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Autore: Brida    24/09/2013    3 recensioni
Breve squarcio nella giovinezza di Marian Hawke, una maga e una ragazza, che in un attimo cresce e comprende l'amara realtà del mondo che la circonda.
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L’oscurità che mi circonda è completa ma conosco Lothering alla perfezione e non ho bisogno nemmeno di creare con le mie mani una debole luce per muovermi.
E’ da quando ho nove anni che vivo in questa piccola cittadina e ora che ne ho diciassette conosco a memoria ogni suo angolo.
Nonostante la pioggia e la melma, so esattamente come spostarmi, so esattamente dove dirigermi.
Nell’unico luogo dove non mi è mai stato permesso andare, il luogo più pericoloso per quelli come me, mio padre e mia sorella Bethany.
Il luogo che ora ho di fronte, illuminato da delle deboli luci, a fianco della piccola Chiesa.
Il luogo che più di tutti mi fa paura: la Caserma dei Templari.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hawke
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'La campionessa dagli occhi blu ghiaccio'
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‘Non posso voltarmi indietro, non ora’
Non m’importa del fango e della pioggia, continuo a camminare velocemente.
‘Non posso fermarmi’
E’ notte, è buio e dovrei avere paura.
Fa freddo e dovrei tremare come una foglia e invece continuo ad avanzare.

Sola.

Le strade sono vuote, tutto è silenzio, solo il mio cuore urla, solo la mia mente continua a rivivere gli stessi istanti.




“Leandra hanno visto Bethany, e sanno anche di me e Marian. L’hanno sempre saputo. Ma questo nuovo Capitano, lui…”

“Non dirlo Malcolm, ti prego…”

“Leandra” io li spio da dietro la sottile porta di legno che divide la camera mia e dei miei fratelli, dalla cucina.

Vedo mio padre che si siede accanto a mia madre e prende una delle sue mani tra le sue.

“Lo so che tu non ti meriti questo, lo so che…”

Mia madre lo interrompe “Malcolm non continuare, abbiamo parlato già così tante volte di questo. Io ho scelto te, ho scelto di trascorrere con te il resto della mia vita, e nient’altro è più importante. Ho solo te e i nostri figli ora, solo che speravo non dovessimo più andarcene, non questa volta…”

“Lo so, ma non abbiamo scelta. Il nuovo Capitano sa e non è come Niel, lui chiudeva un occhio, lo sai come funzionava con lui. Questo è diverso”.
Mia madre si alza e si appoggia alla parete di legno della costruzione, della piccola costruzione fatta di due camere e una cucina in cui viviamo.

“Otto anni… Siamo riusciti a costruirci qualcosa per una volta e adesso… è tutto finito”

Mio padre si alza e l’abbraccia, mia madre comincia a piangere.

“Andrà tutto bene, te lo prometto, Leandra, te lo prometto” lui continua a ripetere ma so che mente.

So che non andrà tutto bene.
Uno sguardo e mi accorgo che Beth e Carver dormono. Li osservo per un attimo silenziosa.
Lothering è la loro casa, avevano appena cinque anni quando sono venuti qui, non hanno vissuto quello che ho vissuto io. Il continuo nascondersi, cambiare casa, paese, regione.
Sempre in marcia, sempre stanca, sempre sola.
Qui a Lothering tutto è stato diverso, per mamma e papà, per me e per loro.
Li guardo ancora attentamente, mentre sento mia madre ancora piangere sulla spalla di mio padre.
E in un attimo so cosa devo fare.




