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Autore: Sinead1370Kimaira    24/09/2013    0 recensioni
Thomas Mulloy ha sempre creduto molto in Dio.
A dire la verità non proprio sempre.
C'è stato un periodo della sua vita in cui aveva paura perfino di recitare un'Ave Maria.
E' stata sua sorella Marianne ad insegnargli a pregare.
Ed è stato lui a trovare il cadavere della sorella.
Da quel momento in poi si dedica completamente alla religione, senza però capire che non è Dio a salvare l'uomo, ma l'Amore.
Seconda classificata al contest "15 personaggio in cerca d'autore" indetto da OkinoLinYu sul forum di EFP.
I personaggio di Thomas Mulloy non mi appartiene, ma è di proprietà di OkinoLinYu.
Genere: Dark, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Non è stato Dio. E’ stato l’Amore.
Genere: Drammatico, Dark,  Fantasy.
Rating: Arancione.
Lunghezza: 15 pagine word/ 8739 parole (secondo Word) Coppia: Slash/Shonen-ai.
Personaggio scelto: Thomas Mulloy
Note: Allora alcune precisazioni: Al posto della parola “Padre” ho preferito usare “Priest” (sostantivo inglese) giusto per gusto personale. La parola Demone è scritta con la lettera maiuscola volontariamente. Il paese di Rye è realmente esistito, invece Lez/Lex no. La storia del Demone la puoi trovare qui http://it.wikipedia.org/wiki/Azazel . L’ordine dei preti l’ho inventato io. Tutto ciò che riguarda gli Angeli è frutto di studi personali tra libri e siti. 




Disclaimer: Il personaggio di Thomas Mulloy non mi appartiene, ma è di proprietà di OkinoLinYu.


 
Non è stato Dio. E’ stato l’Amore.
 

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“Thomas l’ha uccisa! Thomas l’ha uccisa!”.
Correndo a perdifiato tre bambini urlavano e annunciavano la macabra notizia come fosse una filastrocca, scappavano dal loro coetaneo con le mani ricoperte di sangue che ansimava carponi sul cadavere di una ragazza.
Sua sorella Marianne.
Riscuotendosi li inseguì gridando come un ritornello:“ Non è vero! Non l’ho uccisa io!” Le parole si rincorrevano come una ballata mentre uomini e donne, anziani e giovani, uscivano dalle abitazioni arroccate nella valle.
Arrivarono al centro della piazza, all’ombra del salice, di fronte alla chiesa di Saint Paul e con gli occhi del santo puntati su di loro, continuarono quel tira e molla di parole.
“Ti abbiamo visto mentre la ammazzavi!”.
Gridavano i ragazzi puntando il dito contro Thomas che si stringeva convulsamente le mani al petto, incurvandosi nelle spalle e rispondendo con un timido: “ Non è vero… Io non ho fatto niente…”
Le parole pronunciate con cristallina voce infantile erano accusatorie e pesanti: “Assassino! Assassino!”.Terrorizzato e col fiatone il bambino si accasciò a terra, coprendosi la testa con le mani e rannicchiando le ginocchia al petto, come a proteggersi dalle parole infamanti.
Era la sua sorella preferita.
Quella che lo portava sempre al mercato e che lo aiutava a recitare le preghiere della sera, quando il buio diventava spaventoso e ricco di mistero.
Una pietra lo colpì sul braccio.
Un’altra alla gamba.
Un’altra ancora alla testa.
Rimase immobile, il corpo insensibile e paralizzato, le lacrima ferme ai bordi degli occhi, incapaci di rotolare giù dalle guance. Non riconobbe subito le braccia che lo sollevarono da terra e le mani callose che gli tastarono i lividi, non riconobbe nemmeno il petto morbido e le vesti ruvide che toccarono il suo volto quando fu stretto in quello che doveva essere un abbraccio protettore.
Forse era sua madre.
O forse una delle sue sorelle.
Di certo non era Marianne.
Marianne era morta.
Marianne non c’era più.
Il buio lo avrebbe catturato di certo adesso, il pesante Cristo in legno sarebbe sceso dalla croce in camera sua e lo avrebbe braccato per gettarlo nelle fiamme dell’Inferno. Marianne non c’era più.
Urlò.
Con tutto il fiato che i suoi polmoni da adolescente potevano contenere, urlò fino a slogarsi l’ugola, urlò con la gola arsa mentre sembrava che qualcuno gli stesse versando in gola interi sacchi di sabbia, urlò finché la voce non gli morì in gola.
 
 
 
 
 
 
 
 
Thomas Mulloy era l’ultimo figlio di una povera famiglia di contadini che abitava in fondo alla vallata.
Una famiglia normale, nella quale tutti si alzavano al canto del gallo e con le prime luci del sole iniziavano a lavorare, una famiglia che si riuniva tutte le sere attorno allo stesso tavolo a mangiare zuppa di cavolo riscaldata e che recitava le preghiere di fronte al camino, con le stelle alte nel cielo. Si respirava sempre un clima caldo e accogliente tra quei freddi e spessi muri in pietra e nonostante la povertà e gli stenti tutti si davano da fare, senza mai mostrarsi affaticati. Era una famiglia semplice e normale, timorata di Dio e tenuta insieme da una forte voglia di lavorare e sopravvivere.
Ma quella sera la mamma non aveva cucinato. Madalina non era riuscita a bollire il cavolo col cadavere di sua figlia in casa e aveva abbandonato la cucina per pettinare un’ultima volta il capo di Marianne.
Thomas l’aveva guardata.
Nascosto dietro lo stipite della porta, aveva visto il corpo immobile della sorella e aveva sentito le nenie appena sussurrate che sua madre stava cantando. E poi l’aveva sentita piangere. Non succedeva mai. Sua madre era forte, era sempre stata abbastanza forte per tutti in famiglia.
Se andavano male i raccolti, lei cuciva fino a notte fonda i corredi delle figlie dei nobili; se una sera non c’era abbastanza zuppa di cavolo, lei la allungava con l’acqua e rinunciava in silenzio al suo piatto; se qualche ragazzino lo insultava o lo picchiava, lei era sull’uscio di casa ad aspettarlo per consolarlo e per potergli curare in silenzio le ferite.
Thomas aveva sentito una morsa stringergli la gabbia toracica e afferrargli il cuore e con passo incerto aveva provato a entrare nella camera per consolare sua madre, ma lei si era tirata su e dopo essersi tamponata gli occhi con un fazzoletto gli aveva detto: “ Ho lasciato la nonna in cucina, devo aiutarla. Vieni Tommy, lascia riposare tua sorella. E’ con Gesù ora.”
Le braccia di sua madre gli avevano circondato le spalle e lo avevano condotto nella cupa cucina, per poi lasciarlo vicino al tavolo al centro della stanza. Le voci delle due donne arrivavano sommesse, coperte dai rumori delle pentole e dal crepitio delle fiamme.
Thomas si sedette al suo posto, restando a guardare la camera della sorella e solo quando sua madre gli disse di aprire la porta si alzò dal suo posto per lasciar entrare suo padre e suo fratello Robert reduci da una faticosa giornata di lavoro nei campi.
Suo fratello maggiore era più grande di tre anni e somigliava moltissimo a suo padre, con quei capelli ispidi e neri, gli occhi scuri e la pelle abbronzata di chi lavora per ore sotto il sole cocente.
Si lavarono nella stalla, con un calderone di acqua che la madre aveva riscaldato prima del loro arrivo e si asciugarono con dei lenzuoli grezzi che Thomas aveva portato loro correndo.
Se non poteva lavorare cercava almeno di rendersi utile. A differenza di Robert, il quale a undici anni andava già nei campi col padre, Tommy non era in grado di resistere tutta la giornata al lavoro e per questo si limitava ad aiutare sua madre a prendere l’acqua al pozzo o a comprare qualcosa al villaggio.
Erano rientrati in casa per la cena e avevano trovato i piatti di zuppa di cavolo sul tavolo, un tozzo di pane a testa e una caraffa con dell’acqua appena bollita.
Avevano cenato in silenzio, rispettando in qualche modo il lutto che li aveva colpiti e solo suo padre, verso la metà della cena aveva detto con voce cupa: “ Ho parlato col prete nuovo… faranno i funerali domattina.” Tutti avevano annuito e col capo chino avevano continuato a mangiare.
Thomas non aveva mandato giù niente, ma aveva passato il piatto al fratello, che lo aveva accettato di buon grado.
 
