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Autore: Hagne    22/09/2013    1 recensioni
Tratto dal primo capitolo:
"I fantasmi del passato erano mostri difficili da addomesticare, creature d’ombra che mal tolleravano le catene alle quali venivano costrette, ed i suoi, di fantasmi, non avrebbero potuto essere imbrigliati neanche se avesse avuto le catene più spesse, pesanti e dure con le quali vincolarli"
[ Seguito di " A Demon's Fate"]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio
Note: Cross-over, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Heart Of Everything '
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Cause nobody wants to be the last one there.
Cause everyone wants to feel like someone cares.
Someone to love with my life in their hands”

Il pranzo domenicale era uno di quei riti familiari ai quali Tony Stark, da vecchio lupo solitario qual’era,  non aveva mai amato presenziare, a maggior ragione se il numero di bambini in preda ad un overdose di zuccheri  superava di gran lunga quello degli adulti.
Non che essere diventato  nonno non gli avesse strappato più di un  sorriso bonario e qualche bizzarro pupazzo gigante nascosto dietro un altrettanto gigante albero di natale, nel corso degli anni , ma sottostare alle leggi di una nidiata di bambini urlanti che pretendevano la sua attenzione imbrattandogli il viso con i propri omogeneizzati non era l’agognata pace che si era augurato di avere dopo aver salvato il mondo così tante volte.
Eppure, vi era sempre una via di fuga, quella che iil lavoro aveva sempre rappresentato per lui e per la sua sanità mentale e fisica.
Costruire aveva sempre alleggerito pensieri che a tarda notte, quando la casa era silenziosa e le luci erano spente, divenivano tanto gravosi da costringerlo a fissare il vuoto per ore e ore nella speranza di svuotarsi da quella sensazione di incompletezza.
Un’imperfezione dovuta ad un sorriso mancato tra le foto di famiglia, ad una sedia vuota durante le cene di natale, ad un letto freddo e perfettamente ordinato al quale alle volte si ritrovava a cambiare le lenzuola per dargli un'aria vissuta, una ferita al cuore e nell’anima  causata dall’assenza di un componente che era andato perduto anni fa, quando il mondo aveva vinto, ma  sacrificando qualcosa di suo, ancora una volta.
Ed erano stata dura confessare a Pepper di averla perduta ancora, di non essere riuscito a proteggerla, di aver fallito come uomo e come padre, ed era stato difficile non piangere sulla lapide di Estela, spirata dopo la tragica notizia che l’aveva  resa incapace di accettare quella privazione, quella perdita.

"Cause nobody wants to go it on their own
And everyone wants to know they're not alone"


Eppure la vita era andata avanti, loro, avevano provato ad andare avanti, ma crescere non voleva dire dimenticare, e Tony Stark, sulla soglia dei suoi ottant’anni non aveva dimenticato nulla.
Non quel viso sorridente che si era ripromesso di continuare a cercare.
Non quegli occhi che aveva giurato di incrociare ancora una volta, anche se ci  fossero voluti anni per trovare il modo di colmare il divario dei due mondi, e di conseguenza il vuoto nel suo cuore.
Ed eccolo lì, ciò che la sua mente aveva partorito.
Aveva impiegato mesi per trovare i pezzi giusti, anni per avere le coordinate adatte, minuti per  stabilizzare il sistema di controllo e renderlo attivo, ma aveva avuto pazienza, se l’era imposta quando il pensiero di rivederla, di poter regalare a sua moglie uno di quei sorrisi che con la perdita di Astrid si erano affievoliti e fatti più meccanici, lo aveva spronato a continuare, a non perdersi d’animo.
Perchè Tony Stark non era mai stato un uomo che si arrende facilmente, e con sua figlia, specialmente con sua figlia, per quanto tempo fosse potuto passare, per quanto a lungo avesse dovuto lavorare per riaverla con sè,  non si sarebbe mai arreso.
Mai con lei.

