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Autore: ChiaraMad    21/09/2013    1 recensioni
[Ninas Mal]
Post prima serie. Ho provato ad immaginare - con le informazioni prese su internet - come si fosse potuta evolvere la vita di Adela a New York, dopo la sua separazione da Ignacio.
Segue la trama della seconda serie, con alcuni cambiamenti per quanto riguarda la storia di Adela e Ignacio. Maca le chiede aiuto per gestire le nuove ragazze dell'istituto, e quindi si ritroverà anche lei come una volta a vivere in quella casa. Con non poche difficoltà..
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"El callejon de mi vida sìn salida"

"Mi dispiace di esser stata così focosa, ma era da tempo che desideravo farti assaggiare le uova strapazzate alla Linares!" 
L'aveva salutato così l'ultima volta, assieme a Greta, in quella che era diventata di nuovo la sua stanza per qualche notte. 
Non l'aveva più rivisto, ne tanto meno aveva sentito parlare di lui. 
"Sono arrivate, scendi con me?" Greta entrò in camera, risvegliandola. Adela annuì semplicemente, abbozzando un sorriso. Greta fece per uscire, ma si bloccò sospirando, piazzandosi davanti a lei che la guardava inespressivamente.
"Adela, mi vuoi dire che succede? E' da quando sei tornata da casa di tuo padre che sei strana.. E' successo qualcosa?"
Adela sospirò, per poi alzare gli occhi al cielo. Sorrise sarcastica, guardandola.
"Kike!" Disse semplicemente, vedendola sbiancare. Greta spalancò gli occhi, incredula.
"C.. Cosa?"
"E' uscito di prigione, me l'ha detto il senatore." Fece spallucce Adela, vedendola sedersi piano sul letto, colpita. 
"Oddio." Riuscì solo a dire, per poi chiudere gli occhi e portarsi le mani tra i capelli.
"Perchè sei così sconvolta? Penso abbia imparato la lezione, non credo verrà ancora a.."
"Ti sei dimenticata per caso di quanto fosse vendicativo?! Credimi, verrà, il serpente verrà!" Si alzò in piedi, cominciando nervosamente a camminare per la stanza. Adela annuì semplicemente, cercando di calmarla.
"Greta, stai tranquilla! Non è detto che venga di nuovo qui, in fondo due anni di carcere dovrebbero averlo calmato, non ti pare?" Provò a tranquillizzarla, divertita. "Dai, smettiamola di pensare a quel verme, scendiamo di sotto."
Scesero assieme, entrando in soggiorno dove già le ragazze e Alex le stavano attendendo.
Presero posto sul divano, salutando tutti.
"Buongiorno!" Sorrise Greta, osservandole.
"E questa chi diavolo è? Un'altra pazza del tribunale?" Esordì una ragazza bionda, seduta sul divano a braccia incrociate e aria snob. Si alzò una silenziosa risata di sottofondo da parte delle altre quattro ragazze, sedute accanto a lei. Alex sorrise, scambiandosi uno sguardo complice con lei.
"No, io sono Greta ragazze." Continuò a sorridere naturale, per nulla intimorita da loro. Guardò Adela, passandole la parola.
"E io sono Adela. Non veniamo nè dal tribunale, nè da altri posti che le vostre teste malate hanno immaginato. Che voi ci crediate o no, anche noi come voi abbiamo passato sei mesi della nostra vita chiuse in questo istituto!" Le ragazze difronte a lei, spalancarono la bocca, incredule. Alex la guardò, attonito.
"Voi? E vorresti farmi credere che due "santarelle" figlie di papà come voi, siano finite qui dentro?" Con non poco sarcasmo, un'altra ragazza le guardò schernendole, portandosi indietro con una mano i lunghi capelli scuri.
Adela si alzò in piedi, osservandola. Si avvicinò lentamente a lei, facendole cenno di avvicinarsi.
