aiuti?»
 
•••
 
«E che ti devo dire», in assenza di Shinichi travestito da Kaito, Ran e Aoko s’erano sedute sulla panchina, a fianco al piccolo Toichi. Il bimbo dava piccoli morsi alla ciambella, sporcandosi la bocca, e guardava le due con espressione persa e profonda. Le signore, intente a sfogare tutta la rabbia l’una sull’altra, si davano man forte: Aoko raccontò di Kaito, e Ran di suo marito. Nessuna delle due risparmiò nulla ai due uomini. Parlarono velocemente, come se fossero due vecchie amiche che non si incontrano da tanto tempo; l’una appoggiava l’altra nella manifestazione della propria ira. «Ran, ti rendi conto? Mio padre. Lui prendeva in giro mio padre e se ne divertiva. Quel poveretto è invecchiato dieci anni prima per colpa sua.»
«Shinichi lo addormentava a mio padre» sbuffò la karateka. «L’avrà intossicato a furia di anestetici.»
«E i furti? Per carità, ha sempre restituito tutto... ma secondo te è normale uno che gioca a rubare gioielli di lusso?»
Continuarono per circa un’ora. Il cielo mutò colore: da azzurro divenne arancione, per poi sfumarsi di nero e blu scuro. Si stava facendo sera, e nessuna delle due sembrò essersi accorta dell’assenza dei due maschi che l’avevano accompagnate. Fu quando una bimba richiamò il fratello da lontano, che le due donne si guardarono intorno stranite.
«Ma Kaito?» chiese Aoko, con voce leggermente preoccupata.
«E Conan?» s’alzò Ran, buttando lo sguardo di qua e di là, alla ricerca del suo piccolo. Osservò dapprima lo stand dove l’aveva scorso l’ultima volta, quello dei libri, ma non c’era. Percorse un po’ tutti gli altri, ma fu inutile. «Ma dove sono?»
Aoko strinse il colletto della sua maglia con nervosismo, e seguì l’amica alla ricerca dei due ometti. Quando raggiunsero una fontana che zampillava acqua ininterrottamente, videro correre verso di loro Conan. Ran sussultò, e gli andò incontro. Aoko la imitò, afferrando la manina del piccolo Toichi.
«Conan! Si può sapere dov’eri!?» la madre lo abbracciò, con gli occhi lucidi e colmi di preoccupazione.
«E Kaito?» chiese l’altra, di rimando.
Il ragazzino assunse un’aria angelica e volutamente ingenua. Controllò la sua voce in modo che risultasse dolce e persuasiva: «Mamma, scusa, è che io e Kaito abbiamo incontrato papà di ritorno dal caso che aveva risolto... così sono stato un po’ con loro. Erano entrambi molto felici di rivedersi. Si sono abbracciati e si sono ripromessi di rivedersi ancora. Ah, poi... hanno detto che volevano che voi due vi conosceste, ma io li ho avvisati che già lo avevate fatto, e allora loro si sono guardati e hanno esclamato: “e se passassimo il Natale insieme?”, così mi hanno rimandato qui, a dirvi che andavano a prendere l’occorrente per la cena. Hanno aggiunto, testuali parole: “Non le facciamo affaticare”, e si sono dileguati.» Conan riprese fiato.
Ran e Aoko lo osservarono ancora per qualche secondo, in riva ad un mare di incredulità.
«Tuo padre ha abbracciato Kaito?» chiese la karateka, attonita, con un sopracciglio incurvato.
«Kaito ha detto “non le facciamo affaticare”?» la assecondò l’altra, sbattendo ripetutamente le palpebre.
«Ma soprattutto...» continuarono all’unisono. «Da quando in qua vanno a fare la spesa!?»
Conan strabuzzò gli occhi, cominciando a ridacchiare dal nervosismo. Fece spallucce, poi indietreggiò di un passo. «Che ne so io... sarà il Natale. Siamo tutti più buoni, no?»
Un albero di rami spogli alle loro spalle rovesciò la neve alla strada, che il vento scosse con violenza. Ran e Aoko sembrarono essersi immobilizzate, tanto che nemmeno il loro capelli si muovevano: si guardarono, pensarono, e poi cominciarono ad annuire.
«È un complotto» disse la moglie del mago.
«Si sono messi d’accordo» proseguì quella del detective.
Conan sbiancò, e si preoccupò sul serio quando sua madre gli posò una mano sulla spalla, e con fare diabolico lo guardò: «Quanto ti ha dato tuo padre per dire queste stupidaggini? Su, parla, tesoro.»
«Nulla, mamma... è la... verità» disse il ragazzino, mentre Aoko lo afferrò per l’altra spalla.
«Cosa ti ha promesso, Kaito? Eh?»
«N-nulla...» balbettò il piccolo Kudo, cercando di liberarsi.
«Shinichi ti ha detto che t’avrebbe aumentato la paghetta?»
«Kaito t’ha mostrato qualche trucco per spiare le mutandine alle ragazze?»
«C-come?» arrossì il ragazzino, mentre la madre lo spingeva verso di sé.
«E sentiamo, a quale supermercato sarebbero andati?»
Lui cominciò a sudare freddo. «Non... non lo so. Non... non me l’hanno detto.»
«Dobbiamo cercarli» propose Aoko, guardando Ran.
«...e trovarli» concluse l’altra.
Conan le guardò dire insieme: «e faremo loro pentire di essere nati». Rimase da solo in mezzo alla neve, ed appurato che si fossero allontanate, si voltò alle sue spalle. Da un sempreverde, scorse la figura di suo padre, che gli bisbigliava qualcosa.
«Allora?!» domandò, preoccupato. «Ci sono cascate?»
Il ragazzino ridacchiò, avvertendo un sopracciglio tremare. «Deducilo da solo, papà.»
 
