Aspettando
Primavera
Ciao a tutti! Eccomi qua al PC a dare libero sfogo
alla mia fantasia ( giusto perche non ho niente da fare, no)! Questa è la mia
prima fanfiction e, nonostante abbia gia una traccia in mente, non ho la più
pallida idea di come verrà. Vi prometto però che cercherò di fare del mio
meglio e, per riuscirci, ho bisogno di una vostra partecipazione attiva. Quindi
vi prego, mandatemi TANTE, TANTE, TANTISSIME critiche ed altrettanti consigli…
ci conto! Ora vi lascio alla lettura del primo capitolo…
“Il rumore del mare riecheggiava
lieve nell’aria, un sospiro di vento accarezzava dolcemente le fronde degli
alberi, granelli di sabbia volteggiavano danzando sulla riva, in cielo un manto
di stelle faceva da corona alla candida luna che dolcemente sorrideva a
Patricia. La ragazza la guardava incantata, fissa con lo sguardo. Poi abbassò
gli occhi e d’incanto vide all’orizzonte salire maestoso l’impavido sole che,
con la sua enorme luce, colorava ed animava la linea perfetta ed estrema del
mare. Patty era là, sulla riva di quell’isola tropicale che ammirava estasiata
il magnifico paesaggio che la circondava con la mente annebbiata dall’immagine
di quel paradiso. “Dove mi trovo? Che posto è mai questo? Che cosa ci faccio
qui? Come ci sono arrivata?”
Si
alzò da terra e cominciò a camminare sulla spiaggia, dritta davanti a sé, senza
sapere dove andare. Poi si avvicinò all’acqua e lasciò che le delicate onde le
accarezzassero i piedi. Una folata d’aria fresca la raggiunse passandole fra i
capelli che lievi ondeggiavano sulle ali del vento. Poi la brezza cessò
lasciando pieno dominio al colore argenteo del mare. Ad un tratto si sentì
afferrare per la vita da due forti braccia. La ragazza trasalì colta dalla
paura: il cuore le batteva forte forte e il sangue le era gelato, non respirava
più trattenendo l’aria in gola. Ma subito l’uomo dietro di lei la rassicurò
rendendo quel contatto dolce e protettivo. Lui allora l’abbracciò con più
ardore tempestando di dolci baci il suo collo...”
—DRRRRRRRRIIIIIIIIIIINNNNNNNNNNNN!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!—
—PATTY, ALZATI, è DA UN
QUARTO D’ORA CHE SUONA LA TUA SVEGLIA! SE NON LA SPEGNI SUBITO FINIRAI PER
SVEGLIARE TUTTO IL VICINATO!!!— Esclamò la madre.
La ragazza aprì lentamente gli occhi assonnati e infastiditi dalla luce che già aveva invaso la stanza.
Allungò un braccio nella direzione della sveglia e, dopo
vari tentativi, riuscì a zittirla. Confusa si riavvolse nelle coperte e prese a
fissare il soffitto bianco. Tutto ad un tratto si sentì volteggiare nell’aria e
la mente le si annebbiò.
—PATTY, E’ TARDI, DEVI ANDARE A SCUOLA!!!— Sua madre la richiamò e Patty ricadde bruscamente nel mondo reale.
“Uffa, è stato solo un sogno…me lo sentivo che era troppo bello per essere vero!”
Poi guardò finalmente l’orologio:
—COOOSSSSAAAAA!!!!!!!!!!!!! NON E’ POSSIBILE, NON POSSONO ESSERE GIA LE 7.00! SONO IN UN RITARDO PAUROSO!!!!!—
-Brrr… che freddo che fa oggi! Tesoro, mi raccomando, copriti bene! –
- Si, non ti preoccupare mamma-
Si preparò a tempo di record e, senza nemmeno aver fatto colazione, uscì di corsa verso il campo da calcio della scuola.
