Anime & Manga > Makai Ouji: Devils and Realist
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Autore: DanielaRegnard    24/09/2013    3 recensioni
Salomone sorrideva, sorrideva quasi sempre, e si mostrava spensierato qualunque cosa accadesse. Sembrava che niente e nessuno fosse in grado di ferirlo, quasi come se stesse su una dimensione del tutto diversa da quella dei comuni esseri viventi, quasi come se fosse superiore a tutto. E il demone, ormai, aveva rinunciato a capire certi atteggiamenti del re ripudiato. Se ci si pensava, il biondo era davvero un tipo particolare, ciò che si definisce “una persona strana”.
Salomone sembrava puro, splendente di luce propria, tanto che persino i demoni riuscivano a capire perché si dicesse che fosse amato persino da Dio stesso. Gli occhi del figlio di Davide non lasciavano trasparire niente; niente si vedeva attraverso quei due punti verde smeraldo, come se fossero vuoti.
«Dantalion, c’è qualcosa che ti turba, oggi?» gli domandò un giorno Salomone, chiudendo il libro che stava leggendo, e riponendolo sopra una delle file accanto a lui.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Dantalion, Salomone
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Child of Nothing



«Salomone, figlio del peccato, sarai la rovina di Israele! Non saresti mai dovuto nascere in questo mondo!»
Solitudine e disperazione. Non conoscere l’amore. Sentire solo l’odio, sin dal primo pianto, che segna la nascita.
«Vattene, eretico!»
Rifiuto universale a prescindere da qualunque azione, qualunque parola, per quanto gentile potesse essere.
«Non sei mio figlio, tu sei un figlio del nulla.»
Figlio del nulla.
Figlio di niente, figlio di nessuno.
Non avere natali e non avere un posto dove tornare indietro e poter essere accolti a braccia aperte.

Erano queste le cose che condividevano il re d’Israele, Salomone, figlio di Davide, e Dantalion, Gran Duca dell’Inferno e rappresentante dei Nephilim.
Potevano sembrare insignificanti e superflue agli occhi delle altre persone, infondo non sono i natali che creano gli umani, ma per quei due significava molto.
Quei fattori in comune, quei piccoli tasselli dello stesso, ma diverso, mosaico, rappresentavano il loro legame.
Un legame che difficilmente si sarebbe spezzato, anche con la morte di uno dei due.
Dantalion aveva giurato eterna fedeltà alla sua anima, e Salomone, grazie ai suoi discendenti, sarebbe stato in grado di continuare a vedere il futuro per sempre.
Salomone sorrideva, sorrideva quasi sempre, e si mostrava spensierato qualunque cosa accadesse. Sembrava che niente e nessuno fosse in grado di ferirlo, quasi come se stesse su una dimensione del tutto diversa da quella dei comuni esseri viventi, quasi come se fosse superiore a tutto. E il demone, ormai, aveva rinunciato a capire certi atteggiamenti del re ripudiato. Se ci si pensava, il biondo era davvero un tipo particolare, ciò che si definisce “una persona strana”.
Nonostante fosse stato rinchiuso per anni dal padre, non desiderava vendetta.
Nonostante fosse stato rifiutato, nei suoi occhi non si vedeva la minima traccia di odio o rimorso verso il mondo o verso coloro che l’avevano respinto.
 
Salomone sembrava puro, splendente di luce propria, tanto che persino i demoni riuscivano a capire perché si dicesse che fosse amato persino da Dio stesso. Gli occhi del figlio di Davide non lasciavano trasparire niente; niente si vedeva attraverso quei due punti verde smeraldo, come se fossero vuoti.
Il Re, inoltre, non si lasciava mai sfuggire una parola di troppo, pensava prima di parlare, pensava. Pensava sempre. Pensare, per lui, era la fonte di sapere primari. E, d’altra parte, pensare era l’unica cosa che potesse fare nella stanza dove il padre l’aveva rinchiuso sin dalla più tenera età,  oltre al poter leggere.
La stanza era, infatti, piena zeppa di libri, si ci poteva anche sedere, formavano pile interminabili.
Anche dopo che divenne re, Salomone continuò a passare molte ore delle sue giornate a leggere, a studiare. Non per niente, si considerava divina la sua sapienza, si diceva che essa fosse un dono dello stesso Dio.
Salomone poteva avere tutto, con quella sua conoscenza sconfinata in tutti i campi possibili, eppure, aveva deciso di raccogliere 72 demoni e fare un contratto con loro. Il perché, nessuno dei Pilastri lo conosceva.
 