"E tu davvero credi, che se fossimo state le brave ragazze che tu pensi, saremmo finite qui dentro? Mmm, a quanto pare la testa la usi solo per truccarti, tesoro!" La prese poi in giro, allontanandosi sorridendo soddisfatta. Greta soffocò una risata, guardando le facce sbigottite delle altre ragazze.
"Per farverla breve, ragazzi: noi siamo quelle che da ora in poi, si occuperanno di voi!" Esordì affiancandosi a Greta, che divertita, prese in mano i fascicoli di ognuno di loro.
"E vorreste dirci, care "ragazze cattive" perchè siete finite qui dentro?" Alex le sfidò, sorridente, attendendo una risposta. Adela sorrise, fronteggiandolo.
"Non siamo tenute a raccontarvi ogni particolare della nostra vita. Non dimenticarti poi, che le regole qui da ora in avanti, le facciamo noi." Sorrise innocente, vedendolo socchiudere la bocca sorpreso dalla risposta. Nessuno era mai stato capace di tenerle testa.
"Bene, io direi che è il caso di cominciare con le vostre presentazioni." Greta prese un fascicolo, leggendo poi ad alta voce.
"Giselle Maria Jimènez." 
La ragazza bionda e con aria da snob, alzò la mano svogliatamente, abbozzando un sorriso sarcastico diretto ad entrambe.
Adela lanciò uno sguardo al fascicolo, per poi sorridere maliziosamente divertita verso la ragazza.
"Sei finita qui dentro perchè hai "molestato" sessualmente un commesso in un negozio di intimo in centro?" Scoppiò a ridere assieme a Greta, che incredula quanto lei, tossicchiò cercando di calmarsi. Ridevano tutti fragorosamente, sotto lo sguardo truce di Giselle.
"Si, e allora? C'è qualcosa di male?!" Chiese infine, guardando tutti.
"No, se sei qui dentro, no, figurati!" Alex la prese in giro, non riuscendo a smettere di ridere. Adela prese in mano un altro fascicolo, leggendo.
"Paloma Fernanda Calladoras." 
Una ragazza dai capelli scuri e lunghi, dagli occhi azzurri e vivaci. L'aria annoiata e stanca.
"Sono io." La guardò inespressiva. Adela continuò. "E tu invece sei qui, perchè hai buttato giù dal palco la prima classificata ad un concorso di bellezza. Alquanto narcisista, direi.." 
Adela la guardò sarcastica, vedendola alzare gli occhi al cielo. 
"Andiamo avanti." Greta prese un altro fascicolo. "Julia Martìnez." 
Una ragazza dai capelli biondi e mossi, gli occhi verdi, e un'aria dolce e tranquilla.
"Sono io." Sorrise lei, guardando verso Greta.
"Tu sei qui per.." Lesse poi, incredula. Spalancò gli occhi, passando il fascicolo ad Adela. 
Lo guardarono attonite, per poi sorridere divertite.
"Oddio non ci credo, un'altra super-latex!" Esordì Adela, sotto lo sguardo fintamente offeso dell'amica. 
"Lei perchè è qui?" Chiese Alex, curioso.
"Non siete tenuti a saperlo." Rispose Adela, cercando di tornare seria. I ragazzi sbuffarono, infastiditi. Adela prese un altro fascicolo. "Clara Paternain." Rimase poi in silenzio, rileggendo quel nome più volte. Greta spostò lo sguardo su di lei, incredula. 
Non poteva esser vero. Quella ragazza non poteva avere il suo stesso cognome. No, doveva essere uno scherzo del destino. Adela scosse la testa, risvegliandosi, per poi richiudere velocemente quel fascicolo e riporlo sul tavolino. Clara la guardò attonita, alzando la mano.
"Comunque, eccomi." Adela annuì semplicemente, respirando, cercando poi di abbozzare un sorriso.
"Andiamo avanti." Prese poi un altro fascicolo. Greta la fermò, preoccupata.