La prima notte senza Marianne era stata tremenda.
Peggio di un’escursione nelle fredde catacombe della Chiesa di Saint Paul.
Thomas non aveva pregato quella notte.
Appena era sgusciato fuori dalle coperte per inginocchiarsi sulle ruvide tavole di legno l’ansia e il terrore si erano impossessati di lui scuotendolo da capo a piedi come un giunco.
Il crocifisso che sua sorella gli aveva insegnato ad amare e a pregare sembrava volerlo trascinare nelle fiamme dell’Inferno per fargli espiare i suoi peccati. Forse aveva ucciso veramente lui Marianne.
Forse era colpa sua.
Aveva camminato verso il cuore del bosco per tutta la mattinata e si era fermato su un vecchio tronco marcio guardandosi semplicemente intorno, fin quando due occhi rossi non erano spuntati da dietro un albero massiccio.
Poi il buio.
Un tempo indefinito in cui il suo cervello si era spento, sprofondando in uno stato di profonda catalessi priva di vita che era terminato con la visione del cadavere di sua sorella che sembrava fissarlo con quei grandi e vacui occhi marroni piantati nei suoi.
Aveva le mani sporche di sangue.
Sua sorella aveva uno squarcio all’altezza del petto, un buco quasi.
Strinse gli occhi per scacciare quelle immagini cruente e per ricacciare indietro le lacrime. Con un gesto disperato strappò il crocifisso dal muro, lasciando cadere il gancio sul pavimento e lo spostò sul davanzale, correndo poi ad infilarsi sotto le coperte.
Tirò le ginocchia al petto e scrutò la stanza attraverso il piccolo spiraglio che si era lasciato per respirare. Il crocifisso era immobile sul davanzale e da lontano sembrava decisamente meno minaccioso, ma qualcosa fuori dalla finestra attirò la sua attenzione. Come attirato da un richiamo si alzò titubante con le mani al petto e spostando una tendina scrutò fuori e vide una figura appollaiata a terra.
Era un uomo.
O almeno così sembrava.
Era di spalle e la luce della luna piena gli illuminava i possenti muscoli e ne disegnava i contorni della robusta spina dorsale. Guardava verso il bosco. Thomas si sporse un po’ di più per cercare di capire cosa attirasse la sua attenzione, ma di scatto l’uomo si girò. Due occhi rossi. Due infernali occhi rossi. D’impulso il ragazzo strinse il crocifisso come un’ancora nel bel mezzo della tempesta e scappò a letto chiudendo gli occhi.
Quella notte sognò di affogare.
Ma il mare era interamente rosso.
 
 
 
Completamente intontito e spaventato dall’incubo, Thomas si era tirato a forza da sotto le coperte e aveva raggiunto la chiesa insieme alla madre e alla sorella Emma. Nel cortile c’era Joanna,la primogenita dei Mulloy, appena arrivata dal paese dove si era trasferita col marito subito dopo il fortunato matrimonio con un facoltoso allevatore di un paese accanto.
Con passo lento e capo chino i Mulloy entrarono in chiesa per dare un ultimo saluto a una delle loro ragazze.
Al funerale di Marianne c’era tutto il paese. Qualcuno era venuto per pura cortesia, qualcun altro per rispetto e altri ancora solo per non avere scrupoli di coscienza.
Ma tutti avevano guardato con astio e sospetto Thomas. Decine di sguardi uguali che lo accusavano, qualcuno rantolava una preghiera quando gli passava vicino e le madri facevano il segno della croce sulla fronte dei loro figli. Ora oltre ad essere “il ragazzino che parla col bosco” era diventato “ il ragazzo che parla col bosco mentre uccide sua sorella”.
Entrando a capo chino in chiesa si sedette al primo banco accanto al fratello e al padre, socchiudendo gli occhi per non guardare la rudimentale cassa appoggiata vicino all’altare. Piantò gli occhi sulle mani racchiuse in grembo e rimase a fissarle per tutta la celebrazione, incapace di rendersi in qualche modo partecipe di quello che stava succedendo fuori dal suo campo visivo.
Marianne Mulloy fu seppellita in una fredda giornata di novembre. Il suo corpo fu sepolto nel rettangolo di terra adibito a cimitero, accanto ai nonni materni. Marianne fu seppellita tra le lacrime della sua famiglia, mentre un paio di occhi rossi comparivano e scomparivano da dietro gli alberi circostanti.
 
 
Nel pomeriggio, verso le quattro, qualcuno bussò alla porta di casa. Suo padre non si era tolto il vestito buono e aveva preso una bottiglia di vino rosso, mentre sua moglie aveva cucinato dei panini con le noci e si era coperta il capo con un fazzoletto nuovo. Thomas non aveva capito per quale motivo anche lui aveva dovuto tenere il vestito elegante e senza chiedere si era seduto al tavolo, aspettando che i suoi genitori gli spiegassero qualcosa. Invece non avevano aperto bocca, fino a quando non avevano bussato alla porta. Suo padre si era diretto con passo svelto ad aprire e nella stanza erano entrati due uomini vestiti di nero.
Due preti.
Thomas si era guardato intorno un po’ spaesato e poi aveva sentito uno dei due chiedere: “ E’ lui il ragazzo?” Suo padre aveva annuito e li aveva fatti accomodare mentre apriva la bottiglia di vino e sua moglie portava in tavola i panini.
I due uomini guardavano seri Thomas,  come a volerlo studiare con le loro occhiate misurate. Istintivamente il ragazzo si ritrasse sulla sedia e cercò di distogliere lo sguardo che però rimase comunque incatenato a quello del prete che sedeva a sinistra. Era alto e robusto, con un paio di spalle possenti e i capelli portati stranamente lunghi e fermati in una coda che gli ricadeva nel cappuccio.
Le mani callose e grandi conservavano una certa eleganza nei rapidi movimenti che compievano e un anello d’oro con delle incisioni faceva bella mostra di sé sul pollice del prete, mentre un massiccio crocifisso penzolava all’altezza dello sterno. Il volto era statico, fermo in un’espressione inquietante e inquisitoria.
Gli occhi erano grandi e di un marrone tendente al ramato, contornati da lunghe ciglia, le labbra si stringevano in una sottile linea rosa pallida che sembrava inadatta a far fuoriuscire una qualunque parola dolce. L’altro prete invece, conversava con suo padre  senza degnarlo di uno sguardo e solo dopo un buon quarto d’ora sentì il signor      Mulloy dire: “Non vi darà alcun fastidio, è un ragazzo docile e timorato di Dio.
E’ molto devoto a Nostro Signore, infatti ogni sera non si addormenta fin quando non ha recitato tutte le preghiere e le devozioni.” Suo padre però non sapeva che Thomas lo faceva per paura. Paura di finire all’Inferno.
Stringendosi nelle spalle chinò il capo sfuggendo finalmente alla catena invisibile che lo teneva legato allo sguardo dell’altro prete e rialzò gli occhi solo quando sentì dire: “ Saremo lieti di accogliere un’altra anima buona tra noi. Fatelo trovare pronto per domattina e passeremo a prenderlo per le undici, dopo la Santa messa.”.
Thomas iniziò a tremare come se la neve di dicembre gli si fosse riversata completamente addosso, guardò freneticamente suo padre e sua madre per chiedere spiegazioni e Madalina gli si avvicinò dicendo: “ Thomas, quei signori facevano parte dell’Ordine Supplicante dei Santissimi Angeli, sei stato molto fortunato che ti abbiamo accettato con loro. Diventerai un sacerdote e potrai continuare la tua vita lontano da qui. Ora vai a preparare una sacca con qualcosa per il viaggio.”
Thomas svenne. Cadde a terra in un tonfo sordo e chiuse gli occhi, sperando con tutto il cuore di svegliarsi da quell’incubo.
 