‘Ahia’ penso mentre i ricordi si bloccano. Un ramo sporgente mi ha graffiato la gamba e adesso sto sanguinando.
‘Dannazione, perché?’ cerco di sfregare la ferita con il tessuto dei miei pantaloni ma alla fine sono costretta a dover strappare di netto un orlo per poter legarlo intorno al polpaccio dove mi esce sangue.
E’ una ferita da nulla, ma non posso perdere tempo per sistemarla per bene, devo sbrigarmi.
Mentre compio queste azioni appoggio a terra una sacca, l’unica cosa che non devo assolutamente danneggiare.
‘Devo fare in fretta, non voglio che mamma e papà capiscano che non sono in casa’ la raccolgo e ritorno a camminare, mentre i miei lunghi capelli neri gocciolano sul mio viso.
L’oscurità che mi circonda è completa ma conosco Lothering alla perfezione e non ho bisogno nemmeno di creare con le mie mani una debole luce per muovermi.
E’ da quando ho nove anni che vivo in questa piccola cittadina e ora che ne ho diciassette conosco a memoria ogni suo angolo.
Nonostante la pioggia e la melma, so esattamente come spostarmi, so esattamente dove dirigermi.
Nell’unico luogo dove non mi è mai stato permesso andare, il luogo più pericoloso per quelli come me, mio padre e mia sorella Bethany.
Il luogo che ora ho di fronte, illuminato da delle deboli luci, a fianco della piccola Chiesa.
Il luogo che più di tutti mi fa paura: la Caserma dei Templari.
 
 


“Torna a casa sciocca ragazzina, è troppo tardi per incontrare il Capitano”

“Vi prego, è molto importante, fatemi entrare” non riconosco questo Templare che mi impedisce di entrare nella Caserma, forse è nuovo o forse è merito mio che sono sempre stata abbastanza brava ad evitarlo.

Ora però mi verrebbe comodo conoscerlo per cercare di convincerlo a farmi entrare.

“E’ notte fonda, il Capitano dorme, torna domani mattina, e possibilmente meno coperta di fango” lo vedo storcere il naso mentre la sua voce sgraziata risuona nelle mie orecchie e da quello comprendo che dev’essere nuovo: difficile non essere coperti di terra dopo un po’ di tempo che vivi nella melmosa Lothering.

Allungo una mano nella mia sacca “Signore, è veramente importante, sono disposta a tutto per poter parlare un attimo con il nuovo Capitano, accettate questo” ne tiro fuori un piccolo diadema argentato e glielo porgo.

“E’ d’argento, può valere molto” continuo mentre lui lo afferra e lo esamina lanciandomi poi uno strano sorrisetto.

“Sei proprio una tipa cocciuta. Va bene entra” lo vedo intascarsi il diadema e farsi da parte per farmi entrare.

Dentro è dannatamente più asciutto e molto più caldo e non posso fare a meno di farmi scappare un sospiro di sollievo mentre accolgo il tepore nel mio corpo.
Non c’è nessuno nella sala d’ingresso e questo mi sembra una buona cosa, visto che voglio agire con discrezione.
Non che i Templari di Lothering siano poi così tanti, in una paese così piccolo è già tanto se superano i cinque o sei uomini, ma saperli a dormire è comunque meglio che vedermeli intorno.
Non mi piace stare troppo vicino a dei Templari, visto che in un certo senso loro sono il mio nemico, gli unici che devo temere.
Così mio padre mi ha sempre detto, così lui mi ha insegnato.  

“Aspetta qui, vado a chiamarlo”

Annuisco mentre l’uomo si allontana. Tremo ancora di freddo quando l’uomo torna poco dopo, accompagnato da un altro più giovane al suo fianco.
“Eccola” sento dire dall’uomo che mi ha fatta entrare “Ha detto che ti deve parlare Phillip, e che è una questione…”

“Di vita o di morte” concludo io, mentre gli occhi stupiti dei due uomini si spostano su di me.

Il Capitano Phillip si avvicina incuriosito, scrutando attentamente nei miei occhi azzurri.
E’ un uomo alto, prestante, sulla trentina, di aspetto gradevole, ma i suoi occhi grigi comunque mi spaventano, come tutti gli occhi dei Templari.

Lo vedo scostarsi un ciuffo bruno ribelle prima di rivolgersi a me incuriosito “Allora? Di che si tratta? Ti ascolto…” fa una pausa attendendo che io gli riveli il mio nome.

“Marian, mi chiamo Marian. Marian Hawke” improvvisamente vedo il suo viso cambiare espressione.

Ha riconosciuto il mio cognome, lo ha riconosciuto molto bene.

Io lancio uno sguardo un po’ intimidito all’altro Templare che è ancora dietro al Capitano, poi riprendo a parlare verso quest’ultimo “Avrei bisogno di parlarvi in privato, è molto importante”.
Qualche attimo di silenzio si impone tra noi mentre il giovane riflette sul da farsi poi lo vedo alzare lo sguardo e di nuovo rivolgersi verso il sottoposto.