"Is there somebody else that feels the same somewhere? "

Quando gli ingranaggi cominciarono a grattare tra loro e il monitor si azionò con un sospetto ma necessario ronzio Iron Man si allontanò dal motore del suo proiettore stellare con la fronte madida di sudore e un sorriso speranzoso a spiegazzarli il viso e la gola.
Vi fu   un ambiguo rumore di sottofondo a seguire l’accensione del motore, uno scricchiolio che lo fece irrigidire per l’ansia di aver sbagliato qualcosa, di dover ricominciare tutto da capo, di dover tornare a cercare, un suono che però non sembrava provenire dal monitor improvvisamente occupato dal profilo sfocato di un pianeta azzurro, ma da dietro la scrivania verso la quale lo scienziato torse il collo con aria inquieta.
E fu nel ritrovare gli occhietti vispi di due minuscole e colorate bambine sorridenti.
Fu nel sentirle gridare un ‘è pronto al quale seguirono numerosi  tip tap di passi che Tony Stark capì che la sua segretissima operazione “Trova Astrid” non era mai stata veramente segreta, glielo avevano solo lasciato credere.
Loro che lo  avevano sempre definito come un  perfido e cinico manipolatore, e forse lo era stato davvero, un tempo,  prima dell'arrivo di sua moglie probabilmente.


"Tonight out on the street out in the moonlight
And damn it this feels too right"


- Finalmente! –  lamentò un indaffarato Marcus Stark, attento a non rovesciare i popcorn quando le figlie di undicianni lo raggiunsero gongolanti, invitando la nonna e uno stuolo di persone che Tony non ricordava di aver invitato al suo pranzo domenicale di prendere posto sul pavimento del suo laboratorio, ora più simile al ritrovo per anime sole che al covo di un supereroe tecnologico.
Ma cacciarli via sarebbe stato impossibile, credere di poter spostare lui  da lì senza trovarsi con una tonnellata di arrabbiati muscoli verdi abbandonati  pigramente  sul suo stomaco, sarebbe stato impensabile.
Bruce Barner si accomodò in prima fila, gli occhi sgranati  e un po’ lucidi intenti a divorare ogni fotogramma, ed anche se quello  era il suo posto, quando  Pepper gli si  sedette di fianco con il viso delicato un poco irrigidito dalla tensione lo scienziato si arrese ad afferrare una manciata di popcorn e raggiungere il pannello di controllo con un brontolio sommesso.

"So I'll be holding my breath
Could this be the end?"

Pigiò un paio di pulsanti, cadenzando con il ‘click della tastiera il respiro che tutti nella sala si ritrovarono a trattenere mano a mano che il proiettore zoomava il pianeta, rendendo visibile  solo il profilo di un enorme prato fiorito sul quale  qualcosa di piccolo e colorato sembrava essersi abbandonato, una figura sulla quale Tony si affrettò a mettere a fuoco la lente, mordendosi le labbra nel riconoscere il verde acceso di un mantello che diede a molti la possibilità di sperare per il meglio.
Perché se lui era lì, se Loki, che ora tutti fissavano con angoscia, era lì, allora ci sarebbe stata anche lei, con lui.
Lei era sempre con lui.
- Ruota l’immagine – bisbigliò  Bruce con il cuore stretto in gola mentre sulla sua spalla la presa di Maria si faceva quasi dolorosa, ma ora c’era uno stralcio di vestito a fare più male.
C’era il profilo sfocato di una figura che il dio degli inganni, abbandonato su un prato di fiori di ghiaccio, stringeva tra le braccia a bordare gli occhi di lacrime.

"Cause nobody wants to be the last one there
Cause everyone wants to feel like someone cares.
Someone to love with my life in their hands. "