-Ciao, ci vediamo!-
La strada non era poi
molta da casa sua a scuola, di corsa ci avrebbe messo poco più di cinque minuti
ma avrebbe rischiato di scivolare e farsi molto male. Così decise di rallentare
e di continuare camminando. Era una mattina veramente fredda: il termometro era
sceso sotto lo zero e la neve rimasta era tutta ghiacciata. Era da un bel po’
che a Fujisawa non si assisteva ad una gelata simile. Nonostante i numerosi
disagi, un tale spettacolo non passava di certo inosservato: tutt’intorno il
ghiaccio splendeva illuminato dal debole sole mattutino che risaltava con i
suoi raggi i freddi cristalli. C’era un’atmosfera da sogno e lo scenario del
Monte Fuji, imponente con la sua bianca cima, la rendeva ancora più romantica.
Se solo ci fosse stato accanto a lei il ragazzo dei suoi sogni pronto a
riscaldarla dolcemente fra le sue braccia!
- Ehi, Patty, cos’hai? Ti vedo pensierosa… non mi hai nemmeno sentito arrivare!-
- Ho-Holly! Ciao, ero soprapensiero… scusa. Stavo ammirando il paesaggio, stamattina è proprio incantevole!-
-Si, è vero, è proprio bello. Ora però ci conviene andare, è tardi e ci aspettano gli allenamenti.-
Il numero dieci della New Team riprese pallalpiede la sua corsa verso la scuola mentre Patty lo guardava allontanarsi un po’ perplessa. “Non cambierà mai” pensò la ragazza sorridendo caldamente. Poi lo rincorse per raggiungerlo.
Era inutile, era proprio incorreggibile. Oliver Hutton, il capitano della squadra più forte del campionato, viveva per il calcio. Nemmeno il freddo e il gelo riuscivano a separarlo dal suo migliore amico. Patty lo ammirava moltissimo per la sua tenacia nel credere nel suo sogno e nel volerlo a tutti i costi realizzare. E lo amava, lo amava con tutta se stessa. Sin dal primo loro incontro al campetto, quando avevano solo 11 anni, aveva capito che quel ragazzino forte e tenace avrebbe rapito il suo cuore, per sempre. Ma lui non sembrava neanche accorgersi di lei! All’inizio, per questo motivo, era stata male, e ne soffriva ancora adesso. Ma ora era arrivata al punto in cui gli bastava semplicemente stargli vicino e aiutarlo, nel bene e nel male. Lo guardava allenarsi, correre sorridente con il suo amato pallone ai piedi, pieno di vita e di energie mentre distanziava di molto i compagni di squadra ormai esausti.
- Forza, scansafatiche, non mi direte che siete già stanchi, vero?-
- Holly, sono le 8 della mattina… come fai ad avere tutta questa energia? Io ho un sonno AWWWH!-
- Hurper, uno scansafatiche come te non fa testo… tu sei sempre stanco, a qualsiasi ora! Le uniche attività che non ti stancano mai sono fare il cascamorto con le ragazze, dormire e mangiare!-
- Ehi Price, ma come ti permetti?!-
- E dai Bruce, non puoi dire che non sia vero-
- Holly, anche tu! Ma ce l’hanno tutti con me!-
-- AH, AH, AH!!!--
Una risata generale fece tornare l’allegria anche a Bruce che, da gran burlone qual’era, accettò le critiche con garbo ammettendone la veridicità.
Patty guardava quel gruppo di ragazzi con i quali era cresciuta: con loro aveva passato la sua infanzia e con loro era cambiata, aveva imparato tante cose, anche ad amare. Quel gruppo si era rafforzato tanto proprio con l’arrivo di Holly. Era sorprendente pensare a ciò che era riuscita a fare la presenza di quel ragazzino che inneggiava a “Il pallone è il mio migliore amico”! Persino lei, la piccola Anego, un vero e proprio maschiaccio intraprendente e scatenato che indossava la divisa maschile della scuola e capeggiava i tifosi della Niuppi, non era più la stessa. Ora era diventata una bella ragazza, dal corpo longilineo e femminile, con dei lunghi capelli neri e setosi che le arrivavano fin dietro le spalle, la pelle chiara e profondi occhi da cerbiatta. Semplice ma elegante. E, soprattutto, innamorata persa del suo capitano.
