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Autore: syontai    20/09/2013    12 recensioni
Leon è un giovane ragazzo londinese che sogna di entrare a Scotland Yard; quando finalmente riesce a realizzare questa sua aspirazione, viene messo a fare da assistente a Pablo Galindo, uno dei più validi investigatori di Londra ma anche molto strano. Una ragazza misteriosa, incontri inaspettati e un giallo da risolvere: chi ha ucciso Gregorio Garcia, preside del prestigioso Studio 21?
Genere: Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Angie, Leon, Pablo, Un po' tutti, Violetta
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 15
Epilogo: un finale inaspettato

Francesca fissava quell’asso di cuori che Pablo le stava porgendo gentilmente con aria di sfida. Scuoteva lentamente la testa, non riuscendo a crederci. “No!” strillò Violetta, scattando in piedi. “No, cosa?” chiese Pablo. “Perché continua a proteggerla? Perché continua a prendersi delle colpe che non ha commesso?” la incalzò l’uomo, mostrandosi adirato. “Io…sono io ad aver ucciso Gregorio, lasciatela in pace” lo implorò con sguardo supplicante. “Ah, si, è lei?” esclamò Pablo, con un sorriso furbo. “E allora mi spieghi…come ha fatto ad attutire il colpo della sparo? Come ha fatto a non farsi sentire da Gregorio quando è entrata nell’ufficio?” chiese velocemente l’uomo, mettendo la giovane alle strette. Violetta continuò a fissare Pablo con disprezzo, mentre Francesca era scoppiata in un pianto disperato. “Non è stata lei!” strillò con vigore, facendo allertare tutti. Fece per dirigersi da Francesca a consolarla, ma le guardie la fermarono ad un gesto di Pablo. “E’ stato interessante questo caso…” mormorò, giocherellando con le quattro carte. “Molto interessante” disse, poggiando la carta dell’asso di fiori sulle gambe di Violetta che lo guardava inorridita. “So benissimo che l’assassina non è Francesca. Questo è quello che lei, signorina Castillo, ha creduto. Povera ragazza, si è sentita il mondo crollare entrando nell’ufficio di Gregorio e vedendo la sua amica con una pistola in mano” disse Pablo, osservando gli occhi lucidi di Violetta. “E’ stata molto fredda. Non molti avrebbero agito con tanta sicurezza e correndo così tanti pericoli. Ammiro il suo coraggio e la sua lealtà” la rassicurò con un sorriso triste. “Mi scusi…ma quindi né Francesca né Violetta hanno assassinato Gregorio?” chiese Camilla, evidentemente confusa. “Esattamente” le rispose sbrigativamente, consegnando l’asso di quadri a Francesca. “Mi dispiace di averla fatta preoccupare…so che non è stata lei l’assassina, ma avevo bisogno che Violetta si scoprisse più di quanto aveva già fatto per dimostrare la veridicità delle mie ipotesi”. Francesca singhiozzò un po’ e poi sorrise osservando la sua carta. “L’asso di picche, signor Hatter” continuò Pablo, dando a Diego la carta con l’asso di picche. “Lei ha visto Violetta fuggire via dallo Studio, mentre cercava di far sparire la pistola e ha sospettato subito di lei, giusto?”. Il giovane annuì, e stropicciò la carta con soddisfazione. “Ed eccoci alla conclusione dei giochi. Adesso consegnerò la carta. Anzi vorrei chiedere al diretto interessato di venire a ritirarla” disse Pablo, dirigendosi al centro della stanza sotto lo sguardo attento di tutti, ma di una persona in particolare. “Signorino Bianchi, sarebbe così cortese da venire a prendere la sua carta?” chiese con sguardo furbo, porgendo da lontano l’ultima carta rimasta al giovane italiano, Federico Bianchi.