“Va bene, l’accompagno un attimo nel mio studio. Poi te la riporto qui” l’altro annuisce e Phillip mi lancia un sorriso enigmatico.

“Seguimi” dice semplicemente facendomi strada nei corridoi della Caserma.

Continuo a trascinare la mia sacca, mentre dopo poco tempo mi ritrovo già a destinazione.
Un brivido mi percorre la schiena mentre attraverso l’uscio, precedendo l’uomo che si fa da parte cortesemente e poi mi segue, chiudendo la porta dietro di sé.
Di nuovo tremo mentre sento i battenti chiudersi.
Faccio qualche passo osservando la stanza in cui mi trovo.
Non è un vero e proprio studio, è uno studio alla Lothering.
La stanza è piccola, rovinata e umida.
Lungo le pareti ci sono degli scaffali, ma la maggior parte di questi sono vuoti, e oltre ad una scrivania piena di scartoffie c’è anche un letto schiacciato in fondo all’umile locale.
E’ lo studio e anche la camera privata del Capitano dei Templari che a Lothering deve accontentarsi di dover unire queste due cose in un’unica stanza.

“Mi spiace per il disordine, ma mi sono spostato qui da poco” mi volto verso di lui.

Quello secondo gli standard della famiglia Hawke non è per niente disordine, per questo non l’ho praticamente notato.
Appoggio il mio sacco per terra e torno a specchiarmi negli occhi grigi dell’uomo di fronte a me.
E poi comincio a parlare.
 
 

 
Sento una sua debole risata mentre ritorno in silenzio.

“Spero tu stia scherzando… Marian Hawke” deride la mia offerta.

Io riprendo la sacca tra le mani e la svuoto mentre lui mi guarda in un misto di sdegno e incredulità per la mia testardaggine.

“Non sto scherzando, Signore” piccoli amuleti, collanine, bracciali, ciondoli antichi, monete di paesi stranieri e molte altre cose si spargono per terra tintinnando leggermente.

“Questi sono dei miei piccoli tesori” continuo.

Tesori che ho trovato nei boschi, insieme a mio padre, nelle grotte, e tra i rami nodosi degli alberi delle Selve intorno a Lothering. E’ lì che io, lui e Beth andiamo ad allenarci, per imparare ad utilizzare e controllare i nostri poteri, ma solitamente mentre mio padre si occupa degli insegnamenti più elementari per mia sorella riesco a sgattaiolare via e ad esplorare i dintorni da sola.
Quelli sono i momenti più belli, nonostante non siano privi di pericoli, ed è in quelle occasioni che riesco a recuperare oggetti di vario genere, alcuni più preziosi di altri, tutti però destinati ad entrare a far parte della mia collezione personale.

E ora li sto regalando a quest’uomo.

“Voi potete tenerli, valgono davvero molto messi insieme, sono d’oro e argento e forse alcuni anche di materiali più preziosi. Potete prenderli tutti, vi chiedo solo in cambio di permettere alla mia famiglia di rimanere qui. Lothering è la nostra casa da molto tempo e noi non abbiamo mai creato problemi a nessuno, mai. Anzi, mio padre ha sempre cercato di dare una mano agli altri abitanti, e io con lui” chiudo gli occhi mi fermo un attimo mentre un misto di timore e speranza si intrecciano nelle mie parole.

“Lothering è l’unica casa che abbiamo, dopo tanto tempo che ne abbiamo cercata una” mi rivolgo di nuovo all’uomo scrutando intensamente nel suo sguardo.

“Vi prego, vi scongiuro. Permetteteci di restare” concludo la mia richiesta.

Il Capitano è stato toccato dalle mie parole, lo capisco. Il suo viso è pensieroso, il suo sguardo pieno di dubbi.
“Quelle cose che hai portato. Sei consapevole che non posso minimamente confrontare il loro valore con quello di tre eretici?” le sue parole mi colpiscono come un pugnale nel petto.

Non rispondo ma il mio sguardo dice già ogni cosa: ne ero certamente consapevole ma speravo comunque lui avrebbe cambiato idea, speravo se li sarebbe fatti bastare.