"Sicura che non vuoi andare a prendere un po' d'aria?" Chiese premurosa. Adela scosse la testa, ringraziandola. Aprì quel fascicolo. "Alex Alba." Rimase un'altra volta attonita. Lo guardò, cercando di ricacciare indietro quel pensiero. Lo stesso cognome della madre, Lucia. "No, è sicuramente un caso." Disse a se stessa, cercando di tornare tranquilla.
"Beh, direi che oltre a me, nessun altro qui potrebbe esser Alex." Scherzò lui, portandosi le mani sulle spalle, piegando le labbra in una smorfia divertita.
"Si, Alex. Qui dice che sei stato coinvolto in una rapina.." Proseguì Greta, vedendo l'amica ancora leggermente spaesata.
"Si, è vero." Confermò serio, annuendo. 
"Ti prego, non dirmi che ti sei portato una pistola in casa! Se Paloma dovesse trovarla, penso che la vita di Giselle sarebbe finita!" Clara rise divertita, accompagnata da Julia.
"Ragazze, dovete sapere che tra le due, non scorre buon sangue.." Spiegò Julia, rivolgendosi ad Adela e Greta. 
"Vorrà dire che dovranno lavorare sul loro modo di rapportarsi l'una con l'altra!" Terminò Adela, soddisfatta, vedendo le smorfie di disappunto sui volti di entrambe.

"Credi sia una coincidenza?"
Sedute fuori in giardino, l'una difronte all'altra. L'aria fresca che soffiava, e il sole che piano cominciava a tramontare.
Adela sbuffò, appoggiando al testa sul tavolo. "Non lo so.. Insomma, non sarò mica l'unica "Alba" rimasta sulla faccia della terra, no?" Ipotizzò, cercando di convincere se stessa.
Greta alzò le spalle, accondiscendente.
"Pensi però possa esser.. Un tuo parente?" Domandò confusa, per poi veder l'amica agitare la testa, tentata dall'idea.
"Beh, può sempre darsi che mia madre non abbia messo al mondo solo me e mio fratello Edward!" Concluse sarcastica, appoggiando le mani sul tavolo. 
"Adela!" Greta la richiamò, seria. "Prima di arrivare a certe affermazioni.. Perchè invece non provi a parlare con Alex? Magari ha qualcosa di interessante da dirti.."
"Si, un altro fratello ritrovato? Sta scena l'ho già vista, quindi no, grazie." Terminò serafica, senza la minima intenzione di approfondire l'argomento. 
"E che mi dici invece della Paternain? E' un caso anche quello?" Chiese Greta, sarcastica.
"Ah non lo so, ma non è affar mio, e non lo diventerà! Se quello "stupido al sapore di mango" dovesse avere una sorella, però, lo saprei. Insomma, almeno credo.." Più confusa che altro, appoggiò la testa sulle mani, sospirando. 
"A me queste ragazze non sembrano poi tanto fuori controllo, come dice Maca.. Se ci pensi, noi eravamo di gran lunga peggio!" Disse Greta, facendola sorridere.
"Hai perfettamente ragione.." Sorrise. "Ma però.." Alzò la testa, guardando dietro all'amica, vedendo Giselle e Paloma scendere da un albero, e correre verso l'uscita dell'istituto. Emiliano doveva essersi assentato per qualche attimo. "Noi almeno aspettavamo che tutti dormissero per scappare. Mentre quelle due.." Indicò verso l'uscita, e Greta si voltò confusa. Spalancò gli occhi, vedendole scavalcare il cancello e correre via, come due furie. Risero divertite, scotendo un po' la testa, stupite.
"Beh, io direi che è il caso di seguirle." Si alzarono assieme, per poi prendere le borse e uscire di casa.
La musica alta, il locale affollato, e le luci soffuse. Entrarono guardandosi attorno, alla ricerca di Paloma e Giselle. 
"Non potevano scegliere un posto meno affollato?" Si lamentò Greta, cercandole con lo sguardo. 
