Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: sihu    25/03/2008    4 recensioni
piccola storia che mi è stata commissionata da un prof per l'uni. parla di un lui, di una lei, e di una spalla su cui piangere e per cui preoccuparsi. una storia che tutti presto o tardi hanno vissuto. critiche costruttive sono più che accette!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
questa piccola storia apparentemente senza nè capo nè coda l'ho scritta per l'università.. la consegna erano 8 pagine e una storia d'amore. per quando il genere non sia esattamente quello che adoro ci ho provato.
spero di essere riuscita a creare qualcosa di decente oppure saranno guai per me. vi chiedo solo un piccolo favore quando leggerete la mia storia, per favore commentate, dite la vostra. critiche, consigli, possibili modifiche, punti deboli della storia, ogni cosa è più che gradita così potrò modificarla prima di consegnarla e cercare di prendere qualcosa più di 18!

ATTIMI DI VITA

Sembrava una mattina così dannatamente uguale a tutte le altre, una di quelle dove ci si sveglia troppo presto, si incontra tutta Milano in metro e tutta l’università al bar per finire poi a prendersi un caffè al volo alle macchinette, giusto due minuti prima che inizi la lezione. Ormai era più di una settimana che andava avanti così, i propositi di inizio anno erano definitivamente sfumati e lei era tornata ad essere la solita ritardataria, esattamente come al liceo.
“Non arriveresti in orario neppure a un appuntamento con il Liga!”
Così il suo migliore amico Andrea amava canzonarla, peccato che nemmeno lui fosse capace di arrivare in orario, come di solito gli facevano notare le ragazze prima di lasciarlo. A dirla tutta però i ritardi di Andrea erano quasi sempre dovuti alla sua moto.
“Quando lo butti quel pezzo di antiquariato? Guarda che tra un po’ ti lascia lei come le tue ex…e poi tocca a me consolarti!”
Ormai aveva perso il conto di quante volte si era trovata a ripetere a quel testone una frase del genere, ma lui non le dava mai retta, in genere scuoteva la testa fingendo di guardarla con una faccia scandalizzata che nel giro di poco diventava un sorriso.
“ Sei matta? Lei è la donna della mia vita! E poi stellina, dilla tutta… tu non vedi l’ora di consolarmi…” Al che di solito Alice si arrendeva e cambiava discorso.
Quella mattina anche la macchinetta aveva deciso di complicarle la vita, non dandole né il caffè né tanto meno i soldi indietro. E poi lo vide per la prima volta.
Lui aveva la faccia stanca e sconvolta che parlava da sola, rivelando troppo alcol e troppi problemi, ma anche degli occhi così azzurri e profondi che fecero provare ad Alice la sensazione di camminare su una nuvola.
La sera toccò ad Andrea e agli altri ascoltare i suoi deliri.
“Ho trovato l’uomo della mia vita!” Era sicura di avere gli occhi a forma di cuoricino, stile manga giapponesi.
“ Piccolina, ma io sono sempre stato qui!” Disse Andrea assumendo una posa da calendario sexi che scatenò ilarità generale nell’intera compagnia.
“Ma chi sta parlando di te, è bellissimo ma così triste…e poi quegli occhi…” Alice non riusciva a pensare ad altro ormai. Nella sua mente aveva elaborato almeno una decina di ragioni, alcune possibili, altre decisamente ridicole, per spiegarsi la ragione di quello sguardo.
Si sentiva una stupida a fantasticare a quel modo su un ragazzo che non conosceva nemmeno e che aveva visto solo una volta.
“Mi sa che sta volta ti abbiamo persa!” Concluse Andrea fingendosi sconsolato, meritandosi a pieno titolo un pugno sul naso da parte di Alice.
“ Sono una stupida, non so nemmeno il suo nome, avrei voluto presentarmi, ma poi sono rimasta senza parole.”
 “ Tu senza parole? Mi sembra incredibile! Deve essere veramente speciale questo tipo per sconvolgerti cosi.” Concluse Andrea grattandosi la testa, era una visione davvero buffa.
“ Dai, raccontaci qualcosa di questo tizio, su.” Chiesero gli altri ormai incuriositi da quella storia.