Lui si avvicina verso di me di qualche passo “E poi il mio dovere è un altro, in quanto Templare. E’ vero però quello che hai detto riguardo alla tua famiglia. Non ha mai creato guai qui in paese e poi tuo padre – a detta di molti - si è davvero reso utile, ha dato una mano ad alcune persone, tenuto lontani banditi e animali pericolosi. Lothering è un piccolo villaggio dimenticato nel nulla, ma lui si è comunque dato da fare per proteggerlo. Questo mi è stato detto da molte persone e ne sono convinto” seguo ogni parola col cuore a pezzi, sperando che qualcosa si aggiusti, che in qualche modo lui alla fine arrivi a dire che possiamo restare.

Ma mi illudo.

“Il mio dovere di Templare esigerebbe che io lo portassi in un Circolo. Che io portassi voi tre, tuo padre, tu e tua sorella alla Torre di Calenhad e il fatto che io vi permetta di andarvene senza strapparvi a vostra madre e a vostro fratello è già una dimostrazione da parte mia di comprensione nei vostri confronti. Ma non posso fare di più, non so come funzionassero le cose prima di me, ma non posso permettere che tre maghi eretici vivano tranquillamente nella cittadina di cui mi occupo, mi dispiace. Mi dispiace moltissimo Marian” leggo nei suoi occhi della sincerità ma non mi basta mentre avverto ogni mia speranza andare in frantumi e un enorme macigno pesarmi sullo stomaco.

Ho tentato e ho perduto. Ogni cosa.

Sento i suoi passi mentre si avvicina ancora di più a me e posa una mano sulla mia spalla.
“Mi dispiace davvero” ripete.

In un attimo rivivo le mille fughe, i mille spostamenti e so che non finirà mai, mai.
Vedo Beth che piange e si chiede perché sia nata così, perché lo siamo io e nostro padre.
E’ una maledizione questa?
Lo è davvero?

Nonostante tutto non sono mai riuscita a vederla così, non sono mai riuscita davvero ad odiarmi, a sentirmi io quella sbagliata.
Nonostante tutto non voglio arrendermi, non ancora.
Alzo lo sguardo verso l’uomo di fronte a me e tremo come una foglia mentre i nostri occhi si incontrano.
Siamo così vicini.

“Io… posso darvi tutto quello che volete” sussurro piano, quasi come io non volessi farmi udire, mentre il mio corpo è tutto un tremito.

“Per poter restare qui a Lothering, io e la mia famiglia” concludo mentre avverto il suo respiro sfiorarmi il viso da quanto siamo vicini.

I Templari che compiono il Giuramento non possono giacere con una donna, non possono avere una famiglia e devono dedicare il loro amore interamente ad Andraste.
I Templari che compiono il Giuramento, come il Capitano Phillip, fanno voto solenne di castità.
E’ un voto sacro, uno dei più importanti, e spezzarlo equivale ad un grande peccato nei confronti del Creatore stesso.

Eppure il suo caldo respiro si fa sempre più vicino e la mano che ha appoggiato sulla mia spalla risale sul mio collo e arriva vicino ai miei capelli.
Mi tira dietro ad un orecchio una ciocca liscia di lunghi capelli neri ebano.
Sono fradicia e sporca di terra, eppure sento che mi desidera, sento il suo bisogno di me e la cosa mi terrorizza anche se non posso più tirarmi indietro.
Anche se non posso permettermi di farlo.
Sono forse la prima donna che si concede a lui dopo anni, forse sarò anche l’ultima.
Vedo la sua bocca avvicinarsi al mio volto, mentre il suo respiro diventa sempre più carico di desiderio.

“Vi prego” dico solo senza fermarlo.

“Promettetemi che potremo restare” continuo.

Lui avvicina la bocca al mio collo, ai miei capelli inspirando il mio profumo e respirando sulla mia pelle.

“Sì, lo prometto” gli sento pronunciare con voce roca.