- Vuoi cercare di mettere a fuoco quella dannata lente! – esplose Marcus quando l’immagine si fece improvvisamente distorta, come se qualcuno si divertisse a strizzare i loro cuori assieme al fotogramma che mostrava solo sagome indistinte, nulla che potesse davvero calmare l’agitare frenetico delle loro pupille.
Il verso isterico del padre lo avvisò  però di non tentare la fortuna, perché era lui ad essere il più isterico tra loro.
In fondo era stato lui a costruire quel dannato aggeggio, erano state le sue lacrime quelle che avevano agito da lubrificante a quei dannati ingranaggi, era stato il suo orgoglio di padre a cercare nell’universo ciò che doveva essere trovato, e avrebbero dovuto ringraziarlo, non gridargli contro con le loro stupide bocche piene di pop corn mentre lui si affannava a manovrare il controller mantenendo la presa salda nonostante la commozione.
E sarebbe dovuto essere lui quello a sbraitare, non loro, ma Tony Stark aveva preso coscienza, col passare del tempo, di essere divenuto oramai il capro espiatorio preferito per l’isteria comune, meno che per la propria.
- Credi sia semplice ? – si ritrovò infatti a sibilare, afferrando una penna laser per modificare un filo saltato – invece di lamentarti e ingozzarti perché non vieni qui ad aiutarmi? Io ho salvato il mondo sai? Perciò cerca di  –
-Eccola!
Pepper lo aveva gridato, urlato come si urla di fronte a qualcosa di tanto terribile, di tanto potente da togliere il fiato e rendere incapaci di fare altro se non boccheggiare in cerca d’aria, e quella visione fu da togliere il fiato.

"There's gotta be somebody for me like that.
Cause nobody wants to go it on their own "



Era identica a come l’aveva lasciata, lo pensò Bruce con il magone mentre osservava con il viso rigato di lacrime quello sorridente di sua figlia, una figlia che ora, dopo tanti anni, dopo tutto quel tempo passato a domandarsi come stesse, cosa stesse facendo, sapeva salva, e felice.
Lo era Astrid.
Astrid che sorrideva al mondo, a loro, e all’uomo contro il quale era abbandonata, avvolta nel mantello verde col quale Loki la riparava dal freddo pungente, una premura per la quale Tony Stark grugnì, tirando su col naso, sperando di non aver attirato l’attenzione di nessuno.
Ma Pepper lo notò, perché c’era così tanta luce nello sguardo di suo marito, così tanta felicità, e orgoglio, da far male solo guardarlo.
- È lei? – chiese una delle due gemelle, affascinata dalla giovane donna che suo padre aveva detto essere loro zia perduta, quella che il nonno non aveva mai smesso di cercare dacché l’aveva smarrita – è lei, papà?
- Si – le rispose dolce Marcus, lo sguardo rotto dall’emozione di ritrovare la creatura che in gioventù avrebbe voluto sposare, una sorella che non aveva avuto modo di amare a lungo, ma una donna alla quale doveva la vita sua e quella della famiglia che si era creato col tempo.
Maggie e Valery continuarono a fissare lo schermo con gli occhietti sgranati, attirate dallo sguardo strano ma magico che la loro zia puntava in giù, verso qualcosa che il mantello copriva parzialmente ma che entrambe, uniche a non essere distratte dalle lacrime,  riuscirono a scorgere torcendo un po’ il collo mentre attorno a loro il pianto silenzioso dei grandi portava via il loro respiro sorpreso.
- Cos’è quello?
Ignorare quel ditino paffuto puntato con foga contro lo schermo sarebbe stato impossibile,  ma Bruce Barner e Tony Stark ebbero lo strano e comune istinto di ignorarlo, di far finta di nulla, perché la parola “quello” unito alla loro piccola e dolce Astrid non aveva nulla di confortante.
Eppure Maggie, offesa dal mancato interesse da parte dei suoi nonni si incaponì, e correndo via dalle braccia del padre si gettò contro il monitor, schiaffando la mano sull’ombra verso la quale Astrid apriva il sorriso più dolce che mai avessero avuto modo di vedere sul suo viso, un sorriso che Pepper riconobbe all’istante, perché ogni donna, prima o poi, si sarebbe trovata a tendere la stessa curva.
Una curva dolce per la quale nuove lacrime le rigarono il viso mentre sotto la mano di sua nipote si mostrava il viso paffuto di un bambino dagli occhi verdi e i capelli color ghiaccio.
- È un bambino – strillò la piccola saccente, colpendo l’immagine per attirare l’attenzione dei due uomini che si erano scoperti a guardarsi l’un l’altro con l’identico e profondo orrore – avete capito? Lui è un bam.bi.no.
- Tesoro, non credo abbiano bisogno di uno spelling – tentò di ammansirla Pepper, divertita dal frenetico ‘click con il quale il proiettore aveva inquadrato solo il viso di Loki, zoomando sul sorriso sottile di fronte  al quale Tony Stark mosse nervosamente una palpebra prima che il fischio della sua armatura e il ruggito di Hulk franasse loro addosso assieme ai resti del monitor verso il quale i due Avengers si trovarono presto a sfogare la propria indignazione.
- Io ti troverò! – sbraitò lo scienziato mentre un altro pezzo di intonaco veniva giù assieme all’ululato dell'altro eroe– e quando ti troverò vorrai non aver mai deflorato la figlia di Tony Stark e Hulk - si affrettò ad aggiungere quando il dottore diede segno di non aver gradito la mancanza dell'uomo nei suoi confronti-  Ci hai sentito Udinì?