«Dantalion, perché non entri invece di stare lì impalato sulla porta?» gli sorrise il biondo, abbassando il libro che stava leggendo. Il Nephilim, ovviamente, non se lo fece ripetere due volte, ed entrò, sedendosi di fronte a lui. Parlarono per la successiva ora, come erano soliti fare.
Salomone passava intere giornate in compagnia dei suoi demoni. Parlare con Camio dei più disparati argomenti, dalla musica alla scienza, era affascinante. Stando con Sitri, Salomone doveva assumere un ruolo più forte; l’angelo caduto, anche se non ne dava l’impressione, aveva bisogno di essere rassicurato, inconsciamente. Aveva passato troppe cose tutte insieme, e ancora non riusciva a capire bene dove si trovasse, e cosa sarebbe diventato. Con Sitri, in particolare, Salomone aveva sviluppato un rapporto particolare; l’albino stava quasi sempre con lui, come se dipendesse dalla sua presenza, o ci fosse talmente attaccato da non volerla perdere per niente al mondo.
Era comprensibile. Sitri non voleva, semplicemente, vedersi strappato tutto ciò che aveva ancora una volta.
Quando Salomone stava con Dantalion, entrambi potevano stare bene. Si comprendevano a vicenda, perché entrambi conoscevano il dolore del rifiuto, del sentirsi respinti da tutto e da tutti senza aver fatto niente di male. Sapevano cosa significava essere odiati semplicemente per il fatto di essere venuti al mondo.
 
 
«Dantalion, c’è qualcosa che ti turba, oggi?» gli domandò un giorno Salomone, chiudendo il libro che stava leggendo, e riponendolo sopra una delle file accanto a lui.
«Mi chiedevo… Perché leghi i demoni alla tua volontà? Non ci hai mai utilizzati per niente di particolare, né hai sfruttato i nostri poteri per combattere.. Allora perché?» chiese Dantalion, mantenendo basso il tono di voce, cercando di essere gentile con il biondo, per metterlo nelle condizioni di poter rispondere.
«Non considero i demoni come degli oggetti da usare a proprio piacimento, e vorrei che smettessi di sminuire te e la tua razza in questo modo.» spiegò Salomone. Il re considerava i demoni come se fossero suoi amici, sentirli criticare gli dava molto fastidio, a prescindere da se la critica provenisse da suo padre o da chiunque altro.
«Non intendevo questo, ma normalmente gli umani ci evocano per i loro scopi. Tu non ci hai ancora detto nulla, anzi, ci tratti come se fossimo persone, e non demoni.» L’avidità degli umani non aveva confini, sfruttavano i demoni in qualunque modo, pur di ottenere il potere, di recuperare qualcosa che avevano perso, di poter vincere e dimostrarsi superiori a tutti. E alla fine, gli stessi umani che discriminavano quelle creature provenienti dall’inferno, potevano dimostrarsi più spietate di loro.
«Ti da fastidio essere trattato come un essere umani? Eppure, lo sei stato anche tu.» constatò allora il figlio di Davide, con tono abbastanza ovvio, mantenendo l’allegria quasi superficiale che lo caratterizzava.
«…Non è questo il punto del discorso, Salomone.» tentò di cambiare argomento il demone, consapevole della superiorità del re, e consapevole del fatto che, se gli lasciava prendere il controllo del discorso, non sarebbero andati da nessuna parte.
«Ti sto chiedendo perché hai preso 72 demoni con te. Se non è per la vendetta o per il potere, allora per cosa? A cosa miri?» gli domandò ancora il moro.
«Semplicemente, conosco fin troppo bene la solitudine a cui siete costretti, e non credo sia giusto. Gli esseri umano o i demoni non dovrebbero stare soli tutta la vita. E’ una cosa molto brutta, la solitudine… Non lo pensi anche tu, Dantalion?» gli domandò mantenendo il sorriso Salomone, dopo aver concluso il suo breve discorso, che tuttavia convinse il demone a tacere e non perseguire nella ricerca di una risposta.
«Immagino di si..» rispose allora il demone, senza smettere di guardarlo con rispetto negli occhi. In quei momenti, quando gli occhi verdi e puri incontravano quelli rossi del demone, cadeva il silenzio attorno a loro.

Non servivano altre parole, il figlio di Davide riusciva perfettamente a comprendere le preoccupazioni e i pensieri di tutti i suoi demoni; ogni discorso, per quanto lungo, con lui poteva risultare superfluo.
Tra il biondo e il moro c’era una complicità reciproca molto particolare, quasi come se riuscissero a completarsi a vicenda.
E, quando Salomone stava con Dantalion, poteva sentire, per la prima volta nella sua vita, di non essere costantemente rifiutato, di aver trovato un posto in cui tornare, un luogo dove qualcuno pensava a lui non come una minaccia, una vergogna o una piaga, ma come una persona.
Perché entrambi desideravano essere amati.





Angolo dell'Autrice
Quest'idea mi è venuta dopo aver guardato l'ultimo episodio, in particolare i flashback di Salomone. 
Li avevo già letti, cartacei, ma guardarli animati ha fatto scattare una scintilla in me (?) e quindi ecco qua!

Spero vivamente di essere riuscita a rendere Dantalion e Salomone... Il primo è un personaggio che non mi piace e capisco poco, il secondo invece è molto, molto complicato... Ditemi vooi.

BYEH!

 
  
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