"Questo non lo so, ma dobbiamo trovarle prima che Maca si accorga che sono sparite!" Si avviarono in mezzo a quella folla, spingendo per farsi strada.
"Vedi niente?" Chiese Greta.
"No.. Anzi, aspetta.." Vide in lontananza Paloma, su un cubo, intenta a ballare attaccata ad un palo. Si avviò verso di lei, spedita. Arrivò sotto a quel cubo, per poi prenderla per mano, e trascinarla giù. Paloma la strattonò, furiosa.
"Che cosa diavolo ci fai tu qui?!" 
"No, che cosa ci fai tu qui! Dov'è Giselle?" Chiese Adela, non vedendola.
"E io che ne so! Non sono la sua babysitter!" Rispose a tono Paloma, indispettita. 
"Se non mi dici dov'è finita, giuro che passerai il resto dei tuoi giorni chiusa a casa Maca! Allora? Dov'è?" Adela la guardò minacciosa. 
"Va bene, va bene, hai vinto! Mi pare di averla vista andare di la con un ragazzo molto carino!" Indicò verso l'uscita che dava sul parcheggio, liberandosi. Greta le raggiunse, sospirando. "Meno male, ma dov'è Giselle?" Chiese.
"E' andata di la. Andiamo." Adela si avviò verso il parcheggio, seguita da entrambe. 
Entrarono in quel parcheggio, cercandola. 
"Ora capisco come si sentiva Maca, ogni volta che ci veniva a cercare.." Soffiò Adela, cercandola con lo sguardo.
"Beh, se non altro non è andata lontano." La tranquillizzò Greta.
"Secondo me stiamo solo perdendo tempo.." Disse Paloma, annoiata. 
"Ah si? E perchè, miss concorso di bellezza fallito?" Le ricordò Adela, fintamente confusa.
"Volevo solo aiutarvi, care le mie santarelline!" Rispose Paloma, indispettita.
"Cavolo ragazze, io ho lasciato la borsa dentro!" Si ricordò Greta, portandosi una mano alla testa. 
"E anche io!" Si risvegliò Paloma.
"Va beh, voi andate a prendere le vostre borse, io intanto continuo a cercare. Vi aspetto all'uscita." Le rassicurò Adela, per poi vederle rientrare. 
Camminò ancora per quel grande parcheggio, quando sentì un rumore provenire dalle sue spalle. Si voltò di scatto, speventata. Non vedendo nessuno, andò avanti. Fece qualche metro, per poi sentire di nuovo quel rumore, ora più forte e chiaro. Si voltò ancora.
"C'è qualcuno?" Provò a dire. "Allora?" Niente. Decise di proseguire, confusa.
Rassegnata, non trovando nessuno, fece per tornare all'uscita, quando finalmente riuscì a vederla in lontananza avvinghiata ad un ragazzo, a baciarlo. Scosse la testa, irritata, per poi fiondarsi su di loro, a dividerli. 
"Ma che diavolo.." Esclamò il ragazzo, guardandola stupito. "
"Si può sapere che vuoi?!" Giselle la guardò furibonda, fronteggiandola.
"Avanti, non fare la bambina, e torniamo a casa."
"Tu non sei mia madre!" 
"Grazie a Dio! Ma sono la tua "tutrice"! Quindi se non vuoi che informi il tribunale, e che allunghi la tua pena, ti conviene seguirmi, cara la mia diva!" Adela la guardò sarcastica, per poi prenderle un braccio.
"Questa bella moretta è una tua amica?" Le chiese il ragazzo, guardando Adela con apprezzamento. "Dai, perchè non rimani anche tu con noi?" Ci provò, afferrandola poi all'improvviso. 
"Lasciami, brutto maniaco pervertito!" Urlò lei, cercando di liberarsi. Giselle provò ad aiutarla, finendo però a terra spinta da lui.
"Dai, ti divertirai!" Continuò lui, spingendola addosso al muro. Adela cercò di spingerlo via, senza successo.