La sua vita era cambiata nel giro di due giorni. Il suo destino era arrivato puntuale una domenica mattina, dopo la Santa Messa, con un calesse nero e lo aveva portato via dalle braccia di sua madre.
Sul retro della chiesa aveva aspettato con i suoi genitori, respirando pesantemente per nascondere l’agitazione e perdendo lo sguardo tra le nuvolette bianche che si formavano ogni volta che espirava.
Suo padre guardava ritto davanti e teneva la sua sacca poggiata su una spalla.
Era leggera.
Aveva portato giusto due pantaloni di tessuto grezzo e due maglie, escluso il vestito elegante che aveva già indosso. Nascosto nella tasca del pantalone c’era il crocifisso di Marianne.
L’aveva preso quella notte dalla camera della sorella e lo aveva infilato sul fondo della sacca, sperando in quel modo di portare un pezzo di casa con sé. Il calesse arrivò alle undici in punto e i due preti scesero, dirigendosi con passo deciso verso di loro. Suo padre porse loro la mano destra salutandoli, mentre infilava la sinistra in una tasca, estraendone un tintinnante sacchetto nero.
Monete.
Tante monete.
Forse le uniche che la sua famiglia possedesse. Il sacerdote calvo aprì il sacchetto e prese a contare avidamente le monete, sotto lo sguardo sdegnato dell’altro che, invece, aveva focalizzato la sua attenzione su Thomas, mettendolo evidentemente in soggezione. Rimettendo a posto le monete disse: “ Tranquillo signor Mulloy, il segreto di vostro figlio è al sicuro. Lo porteremo con noi e nessuno saprà niente dell’omicidio.” Stringendosi le mani al petto Thomas disse con voce titubante e rotta: “ Non… Non ho ucciso… io Marianne…”.
Il sacerdote calvo si voltò verso di lui e disse: “ E’ esattamente quello che dovrai dire a tutti. Nessuno scoprirà niente.” Disorientato, guardò verso i suoi genitori, ma suo padre gli diede in mano la sacca da viaggio e sua madre si chinò appena a sfiorargli la fronte in un bacio veloce. Gli voltarono le spalle. Se ne andarono scomparendo nella nebbia, perduti per sempre come un fugace ricordo.
Gettando a terra la sacca iniziò a correre verso di loro, incespicando nei sassi, cercando in tutti i modi di raggiungerli. Li chiamò a gran voce, mentre un corpo pesante e nerboruto lo afferrava per la vita, alzandolo da terra e portandolo verso la carrozza.
Agitava convulsamente braccia e gambe, fermandosi solo quando il dolore della schiena che urtava contro le pareti di legno del calesse gli arrivò dritto al cervello. Il prete dai capelli lunghi si sedette accanto a lui, bloccandogli ogni via di fuga.
Ma Thomas non voleva più fuggire.
Lo avevano abbandonato.
Era solo.
Non lo volevano più.
Il prete calvo salì a sua volta sul calesse e si sedette di fronte dicendo: “ Quanto chiasso ragazzino! Dovresti esserci grato che per pochi spiccioli ti copriamo, piccolo assassino. Appena arriveremo ti daremo dei nuovi vestiti. La tua vita d’ora in poi sarà al convento, ti ordineremo sacerdote non appena compirai l’età adatta, dimenticati tuo cognome, tanto non ti servirà.” Thomas lo guardava con i grandi occhi spalancati e con voce tremolante disse: “ Voi come.. fate… a sapere di… Marianne?” L’altro rise e disse: “ Hanno chiamato degli esorcisti ragazzino, volevano scacciare il demonio che c’è in te… e indovina, noi siamo gli esorcisti e ti abbiamo fatto un favore credimi. Ora sta zitto e non disturbarci, il viaggio è lungo.”
Il ragazzo si strinse nelle spalle tremando, si accorse solo dopo qualche centinaio di metri che la sua borsa era rimasta a terra e nessuno si era curato di prenderla. Infilandosi la mano in tasca strinse il crocifisso di sua sorella, cercando un conforto che non arrivò.
 
 
Il convento era lontano. Molto lontano. O almeno così gli era sembrato. Una struttura algida e sterile si stagliava nei pressi di un fiume, completamente ricoperta dalla nebbia pre-invernale che copriva i campi che evidentemente venivano coltivati dai frati. Arrivò nel freddo chiostro ricoperto di enormi blocchi di pietra grezza e un vento freddo lo spinse facendo quasi perdere l’equilibrio. Affiancato dai due preti si addentrò nei corridoi, oltrepassando un portone in legno e ferro che si chiuse con un tonfo alle sue spalle, intrappolando il mondo fuori da quelle mura. Sembrava di essere in un altro mondo.
Un universo fatto di toghe nere che si muovevano frettolosamente per i corridoi, preghiere bisbigliate e cantate, voci che intonavano canti tetri.
Di fronte a loro vide venire una carovana di quattro preti con cappucci neri a punta che coprivano interamente il volto, lasciando liberi solo gli occhi. Si salutarono in una lingua che col passare degli anni avrebbe capito essere latino e insieme scesero per una scala a chiocciola umida e stretta. Le domande non erano ammesse e anche il suo cervello era come intrappolato in una melmosa palude di paura e terrore che gli rendevano impossibile un qualunque ragionamento. Scesero in una stanza dal soffitto basso e illuminata da poche candele.
Faceva freddo.
Tanto freddo che Thomas iniziò a battere i denti.
Lungo le pareti c’era una lunga fila di preti incappucciati che lo fissavano e i due che lo avevano prelevato da casa si infilarono il cappuccio e lo lasciarono da solo al centro della sala circolare.
D’istinto abbassò lo sguardo e notò un raccapricciante disegno sul pavimento.
Un angelo.
Sanguinava da due squarci che aveva sulla schiena e fissava verso l’alto con un espressione di supplica e dolore dipinta sul volto. I monaci iniziarono ad intonare un basso canto e uno di loro gli si avvicinò dicendo: “ Thomas Mulloy, davanti a Dio e ai suoi Santissimi Angeli sei colpevole dell’omicidio dell’anima buona di tua sorella. Chiedi perdono e verrai ammesso fra noi.” Il ragazzo balbettò e incespicò all’indietro, cadendo. Il prete continuò: “Hai strappato il cuore a tua sorella, le hai infilato una mano tra le costole per rubarle la vita, confessa!”
Thomas strabuzzò gli occhi e trattenne un conato di vomito. Le avevano strappato il cuore. Una mano pesante gli strappò la maglia e altre due mani gli afferrarono le braccia, immobilizzandolo il ginocchio.
Dal fondo della sala vide emergere un ferro rovente che bruciava di luce gialla e una voce precedette il dolore e disse: “ Nel nome degli Angeli noi ti purifichiamo, rinasci dalle tue ceneri!”
Odore di carne bruciata.
Dolore.
E una preghiera.
Signore… Se ci sei… Salvami…
 