“Interessante, signor Galindo. Divertente, ma estremamente interessante” esclamò il giovane, scoppiando a ridere. “Non sto affatto scherzando, temo” disse l’uomo. “Perché qui non solo Angie ha il sangue dei Garcia scorrere nelle sue vene…”. “La smetta” lo interruppe con calma glaciale Federico. “Io non ho niente in comune con quell’uomo” aggiunse subito dopo. “Ma sentiamo, non vedo l’ora di ascoltare la sua assurda storiella. Sarà uno spasso”. Pablo lo gratificò ironicamente con lo sguardo e cominciò a parlare. “Questa è la storia di una vendetta, organizzata da anni. Una vendetta nata dal più turpe degli atti”. “Dobbiamo tornare in
dietro nel tempo, quando Gregorio era proprietario di uno dei teatri più famosi italiani. Jackie anche lavorava in quel teatro se non sbaglio, fino al fatale incidente. In realtà quello che non tutti sanno è che Gregorio ha provocato l’incidente per far subentrare al posto di Jackie una giovane ballerina piena di talento, Paola Bianchi, moglie di un giovane medico in erba. Ma, come ormai dovrebbe essere chiaro, Gregorio non fa favori gratis, bensì pretende sempre un prezzo in cambio. Ha ascoltato le suppliche della giovane donna in cerca di un lavoro per mantenere lei e il marito, ma ha voluto qualcosa in cambio, non del denaro. Infatti è stato lei, Federico, a dirmi che la vostra famiglia non versava in buone acque, anzi…”. “Vuole dire che…?” chiese Angie. “Esatto. Una sola notte. Una notte che però avrebbe costato la dignità di una giovane donna e che le avrebbe donato qualcosa, o meglio qualcuno, che le avrebbe sempre ricordato il suo peccato. Ed ecco che nasce Federico Bianchi, figlio di Paola Bianchi e Gregorio Garcia”. “Continui” lo intimò l’italiano, con un sorrisetto. “Rintracciare l’altra vittima dell’azione di Gregorio, non deve essere stato difficile, così come non lo deve essere stato convincerla ad agire insieme a lei”. Lo sguardo di tutti tranne Federico si posò su Jackie, che fissava Pablo terrorizzata. “Una coppia diabolica che escogita un piano geniale, in grado di coprire entrambi e di procurargli un alibi” spiegò Pablo. “Mi scusi, signor Galindo, ma Federico aveva la febbre quel giorno. E non se l’è certo inventata…come avrebbe fatto ad uccidere Gregorio?” chiese Maxi, evidentemente confuso. L’uomo sorrise. “Molto semplice. Tutti noi conosciamo la pratica dei vaccini. E soprattutto conosciamo gli streptococchi, che sono batteri molto pericolosi, che impiegano quarantotto ore circa a intaccare il sistema immunitari e a far sentire i suoi effetti. Il nostro Federico si è iniettato il giorno prima una buona dose di questa batteri, probabilmente trafugati dal laboratorio del padre. Non deve essere stato complicato mostrare interesse per il lavoro del proprio padre e seguirlo per poi rubare di nascosto una coltura. Ma c’è un piccolo problema. Le quarantotto ore sono indicative, la febbre potrebbe scoppiare prima come dopo questo tempo”. “E veniamo all’uomo barcollante. La mattina Federico finge di avere una lieve febbre. Ci sono migliaia di metodi per far finta di avere la febbre, non mi metto ad elencarli. Fatto sta che il padre, andando di fretta a lavoro, non presta molto attenzione alla cosa. Federico, una volta solo a casa, si alza e all’ora di pranzo prepara il delitto. Tira fuori la pistola rubata a casa di Francesca, la fantomatica tazzina scomparsa e…”. “Mi scusi, ma adesso che c’entra la tazzina?” lo interruppe Angie, che si era persa quel particolare. “La famosa tazzina! Devo dire che l’assassino è stato molto bravo a prendermi in giro in questo modo. Mi ha fatto girare come un cane che si mordeva la coda. Ma per risolvere questo mistero dobbiamo prima di tutto ricostruire bene i fatti nella giusta maniera. Nel corpo di Gregorio sono stati ritrovati resti di acido barbiturico, utilizzato nei calmanti. Con una massiccia dose quindi si può indurre a una sorta di paralisi e ottenebramento dei sensi. E questo spiega il motivo per cui non ha praticamente sentito l’assassino scavalcare la finestra”. “Ma questo calmante non è stato trovato nella tazzina rinvenuta sul luogo del delitto” esclamò Leon, dando voce ai dubbi di molti. “Esatto! E’ per questo che ho escluso quella che invece era la pista più semplice. Ma se vi dicessi che la tazzina ritrovata non era quella che Jackie aveva portato a Gregorio?”