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Autore: WestboundSign_    21/09/2013    2 recensioni
Lo guardava da lontano. Lo guardava da lontano, e ogni giorno diventava più difficile rimanere fermo al suo posto, perché l'uomo che amava non era fra le sue braccia, e non lo sarebbe mai stato.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Lo guardava da lontano.
Seduto in fondo al divano, il più distante possibile da lui.
Rideva, a volte.
Piccoli sorrisi per dimostrare il suo stare bene, per non far trapelare nulla della guerra interiore che lo stava consumando.
Mangiava poco, però, e quando gli altri lo avevano notato lui aveva solo scrollato le spalle, dicendo che “era talmente stanco da non sentire la fame”. Tutti sapevano che non era vero, ma nessuno aveva fatto commenti. In fondo, capitano a tutti periodi in cui si cambia, e magari lui ne stava attraversando uno, perdendo l'appetito.
Rian gli aveva tirato una gomitata, un giorno, chiedendogli se non si fosse innamorato.
Lui aveva riso, e quella sera si era chiuso in bagno a vomitare, perché se non si fosse svuotato in qualche modo avrebbe rischiato di scoppiare, rovinando tutto. A volte hai bisogno di liberarti, semplicemente.
Ogni mattina si svegliava con il suono di una risata leggera, quella risata che avrebbe riconosciuto fra mille, quella risata che ascoltava da una vita.
E ogni sera, quando tornava dal bar, veniva accolto da gemiti soffocati, e doveva alzare al massimo il volume della musica per non sentirli, anche se non serviva poi a molto, Tom e Mark potevano urlargli nelle orecchie fino a farle sanguinare, lui li avrebbe sentiti comunque.
Puntualmente, però, le dita sullo schermo dell'iPhone lo portavano a cliccare su una canzone, La Canzone. E si addormentava così, i The Academy Is... a bagnargli le guance di lacrime con Summer Hair = Forever Young.
Non voleva essere masochista, ma alla fine era l'unica cosa che gli riusciva bene. I pensieri iniziavano a tornare indietro nel tempo, a vagare su un'estate di troppi anni prima. Sentiva i ricordi fluire in lui, poteva palparli, vederli uscire dalla sua testa affondata nel cuscino per non farsi sentire. Se avesse potuto, avrebbe urlato.
Lo guardava da lontano.
Immobile alla sua destra sul palco, ricordava di tanto in tanto di doversi muovere e portare avanti quella bugia. Per i fans, si diceva, per i fans.
La prima volta che avevano suonato A Love Like War li aveva ignorati, concentrandosi sul suo strumento, interagendo con il pubblico quando lo spazio fra loro due si faceva più stretto.
E alla fine era uscito, evitando di guardarli negli occhi, consapevole del fatto che i suoi muri esterni stessero per rompersi. Li aveva costruiti piano, giorno dopo giorno, stando attento a non lasciare indietro neanche un mattone. Per un po' era riuscito a vivere con la convinzione che niente e nessuno sarebbe mai riuscito a demolirli, anche se in fondo sapeva di stare mentendo.
Era una bugia. La sua vita, il suo umore, le sue maschere.
Lo guardava da lontano.
In piedi davanti al bancone del bar di una qualsiasi discoteca, il viso nascosto da un bicchiere colorato.
Di tanto in tanto il corpo sudato di una ragazza gli si appiccicava addosso, e lui lo spostava con un gesto della mano, attento a non farsi vedere da nessuno. Non era normale che rifiutasse. Ma ancora, quando lo era stato? Non riusciva a ricordare il momento in cui aveva iniziato a vacillare, il momento in cui l'alcol nel bicchiere era iniziato a sembrare più attraente e aveva smesso di portare sconosciute nel tour bus dopo gli show.
Ogni sera, intorno alla mezzanotte, lo vedeva perdere il controllo. Era l'effetto dei cocktails, in pubblico non si sarebbe mai azzardato a esibirsi in quel modo.
A volte trovava la forza di girare la testa, ma di solito rimaneva a fissargli le mani scivolare sui fianchi di Vic e tenerlo stretto, per poi baciarlo come se non esistesse altra persona al mondo, e probabilmente nella sua piccola sfera felice era vero.
Quella notte erano finiti in un bar di periferia, e alle due la musica era cambiata, passando da una vecchia compilation rock a brani lenti, che loro non si erano lasciati scappare.
Non era solo, però.
“Jack”
“Jaime”
Alex e Victor, in mezzo alla sala, scivolavano l'uno fra le braccia dell'altro.
Pensò che, in fondo, non lo era mai stato.
Mise un braccio attorno alla vita di Jaime, che gli si strinse addosso; nessuno dei due spostò lo sguardo dalla scena di fronte a loro.
“Io lo amo, Jack.”
“Lo so, lo so.”
Finì ciò che rimaneva del suo Long Island e gli appoggiò la testa su una spalla.

“Pensavi che sarebbe finita così?”
Una risata riempì l'aria.
“No.”
“Riusciresti mai a dimenticarlo, Jaime?”
Silenzio. Una macchina passò sgommando, e istintivamente fissarono la strada, cinque piani sotto di loro.
“No.”
“Neanche io.”
“Staremo meglio, Jack. Staremo meglio.”
“Non lasciarmi la mano.”
“No. Hai paura?”
“Un po'.”
“Anch'io.”
Si guardarono negli occhi spenti, cercando una conferma che non riuscirono a trovare.
Il vento colpì i loro visi, e entrambi alzarono lo sguardo al cielo coperto di nuvole, erano previsti temporali quel pomeriggio.
“Allora... andiamo?”
“Grazie, Jack.”
Sorrise.
E senza guardarsi indietro, saltarono.

 

A scuola mi è venuta voglia di scrivere e non riuscivo a continuare le mie altre ff, quindi ho creato questa... cosa. La parte finale l'ho scritta durante l'ultima ora, e credetemi quando vi dico che stavo per piangere in classe, w o w. Io e le angst=OTP
Jack (e anche Alex tbh) ascolta/va veramente la canzone Summer Hair = Forever Young, lo dice in
questa intervista. E comunque ascoltatela anche voi perché è meravigliosa.
Il titolo è preso dalla canzone Michael Cardigan dei The Anthem.
Eee idk, fatemi sapere se vi è piaciuta o se volete spiegazioni nelle parti più confuse! c:
Grazie MelodramaticFool_ per aver trovato il coraggio di leggere e betare questa cosa ily

   
 
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