•••
 
Due ore più tardi, Aoko e Ran si diedero per vinte. Considerando che nessuno dei due rispondeva al cellulare, rigorosamente spento, e che il piccolo Toichi aveva fame, decisero di tornare a casa. Non sapevano quale delle due però fosse il ritrovo: optarono prima per la maestosa ed occidentale villa dei Kudo, ma appurato che lì non ci fosse nessuno, dovettero tornare indietro e ripercorrere la strada fino all’appartamento dei Kuroba, in periferia. Erano le nove passate, e quando ormai mancavano pochi chilometri alla casa di Kaito, alcuni massi scivolarono sulla strada da un sentiero vicino. La macchina dovette fermarsi all’improvviso, tra le imprecazioni e le più vive maledizioni delle sue concubine.
«Perfetto» sbottò la moglie del mago. «Questo è sicuramente il Natale peggiore della mia vita.»
Ran chiamò il soccorso stradale, per poi lasciarsi andare ad un sospiro. Telefonò a suo figlio, che le disse che lui era ancora per strada. La madre lo incitò a raggiungerle, e nel chiedergli notizie di suo padre, si sentì dire che erano già da un pezzo a casa di Kaito.
La strada fu sgomberata che ormai l’orologio segnava quasi le dieci. Giunsero in casa affamate, con Toichi che piagnucolava e che pretendeva un po’ di pane o di dolce di mettere sotto i denti.
Aoko girò la chiave nella toppa, quando avvertì un intenso profumo di carne giungere alle sue narici. Si affrettò a raggiungere la cucina, dove ci trovò i tre maschietti: Shinichi, Kaito e Conan.
Si posò le mani sui fianchi, ed accompagnata da Ran, li avvicinò.
«Pretendiamo di sapere cosa avete fatto!» sbottarono, iraconde. «Ci avete lasciato sole, abbandonate al nostro destino, con i vostri maledettissimi cellulari spenti. Vi pare il modo?»
«Volevamo solo aiutarvi» disse Kaito.
Shinichi aggiunse: «davvero», e con il solo tono della voce, riuscì a sedare l’ira della moglie. C’aveva provato, quel pomeriggio, con la Nakamori, ma questa pareva molto più dura di Ran su certi versi.
«E tu speri io ci creda?» chiese Aoko al marito, per nulla tranquillizzata lei. Conan era l’unico che, insieme al piccolo Toichi, aveva cominciato a mangiare. Dopo qualche minuto si unirono i Kudo, ed insieme assistettero al loro litigio, che non sfumò nemmeno durante la cena. Era quasi mezzanotte, quando Ran aiutò Aoko in cucina. Kaito si avvicinò alla sua donna, e cingendole la schiena, la fece sussultare. La karateka arrossì, e resasi conto d’essere di troppo, propose alla padrona di casa di preparare i regali per la notte di Natale. Aoko guardò Toichi appisolato ed annuì, dirigendosi verso l’albero. Anche lì fu raggiunta dal marito.
«Insomma, cosa vuoi?» chiese, ancora arrabbiata. «So che mi stai nascondendo qualcosa. Alla fine hai scelto di andare allo spettacolo di quella lì?»