. “Un semplice scambio. E mi chiedo come possa essere stato tanto stupido da non arrivarci. Jackie porta la tazzina di caffè con una massiccia dose di calmante, che ci impiega circa 20 minuti ad agire. Si fanno le 15 e 40, e Jackie accompagna Angie in bagno. Fa cadere di proposito il materiale di fronte all’ufficio di Gregorio per essere sicura che nessuno interrompa il suo complice mentre esegue l’omicidio, quindi continua il suo percorso in bagno tranquillamente. Nel frattempo però Nata che era entrata nella sala degli insegnanti alle 15 e 20 osserva Angie versare qualcosa nella tazzina, e, non appena venuta a sapere dell’omicidio, sospetta subito dell’insegnante. Ma adesso lasciamo stare la storia di Nata e torniamo al nostro omicidio”. “Già. Come ha capito dello scambio di tazzina?” chiese Beto, alquanto confuso. Jackie nel frattempo rimase impassibile, rivolgendo di tanto in tanto qualche sguardo a Federico. “Lei mi ha detto che durante il pre-corso una tazzina era scomparsa, quindi avremmo dovuto avere 16 tazzine, e invece erano 17. La misteriosa tazzina doveva essere ricomparsa da qualche parte. Prima di tutto però mi deve spiegare come mai quel giorno non aveva dato a Gregorio la tazzina con la g”. “Come l’ha capito?” chiese Beto perplesso. “Gregorio aveva la sua tazzina, come ci ha detto lei. Ma il giorno in cui la tazzina era stata rubata, si trattava di una tazzina semplice”. “Beh, il caffè era per me, ma Gregorio me l’aveva rubato da sotto il naso. Era molto nervoso quel giorno” spiegò Beto. “Esatto! Ed è stata una fortuna che sia andata così. La tazzina rubata quindi è una delle 16 tazzine senza la ‘g’ blu. Ma il giorno dell’omicidio lei ha dato a Jackie la tazzina da portare a Gregorio. Quale gli ha dato?” chiese a Beto. “Quella con la ‘g’” mormorò in risposta, avendo finalmente compreso. “E allora come mai l’ho trovata sulla mensola, bella pulita e non tra gli oggetti da me requisiti sulla scena del delitto? Semplice, la tazzina era stata scambiata” concluse l’uomo con una scrollata di spalle. “Ma adesso andiamo alla parte che più ci preme. La lettera misteriosa lasciata da Gregorio prima di morire. Un colpo di genio, davvero teatrale. Una lettera che in effetti Gregorio aveva iniziato a scrivere. Ma c’è un piccolo dettaglio che ha rovinato l’assassino. La calligrafia è assolutamente quella di Gregorio non ci sono dubbi. Ma io e Leon abbiamo letto la corrispondenza di Gregorio, e Gregorio era solito cominciare le missive con la minuscola. E allora perché qui comincia con la maiuscola? Semplice. La ‘S’ è stata aggiunta dall’assassino, senza sapere di questa particolarità di Gregorio. Un errore forse fatale. Il suo intento era chiaro, Federico: allontanare i sospetti da lei e indirizzare il mio interesse su Jackie, Francesca e Angie. Ma se vi dicessi signori che in realtà la lettera recitava così?”. Pablo prese il foglio di carta e ne strappò un pezzo levando così la S: ‘he is come from Italy for me and…’. “Ma certo: non lei, lui!” esclamò Angie, scioccata. Leon annuì piano: se ne era reso conto anche lui di quel particolare, e l’aveva condotto a sospettare di Federico. “Ed eccoci alla resa dei conti. Con un semplice foulard nero, usato come silenziatore, ha sparato a Gregorio, e quindi se ne è andato in tutta tranquillità”. “Non capisco. Perché non avvelenarlo con la tazzina? Esistono molti veleni insapori e inodori…” chiese Violetta, parlando per la prima volta. Sentì lo sguardo di Leon puntato su di lei, ma cercò di ignorarlo. “Una vendetta deve essere compiuta in grande stile. Probabilmente Federico voleva poterlo guardare negli occhi, mentre il povero Gregorio era incapace di reagire, quindi ha potuto fare il suo lavoro. Osservando la lettera sul tavolo ha deciso di ingannarci; o almeno ci ha provato. Il filamento nero ritrovato sul foro, fa appunto pensare a un silenziatore. E ora passiamo alla questione che più ci ha dato grattacapi: l’arma del delitto”. “Per risolvere questa questione facciamo un passo indietro. Alle 15 e 45 quando ormai Jackie è sicura che il delitto è stato compiuto, d’accordo con il complice, chiede a Angie di andare a prendere qualcosa nell’ufficio del preside. Casualmente si trova in mezzo Francesca, che si dirige nell’ufficio. Quando entra si ritrova uno spettacolo agghiacciante. Prende in mano la pistola e la osserva mentre Gregorio giace senza vita nella stanza. Non sa che fare: chiamare aiuto? La paura si impadronisce della giovane. E se scoprissero del passato di suo fratello? Avrebbero