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Autore: Ann Ogg    24/09/2013    1 recensioni
Lei era perfetta, il suo modo di camminare, parlare, riporre i piatti, fare l'amore.
Lei era perfetta"
La paura di sbagliare, o di avere sbagliato senza saperlo.
Sgranando gli occhi, l'unica frase che continua a chiedersi Andy, è "e se...?" Sarebbe cambiato tutto? Niente?
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Logan era scappato. Scappato da lei, da Jamie, da Abby e Dan, dalla scuola, dal mondo. Non si ebbero sue notizie per molti mesi a venire. Nella mente di Andy, ormai prossima al termine del terzo anno di liceo, Logan sarebbe tornato da lei, o avrebbe telefonato, in ogni caso, le sarebbe stato vicino. Non le interessava sapere dove fosse, purché stesse bene. La cosa importante, era non perdere la speranza, e sentirlo vicino. Sola, nel letto di camera sua, Andy si rigirava nelle coperte, sognando il viso dell’unico vero amico che avesse mai avuto. “HAAAAAAAAAAAAA!” un urlo, seguito da uno schianto. Rumore di vetri infranti, mormorii confusi, e la voce preoccupata di suo padre. Andy, spalancando gli occhi, si mise all’ ascolto. Nulla. Stava per rimettersi a dormire, quando con un sottile filo di voce, sua madre si scusava per qualcosa. Non resistette. Si liberò con un gesto delle coperte, mise le pantofole e corse fuori dalla camera, iniziando a scendere le scale. Arrivata all’ultimo gradino, con gli occhi grandi di stupore, vide sua madre raccogliere cocci di vetro a mani nude, subito dietro di lei la vetrinetta riversa a terra in mille pezzi. Il sangue era ovunque. “Mamma!” Andy si precipitò ad aiutarla, ma lei la allontanò con un gesto, farfugliando a mezza voce “No, no, no, no, tu non puoi farlo bene, non riusciresti, sei una bambina… Lui era il mio bambino, lui era li, il mio bambino..” in una nenia senza fine, Abby aveva abbandonato la realtà, sognando di un mondo perfetto. “Andrea! Spostati da li, ci sono vetri ovunque!” disse suo padre, con uno straccio macchiato di rosso in una mano, e le braccia coperte di graffi. “Andy, chiama l’ambulanza per favore, poi torna di sopra, sistemiamo noi qui” il tono si era addolcito, ma gli occhi di suo padre facevano trapelare una paura così lontana, eppure così vera e tangibile, che la terrorizzarono. Non poté fare altro che alzare la cornetta e chiedere un’ambulanza, per poi correre di sopra, entrare in camera sua, e nascondersi sotto le coperte, così da ripararsi dalla pazzia che infestava la casa. Sentiva la testa esploderle. Eppure, la notte passò così velocemente da far sembrare tutto un sogno. L’ambulanza arrivò, insieme ad una volante della polizia: le ferite ai polsi e alle mani di sua madre erano profonde, ma a preoccupare sia i medici, che la polizia, furono i tagli al viso e quello più profondo all’altezza della carotide. Giunti in ospedale, il medico dichiarò di voler richiedere un consulto psichiatrico “così da vagliare ogni possibilità”, disse questo in modo formale e macchinoso. Il ricovero, gli scatoloni, la casa sempre più silenziosa, non furono altro che il ritornello delle chiamate in piena notte, delle visite settimanali, delle unghie spezzate e dei compiti a scuola. Andy aveva completamente perso la sua famiglia. La sensazione di solitudine ed oppressione, divennero una costante delle sue giornate. Allontanatasi da Jamie, dalle amicizie a scuola, e da ogni cosa la legasse ancora al mondo, Andy si sentiva perduta. Dan cercava in ogni modo di non far pesare la mancanza della moglie in casa, tenendo ogni angolo ordinato e pulito, come lei avrebbe voluto che fosse, tutto semplicemente perfetto. Andy apprezzava i suoi sforzi, ma pensava a tutt’altro, non era di certo suo padre colui che poteva salvarla. Era sola, sola contro il muro di falsa compassione dei vicini, e la sua paura di impazzire. Dentro di lei però, qualcosa si stava dibattendo per uscire, qualcosa che avrebbe sicuramente apportato un cambiamento alla vita della giovane. Il processo prese il via una mattina. Era sabato, Andy era rimasta in casa a studiare, mentre suo padre era andato a trovare Abby. Nel frattempo, Josh, uno dei tanti giocatori di baseball della scuola, lavorava come postino per pagarsi i futuri anni al college. O almeno così diceva in giro, anche se tutti sapevano del suo debole per le quattro ruote. Josh non era propriamente un postino, più che altro consegnava i giornali la mattina, e ritirava le bottiglie vuote del latte la sera, per conto di suo zio. Si fermava spesso più a lungo davanti a casa di Andy, sperando di scorgerla passeggiare per casa; aveva una profonda e colossale cotta per quella ragazzina sfortunata. Quella mattina, suonò alla sua porta, e le lasciò il giornale tra le mani con un occhiolino, strappandole un sorriso. “Ancora qui, eh?” disse lei in modo scherzosamente ammiccante, “Perché, dove mi preferivi?” disse lui, imitandone il tono. Rientrata in casa, sorrise. Non capitava più così spesso, ma Josh era diverso. Aveva due anni in più di lei, ma essendo figlio di un ex marine, a causa dei molti spostamenti, aveva finito per perdere un anno di scuola, finendo nella stessa classe di Jamie. Andy non capiva come potesse mai piacere a un tipo come lui. Sua madre e suo padre, di origine europea l’una, e centro americana l’altro, avevano dato vita a Josh, un mix perfetto dei due: la pelle color caffelatte, andava a cozzare con i capelli castano pallido. Solo i suoi occhi non la convincevano, erano gialli. Come il miele. Facendo queste riflessioni, posò distrattamente il giornale sul tavolo della cucina, che scivolò sul pavimento, aprendosi a metà, mostrando quella che sembrava una semplice busta bianca. Non vi era intestazione, e una piccola fiamma di speranza le colorò il viso. Chiuse la porta e salì in camera. Quella lettera, sarebbe stata l’inizio della sua nuova vita.
  
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