Il mago sorrise. «La stai provando sempre più spesso.»
«Eh?» grugnì lei.
«La gelosia» disse, passandosi la lingua sui denti per reprimere un sorriso di troppo. «Non è da te.»
«Scherzi?» sbottò Aoko, esasperata ed imbarazzata. «Sono incazzata nera, se non te ne sei accorto.»
«E gelosa nera» aggiunse Kuroba, ridacchiando. «Non l’hai preso bene quell’invito, vero? Eppure io non ho detto che ci sarei andato davvero.»
«Mi hai detto che non ci saresti stato per Natale, era ovvio che intendessi quello stupido spettacolo.»
«No» soffiò lui, avvicinando la testa a quella della moglie. Il suo fiato caldo andò a sbattere sulle labbra fredde di Aoko, che rabbrividì e si impose razionalità e controllo. «Forse l’ho fatto per te.»
«Mi hai soltanto lasciato sola.» Abbassò il capo lei, quando l’orologio scoccò la mezzanotte. Era ufficialmente Natale, e la neve cadeva a fiocchi cristallini sulla strada e sui tetti delle case. Toichi, ormai sveglio, non vedeva l’ora di aprire i suoi regali. Ma prima, aveva qualcosa da fare: fuggì in camera sua, e recuperò il lecca-lecca. Lo portò quindi in salotto, dove i presenti si stavano facendo gli auguri.
«Mamma, papà, dopo mezzanotte!» esclamò, felice. Attirò su di sé l’attenzione di tutti, compresi i Kudo. Scartò il lollipop, ma il padre lo bloccò in tempo. Lo prese in braccio ed aprì la finestra.
«Adesso puoi, campione» disse, strappando uno sguardo incredulo sia al piccolo che alla moglie. «Anche lei, madame, se volesse unirsi...»
Aoko ascoltò quelle parole con stupore e meraviglia. Il ragazzino di quella mattina, era Kaito.
Li raggiunse, al bordo della finestra, e lasciò che Toichi leccasse il lecca-lecca. Questo cominciò a brillare di una luce dorata e splendente, che rilasciò milioni di stelline luminose. Toichi emise un soffio di stupore, e Aoko un gemito di sincera meraviglia. Le stelle viaggiarono verso l’alto, ed infinite si riversarono in cielo, che risplendeva di una luce nuova e dorata. Con la neve che cadeva a fiocchi su di loro, i piccoli puntini di luce si unirono e scrissero in cielo qualcosa. Dapprima sfumate ed incomprensibili, le lettere si chiarirono con sfondo una fantastica luna.
- Solo per voi – lessero, insieme. Aoko trattenne il fiato e le lacrime, mentre Toichi sorrideva e tentava di prendere quei fasci di luce, che si rimescolarono e si unirono di nuovo. Lentamente, senza fretta.
«Solo per voi.» Le sussurrò all’orecchio.
«Grazie, Kaito. Grazie» lo attrasse a lei e lo baciò. «Grazie di esserci.»
E al suono delle loro labbra, i cielo e le stelle scrissero i loro nomi - Kaito, Aoko, Toichi - che rimasero impressi in quella notte, e furono sbiaditi via solo dalla luce del Sole, che dava inizio ad un nuovo Natale.
 