potuto sospettare di lei. In quel preciso istante entra Violetta che la stava cercando. Il panico si impadronisce della giovane. Che ci fa la sua amica con una pistola in mano? Non ha tempo da perdere, e decide di agire. Caccia Francesca e scavalca dalla finestra portando con sé la pistola. Entra Diego che trova il corpo, anche se era venuto lì per la questione del ricatto. La scusa del fatto che Nata le avesse detto che Gregorio la stava cercando era davvero ridicola”. Diego scoppiò in una piccola risata. “Non sapevo davvero che inventarmi” si giustificò. “Il conte Hatter, dopo aver ritrovato il corpo, si affaccia dalla finestra e vede Violetta fuggire di corsa. E subito sospetta di lei, o meglio, è sicuro che sia lei l’assassina. E torniamo a noi” concluse con un sorriso. “Il resto della storia forse la conosciamo tutti. Maxi, mentre si allontana dallo Studio, incontra un misterioso individuo che barcolla, e pensa ad un pazzo. L’associamento risulta naturale, ma non è così. Erano gli effetti di una febbre altissima, che provoca mancamenti improvvisi. Non è così, signorino Bianchi?”. Federico scoppiò a ridere in faccia a tutti. Le espressioni inorridite dei presenti sembravano non scalfirlo affatto. “E’ tutto così divertente e assurdo, ma, prego, continui” lo pregò l’italiano. “Ma come ha capito che si trattasse di Federico e…insomma, non capisco tante cose” mormorò Beto. “Non aveva mai visto Federico in vita sua. Come avrebbe fatto a riconoscerlo?” aggiunse subito dopo. “La somiglianza con la madre doveva essere stata molto grande. E inoltre quando la madre all’epoca si era assentata dal palcoscenico perché incinta deve aver sospettato, ma non ha mai agito”. “Adesso stiamo sfociando in una marea di supposizioni” gli fece notare Maxi, con lo sguardo fisso su Federico. “Beh, la faccia sconvolta di Gregorio non poteva essere certo riferita a Francesca, visto che non l’aveva mai conosciuta in prima persona…” lo interruppe Violetta, avendo colto al volo il ragionamento di Galindo. “E continuiamo con le nostre supposizioni. Probabilmente prima di morire Paola Bianchi deve aver scritto una lettera in cui rivelava tutta la verità, una lettera che il figlio avrebbe dovuto leggere una volta maturo. Una lettera che ha sconvolto l’esistenza a un giovane artista. La sua recita è stata quasi commovente, signor Bianchi. Il suo desiderio di proteggere Francesca, di far venire la verità sulla pistola a galla…Non ha fatto altro che cercare di incastrare qualcuno in continuazione in modo da uscirne sempre vincitore, da qualsiasi interrogatorio o indizio”. “Ma adesso passiamo alla nostra Natalia, una giovane ragazza con la sola colpa di aver visto qualcosa che non avrebbe dovuto vedere. Natalia osserva Jackie versare qualcosa nella tazzina e subito si confida con Ludmilla. Da quello che ha sentito il mio assistente ad una loro conversazione, le due sono d’accordo nel non rivelare nulla su ciò che sanno e ne approfittano per ricattare l’assassino. Nata viene attirata con un inganno nel giardino della scuola di prima mattina e…”. Leon lo interruppe. “Mi scusi, ma sul biglietto era riconoscibile la calligrafia della signorina Ironly”. “Ottima osservazione. Ecco un dettaglio a cui nessuno ha prestato attenzione: il furto degli spartiti di Ludmilla, che erano nelle mani della signorina Angie. Sugli spartiti gli studenti scrivono le note e il testo della canzone, giusto? Il nostro assassino ha rubato quegli spartiti per ricopiare la calligrafia di Ludmilla. Niente di più semplice, quindi. E non deve essere stato difficile impossessarsene, bastava trovarsi per un secondo da soli in aula professori. E chi meglio di un professore poteva averne l’occasione, giusto, signorina Jackie?”. L’insegnante non parlò, accavallò semplicemente le gambe nervosamente. “La trovata della cintura le è venuta in mente dopo aver saputo del biglietto da Federi. co. Così nel tentativo di uscire fuori dai sospettati, ha usato quella cintura. Ma signori! Chiunque allo Studio sapeva che Francesca portava quel tipo di cintura, visto che le metteva quasi tutti i giorni, quindi non deve essere stato difficile comprarne una in un negozio e servirsene per strangolare Nata. Poi lei è stata una ballerina, immagino che abbia ancora una presa molto forte” ipotizzò Pablo. “Quindi è stata Jackie a uccidere Nata, perché ricattata da quest’ultima e da Ludmilla?” esclamò sconvolta