“ Ma se non so nemmeno il suo nome…”
“ Si, ma lo avrai visto in faccia, no? Descrivicelo per esempio.” Andrea non credeva che quella che aveva davanti era Alice. Sembrava persa in un altro mondo.
“ Si, si, lui è cosi…Con degli occhi davvero… Insomma, avete capito, no?” Alice non riusciva a dire cosa l’aveva colpita, forse gli occhi, oppure l’espressione così tanto afflitta.
“ Beh, se avessi usato qualche aggettivo in più forse avremmo capito meglio!” Concluse Andrea interpretando il pensiero di tutti i presenti.
“ Sembro cosi tanto una stupida?” Si sentiva cosi stupida, ma era così bello ripensare a lui e fare castelli in aria
“ Più che altro sembri una ragazza innamorata, tanto tenera!” E con questa trovata Andrea riuscì a meritarsi una abbraccio e un bacio da Alice.
Le settimane seguenti passarono veloci e videro Alice decisa a conoscere quel ragazzo. Trovare informazioni su di lui non fu così difficile come pensava all’inizio, e in breve tempo sapeva praticamente tutto di lui. Era di Relazioni Pubbliche, al terzo anno e aveva gran parte della popolazione femminile dell’università che gli correva dietro. Faceva anche parte della squadra di calcio dell’università, era il portiere. Lei era arrivata a spiarlo mentre andava a lezione e passava le lezioni scrivendo il suo nome, Piero, praticamente ovunque, cercando un idea geniale per poterlo conoscere e parlare con lui, una di quelle che vengono alle protagoniste dei film che si vedono al cinema. Aveva scoperto che il motivo di tutta quella tristezza era la sua ex, ma non sapeva altro. Alla fine una mattina si incontrarono.
Lei era al bar con delle amiche a fare colazione, stavano parlando di un film appena uscito che volevano andare a vedere quel venerdi, poi girandosi vide che Piero era seduto ad un tavolino con un amico più basso di lui. La sua occasione, non poteva perderla. Rapidamente passò in rassegna una serie di frasi, cercando la più adatta senza trovare risposta. “Posso sedermi?”, troppo sfacciata. “Piacere Alice”, troppo disperata. “Scusa hai una sigaretta?”, non fumava. Poi l’idea geniale arrivò. Si avvicino al tavolo con gli occhi bassi e tanti dubbi, ormai era lì, doveva provare.
“ Scusa, sei Piero del terzo anno di RP? Agli affari internazionali mi hanno detto di chiedere a te per informazioni sull’Erasmus.” Parlò senza prendere fiato. Sapeva che era stato scelto per l’erasmus a Barcellona l’anno prima, anche se alla fine non era partito. All’improvviso aveva realizzato quanto fosse stupido e poco credibile quello che aveva appena detto, ma ormai poteva solo restare lì o scappare. Scelse la seconda. Lui sembrava stupito, ma non infastidito, almeno così sembrò ad Alice.
“ e tu sei?” chiese Piero incuriosito. Era fin troppo chiaro che era una scusa per parlare con lui, ma era originale. Di solito si auto invitavano al tavolo, oppure si presentavano. E poi aveva degli occhi fantastici e sembrava una di quelle ragazze sempre allegre e solari, così diverse da Lucia. Decise di stare al gioco per vedere come andava a finire. Al massimo si sarebbe fatto quattro risate.
“ Alice, ma se disturbo non fa nulla. Non voglio darti fastidio.” Dopo tutto aveva l’intera popolazione femminile dell’università che lo cercava, perché avrebbe dovuto perdere tempo con una come lei? Ma non aveva comunque nessuna intenzione di demordere così facilmente. Non era nel suo carattere. Ormai voleva arrivare fino in fondo.
“ No, non scappare.. Hai lezione o ti va un caffè? Era deciso a conoscerla meglio. Le altre ragazze che aveva conosciuto fino a quel giorno sarebbero già scappate via.
Alice non credeva alla sue orecchie. Un caffè con lui? sembrava un sogno. Era sicura di essere sveglia? Fece un cenno alla sua amica e poi annui a Piero, incapace di dire altro.