 
 
Camminando a passo svelto per il corridoio continuava a guardare i proprio passi incedere frettolosi e attenti. Le scarpe nere venivano coperte dalla stoffa del lungo abito ogni volta che avanzava. Erano diciotto anni che vestiva sempre in nero.
Ogni sera lavava con cura il suo abito nero e ogni mattino lo indossava con fede. Thomas era cresciuto. Aveva imparato a non curarsi degli altri preti e a pensare solo al suo Signore. Il suo Dio. Quello che diciotto anni prima lo aveva salvato e purificato da tutti i peccati. Non ricordava più niente della sua precedente vita, non aveva più avuto notizie dei suoi familiari. Non gli mancava la sua vecchia famiglia, ora aveva Dio.
Tutte le notti pregava per ore, con enfasi e trasporto e tutte le mattine si alzava alle quattro per andare a pulire la cappella e per vegliare il tabernacolo.
Portava sempre fiori freschi e di preoccupava che i paramenti sacri fossero sempre puliti e ordinati.
Era maniacale in questo.
Li ordinava personalmente nei cassetti dei mobili della sacrestia e li lavava con cura a mano, sciacquava e lavava con minuzia le ampolline e il calice dopo ogni celebrazione e sostituiva le candele prima di ogni veglia.
Spolverava tutte le statue, ripulendo con cura tutti gli incavi e non lasciava ma la chiesa vuota. In mancanza di attività da svolgere si dedicava alla cappella per tutto il giorno, pregando giornate intere e ripetendo come un mantra tutte le preghiere imparate in quegli anni.
Le recitava in latino, in inglese, restava in ginocchio leggendo le suppliche e si stendeva sul freddo marmo per chiedere perdono. Svolgeva tutti quei compiti che gli altri preti lasciavano in sospeso, si occupava dei sacerdoti più anziani portando loro da mangiare o pregando con loro, riceveva i fedeli in cerca di conforto e aiutava i poveri di passaggio regalando loro vecchie tuniche dismesse.
Non aveva amici.
Esattamente come il Thomas adolescente di tanti anni prima. 
Gli altri preti della sua età non si presentavano quasi mai in chiesa e trascorrevano la maggior parte del tempo a giocare a dadi nei vari saloni oppure a farsi scherzi fra loro. I sacerdoti più anziani non uscivano mai dalle loro stanze; i “Messaggeri della Buona Novella”, ovvero i sacerdoti che si occupavano di convertire le ultime popolazioni pagane, tornavano al convento solo per ripartire pochi giorni dopo e i Cardinali, Vescovi e Priori non sapeva nemmeno della sua esistenza. Il vecchio Priore, quello che lo aveva marchiato col simbolo della purezza appena arrivato al convento, era morto due anni dopo.
L’avevano trovato riverso nel suo stesso sangue con uno squarcio all’altezza del petto. Gli mancava il cuore. L’efferato omicidio era stato coperto in breve tempo e dimenticato per ordine del nuovo Priore. Il prete coi capelli lunghi che lo aveva portato lì. Priest Albert. E ora proprio lui lo aveva convocato nel suo ufficio, costringendolo a quella corsa furiosa per i labirintici corridoi. Aveva lasciato i paramenti sacri sul tavolo senza riporli nei loro cassetti.
Lo avrebbe fatto al suo ritorno in cappella. Arrivato di fronte alla porta dell’ufficio del Priore si lisciò le pieghe dell’abito e bussò delicatamente una volta.
Un mugugno indistinto gli arrivò alle orecchie e gli diede il permesso di aprire.
Entrò e si richiuse la porta alle spalle. Il Priore era seduto dietro al suo scrittoio e lo guardava truce. Istintivamente Thomas arretrò e andò a sbattere contro il petto di un suo compagno.
Chinando il capo chiese timidamente scusa. Quando rialzò lo sguardo, vide un altro prete a lui sconosciuto che sedeva su una poltrona in un angolo. Era anziano e indossava un ricco abito nero, con un berretto ricamato in lana rossa a coprirgli il capo e sulle mani racchiuse in grembo sfoggiava tre anelli d’oro massiccio e un rubino. Un Cardinale.
Quando il Prete alzò lo sguardo, lui notò una cicatrice che gli sfregiava una guancia e una serie di tatuaggi neri lungo l’occhio sinistro.
Un esorcista.
Li aveva visti poche volte gli esorcisti e li aveva sempre ammirati per il loro coraggio, ma si era da sempre reso conto di non essere adatto a quella carica. Priest Albert passò davanti  alla scrivania in mogano e andò a sistemarsi di fronte a Thomas, incrociando le braccia al petto e incatenando lo sguardo a quello del giovane prete. Quegli occhi marroni lo mettevano sempre in soggezione.
Al centro della stanza, circondato da tre sacerdoti suoi coetanei e sotto l’attenzione del Priore e del Cardinale Esorcista, Thomas sentiva lentamente la nausea e l’ansia crescergli nel petto.
Deglutì sonoramente e quasi si affogò con la saliva, cercando di riprendere fiato con un lieve colpo di tosse. Priest Albert disse con voce cupa: “ Hai rubato tu i fondi della cappella, non è così?” Thomas indietreggiò come schiaffeggiato e si portò una mano alla gola, quasi a voler allentare la tensione di una morsa invisibile che minacciava di strangolarlo. Il Priore continuò: “ I tuoi compagni ti hanno visto stamattina mentre rubavi del denaro e ti hanno visto mentre lo nascondevi in camera.” Ritornò dietro la scrivania con passo marziale e con un sonoro e forte calcio spostò una cesta che giaceva accanto alla sedia.
Era la cesta dove Thomas riponeva i suoi effetti personali.
Ad un cenno del capo gli altri tre sacerdoti si fiondarono come cani rabbiosi sulla cassa in paglia e legno, smembrandola e svuotando il suo contenuto sul pavimento. Uno di loro estrasse un panno arrotolato che Thomas non aveva mai visto e depositandolo sulla scrivania lo aprì, riversando un cospicuo numero di monete che tintinnarono.
Il Priore ne afferrò due e se le rigirò tra le dita, prima di scagliarle contro Thomas colpendolo all’altezza del volto.
Dopodiché gli si avvicinò e lo afferrò per il bavero, alzandolo quasi da terra e gli disse sprezzante: “Ecco perché trascorri tutto quel tempo in quella cappella… da quanto tempo ci derubi, eh?” Il ragazzo annaspò e tentò di rispondere, balbettando: “ Io… non ho rubato… niente… lo giuro…”
Il Priore rise sguaiatamente e lo lasciò andare sibilando: “ Hai imparato molto bene a mentire… Ma dopotutto sei abituato a coprire le tue malefatte, vero piccolo Demonio?” Thomas si accasciò su se stesso, poggiando pesantemente le mani a terra e respirando con difficoltà mentre il sudore gli imperlava la fronte. Si ritrovò carponi, col volto quasi schiacciato tra i suoi vestiti tutti uguali e la mente che mandava in continua ripetizione una macabra immagine.
Sua sorella morta.
Credeva di aver dimenticato quella maledetta storia.
La voce di Priest Albert arrivò dura e disse: “ Come vedete, Egregio Cardinale, abbiamo trovato il colpevole. Personalmente non me la sento di cacciarlo dall’ordine, altrimenti i fedeli potrebbero pensare che coviamo delle serpi in seno e ritengo più opportuno mandarlo ad evangelizzare l’ultima colonia di barbari pagani su al nord.” Il Cardinale si alzò e lo squadrò dall’alto con occhi carichi di disprezzo e superbia. Gli passò accanto sgusciando fino alla porta e disse con voce fredda e disgustata: “ E sia. Cacciatelo da questo convento prima che rovini il nostro buon nome.”
Priest Albert ghignò e si inchinò nel vedere il Cardinale che usciva.
Thomas rimase fermo carponi e chiudendo gli occhi iniziò a pregare il suo Dio.
 