"Lasciala, brutto stronzo!" Sentì una voce provenire dalle spalle di quel ragazzo, per poi vederlo mollare la presa sulla sua vita, e venire scaraventato addosso ad una macchina poco più distante. 
"Prenditela con me! Dai!" Vide poi il maniaco scappar via, e il ragazzo che l'aveva salvata ancora di spalle. 
Notò un giubbotto nero familiare. Si avvicinò, ancora spaventata. Lo vide voltarsi, e solo in quel momento realizzò chi si era trovata davanti, e chi l'aveva salvata.
Era lui. La bocca socchiusa, gli occhi scuri ancora scossi. I capelli arruffati e l'aria sorpresa.
Incontrò il suo sguardo dopo mesi, ancora incredula. Lo guardò, lo guardò ancora e ancora, immobile. Il cuore batteva, il respiro mancava, ad entrambi. Si guardarono, in silenzio, sotto lo sguardo attonito di Giselle. 
E fu un attimo. I corpi di entrambi che presero vita propria. Si corsero incontro, assieme. Lui aprì le braccia, stringendola forte. Lei affondò la testa nel suo petto, circondandogli la schiena con le braccia. Chiuse gli occhi, inspirando forte il profumo di lui, che in quei mesi aveva sognato tanto di poter risentire. E lui fece lo stesso, inebriandosi col profumo dei capelli di lei, affondando il volto in essi. 
Rimasero così, a stringersi, a trasmettersi quel calore reciproco, incapaci di smettere. 
Non avevano detto una parola. 
Ma fu un attimo. Adela aprì gli occhi, ricordando. Il male che le aveva fatto, le telefonate senza risposta, le spiegazioni date solo a metà. E tutto questo, bruciava ancora dentro di lei. Non poteva dimenticare tutto. Non poteva ricascarci un'altra volta. Non poteva infrangere un'altra volta la promessa che aveva fatto a sè stessa, quella notte di otto mesi prima.
Greta e Paloma, appena arrivate, guardarono la scena attonite. Greta sorrise, contenta.
Adela si risvegliò, staccandosi dal suo abbraccio, e spingendolo via. Ignacio la guardò confuso, non capendo.
"Adela, che ti prende?" Chiese lui, allo scuro dei pensieri di lei.
"Che mi prende? Che mi prende? Hai davvero il coraggio dopo tutti questi mesi di chiedermi che mi prende, Ignacio?!" E finalmente scoppiò, come una bomba ad orologeria, sotto lo sguardo attonito di lui, e quello soddisfatto dell'amica.
"Adela, io lo so che.." Cominciò, colpevole.
"No, no no no, non venirmi a raccontare che tu sai! Perchè non sai un accidenti! Sei sparito! Per mesi! E te ne sei andato con una cazzo di spiegazione che non si darebbe nemmeno ad un bambino!" Urlò furiosa. Il male era troppo, lo ricordava bene. Quante notti aveva passato a piangere? A chiedersi perché?
"Ti prego, lasciami spiegare, ci sono delle cose che non sai e che avrei voluto dirti, ma.."
"Non ne hai avuto il tempo? Si, questa storia la conosco! Senti, fammi un favore: sta fuori dalla mia vita! Sparisci! Non ho bisogno di esser salvata da te, me la so cavare benissimo anche da sola, caro il mio "cavaliere"!" Si avvicinò a lui, furiosa.
"Ah si?!" Si alterò lui. "Davvero? A me non sembra, dato che prima non riuscivi nemmeno a liberarti! E poi io? No Adela hai ragione, tu non fai mai niente! Sei sempre.. Carina e gentile, no?! Ti sei chiesta almeno una volta in tutti questi mesi, perchè io l'abbia fatto?!" Le urlò contro. 