"Is there somebody else that feels the same somewhere?"

- Loki?
Il dio sbatté le palpebre un paio di volte prima di riuscire a scrollarsi di dosso quell’insolito pizzicore dietro l’orecchio, come se qualcuno avesse provato a urlargli qualcosa, ma ora c’era Astrid che aveva sollevato su di lui uno sguardo preoccupato, e avanzare ipotesi sul perché avesse avuto la sensazione di essere stato maledetto da qualcuno non era fra le sue priorità.
Non quando c’era sua moglie tra le sue braccia, abbandonata contro di lui con  il viso che accarezzò dolcemente, guidando  la testa contro il petto sul quale Astrid si ritrovò a ruotare lo sguardo, osservando il piccolo fagotto stretto tra le  braccia.
Sorrise dolce quando lo sentì gorgogliare qualcosa di incomprensibile ma tenero, e strofinargli il naso contro la guancia fu necessario per ricordarle che era tutto vero, che Draco era vero.
La pelle morbida che baciava, la risata dolce che le abbracciava l’udito era vera, suo figlio, era vero, e non c’era nulla di più bello di quello.
Aveva gli occhi di Loki, occhi che aveva visto aprirsi e guardarla con innocente curiosità prima di sentirlo ridere e tendere le braccine  verso di lei.
E in lui aveva visto la vita, quella vera, quella che le era stata negata, quella  che era riuscita a dargli in quanto nuova Yssgradrill, in quanto unica via tra gli spiriti della terra.
Una via che ora, per la prima volta, era stata lei ad imboccare per raggiungere quel pezzo di cuore che  stringeva  tra le braccia.
- Va tutto bene – le sussurrò Loki tra i capelli con voce morbida, sfilando una mano per raggiungere la guancia di Draco e sfiorarla debolmente,  in un gesto quasi distratto ma presente come Loki  si era ripromesso di essere, una volta tornato alla sua vita,  una vita che avevano riconquistato con fatica, e sangue, e lacrime, ma ne era valsa la pena.
Ne era sempre valsa la pena.
Lottare contro se stesso per lasciarla entrare.
Soffrire e morire pur di renderla felice.
Accettarsi per riaverla indietro.
Amarsi,  amarla, ne era sempre valsa la pena.
Perché aveva trovato il suo  posto nel mondo, un mondo che la risata di suo figlio gli ricordò essere pieno di gioia e felicità, quella che con lei era riuscito a trovare dopo tanto vagare,  dopo tanto cercare, assieme a ciò che gli era sempre stato negato  ma che con lei aveva infine avuto.
Un lieto fine.
Un eterno lieto fine.


"So I'll be holdin my breath
Right up to the end
Until that moment when
I find the one that I spend forever with "






* La canzone è dei Nickelback- Gotta Be Somebody
Piccolo Extra per concludere la storia, sono emozionata per questa fine, perchè volevo davvero dare un "felice e contenti" a Loki ed Astrid, finalmente.
Ringrazio chi è riuscito a giungere fin qui, davvero, grazie per avermi seguito in quest'avventura.
Un saluto, Gold Eyes
  
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