“ Io vado, ci vediamo stasera. Ricordati! Non mi va di andarci da solo da quella..“
L’amico che era seduto con lui prese la tracolla e andò verso l’edificio di fronte, sorridendo a una biondina che si fermò ad aspettarlo mentre Alice prese il suo posto.
“ va bene, ti chiamo dopo.” Rispose Piero dando la mano all’amico e passandogli i rayban che aveva dimenticato sul tavolo.
Rimasero al bar tutta la mattina, Alice sapeva che stava perdendosi tutte le lezioni ma non gli importava, era con Piero. Poi verso mezzogiorno Piero propose di pranzare insieme in un posto che conosceva, a qualche minuto dal Duomo, quella ragazza lo aveva proprio colpito.
Le raccontò di Lucia, la sua ex. Di come lui avesse rinunciato a partire per la Spagna per lei e di come lei invece non aveva esitato a lasciarlo per essere libera di fare esperienze nuove lontana da Milano.
” sto partendo per l’Erasmus a Madrid, non puoi chiedermi di rinunciare per te. Mi dispiace, per me finisce qui” Lo aveva detto guardandolo dritto negli occhi e Piero in quegli occhi aveva letto che non gli importava più di lui. Era andata via sbattendo la porta lasciandosi la loro storia alle spalle e lui aveva deciso di dire basta ai legami, situazione che stava superando per fortuna. La vista di Alice, la sua allegria e esuberanza gli avevano fatto dimenticare del tutto Lucia in poco tempo.
Qualche sera dopo, sui navigli si baciarono. Erano usciti a mangiare con degli amici, c’era una luna fantastica, un cielo stellato che non sembrava vero e Piero le aveva appena chiesto di diventare la sua ragazza.
I giorni passarono in un baleno, ad Alice non sembrava vero. Stava vivendo in un sogno dove le sembrava di camminare a piedi nudi sulle nuvole. Ogni mattina si svegliava felice con un messaggio del suo Piero. In università camminava con lui mano nella mano, tra gli sguardi gelosi delle altre. Le sere passavano veloci in un vortice di locali, amici di Piero, coktail, risate. Le sembrava di vivere una vita troppo bella per essere la sua. Anche se vedeva meno i suoi amici.
“ Dai Alice, andiamo al De Sade da Nico. Non vorrai mica passare la sera con il pericolo pubblico e la sua banda” Il pericolo pubblico per Piero era Andrea a causa della moto distrutta, e quelli che lei aveva sempre considerato amici fedeli per lui erano “la sua banda”. Ad Alice faceva male sentire parlare così di loro, ma voleva troppo bene a Piero. Lui era abituato a locali alla moda, automobili scattanti, discoteche, ristoranti di lusso, un mondo troppo lontano da quello fatto di locali alla buona e moto scassate dei suoi amici. Non era cattiveria la sua, pensava Alice, non capisce.  Andrea invece aveva capito alla perfezione come stavano le cose, e le stava vicino lo stesso.
“ Stellina, per il mio compleanno ci sarai vero? E io sarò al tuo, promettimi almeno questo!” aveva detto Andrea sorridendo. L’unica cosa veramente importante per lui era la felicità di Alice. Lui e Alice compivano gli anni a due settimane di distanza, troppe per fare una festa insieme così ogni hanno ne organizzavano due quasi identiche.
Quel sabato sarebbe stato il suo compleanno, e aveva prenotato dei tavoli in un discopub scelto da Piero. Per quell’occasione Alice aveva riunito sia Andrea che Piero e i rispettivi amici. I due gruppi non si parlavano troppo tra di loro, ma non scoppiarono nemmeno liti. Andrea era felice di vedere Alice che rideva con Piero. Era così diversa da come era di solito con loro, ma così al settimo cielo.
“ Scusa Piero, ti spiace se riaccompagno io la festeggiata?” Chiese Andrea a festa finita mentre il gruppo si avvicinava al parcheggio. Alcuni barcollavano un po’, ma nessuno era in condizioni tali da non poter guidare.
“Sono un po‘ geloso, ma te lo concederò” Rispose Piero stringendo Alice e stampandole un bacio sulla bocca. “ Ci vediamo domani cucciola.” Disse prima di salire sulla sua mini nera.