 
“ So che ti hanno incastrato” bisbigliò più volte una vocina sottile.
Thomas si fermò e vide sulla soglia della cappella uno dei tanti ragazzi che stavano per prendere i voti.
Si chiamava Paul e gli mancavano sei mesi per diventare prete. Il ragazzo si avvicinò e gli bisbigliò all’orecchio: “ Li ho sentiti mentre dicevano che il Cardinale si stava insospettendo a causa della mancanza di denaro, hanno detto che avrebbe deposto il Priore e avrebbe mandato i suoi assistenti in missione. Per questo hanno incastrato te.”
Thomas si sedette sfibrato su una panca e fece segnò al ragazzo di accomodarsi accanto a lui. Quando furono vicini gli disse: “ Tanto tempo fa mi preoccupavo delle cose dell’uomo. Ora invece pensò solo al mio Signore e se Lui mi ha sottoposto a questa prova significa che mi aiuterà.”
L’altro si alzò di scatto e disse: “ Secondo me dovresti dirlo al Cardinale. Potrei testimoniare per te. Così toglieremo per sempre di mezzo quello scorbutico presuntuoso di Priest Albert.”
Thomas scosse il capo e disse: “ Si compia la volontà del Signore. Abbi fede, Paul.”
Il ragazzo scosse il capo e si cacciò le mani nelle tasche dell’abito incamminandosi verso l’uscita. Quando fu versò il centro della navata voltò il capo e disse: “ Priest Thomas… non farti ammazzare… altrimenti non avrò più nessuno che pregherà con me la notte.”
E con ciò uscì.
Mentre si dirigeva nella sua stanza, Thomas ripensò alle parole del ragazzo e si rivide adolescente, troppo spaventato per riuscire a pronunciare una sole sillaba di una preghiera.
Ora invece era terrorizzato dal solo pensiero di dimenticare qualche devozione o qualche supplica. Sorrise a questo pensiero e spinse la pesante porta della sua cella, iniziando a sgombrarla dei suoi effetti personali. Infilò in una sacca grezza un paio di abiti di ricambio e della biancheria, ripose con cura due breviari e una copia della Sacra Bibbia ricordandosi di prendere anche un piccolo quadernino contenente delle antiche preghiere che gli avevano fatto conoscere i preti più anziani.
C’era una preghiera in particolare, una devozione al Santissimo Arcangelo Michele che era senza ombra di dubbio il pezzo più antico e particolare.
Era una pergamena grande quanto la sua mano, con delle ricche miniature sui bordi e scritta in una sapiente e nobile grafia.
Comparivano sparsi nomi di Angeli a lui sconosciuti e sul retro vi era un simbolo con nove cerchi concentrici e la scritta “Colui che deve andare in prigionia andrà in prigionia; colui che deve essere ucciso di spada, di spada sia ucciso.”
Era una frase dell’Apocalisse che lui aveva incontrato più volte durante le sue letture solitarie e si era stupito di trovarla scritta su quella pergamena.
Gliel’aveva donata un vecchio esorcista che aveva assistito nei suoi ultimi istanti di vita e prima di spirare gli aveva messo in mano questa vecchia pergamena dicendo: “ In questo sta la costanza e la fede dei santi. Il Male è vicino a te… attento… ti sta seguendo…”
Si era spaventato molto a queste parole, per giorni aveva avvertito come qualcuno che lo pedinava e la notte aveva dormito con le coperte tirate fin sopra al capo.  Quando ebbe finito di raccogliere il tutto infilò la mano sotto il cuscino e estrasse il crocifisso che si era portato dietro quando era partito di casa e lo mise in una tasca dell’abito, inginocchiandosi poi per pregare un’ultima volta tra le mura de convento.
 
 
Lasciò la struttura che era stata casa sua per diciotto anni in una gelida giornata di Gennaio, incamminandosi da solo per le nebbiose valli che si estendevano a perdita d’occhio attorno al convento. Il fiume scorreva velocemente, carico dell’acqua delle piogge invernali e la brina che ricopriva l’erba gli bagnò le scarpe e gli inumidì il bordo della tonaca.
Doveva camminare fino al centro abitato di Rye, cercare un mezzo di trasporto diretto a nord e sperare che qualcuno si impietosisse di fronte ad un povero monaco in viaggio. Non gli avevano dato dei soldi da portare dietro e lui non aveva risparmi personali, dato che non aveva mai guadagnato niente. Procedeva di buona lena, con passo veloce e capo chino per evitare le buche e i sassi che avrebbero rischiato di farlo inciampare.
Arrivato nella cittadina di Rye fu completamente stordito dai colori e i suoi che lo investirono. Larghe strade piene di botteghe e palazzi colorati, bancarelle di frutta e utensili per cucina, bambini che rincorrevano oche selvatiche. Era tutto così strano. Con lo sguardo per aria e gli occhi spalancati si diresse in uno spiazzale e trovò un ragazzo che aveva su per giù la sua età intento a sistemare delle balle di fieno sul carro. Affrettando il passo lo raggiunse e dopo averlo gentilmente salutato, disse: “ Dove siete diretto?”
Il ragazzo senza distogliere lo sguardo dal suo lavoro disse: “ A nord, ma qualunque viaggio è troppo costoso per te, prete.”
Thomas si portò una mano al suo crocifisso cercando forza e conforto e gli chiese: “ Avete ragione, non possiedo denaro, ma posso pregare per voi e per la vostra famiglia e portare la benedizione di Dio sui vostri cari.” Quello ghignò e abbastanza infastidito si girò dicendo: “Sentiamo prete, nei piatti dei miei figli ci metto la benedizione del tuo Dio? Con le tue preghiere riesco a pagare un medico per mia moglie?” Thomas trasalì e indietreggiò. Chinando il capo gli rispose: “Abbi fede in Dio, fratello. Ti auguro ogni bene.” Si girò e iniziò ad incamminarsi finché sentì una voce dirgli: “ Ehi prete! Vieni, Sali. Fa’ in fretta.”
Correndo, Thomas arrivò vicino al carro e si arrampicò velocemente, sorridendo.
Quando si sedette, disse al ragazzo: “Ti ringrazio profondamente. Come ti chiami figliolo?”
L’altro spronò il cavallo e disse: “ Alfons.”
 