Camilla. “Esattamente. L’omicidio di Ludmilla è stato ancora una volta commesso con un errore. Una mente fredda come quella dell’assassino di Gregorio non poteva commettere tutti quegli errori grossolani, per questo ho pensato fin da subito a un complice che invece aveva assassinato le due ragazze. La signorina Jackie propone a Ludmilla di incontrarsi per discutere del ricatto, e la ragazza ingenuamente accetta, pensando di essere al sicuro da tutto e da tutti. Una semplice coltellata e la giovane cade a terra senza vita; prende una banconota e gliela fa stringere, dopo averla nascosta nel’armadio degli attrezzi ginnici”. “La banconota. Che mossa stupida…fin da subito ho capito che era stata messa lì per mettermi fuori strada. Ma parliamoci chiaramente: perché mai Ludmilla avrebbe rischiato così tanto per del denaro? La sua famiglia è ricchissima, non ne avrebbe bisogno. Invece c’era qualcosa per cui Ludmilla avrebbe lottato fino alla morte, come è poi accaduto: il successo. E non appena ho saputo che Jackie aveva numerosi contatti con i teatri, cosa credo risaputa per tutta la scuola, ho capito che la giovane Ironly deve aver pensato di sfruttare la situazione a suo favore. Ma cedere al ricatto avrebbe significato scoprirsi eccessivamente; in effetti, io avrei cominciato subito a sospettare di lei, e quindi ha preferito metterla a tacere” finì Pablo con un sospiro. “Ma lei ha detto che Diego mi ha aggredito! Come mai? E perché la signorina Castillo mi ha soccorso?” chiese Leon, sempre più confuso. “Diego l’ha aggredita semplicemente per non far scoprire il suo piccolo segreto…in quel momento stava andando a trovare...”. Diego lo intimò di tacere con un’occhiata. “Una persona per lui molto importante” concluse semplicemente l’uomo. “E ora occupiamoci della signorina Castillo, che stringe un patto con Diego” mormorò Pablo, facendosi improvvisamente tetro in volto. “Mi dovevo avvicinare al suo assistente per saperne qualcosa di più sul caso, e in cambio lui non avrebbe detto nulla. Non voleva che il suo segreto venisse fuori” disse la ragazza, evitando lo sguardo dei presenti. “Eccoci alla conclusione del caso, quindi. Tutto torna. Un omicidio spietato nato dall’odio e dal desiderio di vendetta nei confronti del proprio padre”. “Lui non è mio padre!” urlò Federico, abbandonando tutta la sua compostezza a quelle parole. “E’ solamente un mostro, che meritava di morire nel peggiore dei modi. Ma non importa, lei non ha uno straccio di prova per incastrarci” disse, rivolgendo un’occhiata fugace alla sua complice. “E invece…la nostra previdente signorina Ironly con una lettera scritta di suo pugno ci da la possibilità di incastrare la signorina Jackie, e non penso che lei voglia morire da sola”. “Si sbaglia. Quel ragazzo merita di vivere una vita felice, ora che questa storia è finita. Io non dirò nulla” sentenziò la bionda, scuotendo la testa. “Non ti lascerò da sola” sentenziò il giovane italiano, alzandosi in piedi con calma. Si avvicinò a Pablo guardandolo con gli occhi e stranamente sorrise. “E’ stato un gioco pericoloso, non trova? Pericoloso, ma incredibilmente emozionante” disse. Pablo lo guardò, non immaginando certo una reazione del genere. “Sono un artista, gioco d’azzardo, lo sa bene” continuò Federico. “Lei ha ucciso un uomo”. “Davvero, signor Galindo? Lei pensa davvero che meritasse di essere chiamato uomo? Crede ciecamente alla moralità, per cui è sbagliato uccidere in ogni caso? Io penso che esistano persone che meritano la morte, e una di queste è Gregorio Garcia”. L’investigatore rimase in silenzio e osservò i presenti in aula: tutte quelle persone avevano dovuto soffrire in un modo o nell’altro la presenza di Gregorio, che gli aveva rovinato la vita. Chi era lui per decidere cosa fosse giusto o sbagliato? “Portateli via” mormorò Pablo, facendo segno agli agenti di prendere Federico e Jackie. Lentamente il teatro si  vuotò. Maxi e Camilla furono i primi ad uscire, scossi ma sollevati, seguiti da Beto. Angie era rimasta sconvolta. Si alzò lentamente lanciando uno sguardo a dove fino a poco prima era seduto suo nipote, ed uscì velocemente, trattenendo a stento le lacrime. Francesca era scoppiata a piangere per l’eccessiva tensione e Violetta si era seduta accanto a lei consolandola, mentre Leon aveva seguito gli agenti. Pablo sospirò, e fece un respiro profondo: quell’incubo era finito e adesso era il momento per tutti di tornare a vivere.