“Notte Amore mio” Disse lei prendendo il casco che Andrea gli porgeva e salendo sulla moto.
“Ti vedo felice con lui, sono contento. Cerca di tenertelo stretto almeno fino alla mia festa!” Disse lui salutandola sul portone di casa sua.
“Onestamente pensavo di tenermelo stretto per più di due settimane!” Obiettò lei ridendo mentre infilava le chiavi nella porta. Era felice, tutto andava così bene, era innamorata persa e pensava sarebbe durato per sempre. Il giorno dopo Piero non si fece sentire. Il lunedì non si presentò nemmeno in università. Alice non capiva, era preoccupata e aveva una bruttissima sensazione. Martedì l’amara scoperta al bar dell’università. Era tutto cosi strano, nessuno si sarebbe mai aspettato di vedere Alice ridotta in quel modo. Anche per Andrea tutto questo non aveva senso.
“Alla grande, è tutto perfetto, mi sembra un sogno!”
Questo aveva detto lei solo il sabato prima alla sua festa di compleanno, e poi si erano ritrovati una sera a parlare, ed era cosi triste, con delle occhiaie pazzesche che le segnavano il bel viso, come se avesse pianto tutto il pomeriggio. Si poteva capire che la cosa era grave perché non cercava nemmeno di negare che c’era qualcosa che non andava. Aveva subito detto che si era illusa troppo presto, per poi cominciare ad urlare contro Lucia, che era al bar con Piero. Quel bastardo l’ha lasciata per Lucia, e non si è nemmeno sforzato di trovare un modo carino, o una scusa almeno credibile, le ha solo detto che voleva una storia seria con Lucia. Come scusa faceva anche abbastanza pena, visto che Lucia e storia seria in una sola frase, senza negazioni, battute ironiche, doppi sensi o punti esclamativi sarebbe sorprendente! Lucia era tornata dal suo erasmus, era andata da Piero, e lui aveva lasciato Alice senza pensarci un attimo o trovare almeno il coraggio per dirglielo. Senza pensare che Lucia lo considerava alla stregua di un giochino erotico.
Alice era a pezzi, vederla così, proprio lei sempre cosi allegra, ottimista e piena di vita era come guardare una bottiglia di birra senza poterla bere, rendeva tutti tristi e scocciati. Andrea poi aveva una voglia incredibile di stringerla forte per dimostrarle che c’era, che era lì, che non se ne sarebbe andato. Come poteva stare così male e non capire che era Piero che ci perdeva, perché lei è una ragazza stupenda, e come poteva non credere più in se stessa? Come poteva volere ancora stare con lui dopo che gli aveva fatto una cosa talmente meschina e crudele?
Lei era il meglio, e si merita solo il meglio, non un bambino che vuole il gioco più attraente, non una cosa usata che un’altra non ha più voluto. Più la guardava e più gli veniva voglia di stringerla un po’ più stretta, di avvicinare il suo viso a quello di lei. Voleva sussurrarle teneramente all’orecchio che era speciale, che le avrebbe sempre voluto bene, che doveva credere in se stessa. Alla fine Andrea non resistette più, e la baciò. I loro sguardi si incrociarono solo per pochi attimi, per poi abbassare la testa imbarazzati tutti e due.
“Che scemo, come ho potuto!”
Era la litania che si ripeteva in mente lui, fino a che si rese conto che Alice lo guardava, e rideva felice, con quel suo sorriso cosi festoso e quella fossetta vicino al viso cosi tenera. Non sapeva nemmeno perché lo aveva fatto.
“Domani non so come starò, ma adesso vediamo di finire questa birra, con tutti quelli che muoiono di sete al mondo, mi sembra il minimo..”
Aveva detto lei, la situazione per lei era divertente, per lui invece era un sollievo, sapere che non lo odiava per il mio gesto, forse un po’ avventato, che non era cambiato nulla...
Sempre la solita Alice, però adesso almeno rideva e il ricordo di Piero e Lucia era lontano, anche se forse per una sera soltanto.
Il giorno dopo fu durissima per Alice, anche alzarsi dal letto sembrava un impresa impossibile. Era spaventata soprattutto dall’idea di affrontare la realtà, vederli insieme. La sera prima non gli sembrava così brutta la realtà perché c’erano Andrea e gli altri, ma ora si sentiva sola e sperduta.