Viaggiarono per due giorni interi, fermandosi ogni tre ore per far mangiare e bere i cavalli e riposandosi solo due ore durante la notte. Allo scadere del secondo giorno Alfons chiese a Thomas: “ Dove sei diretto di preciso?”
Il prete gli rispose cordialmente: “ Il paesino di chiama Lez, è uno dei pochi abitato ancora da pagani.” L’altro scosse la testa e disse: “ Non avrai fortuna lì. Sono piuttosto sanguinari e tutti i preti che sono venuti sono stati uccisi e impalati fuori dal villaggio come avvertimento.
Comunque ti accompagno ad un miglio da lì.” Thomas deglutì e strinse forte il crocifisso, fino a sentire il legno conficcarsi nel palmo e con un mesto sorriso lo ringraziò.
Alfons lo lasciò lungo una stradina sterrata e guardandolo disse: “ Sei un bravo giovane, perché non ti spogli di quegli stracci da prete e non vieni con me? Ti stanno mandando a morire.”
Thomas si strinse nelle spalle e disse: “ Ho il mio Dio con me.”
Con una scrollata di spalle il ragazzo fece partire il cavallo e partì. Incamminandosi lungo la stradina, Thomas non poté fare a meno di pregare. Iniziò con delle Ave Maria, recitò i Padre Nostro e ripeté più volte la Salve Regina in latino.
Si fermò solo quando vide comparire davanti ai suoi occhi un piccolo villaggio. Lo osservò da lontano e notò i muri di difesa fatiscenti, le colonne di fumo che s’innalzavano come pennacchi al cielo, le campagne circostanti brulle e bruciate in alcuni punti.
Senza rendersene conto iniziò a camminare più lentamente, fino a fermarsi di fronte alle mura. Un singhiozzo e un gemito gli rotolarono fuori dalle labbra quando alzando gli occhi, vide cinque cadaveri dondolare in modo macabro da una forza. Avevano uno squarcio all’altezza del petto e i lineamenti ancora distorti nell’ultimo grido di agonia, il sangue che era colato da quei corpi era cibo per ratti e nutrimento per dei fili d’erba che crescevano lì intorno. Si decise ad avanzare, mormorando con voce rotta una preghiera e stringendo in mano il crocifisso e il rosario, confidando nel Suo Dio.
Quando oltrepassò la porta centinaia di sguardi ostili, freddi come lame di ghiaccio, si voltarono verso di lui e lo attraversarono come un fulmine. Degli uomini stravaccati accanto ad una locanda, scattarono in piedi con sguardi assassini e si avvicinarono con passi felpati, brandendo dei pugnali. Thomas lasciò cadere la sacca e indietreggiò, inciampando in una buca e cadendo rovinosamente a terra. Tentò spasmodicamente di rialzarsi, imbrattandosi le mani di terra e scalciando con furia scoordinata.
Uno di quegli uomini rise e gli disse: “ Guardatelo! Il grande Prete! Dimmi pidocchio, vuoi morire? Si?”
Thomas scosse il capo, impallidendo e sgranando gli occhi. Due paia di braccia nerborute lo afferrarono per le ascelle e lo issarono bruscamente da terra, tenendolo bloccato. L’uomo che lo aveva minacciato disse: “ Te lo chiederò abbastanza gentilmente, cosa ci fai qui?” Thomas si schiarì la voce. Dovette provare a parlare un paio di volte, prima che la sua voce di decidesse a lasciare la trachea e quando iniziò a uscire fu solo un flebile lamento. Rispose tremando: “ Io… sono qui… pe… per voi. Per aiutarvi…” Una risata di scherno si levò dalle persone circostanti e l’uomo di fronte a lui gli disse: “ Tu non sai come ci chiamano vero? Noi siamo la “Città Incivile”, pensi davvero che un libro pieno di belle parole e un uomo morto su una Croce possano convincerci a diventare un branco di pecorelle? Noi non abbiamo una Fede e non la vogliamo.”
I due uomini che lo tenevano bloccato lo lasciarono e l’uomo con cui aveva parlato gli disse: “ Voglio divertirmi con te. Vediamo quanto ci metti a finire con un buco nel petto.”
E si girò di spalle, permettendo a Thomas di chinarsi a prendere la sua sacca, ma mentre si abbassò un forte calcio lo colpì alla bocca dello stomaco, mozzandogli il fiato e spingendogli un conato di vomito nella trachea.
Stramazzò al suolo e un altro colpo diretto al fianco lo fece contorcere dal dolore, dando iniziò a una serie di pugni e calci. Quando le percosse iniziarono a scemare riuscì ad alzarsi carponi e a inginocchiarsi.
Tra risate di scherno e sputi si tirò in piedi sulle tremanti gambe, afferrò la sacca e provò a scappare, correndo con passo malfermo lungo le strade sterrate e rischiando più volte di travolgere qualcuno.
Si nascose in un vicolo scuro e stretto, cadendo seduto con le gambe al petto. Strinse le braccia sotto le ginocchia e chinò il capo al petto cercando di riprendere fiato, mentre le labbra ripetevano convulsamente una preghiera. Faticava perfino a parlare e la testa pulsava ferocemente. Sentì dei passi leggeri avvicinarsi e si mosse terrorizzato, guardandosi intorno per provare a scappare.
Si tranquillizzò quando vide che ad una decina di metri da lui c’era una bambina con i capelli tagliati corti, le mani e il volto sporchi di terra e i vestiti consunti e lacerati, decisamente inadatti alla stagione.
Guardava a terra, cercando evidentemente qualcosa da mangiare e si stringeva le braccia esili intorno al corpo infreddolito.
Thomas la guardò quasi con gli occhi alle lacrime e la chiamò con voce gentile dicendo: “ Piccola, avvicinati, non ti faccio del male.” La bambina lo squadrò diffidente e indietreggiò.
Allora Thomas frugò nella borsa e estrasse un tozzo di pane avvolto in un panno che gli era avanzato dal pranzo e lo posò a terra, spingendolo in direzione della bambina con delicatezza.
Lentamente lei si avvicinò e quando riuscì a prendere il fagotto lo afferrò con un gesto fulmineo, lo scartò con  rapidità e lo mangiò accovacciata a terra, con gli occhi vigili su ciò che la circondava.
Dal vicolo emerse un bambino più piccolo, sui cinque anni e senza pensarci si avvicinò alla bambina cercando di ottenere un po’ di pane. Lei glielo rifiutò, scacciandolo con uno spintone e allora Thomas disse: “ Aspetta, si fa così guarda.”
Prese il tozzo di pane dalla bambina che cercò di riafferrarlo, ma lui lo divise a metà e lo ridiede alla piccola. Lei li soppesò e poi guardando il bambino gliene porse uno. Thomas sorrise intenerito e si rilassò un po’. I due piccoli si sedettero accanto al prete e lui gli chiese gentilmente: “ Come vi chiamate?” Con voce tremante la bimba gli rispose: “ Io sono Margaret… lui si chiama Jacob…” Thomas continuò: “ Non li avete i genitori?” Lei scosse la testa. Un rombo squarciò l’aria e diede iniziò ad un furioso temporale. I bambini scattarono in piedi e Margaret prese Thomas per una manica dell’abito, trascinandolo in una vecchia casa diroccata e umida. Si sedettero vicini tutti e tre e Jacob starnutì, stringendosi di più nella vecchia maglietta sporca.
Thomas rovistò nella borsa tirando fuori un altro abito da prete e posò sulle spalle dei bambini per tenerli al caldo e ripararli almeno un po’ dall’umidità.
Quando il temporale terminò sgusciarono fuori e Thomas notò che stava per calare la notte e folti gruppi di uomini e donne si avviavano verso l’unica piazza del  paese. Chinandosi chiese a Margaret: “ Cosa stanno facendo?”
La bimba lo guardò e gli disse: “ Non lo so… Tutte le notti si radunano e cantano delle strane canzoni che fanno paura e poi urlano, si picchiano… dobbiamo metterci al riparo.”
Stringendo in mano il crocifisso Thomas disse: “ Voi andate bambini… io voglio solo vedere bene.” Si avvicinò con passo incerto, provando a sbirciare la folla da un vicolo vicino. Avevano in mano delle torce e delle armi, masticavano parole amare e le ripetevano ad un ritmo crescente, con toni sempre maggiori. Qualcuno urlava, altri si ferivano da soli. Thomas guardò verso il cielo e si accasciò a terra iniziando a pregare, velocemente e con fervore. Non sapeva cosa fare. Non si accorse di tre uomini che lo afferravano con violenza e iniziò a dibattersi quando sentì una mano serrargli la gola.
Venne sollevato da terra e trasportato in mezzo ad una folla urlante. Gli diedero in mano una torcia e lo incitarono a gridare. Quando arrivarono al centro della piazza vide un ricco trono di ferro, foderato di pregiata stoffa.
C’era seduto un uomo.
Al vederlo Thomas perse un battito.
Occhi rossi.
Gli stessi occhi rossi di quando era morta sua sorella.
Si portò una mano al petto boccheggiando e quando la figura si alzò indietreggiò istintivamente. Era alto sul metro e novanta, con lunghi capelli neri che cadevano sulle spalle e incorniciavano un volto demoniaco. Il capo era sormontato da sue corna da ariete e le unghie delle mani erano lunghi artigli neri. Una voce cavernosa disse: “ Mio popolo, come ogni notte siamo qui riuniti per far crescere la nostra forza. Un giorno vi prometto che domineremo il mondo! Ora portatemi la vittima affinchè io possa diventare più forte!” Dalla folla urlante emersero due uomini nerboruti che trascinavano una bambina in lacrime. Era Margaret. Thomas si fece istintivamente in avanti e quando la piccola venne legata su un palo iniziò a pregare.
Chiese a Dio la salvezza della piccola.
Non accadde nulla.
Thomas si guardava intorno sconcertato mentre aumentava la stretta sul crocifisso, ma l’uomo aveva già aperto la maglietta della piccola, pronto ad affondare gli artigli nel suo petto. Un grido risalì dalla gola di Thomas e si sparse nell’aria. “ Mi offro io!”
Tutti si voltarono a guardarlo e fu allora che notò che gli uomini presenti avevano gli occhi rossi. Era soggiogati. L’uomo attraversò la folla che si apriva rispettosamente al suo passaggio e si fermò di fronte a Thomas sovrastandolo in altezza.
Con voce tentatrice disse: “ Thomas Mulloy. Temevo non saresti mai venuto.”
L’altro si irrigidì e disse: “ Come.. Come fai a conoscermi?” Una risata gli gelò il sangue nelle vene e il Demone disse: “ Ti seguo da quando sei nato. Dovresti ricordarti di me. Io sono Azazel, demone della forza.” Alla parola “Demone” Thomas afferrò il crocifisso e lo lanciò contro l’uomo in piedi di fronte a lui. Il legno rimbalzò sui pettorali dell’altro che inarcò un sopracciglio e lo guardò sconfortato: “ Mi lanci contro un crocifisso. Dimmi ragazzo, stai bene?” Thomas indietreggiò e iniziò a recitare una serie di preghiere.
Azazel rise con gusto e scosse il capo dicendo: “ Non voglio distruggere le tue aspettative, ma tre preti hanno usato il tuo stesso trucco e ora penzolano da una forca. Vogliamo accelerare le cose oppure preferisci continuare in questo patetico tentativo di esorcizzarmi?”
Il prete si fermò e chiese: “ Perché lo fai?” Il Demone si voltò intorno e disse: “ Oh intendi questo? Bhè non saprei… l’Eternità è piuttosto noiosa e ogni tanto è divertente scombussolare le vite di voi piccoli umani.” Con voce tremante  Thomas gli disse: “ Non puoi costringerli ad adularti…”
Azazel rise e disse: “ Io non ho costretto nessuno… Loro mi hanno invocato. Guardali Thomas, tutti hanno perso qualcosa. Chi ha ucciso la moglie, chi ha perso i genitori, chi ha rubato. Sono tutti peccatori.” Il prete gli rispose: “ Dio è buono e misericordioso perdona tutti!”
Il demone urlò: “ Allora perché loro hanno scelto me? Il perdono è una grande fandonia. Comunque questi discorsi sono scontati, triti e ritriti. Dimmi qualcosa che non so. Come sta tua sorella Marianne?” Thomas gelò. Quel nome gli scivolò velenoso lungo la spina dorsale, insinuandosi nel cervello e mordendogli il cuore. Il Demone continuò senza pietà: “Chissà cosa deve aver pensato mentre la uccidevi.”
Thomas balbettò la stessa cosa che aveva ripetuto fino alla nausea: “ Non… Non l’ho uccisa io…” L’altro inarcò le sopracciglia e rispose: “ Ho hai ragione… l’ho uccisa io… ho ammazzato tanta di quella gente che a volte mi confondo. Tecnicamente le mani che le hanno sfondato lo sterno erano le tue, ma la mente era la mia. Diciamo un cinquanta e cinquanta di colpa?”
Thomas non si mosse.
Non rispose, temette di non riuscire nemmeno più a respirare.
Allora era vero.
L’aveva uccisa lui.
Un Demone si era impossessato di lui e gli aveva fatto uccidere sua sorella.
Azazel continuò: “ E non per farti sentire peggio ma hai ucciso anche il Priore che ti ha marchiato. Sempre in mia collaborazione.”
Solo una domanda uscì dalle labbra di Thomas appena bisbigliata: “ Perché io?”
Azazel gli si avvicinò e gli prese il volto tra le mani dicendogli: “ Non ricordi niente, vero Raphael?” Sconvolto, l’altro provò a divincolarsi, ma quando i suoi occhi si piantarono in quelli del demone rimase come incantato.
Azazel continuò: “ Il tuo Dio ti aveva mandato ad incatenarmi nel deserto, ma tu ti innamorasti di me Raphael. Fosti scacciato dal Paradiso… ti ho cercato Amore Mio, ti ho cercato tanto… e poi ho sentito Thomas nascere, così puro, così fragile. Proprio come te.”
Thomas lo guardò sconcertato e inconsapevolmente portò una mano sul torace del demone e lo sentì vuoto.
Il cuore non batteva più. Il cuore non c’era.
Azazel disse: “ L’ho strappato via… era tuo e quando sei morto era inutile.”
Thomas si ritrasse con un gesto improvviso e disse: “ E’ tutta una bugia, non c’entrano niente gli Angeli.”
Il Demone lo guardò e disse: “ Il problema di essere un Demone, quando dici la verità nessuno ti crede. Secondo te perché sei sempre riuscito a vedermi quando ti cercavo, perché restavi ore e ore nel bosco fissando gli occhi rossi che vedevi? Mi cercavi. Mi volevi.”
Thomas gli chiese: “ Perché hai ucciso Marianne?”
L’altro si passò una mano sul volto e disse: “ Ti stava insegnando a pregare, ti stava riavvicinando al Paradiso. Il prete l’ho ucciso perché ti aveva purificato e ti aveva tolto ogni possibilità di vedermi. Gli altri preti li ho uccisi perché mi davano fastidio. Ho persuaso i preti ad incastrarti e a mandarti qui. Tutto per rivederti e tu inconsapevolmente sei venuto da me.”
Thomas  si riscosse.
I suoi occhi si tinsero di verde e con voce nuova disse: “ Ho sbagliato una volta Azazel, mi hai persuaso una volta. Ma ora non si riuscirai più.” Camminando verso il Demone, Thomas iniziò a recitare la preghiera scritta sulla vecchia pergamena donatagli da quell’esorcista:
“Sancte Michaël Archangele,
defende nos in proelio;
contra nequitiam et insidias diaboli esto praesidium.
Imperet illi Deus,
supplices deprecamur: tuque,
Princeps militiae caelestis,
Satanam aliosque spiritus malignos,
qui ad perditionem animarum pervagantur in mundo,
divina virtute in infernum detrude.
Amen.”
 