Sorrise a quest’ultimo pensiero. Improvvisamente si ricordò del sogno fatto quella notte: che delusione svegliarsi e ritrovarsi nel proprio letto…ma in fondo lei c’era abituata…nonostante vari sguardi teneri, molto teneri, che ogni tanto Holly le riservava e qualche situazione in cui lui sembrava sul punto di fare il primo passo, aveva perso ogni speranza di riuscire ad entrare nel cuore del capitano, non credeva più nemmeno di essere corrisposta. Ne era stata quasi sicura fino a poco tempo fa, si ripeteva in continuazione che era timido, troppa timido per dichiararsi, ma tanto tenero… eppure adesso era stufa, era stufa marcia di credere ancora alle favole, doveva finalmente guardare in faccia alla realtà, bella o brutta che fosse! Holly non era interessato a lei, doveva metterselo in testa…per quanto timida una persona possa essere, dopo cinque anni la forza per dichiararsi la trova! Per lei era diverso, era un altro paio di maniche, lei era una donna ed era l’uomo che, da bravo cavaliere, doveva fare la prima mossa, non lei! O forse era solo una scusa…Fatto stava che Holly la vedeva solo come amica, nulla di pìù, e di questo lei doveva farsene una ragione!
- Patty, ci sei? Non hai sentito una sola parola di quello che ti ho detto, vero? Dobbiamo andare, muoviti, le lezioni stanno per cominciare!-
- Oh cielo! Evelyne, dove sono gli altri?-
-Sono già andati da un pezzo. Sbrigati!-
-Si, arrivo arrivo…-
Le due ragazze arrivarono
in classe appena in tempo, proprio un attimo prima dell’arrivo del professore.
Tirarono un grosso sospiro di sollievo, poi si diressero ognuna verso il
proprio banco. Holly fu molto sollevato vedendole finalmente arrivare: doveva
ammettere che si era davvero preoccupato, la loro manager era sempre così
precisa e puntuale, ma quel giorno, osservandola, l’aveva trovata al contrario
molto distratta, era persino arrivata tardi agli allenamenti! Che si fosse
presa l’influenza? Possibile, ma qualcosa gli diceva che la motivazione era
un’altra. Si soffermò ad osservarla seduta al suo posto, nel banco vicino al
suo…era così carina con quelle guance tutte rosse per la corsa appena fatta! Ad
un tratto lei si voltò e i loro occhi s’incrociarono fissandosi per un lungo
istante. Ciò che Patty lesse negli occhi di lui fu una forte preoccupazione ma,
soprattutto, una grandissima tenerezza: quando la guardava in quel modo le
pareva di sciogliersi, tutto intorno a lei divenne bello e luminoso, raggiante,
non c’era più la classe, nessun professore intento a spiegare né i compagni di
classe con le loro occhiate maliziose. Non c’era più niente e nessuno, solo
loro due e…il paradiso. Ma ciò che è bello, si sa, nella maggior parte dei casi
non dura mai molto. E così una vocina s’insinuò nei lieti pensieri della
ragazza ricordandole che quello sguardo non voleva dire nulla di speciale, che
Holly non l’amava, che era solo un altro abbaglio, un’altra illusione. Patty,
ritornata alla realtà, sorrise dolcemente al capitano e si girò intenzionata a
seguire la lezione. Holly si stupì non poco dell’atteggiamento della manager:
quel sorriso aveva un non so che di amaro, malinconico, la stessa amarezza e
malinconia che aveva visto riapparire nei suoi occhi. Quel cambiamento
improvviso non fece altro che preoccuparlo di più, tanto che non riuscì a
smettere di pensarci per tutta la durata delle lezioni, mentre, di tanto in
tanto, la osservava con la coda dell’occhio.
Eliane guardava fuori dal
finestrino dell’aereo con sguardo assente. Non pensava a nulla. Non voleva
pensare a nulla. Voleva solo lasciarsi alle spalle tutto quanto e farsi una
nuova vita. Voleva essere finalmente felice, o meglio, voleva tornare ad essere
felice, proprio come lo era un tempo: sempre allegra e vivace, curiosa ed
espansiva…un vero uragano. Chissà, forse in Giappone sarebbe riuscita a
ritrovare il suo sorriso. Dopotutto quella era anche Casa sua! A dire il vero
non c’era mai stata prima d’ora, ma nelle sue vene scorreva sangue nipponico.