Allora chiudo gli occhi e comincio a slacciarmi i vestiti mentre lui bacia con le sue labbra il mio collo.
Mi aggrappo alla sua promessa e mi faccio prendere da lui, mi faccio amare da un uomo che non conosco e non desidero.
Da un uomo che non giace con una donna da molto tempo ma che ricorda ancora bene come si fa.
Mi ritrovo nuda nel suo letto, tra le sue braccia, le sue carezze e i suoi baci passionali, quasi violenti, e non ci vuole molto prima che lui abbia finito, prima che lui, soddisfatto, si sdrai al mio fianco dopo avermi tolto la verginità.
Vedo del sangue colare sul letto ma non provo nulla. Guardo la mia ferita sulla gamba e mi sembra non sia nulla di diverso. Dovrebbe sconvolgermi la cosa e invece non lo fa.
E’ poco più di un graffio, niente di più.

Dico solo “Mi dispiace, per le lenzuola” ormai non tremo più.
Non ne ho più motivo.

“Non ti preoccupare…” dice rifiatando lentamente.

“Mi ha comunque fatto piacere che tu sia rimasta. Ora puoi pure tornare a casa, l’uomo che hai visto all’entrata può accompagnarti”.

“Non ce n’è bisogno… so la strada” e soprattutto non voglio tornare a casa con un Templare.
Una strana freddezza è penetrata nella mia voce.

E’ come se non avessi più paura, è come se qualcosa fosse cambiato in me, in così poco tempo, quasi un attimo.
Mi ripulisco un secondo dal sangue e mi rivesto silenziosa sapendo di avere ancora il suo sguardo su di me.

Mi volto per guardarlo un’ultima volta “Avete promesso. Ricordatevene.”

Lui annuisce con un sorriso di vittoria, che un po’ odio ma che d’altronde gli ho concesso io.
“Sono un Templare, mantengo sempre le mie promesse” stavolta sono io quella che piega le proprie labbra in un sorriso amaro, ma d’altronde posso solo fidarmi.

“Quanto accaduto stanotte non accadrà più, vero?” gli chiedo con voce piatta.

“Avete la mia parola” un Templare onorevole.

D’altronde fino ad oggi non aveva mai mancato al suo voto, presumo, forse posso davvero credergli.
O almeno provarci.

“Grazie mille” sorrido ed essendomi rivestita mi dirigo verso l’uscita della stanza, mentre ancora lui è sdraiato nudo sul letto.

“Aspetta Marian” mi blocca proprio mentre sto per uscire.

Mi volto verso di lui “Il sacco. Puoi portarlo a casa. Quelle cose sono tue”

Torno indietro e raccolgo silenziosamente tutto.
Forse dentro di me già lo sapevo che i miei tesori non sarebbero bastati, forse non è stato casuale il fatto che io sia venuta proprio di notte e che abbia chiesto di parlare privatamente con lui.
Nonostante mi senta sporca e venduta una parte di me, mentre raccolgo tutte le mie cose, non riesce a fare a meno di percepire tutto come un piano che già avevo nella testa.
Mi dico ‘Era tutto calcolato. Ora è finito’ e non so quanto mi stia mentendo, quanto in realtà io abbia ragione.

Torno verso l’uscita “A presto Marian” dice lui per salutarmi.
Io mi volto un secondo per guardare il Capitano dei Templari.

“Addio” gli dico semplicemente.

E poi scivolo via, esco da quella stanza, esco dalla Caserma con gli stessi vestiti coperti di fango, la stessa sacca piena di oggetti, gli stessi capelli lunghi neri ancora umidi.
Ma io non sono più la stessa e lo sento chiaramente mentre torno veloce a casa, come per annullare quel ricordo e fingere sia stato solo un incubo.
Ma sarebbe sciocco fingere qualcosa che non è, sarebbe sciocco prendersi in giro.
E io non sono più una sciocca, non lo sarò mai più.
Mi fermo un attimo appena scorgo in fondo la mia piccola casetta e decido di usare la mia magia per generare una piccola luce.
Con le mani la plasmo e l’appoggio di fianco a me mentre mi siedo per terra di fronte ad una grande pozzanghera. La luce è abbastanza estesa per permettermi di specchiarmi nelle acque scure.
Mi osservo attentamente, in maniera scrupolosa, quasi non mi fossi davvero conosciuta fino a quel momento.
Poi cerco nella mia sacca qualcosa e appena l’afferro sorrido soddisfatta tra me e me.
 