 
Quando finì Azazel era in ginocchio ai suoi piedi e guardava verso l’alto. Indebolito respirava appena e Thomas si inginocchiò di fronte a lui dicendo: “ Mi spiace Azazel, lo faccio per te. Lascia perdere tutto questo, ti amo anche io, ma ora sono cambiato. Ho una nuova missione ora.”
Il Demone lo fissò e una lacrima di sangue gli colò dalla guancia.
Si rialzò e rispose: “ Non è stato il tuo Dio a liberare questo posto, ma il tuo amore.” Gli occhi di Thomas tornarono azzurri e il Demone gli si avvicinò consegnandogli una scatola.
Disse con tono pacato: “ Tua sorella non è in Paradiso. Il suo cuore e la sua anima sono qui, in questa scatola. Seppelliscili accanto alla sua bara e lei potrà andare in pace.”
Thomas lo guardò sconcertato e sorrise appena dicendo: “ Grazie.” Azazel scosse il capo e disse: “ Non ringraziarmi, l’avevo fatto per Raphael, ma ora tu sei lui.” Thomas gli chiese: “ Che farai ora?”
Azazel guardò verso l’alto e disse: “ Quello che faccio da secoli. Ricorderò i bei momenti in cui tu mi amavi. Ti seguirò, se mi vorrai sai dove trovarmi.” Gli posò una mano sul petto e disse: “ Tu hai il mio cuore Raphael, non posso andare da nessuna parte. Nessuno può stare senza un cuore. Perfino un demone.” Thomas annuì e disse: “Farai più del male a qualcuno?” L’altro gli rispose: “ Solo a quelli che proveranno a ferirti.”
Azazel si piegò in avanti, prendendo dolcemente il mento del ragazzo tra due dita. Lo guardò negli occhi e iniziò a dissolversi nell’aria, posando un bacio delicato e disperato sulle labbra  dell’altro prima di svanire completamente.
Thomas versò una lacrima e strinse il cofanetto della sorella tra le mani.
 