Adela spalancò gli occhi e socchiuse da bocca, indignata. "No, no, assolutamente no brutto idiota! Io non ho fatto niente! Sei tu che te ne sei andato! E se pensi che io non mi sia mai chiesta perchè, ti sbagli di grosso!" Gridò, sull'orlo delle lacrime. "Ma sai cosa?" Si riprese, tornando quella di sempre. Fredda, quasi impassibile. "Non mi interessa niente. Nè delle tue ragioni, nè di te. Sto molto meglio senza." Terminò col solito sorriso beffardo, per poi voltarsi e raggiungere Greta e Paloma, assieme a Giselle. 
"Adela! Adela, aspetta!" Provò a richiamarla lui, quasi gridando, dispiaciuto. Greta si voltò, alzando la mano in cenno di saluto, abbozzando un sorriso. Lui ricambiò, per poi abbassare lo sguardo e chiudere con forza gli occhi. Sospirò, arrabbiato, per poi tirare un pugno al muro li accanto. 
"Idiota.. Hai ragione Adela, idiota.." Disse a se stesso, scotendo la testa. 
Le parole di lei che l'avevano trafitto, come lame. 
"Se non vuoi che accada qualcosa alla tua ragazza, dovrai starle lontano. Non puoi metterla in pericolo, non quando si tratta di gente pronta a tutto per vendicarsi del figlio che tu hai fatto arrestare, Ignacio." 
Ricordava ancora bene le parole di quello che era diventato il suo capo, in quella fredda notte di otto mesi fa. 

"Ti sta bene, Ignacio. Lo sapevi. Avresti dovuto parlarle, spiegarle in qualche modo quello che ti stava accadendo. La verità è che ho sbagliato a tenerla allo scuro di tutto. Avrei potuto proteggerla lo stesso, standole accanto giorno e notte, senza abbandonarla un istante, senza esser costretto a rinuciare a lei e alla nostra storia. Ma l'avrei messa in pericolo. L'avrei esposta troppo, e se solo le fosse successo qualcosa per colpa mia, non me lo sarei mai perdonato. Mai. "Ti ho lasciato per proteggerti." Suona stupido, eppure è quello che avrei dovuto dire ad Adela, qualche attimo fa, prima che se ne andasse e mi lanciasse l'ennesimo sguardo freddo e indifferente che mi ha messo al tappeto definitivamente, stavolta. E fa male, brucia. Dio solo sa quanto fa male vederla così un'altra volta, nei miei confronti, dopo aver faticato tanto per conquistarla, per far si che lei si fidasse di me, che non avesse alcun dubbio su quello che provo e ho sempre provato per lei. E invece ho sbagliato. Ma l'ho fatto per lei. Per proteggerla. 
Ha ragione ad odiarmi, ad esser arrabbiata, a non voler più saperne nulla di me. Ha ragione, punto, e io non posso far niente per farle cambiare idea. La conosco, so quant'è orgogliosa, ricordo ancora come se fosse ieri quando dopo averla ritrovata su quel taxi, le confessai dopo mesi di amarla.
"Io ti amo. Ti voglio dal primo istante in cui ti ho vista." 
"Cosa sono, le parole di una canzone?" 
E non rispose. A quei tempi ero convinto davvero che mi stessi buttando senza paracute, senza niente sotto. Eppure con quel silenzio e quel sorriso quasi strafottente, in qualche modo mi rassicurò. Non ha detto "anche io". Non ha detto niente. Eppure a me bastava. 
In fondo, stavamo pur sempre parlando di Adela Huerta. Una guerriera che non si arrende mai. Una ragazza ribelle, che in fondo, voleva solo esser amata per quello che era. Una ragazza buona, sensibile, pronta a dare tutto per aiutare qualcuno in difficoltà.
Come quando pagò il mio debito a Ròco, lo spacciatore con la quale avevo avuto a che fare in quel periodo buio della mia vita. 
Eppure quando ebbe occasione di dirmelo, disse semplicemente che suo padrè le comprò un vestito rosa. Aveva mentito per divertirsi, o perchè voleva risparmiarmi una colossale figura di merda? Lei non sa che lo so, ho preferitò lasciare che lei credesse che io fossi allo scuro di tutto. Non ho mai potuto ringraziarla, però.