Suo padre era giapponese ma aveva sposato una donna francese e, per ragioni di
lavoro di lei, si era trasferito a Parigi. Eliane conosceva i suoi parenti
paterni solo tramite telefono e lettere. Non aveva avvisato nessuno del suo
imminente arrivo, né della sua avventata partenza. Si era recata in aeroporto
la sera prima, lì aveva passato la notte e la mattina si era imbarcata sul
primo aereo per Narita. Chissà cosa avrebbe fatto sua madre quando avrebbe
trovato la lettera in cui scriveva che sarebbe sparita per un po’! Magari si
sarebbe spaventata a morte e l’avrebbe fatta cercare per tutta Europa. Eliane
sorrise al suo stupido pensiero: sicuramente non si sarebbe preoccupata più di
tanto, avrebbe alzato gli occhi al cielo e avrebbe esclamato - Ragazzi!- e con
un sospiro avrebbe ricominciato indifferente il suo lavoro. Sì , sicuramente
sarebbe andata così. Da quando sua madre aveva ricevuto quella dannata
promozione e aveva iniziato a frequentare Armand Debois tre anni prima il loro
rapporto si era completamente annullato. E, da allora, erano iniziati tutti i
suoi guai. Se solo quella sera…
-Gentili passeggeri, stiamo per iniziare la manovra di atterraggio. Vi preghiamo di allacciarvi la cintura di sicurezza fino a manovra completata, grazie. -
L’aria era particolarmente fredda ma Eliane non ci fece molto caso. Scesa dall’aereo si guardò attorno e respirò a pieni polmoni quell’aria nuova ma tanto familiare. Prese qualche moneta dalla tasca dello zaino e si diresse verso una cabina telefonica. Non aveva alcun bagaglio: l’idea di fare la valigia era stato l’ultimo dei suoi pensieri. Voleva andarsene al più presto, aveva preso solo lo stretto necessario e lo aveva infilato nello zaino. Aveva preso con sé tutti i soldi del suo conto: non erano molti ma per il momento sarebbero bastati. Intanto avrebbe chiesto ospitalità ai suoi parenti e si sarebbe cercata un lavoro.
Inserì i gettoni ed alzò la cornetta, digitò il numero ed attese…
- Tuu tuu… tuu tuu …Pronto! Chi parla?-
- Ciao Célie, sono Eliane…-
- ELIANE!!! SI PUO’ SAPERE DOVE CAVOLO TI SEI CACCIATA? ALIX ED IO SIAMO MOLTO PREOCCUPATE PER TE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!-
- Scusate, non era mia intenzione, ma non potevo continuare a rimanere lì, capisci? Voi siete le uniche due persone che mi mancheranno , mi mancate già ora!-
- Ma dove sei Eliane?-
- Scusa, ma è meglio che non te lo dica, preferisco che nessuno sappia dove sono, voglio stare tranquilla. Non offenderti però, non è che non mi fido di te! È solo una precauzione in pìù!-
- OK! Per questa volta chiuderò un occhio. Ma come mai mi chiami da una cabina telefonica? Hai il cellulare scarico?-
- Non l’ho portato con me.-
-Sei sempre la solita smemorata!-
- Guarda che l’ho lasciato lì apposta, non voglio rischiare di essere rintracciata da lui! Ora ti saluto. Ti richiamerò un giorno, ma non so dirti quando. Sicuramente quando mi sarò sistemata del tutto.-
- OK! A presto allora, e cerca di riguardarti, e di trovare degli amici affidabili, e, soprattutto, evita di cacciarti nei guai, capito?-
- D’accordo, ci proverò. Salutami Alix e dille di non preoccuparsi che sto bene. Mi raccomando… voi due non mi avete sentita, assolutamente, capito?-
- NO PROBLEM! Non diremo niente. Bérard soprattutto non saprà proprio nulla. Hai la mia parola. Fidati!-
- Mi fido! Beh, allora ciao!-
- CIAO CIAO!-
Ripose la cornetta sul ricevitore asciugandosi una sottile lacrima che le aveva rigato il viso.
Uscì dall’aeroporto e s’apprestò a prendere un taxi.
-Dove la porto signorina?-
- A Fujisawa grazie!-