 
 
 
 
Lez 14 gennaio 1301
 
Caro Paul,
ho espressamente chiesto che ti venisse lasciata la parrocchia della futura cittadina di Lex. Ti raccomando i suoi abitanti che tanto hanno sofferto e sono sicuro che svolgerai un ottimo lavoro con loro. I miei migliori auguri di una serena vita a te e a tutti gli abitanti. Salutami Margaret e Jacob e prendi pure il mio vecchio abito da sacerdote se ti può servire in qualche modo.
Buona Vita
Priest Thomas.
 

 
Paul ripose la lettera in una tasca dell’abito e guardò verso la nuova chiesa in costruzione.
Priest Thomas ci era riuscito.
Aveva liberato quella cittadina in pochissimo tempo.
Sorrise guardando verso l’alto e prendendo per mano i bambini del villaggio mormorò: “ Buona vita anche a te, amico mio.”
 

Thomas stava risalendo le colline che l’avevano visto crescere stringendo al petto il cofanetto che gli aveva dato Azazel. Arrivò al vecchio cimitero senza essere visto da nessuno e in prossimità della tomba della sorella vide una bambina inginocchiata con dei fiori in mano. Avvicinando la bimba le chiese: “ Ciao piccola, come ti chiami?” Lei sorrise e rispose: “ Marianne Mulloy signore!”
Thomas sorrise. La piccola era identica alla sorella che lui aveva amato e con un moto di amore si rese conto che la piccola era sua sorella minore. Ridendo la piccola gli disse: “ Io devo andare, altrimenti mamma si preoccupa, se vuole può venire a casa con me!” Thomas si chinò accanto a lei e le carezzò la testa dicendo: “ No, vai piccola. Salutami la tua mamma. Dille che Tommy sta bene e che Marianne ora è arrivata da Gesù.”
L’altra, perplessa annuì e saltellando si avviò verso casa.
Thomas tirò un sospiro e iniziò a scavare a mani nude accanto alla tomba della sorella.
La terra gli incrostava le unghie e un sorriso gli muoveva le labbra. Quando il buco fu abbastanza profondo lui vi seppellì il cofanetto e mentre lo ricopriva sussurrò: “ Perdonami.”
Iniziò a pregare, esattamente come Marianne gli aveva insegnato a fare e quando ebbe finito baciò la terra dove lei era sepolta. Si alzò in piedi, guardando verso la valle e in lontananza vide sua sorella maggiore che giocava con lui, lo teneva in braccio e tutti e due ridevano. Marianne alzò uno mano e lo salutò, svanendo nel nulla. Una lacrima solitaria gli scivolò lungo la guancia.
Portandosi una mano al petto Thomas disse: “ Azazel.”
Il Demone comparve seduto su una roccia e gli disse: “ Due minuti fa stavi pregando e ora chiami un demone. Sei strano ragazzo.” Thomas scosse la testa e disse: “ Grazie” L’altro si avvicinò e gli rispose: “ Non devi ringraziarmi, te l’ho già detto.”
Il prete gli disse: “ Ora so cosa voglio fare, voglio riportare le anime in Paradiso.” Azazel lo guardò e gli disse: “ 
L’altro gli disse: “ Anche Raphael conduceva i morti davanti a Dio. Mi piace quando fai quello che faceva lui. Comunque, non trascorrerai più tutto il tuo tempo in una cappella?” Thomas guardò verso l’alto e disse: “ Sono un esorcista ora.”
Azazel gli disse: “ Sempre servo del tuo Dio, eh?”
L’altro lo guardò e gli disse: “ Sono al servizio degli uomini ora.”
Il Demone scomparve e Thomas iniziò a camminare, stringendo tra le mani il Crocifisso.



Bene bene.. eccoci alla fine! 
 
 
 
  
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