Era passata ormai una settimana da quando il caso Garcia era stato brillantemente risolto dall’investigatore Galindo e dal suo assistente, Leon Vargas. “Un caso interessante, vero?” chiese l’uomo a Leon, sfogliando le pagine di un giornale di qualche giorno fa, dove erano riportati alcuni particolari sul caso. “Già, interessante…” mormorò Leon, con lo sguardo perso. “Ma insomma, ragazzo mio! Non ti sta proprio bene nulla. Il caso è risolto, e la tua amata non verrà impiccata” scherzò l’uomo richiudendo il giornale con un colpo secco. “E’ facile per lei: non è stato ingannato come me. Angie era davvero interessata a lei, per quanto assurdo possa sembrare” rispose il giovane con il morale a terra. Pablo ignorò l’ultima parte riferita a lui, senza però riuscire a nascondere l’imbarazzo. “Ma lei è proprio sicuro che Violetta la ste
sse completamente ingannando?”. “L’ha ammesso lei” ribatté Leon, alzando le spalle. Il ricordo di quelle parole gli facevano ancora male. “Pft. Non c’è bisogno di essere un investigatore per capire che in realtà lei provasse qualcosa per te. Gli sguardi non mentono mai, per quanto le persone possano dire il contrario” sentenziò l’uomo, pavoneggiandosi per quell’osservazione. “Signor Galindo, sono stanco di illudermi. Vado a fare due passi, arrivederci” salutò il ragazzo, dopo un lungo sospiro.
Camminava per la città e quasi per caso capitò nuovamente di fronte alla famosa libreria dove tutto aveva avuto inizio. Si era fermato a due passi dall’edificio, quando la porta si aprì con un piccolo scampanellio. “Francesca, smettila di dire queste cose. Adesso Luca sta bene e…”. Violetta si fermò di colpo trovandosi Leon, che la fissava sorpreso. La ragazza mora vicino a lei fece un sorrisetto, e strattonò leggermente l’amica, cercando di farla riprendere da quell’attimo di imbambolamento. “Cosa ci fai qui?” chiese Violetta, improvvisamente. Leon deglutì e si avvicinò. “Io…non pensavo di trovarti qui” si giustificò il giovane, voltandosi per andarsene. “Aspetta!” strillò Francesca, abbandonando l’amica e correndogli dietro. “Cosa volete, signorina Artico?” chiese il ragazzo, perplesso. “Direi che potete smetterla di fare gli orgogliosi. Leon, lei ti ama” gli sussurrò all’orecchio. Leon arrossì di colpo, e il cuore accelerò i suoi battiti. “Sicura?” chiese. Francesca annuì. “Io la conosco meglio di chiunque altro” esclamò raggiante. Che fine aveva fatto la signorina Artico, i cui occhi erano continuamente velati dal dolore e dalla sofferenza? Era diventata un’altra persona, era cambiata. Leon fece dietro-front e con sua profonda gioia vide che Violetta stava aspettando entrambi sulla soglia, senza riuscire a capire. Si fermò a qualche passo di distanza, guardandola negli occhi, pieni di sorpresa e confusione. Un sorriso si estese sul suo volto. “Leon, perché sei tornato indietro? Cosa ti ha detto Francesca?” chiese, indicando l’amica che li guardava in lontananza c
on aria soddisfatta. “Niente che non avrei potuto capire da solo” la rassicurò, prendendole il viso tra le mani, e posando le labbra sulle sue. Violetta si abbandonò a quel bacio, cingendogli il collo con le braccia. Andò avanti così per qualche minuto: Leon si stringeva sempre di più a lei, accarezzandole la schiena. “Scusate, io devo chiudere” fece l’anziano proprietario della libreria, uscendo fuori dal locale e facendogli segno di andare da un’altra parte. “Leon, io…” disse Violetta, mentre Leon le prendeva la mano dolcemente. “Non volevo, ero costretta e...”, ma Leon le fece segno di non continuare. “Non importa il motivo per cui ti sei avvicinata a me. Io voglio sapere se tu adesso provi lo stesso che sento io” le disse, con gli occhi che brillavano della luce del tramonto. “Si, Leon, io ti amo” esclamò la giovane, poggiando la testa sulla sua spalla, e cominciando a piangere di gioia. “Bene, anche perché altrimenti adesso avrei fatto la figura dell’imbecille” sdrammatizzò con un sorriso. Violetta scoppiò a ridere e finalmente Leon ebbe la possibilità