Che le stava succedendo, non era da lei arrendersi e deprimersi così. Avrebbe riconquistato Piero, ne era certa! Le settimane trascorsero caotiche, Alice era sempre più decisa a riconquistare Piero, ma non stava ottenendo buoni risultati, anzi lui sembrava ignorarla. Era come se fingesse di non essere mai stato con lei. Alice realizzò di avere bisogno di un po’ di relax e nuove idee, un pomeriggio in centro con le amiche era quello che le serviva. Poi suonò il telefono e il suo mondo andò in pezzi. Alla sua mente arrivavano solo parole sconnesse che provenivano dall‘altro capo del telefono: moto, ospedale, Andrea, incidente, non poteva essere vero. Si precipitò in ospedale, tutti gli amici erano lì, con delle facce preoccupate.
“Che cosa..” Iniziò Alice senza avere il coraggio di finire la frase. Nessuno aveva il coraggi di alzare gli occhi o di parlare. Un silenzio irreale, di quelli che si pensa esistano solo nei film era calato tra loro. Erano distanti mille miglia nella stessa sala d’attesa di pochi metri quadrati.
“ Che cazzo succede. Andrea come sta? Parlate diamine” Perché nessuno parlava, perché non le dicevano nulla.  Sentiva la rabbia salirle dentro, era impotente. Non poteva fare nulla per Andrea.
“ Gli hanno tagliato la strada, la moto non ha frenato.. E insomma.. È finito addosso a un camion.. Aveva il casco.. Ma ha battuto la testa.. È in coma”. Alice a quelle parole sentì la testa girare e Roberto la prese al volo un attimo prima cadesse. Andrea era in coma. Andrea era in coma e avrebbe potuto non svegliarsi più. All’improvviso si sentì completamente vuota, incapace di provare alcun sentimento. Passarono tutta la notte lì fuori, ad aspettare notizie che non arrivarono. Nessuno parlò. Ognuno fissava il pavimento ripensando all’ultima volta che lo avevano visto. La mattina dopo i dottori cacciarono tutti. Gli dissero che la situazione era stazionaria, di tornare la sera. Alice vagò senza metà per le vie di Milano e si ritrovò in università, seduta a un tavolo, circondata da amici. Nessuno però riusciva a farla sentire meglio. Ad ogni angolo sembrava vedere Andrea. In quel momento pensò a Piero. Lui avrebbe saputo farla stare meglio, prese il telefono e lo chiamò senza pensarci nemmeno un secondo. Voleva solo sentire la sua voce, ne aveva bisogno.
Il telefono squillò a lungo, poi finalmente lui rispose. Alice gli raccontò tutto, sperando in qualche parola di conforto. Ancora una volta calò il silenzio. Perché nessuno parlava, dannazione.
“ Mi dispiace, ma io ho da fare. Stasera esco, non ho tempo per darti retta.” La liquidò in qualche secondo. Come poteva essere così cinico.
Da quella telefonata passarono dieci giorni nei quali Alice e gli amici si alternarono nella stanza di Andrea sperando di vederlo aprire gli occhi, parlandogli incessantemente di ogni minima cosa gli passasse per la testa. Passò anche il compleanno di Andrea, ma neppure quel giorno il ragazzo si svegliò. Avevano quasi perso le speranze, si stavano per rassegnare, poi una sera Andrea mosse una mano. Era un movimento impercettibile, ma i ragazzi se ne accorsero. Con grande sforzo aprì gli occhi e guardò stupefatto gli amici che piangevano. Era debolissimo, non riusciva a parlare ma era di nuovo con loro.
“ Ge..nte, Pic..Co..La. , ma per..che..” Cercò di chiedere Andrea. Formulare quelle poche parole era stato molto faticoso per lui. Era strano vedere tutti gli amici intorno che piangevano. Non capiva perché, non riusciva a ricordare nulla.
“ Non sforzarti idiota”Disse Alice piangendo. Gli prese la mano e cominciò a stringerla forte. Non voleva se ne andasse di nuovo. Era sveglio, tutto il resto non aveva importanza.