•••
 
«E bravo Kid, che idea strepitosa» la voce di Shinichi gli giungeva ironica e divertita. «Quanto sei sdolcinato, eh.»
Dall’altro lato della cornetta, Kaito emise uno sbuffo: «Lo sai, te l’ho detto. Lo faccio perché, l’ultimo gioiello rubato dal vero Kaito Kid, ovvero mio padre, è stato ritrovato. Devo assolutamente riprendermelo, appartiene alla mia famiglia.»
«Veramente apparterebbe a quello a cui tuo padre l’ha rubato» puntualizzò il detective, con sopracciglio tremante.
«Resta il fatto che Aoko è incazzata nera e non tollera che manchi a Natale» disse l’altro, sbuffando. «Travestiti da me e intrattienila, io tornerò la sera. Lo prometto.»
Shinichi si lasciò andare ad un sospiro. «Anche io ho una moglie, sai. Una famiglia.»
«Io ti ho aiutato quattro anni fa, con quei pazzi» replicò il mago. Il detective se l’aspettava. Sapeva che l’avrebbe detto. «Ricambiami il favore.»
Shinichi sbuffò ancora: come poteva negarlo? Grattò le unghie sulla scrivania, abbassò e socchiuse le palpebre.
«D’accordo.» Disse poi.
«Grande, detective!» esultò Kaito, sorridendo, seppur non poteva esser visto.
«E poi siamo pari.» Concluse Shinichi.
«Ah, non toccare mia moglie nemmeno con un dito, Kudo» abbaiò il mago. «Perché sennò altro che magie e stelline. Il prossimo a sparire, sarai proprio tu.»
 
 
Kaito baciò le bocca di Aoko, e sfiorò delicatamente i suoi seni. Amò le sue curve e annusò il suo profumo dolce, si cibò della sua pelle candida.
«Com’erano le mie labbra oggi?» le chiese, mentre lei rilasciava un gemito.
«Non ti ho baciato oggi, bakaito» sussurrò la moglie, socchiudendo le palpebre.
Lui sorrise, e mosse la lingua nella sua. «Esattamente» disse.
«Ti amo» continuò.
«Ti amo» rispose.

 
 
 
 
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* «È Kaìto quello che amo. Non Kàito.» : allora, dobbiamo precisare che i due nomi “Kaito” e “Kaito Kid” non si leggono con lo stesso accento. Il nome proprio di Kaito si legge con l’accento sulla i, mentre quello che compone il suo “nome d’arte” con l’accento sulla a. In Italia non è evidente, ma in Giappone i due nomi, con accenti diversi, si scrivono in modo diverso ed hanno un significato kanji diverso. È per questo che nessuno nota la similitudine tra i due nomi, nel manga e nell’anime giapponese. Gosho ha voluto fare un semplice gioco di parole.
 
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Ebbene, ho scritto questa storia nel giro di 24 ore, costretta da qualcuno, perché lei dice che gliel'avevo promessa... va be' :P È fine a se stessa, e considerata la "committente" (xD) è Kaito/Aoko, ma ovviamente ci doveva essere quello spruzzo Shinichi/Ran e quella presenza di Shin-chan che caratterizza tutte le mie storie. Ritengo che certe volte i personaggi siano OOC, come ho specificato all'inizio (sebbene non in modo eclatante): dopotutto è stata scritta con l'intenzione di far divertire, nulla di più. Spero che sia riuscita a strapparvi un sorriso comunque, e con questa vi saluto.
Per chi segue l'altra mia fan fiction, ci vediamo lunedì. 

Un bacio enorme,

Tonia

 
 
 
 
 
 
   
 
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