di assaporare quel suono, quella melodia, priva di preoccupazioni, di inganni, di falsità. E sentiva che in fondo non gli aveva mai mentito. “Allora, signora Vargas, dove vuole andare? Io propongo di riportarla a casa, insieme alla signorina Artico” disse con un sorrisetto. “Certo, anche se…signora Vargas?!” esclamò lei, confusa. “Oh, giusto. Ti avverto subito che domani chiederò la tua mano al signor Castillo, e…”. Violetta lo bloccò con un bacio. “Non starai correndo un po’ troppo?” scherzò la ragazza, canzonandolo con la voce. “Beh, sono un tipo che non vuole perdere tempo” si pavoneggiò Leon, gonfiando il petto. “Allora io aspetto l’anello” esclamò la giovane, cominciando a correre, guardandosi indietro di tanto in tanto. Leon la inseguì di corsa e la afferrò da dietro, facendola girare. “Non scherzare. L’anello arriverà prima di quanto immagini” le disse, lasciandole un bacio sul collo, e ispirando il suo profumo. Era sua, finalmente sua. E non c’erano omicidi, non c’erano sospetti, né dubbi. Solo fiducia, tutto ciò di cui avevano bisogno.
Angie stava osservando i suoi bagagli, mentre tra le mani stringeva un biglietto. Era una delle prime compagnie aeree londinesi ed aveva un po’ paura: non aveva mai preso l’aereo in vita sua. Sospirò e diede un’occhiata all’aeroporto dalle pareti bianche e candide. Il vociare delle persone intorno a lei, le dava un po’ fastidio, ma decise di non farci caso. Finalmente avrebbe avuto l’occasione di dimenticare, di allontanare il dolore. Prese una cartolina dalla borsa con raffigurata la Torre Eiffel. Tirò fuori una penna e scrisse qualcosa, sorridendo: in fondo ci sperava. Era o non era un investigatore? Forse l’avrebbe trovata, l’avrebbe rincorsa fino all’aeroporto. No, quelle erano cose che succedevano solo nei film, e lei non sarebbe tornata sui suoi passi. “Certo, poteva almeno avvertirmi della sua partenza. Ho dovuto chiedere alla segretaria dello Studio 21 il perché della sua assenza” esclamò una voce alle sue spalle. Angie si voltò con una risata. “Perché farlo? Lei è benissimo in grado di rintracciarmi ovunque. E poi, così è più divertente”. Pablo avanzò lentamente, con un mazzo di fiori. “Questi sono per lei” disse, porgendole il dono. “La ringrazio, signor Galindo. Visto? Quando vuole, può essere rom
antico” scherzò la donna, ispirando il profumo delle viole. “Cambierebbe qualcosa se le chiedessi di non partire?” la interrogò l’uomo, con il suo solito atteggiamento serio. “No, non servirebbe a nulla, mi dispiace. Ho scoperto di avere un nipote, che verrà impiccato tra qualche giorno per aver ucciso suo padre, nonché mio fratello. Voglio fuggire da Londra, ho bisogno di respirare e di dimenticare” rispose Angie, abbassando lo sguardo. “Non penso di averglielo mai detto, ma è molto bella. E ha un sorriso affascinante, quasi abbagliante” la lusingò l’uomo, avvicinandosi e prendendole la mani. “L’avessi incontrata prima di tutto questo…” mormorò Angie, puntando i suoi occhi di un verde acceso nei suoi. “Ma insomma…chi lo sa cosa ci riserverà il futuro. Il destino conosce numerose vie” disse Pablo. Voleva smorzare quell’atmosfera e non poteva sopportare il luccichio degli occhi della donna, che preannunciava l’arrivo delle prime lacrime. “Io penso che invece al destino vada data una mano" gli sussurrò all’orecchio aggrappandosi con le mani al suo soprabito e ritirandole subito. Lo guardò per un po’ negli occhi, quindi lo baciò velocemente. Pablo rimase sconvolto da quel gesto così inaspettato. Non poteva crederci: stava forse per perdere la donna della sua vita, e non riusciva a concepirlo, ad accettarlo. “Adieu” lo salutò Angie con un sorrisetto furbo, allontanandosi per l’imbarco, appena annunciato. Che sciocco! Avrebbe dovuto seguirla, invece non riusciva a muovere neppure un piede. E poi non sarebbe servito a nulla. Era una donna forte e determinata, indipendente, e di certo non aveva bisogno di lui. Alzò le spalle e le riabbassò come atto di rinuncia, quindi si voltò per andarsene.