O come quando dopo l'uscita del video hard di Nina, si impegnò per starle accanto ed evitare che facesse qualche schiocchezza della quale si sarebbe potuta pentire.
"Non andare da lei, lasciala sola." L'aveva detto a Marisa, per lasciar Nina da sola. 
"Ma Adela, ti prego.."
"No!" Concluse autoritaria. Dio, mi ha sempre fatto impazzire vederla così. Marisa si mosse per andare in cucina.
"E adesso dove vai?!" Le chiese Adela, quasi bloccandola.
"In cucina! In cucina!" Rispose indispettita Marisa, lasciandola. E scoppiai a ridere, non riuscendo più a trattenermi. Si voltò verso di me, fulminandomi.
"Beh? Che c'è da ridere?!" Chiese. Mi avvicinai a lei, sorridente. 
"No niente. E' che sei ancora più bella quando ti preoccupi per gli altri.." Insinuai, fiero di lei e di quello che finalmente stava mostrando agli altri e a se stessa. Non rispose. Sorrise, inclinando la testa di lato, quasi imbarazzata. 
Mi piaceva, mi è sempre piaciuta. L'ho sempre amata, e Dio solo sa quanto in questi mesi passati lontano da lei, abbia semplicemente desiderato mandare al diavolo il mio capo ed il mio lavoro, per tornare da lei e stringerla forte, per dirle che era stato tutto un brutto incubo, e baciarla, piano. Perdermi in quelle labbra dolci come il miele. Una tentazione continua, quasi impossibile da reprimere. 
Quel corpo esile ma perfetto, quelle mani calde che a contatto con la mia pelle nuda, riuscivano ogni volta a farmi rabbrividire. Come quando la prima volta che abbiamo fatto l'amore in macchina, sentii il cuore schiantarsi ed espodere in un rumore sordo. 
Mi manca, giorno e notte. Mi mancano i suoi sorrisi, quei suoi occhi verdi ora dolci ora maliziosi. Quell'aria da ragazzina, che in un secondo diventa donna tra le mie braccia.
Le nostre discussioni, l'abbraccio la mattina appena svegli dentro al letto, i suoi rimproveri. 
Fare l'amore con lei nei posti più strani ed impensabili, perdermi la notte a guardarla dormire, sul mio cuscino, aspirando come un malato quel dolce profumo di pesca che emana la sua pelle morbida e calda. 
Dopo di lei, non sono stato capace di toccare nessun'altra. Nessuna donna è più stata tra le mie braccia. Loro ci provavano, e io le respingevo, trovandomi ogni volta davanti agli occhi il viso di lei. 
Quell'abbraccio, il nostro primo abbraccio dopo mesi passati lontani. Non può avermi dimenticato, non può davvero esser andata avanti, no. Non dopo come ci siamo corsi incontro, non dopo essersi fatta stringere da me così. Non dopo avermi guardato furiosa, ferita. Le parlerò, non posso lasciare che si allontanì ancora. La amo, la voglio. E non permetterò che lei mi tenga lontano, perchè so che anche lei, pur non ammettendolo, mi ama ancora. Il suo sguardo, è trasparente."

Si bloccò, di colpo. Sospirò ancora, prima di infilare velocemente una mano nella tasca dei jeans, estraendo il telefono. Guardò l'ora sul display. Le 22:00.
Doveva andare da lei. Non importa come lei avrebbe reagito. Il bisogno di parlarle e spiegarle perchè, era troppo pressante. Doveva togliersi quel peso di dosso, finalmente dopo mesi, guardandola negli occhi. 

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Tadàà! :D Si lo so, è un fiume, ma se continuavo coi capitoli corti, finivo l'anno prossimo - forse xD -.
Grazie per esser arrivati fin qui, davvero. :)
Un bacio, spero abbiate apprezzato - accetto tutto eh, mi raccomando ;) -

Chiara. <3 
  
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