 
 

“Oddio Marian, che cos’hai fatto??” così mi affronta la mattina seguente mia madre.

Anche Bethany e Carver mi guardano sconvolti.

“Ti prego mamma, è solo un taglio”.

“Tutti i tuoi capelli sono scomparsi. Oh per Andraste, perché te li sei tagliati così corti?” mi domanda.

Non lo so davvero neppure io perché, ma quando ho cominciato la notte prima a regolarmeli con un pugnale recuperato tempo fa nei boschi mi sono sentita soddisfatta e veramente me stessa solo quando sono arrivata a questo punto.
Quei lunghi capelli che mi coprivano la schiena non mi appartengono più, ora sono la Marian Hawke con un taglio corto. La stessa persona eppure diversa.
Mia madre sospira mogia, ma so che ciò che davvero la preoccupa non è il mio nuovo taglio di capelli, ma piuttosto il rischio di una nuova fuga.

“Sentite Bethany, Carver, Marian… Io vi devo dire una cosa”

‘Eccola che comincia’ penso.
Gli occhi dei miei fratelli si spostano incuriositi su di lei mentre entrambi stanno finendo di mangiare la colazione. Ma in un attimo mio padre entra e scombussola ogni cosa.

“Leandra, buone notizie!” urla felicissimo abbracciando la moglie gioioso.

“Oh Cielo che succede Malcolm?” chiede lei incredula.

“Tutto è risolto, ho parlato con il nuovo Capitano e possiamo restare!”

Mia madre si fa scappare un grido di giubilo mentre butta le sue braccia intorno al collo di mio padre e tutti e due ridono come due ragazzini mentre Carver e Bethany li guardano confusi.
Io sorrido tra me e me, mentre afferro un bicchiere di latte.

“Perché? Dovevamo andarcene?” chiede Carver senza capire.

Mio padre gli si avvicina e gli da un buffetto sulla guancia “Falso allarme, potete stare tranquilli. Lothering è la nostra casa e noi non ci muoveremo mai da qui, promesso.” Poi sposta lo sguardo su di me.

“Oh, Marian. Bel taglio, ti dona piccola mia” dice affettuoso.

“Grazie” rispondo io sorridendogli un attimo, prima che di nuovo Beth e Carver comincino a parlare, trasportati dalla gioia impetuosa dei miei genitori.

Io invece sposto il mio sguardo dalla mia famiglia verso l’esterno, mentre fuori dalla finestra splende una mattinata invernale di sole.
Finalmente ha smesso di piovere.
Il mio sorriso si spegne e di nuovo osservo il mio riflesso nel vetro della finestra.
E vedo Marian Hawke, una nuova Marian, o forse quella vera, chi può dirlo.

Una giovane donna dai capelli neri corvini, disordinati e corti, incapaci di addolcire i tratti spigolosi del mio viso, incapaci di nascondere i miei occhi attenti che risplendono di un blu glaciale.

Una Marian fredda che guarda con distacco un mondo in cui avrebbe dovuto combattere e battersi, sempre, per poter rimanere a galla.
Un mondo difficile e crudele a cui lei non si sarebbe arresa.

Mai.
 

 
 
 
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One-shot che vuole descrivere una parte del carattere della mia Hawke rivivendo un momento abbastanza delicato del suo passato, un momento che la porta ad una trasformazione definitiva. Il perché del titolo è semplice: Marian è come se si "sacrificasse" per permettere alla sua famiglia di restare a Lothering, per permettere ai suoi fratelli quello che lei per molti anni non ha avuto, ovvero una casa stabile 
Collegabile alle altre one-shot della serie dedicata a questa campionessa dagli occhi di ghiaccio, alla ricerca, nel suo passato e nel suo presente, dei motivi che l'hanno resa tale, dei motivi che le hanno fatto costruire una barriera sempre più spessa che la separi dall'altro. E che nemmeno l'amore potrà spezzare. 

Spero abbiate apprezzato :) 

Un saluto! 

Ciao


ps: voglio continuare la mia long e spero a breve di ri-mettermici nonostante l'inizio dell'uni, comunque per ora mi "alleno" con queste one-shot giusto per tornare a scrivere (spero decentemente ahah) dopo la lunga pausa che mi sono presa :)
 
 
 
 
 

 
  
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