Mentre era sul marciapiede, rovistò nelle tasche per fumarsi un bel sigaro, e trovò una cartolina con raffigurata la Torre Eiffel. Doveva avergliela data Angie durante il bacio. La voltò con  la mano e ne osservò il retro. Quella calligrafia era indubbiamente di Angie, quei caratteri così piccoli e eleganti non potevano che essere suoi. “Che donna di classe!” pensò ad alta voce, ridacchiando. C’era scritto: ‘Signor Galindo, che ne dice di un bel gioco? Io le do una data e vediamo se lei capisce a cosa mi r
iferisco. Non mi deluda, mi raccomando. Per uno che ha risolto un caso così complesso deve essere per forza uno scherzo. 13/10/1936’
“Ma andiamo, questa donna è diabolica” strillò Pablo in mezzo alla strada. Torre Eiffel, 13/10/1936…esattamente tra un mese. “Penso che tra un mese mi prenderò una bella vacanza. Ho proprio voglia di visitare Parigi” disse tra sé e sé, scuotendo la testa con un sorriso. Sventolò la cartolina in aria. “E deve ancora venire chi riuscirà ad incastrare il migliore investigatore di Londra. A parte forse una sola persona: Maria Garcia, o meglio, Angie Saramego” concluse entrando nella sua vettura. 







P.S: Una menzione speciale a Dulcevoz e Gatto 17. Allora Pablo mi ha mandato a dirvi che vi vorrebbe come suo assistente...ha apprezzato tantissimo le vostre ipotesi e il vostro interesse per il caso (parlandone anche su twitter xD). E niente...dovete solo dargli la vostra disponibilità xD :P

NOTA AUTORE (morto): no, allora, questo capitolo è bello/brutto. Bello perchè alcune scene sono bellissime, brutto perchè secondo me non vi ho fatto capire un tubo (e voi mi dovrete dire: ma non è vero, io ho capito tutto, sei stato illuminante, che giallo affascinante. Mi raccomando, con convinzione xD). Allora, io il giallo, come vedete l'ho finito, ho un'altra storia in corso a cui sto lavorando sempre su questo fandom (una sorta di fantasy-medievale-crossover con Alice nel Paese delle Meraviglie), ma penso che comincerò a pubblicare più in là (non vi so dire bene quando), comunque la storia è figa e io già l'adoro, ma dettagli. Parlando di altro: chi ci si era avvicinato? *silenzio* Ok, spero che comunque il giallo vi sia piaciuto. Ci sono delle scene per me da brividi, ad esempio quella iniziale, ma lascio a voi il giudizio xD Oh, devo ringraziare un sacco di gente (i miei primi ringraziamenti per una storia finita *piange*). Si, vediamo di fare una cosa precisa. Ringrazio per aver recensito con assiduità (ma basta anche aver recensito una volta per rendermi felice xD). Ringrazio davvero tantissimo chi ha messo la storia tra le preferite/ricordate/seguire, chi ha recensito e in particolare:
  • kilua175 (il mio fratello non di sangue xD), Allegra_ (colei-che-non-capiva...ahahahah, scherzo :P), cucciolina1210 (l'investigatrice misteriosa), Ary_6400 (la mia sorella di EFP ù.ù), DulceVoz (a te  menzione straordinaria LOL), fra_piano for ever (lei sapeva, ma non voleva rivelarci le sue ipotesi), _Littles_(la prima sospettata dell'omicidio :D), Pocha96 (la detective che osservava tutto), Gatto17 (anche per te menzione speciale), Arsid (amo troppo le tue recensioni xD), e Cucciolapuffosa (colei-che-aveva-ipotesi-oltre-ogni-immaginazione)










 
  
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