“ Mal di testa..” L’ultima cosa che ricordava era un camion, poi nulla, e ora un mal di testa terribile.
“ Ci credo con la botta che hai preso.. Certo che però hai la testa dura!” Questa frase scatenò l’ilarità generale, e costrinse l’infermiera a cacciarli perché stavano agitando il paziente. Andrea rimase colpito dalla donna, da come aiutava le altre persone e si faceva rispettare. Mentalmente si ripromise di chiederle come poteva uscire con lei non appena si fosse sentito un po’ meglio.
Nei giorni successivi venne messo a conoscenza di tutto quello che era successo. La cosa che lo deluse di più era stato il compleanno passato.
“ Dai, che modo stupido di perdersi il compleanno!” Disse lui imbronciato.
“ Festeggeremo quando sei fuori, l’importante è che sei tutto intero!” ribattè Alice. Ormai passava tutto il suo tempo il ospedale con lui. Di Piero non gli importava più nulla. Un’amica le aveva detto che lui e Lucia si erano lasciati ma la notizia non suscitò in lei nessuna emozione. Qualche giorno dopo se lo ritrovò di fronte a una festa di compleanno. Le stava chiedendo di tornare insieme. Per la prima volta Alice guardava negli occhi Piero e lo vedeva davvero. Fino a qualche settimana prima avrebbe dato qualsiasi cosa perché tornasse da lei, implorandola di tornare insieme, ma quei momenti sembravano così lontani, la vita di qualcun altro, quando ancora Alice credeva che fosse un ragazzo incompreso, bisognoso di qualcuno che credesse in lui. Prima che si mostrasse come un insensibile egoista. Le era sembrato un cucciolo sperduto da aiutare, da amare, e così aveva fatto, dandogli tutta se stessa, rinunciando persino agli amici e ad Andrea. Adesso lo guardava e vedeva solo una persona meschina, che si era presa gioco di lei per riuscire a portarsela a letto, giusto per ingannare il tempo mentre gli amici non c’erano e rifarsi del torto di essere stato lasciato da una ragazza come Lucia. Alice si poteva immaginare la scena chiaramente, Piero che raccontava a Nico, l’amico di sempre, di quanto era ingenua la piccola Alice, e di come fosse semplice ingannarla, farle fare e credere quello che voleva lui. Gli sembrava quasi impossibile che Piero potesse avere un amico o un cuore, viscido com’era! Quegli stessi occhi azzurri in cui si perdeva qualche mese prima che le ricordavano il mare ora le sembravano freddi, vuoti, senz’anima. Quel suo modo di camminare e di porsi che aveva amato per la fierezza ora le sembrava presuntuoso. Era disgustata dal suo modo di pavoneggiarsi quando incontrava uno sguardo femminile lungo la sua strada e del suo voler sempre essere al centro dell’attenzione. Come aveva potuto amare una persona come Piero, e piangere quando se ne era andato da lei per stare con Lucia? Come aveva potuto non vedere tutto questo, non capire che l’unica persona che Piero era in grado di amare era se stesso?
Lui ora voleva tornare con Alice, era lì di fronte a lei, pendeva dalle sue mani, aspettando la sua decisione giocherellando con le dita, ma lei non gli credeva più.
Adesso tutto era cambiato, la maschera dietro cui nascondeva il suo vero io era caduta e lui non sembrava così speciale ora, non riusciva nemmeno a farle pena. Lei lo aveva chiamato disperata mentre Andrea stava male per avere conforto e lui l’aveva liquidata perché era in ritardo. Non glielo poteva perdonare. Era solamente un ragazzino immaturo che gioca a farsi grande, a cui non importa nulla delle altre persone, che sta con qualcuno quasi per sport.
Alice si disse che poteva farne tranquillamente a meno, e sorridendo aprì la porta per andarsene.
“Ciao Piero, ci vediamo in università. Andrea mi aspetta!”
Lui rimase solo in mezza la stanza a fissare intensamente il pavimento con una faccia da pesce lesso che Alice era sicura, non avrebbe mai dimenticato. Per una volta una ragazza gli aveva dato una lezione di vita.


  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: sihu