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Autore: Eriok    26/09/2013    2 recensioni
Non so quando inizió...
… sapevo soltanto che era vero amore, sin dal principio.
«Mamma! Guarda!».
È lei, mi chiama... Dovresti vederla, sai? È tutta uguale a te. Bellissima, con i suoi capelli rosso fuoco. Forte, tenace. E quegli occhi, azzurro verdi - la nostra fusione - un po' miei, un po' tuoi. Nostri.
«Brava, Victoria...brava...».
Sì, perché quella volta abbiamo vinto… la nostra vittoria. E lei è il miglior premio che potessi avere con te, Shepard.
Genere: Fantasy, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri, Slash, FemSlash | Personaggi: Comandante Shepard Donna, Liara T'Soni, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon, Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Il Sopravissuto.docx

Prologo

 

Non so quando inizió...

… sapevo soltanto che era vero amore, sin dal principio.

«Mamma! Guarda!».

È lei, mi chiama... Dovresti vederla, sai? È tutta uguale a te. Bellissima, con i suoi capelli rosso fuoco. Forte, tenace. E quegli occhi, azzurro verdi - la nostra fusione - un po' miei, un po' tuoi. Nostri.

«Brava, Victoria...brava...».

Sì, perché quella volta abbiamo vinto… la nostra vittoria. E lei è il miglior premio che potessi avere con te, Shepard.

 

Le Asari mi guardano male, mentre cammino per la via, diretta alla sede governativa di Thessia. Dopo la sconfitta dei Razziatori, l'universo intero si è preso il tempo per piangere i caduti e ricostruire dalle macerie. E mentre tutti esultavano per la sconfitta del nostro nemico comune, io piangevo, perché sapevo che tu non saresti tornata.

La vittoria l'abbiamo ottenuta, ma a caro prezzo. E tu - sì, proprio tu - era quella che doveva pagare per tutti noi.

La squadra ha pianto con me, condividendo il nostro dolore, e piangendo la tua morte. Io, tra le loro lacrime e le parole di condoglianze, tacevo. Avevo già versato le mie lacrime in solitudine.

Mi ero isolata da tutti, perché nessuno sapeva quello che avevo fatto, alle spalle di tutti, anche delle tue, Shepard. E so che non mi perdonerai questo piccolo atto di egoismo...ma io desideravo, con tutta me stessa, tenere vicino a me - dentro di me - un pezzo di te. Una parte di te, di me, di noi, che cresce, e batte.

Ed ora eccomi qui, che cammino verso il patibolo dove dovró sostenere le colpe del mio atto egoistico. Con il pancione che spunta dal vestito largo che indosso. Ma non permetterò che ti strappino via da me, figlia mia.

Tu sei viva, cresci in me, e ti amo più della mia stessa vita. Come se potessi vederti, sai? Già cresciuta, così uguale a tua madre, e col mio sgarbato carattere.

Ti vedo, con la mano tesa, come per dirmi: prendimi!

Quel giorno, sul campo di battaglia, persi l’amore della mia vita, la compagna che avrei voluto al mio fianco fino alla morte. Oggi non perderò te.

 

«Siamo qui riunite oggi per giudicare Liara T’Soni, colpevole di non “gravidanza non permessa”.» la voce della Matriarca sovrastò quella delle altre che, con sguardi odiosi, si rivolgono alla pronuncia ormai avanzata della pancia della giovane donna in piedi di fronte a loro.

Vestiva di un lungo abito, bianco a sfumature nere, che stringeva delicatamente il pancione. una mano appoggiatavi sopra, come per tenerlo a sé più di quello che fosse già.

Una Matriarca si alzò, e la guardò con occhi diversi. Lei sapeva. Liara ebbe un fremito.

«Io reputo questa riunione non giustificata e oltraggiosa!» urlò, guardando con astio le donne al suo fianco.

«Tu parli con il cuore condizionato, perché sei il suo genitore!» ribadì un’altra, in risposta, e altre voci si aggiunsero.

«Io parlo col cuore ma ragiono con la mente, non con altre parti poco nobili del corpo! Reputo questo oltraggioso, stiamo condannando una Asari colpevole soltanto di aver accettato l’amore del proprio partner che sapeva non sarebbe tornata viva dalla missione!» il silenziò risultò essere una cassa di risonanza delle sue parole. Liara poteva sentire il suo cuore galoppare oltre i muri e le particelle di polvere. La scosse un calcio della piccola, come per rassicurarla e destarla dai suoi cupi pensieri. Fece un sorriso tra sé e sé.

«E non si parla di un partner comune, ma dell’Eroe della Galassia: Jane Shepard!».

Liara sentì il suo nome come una lama. Persino nella loro intimità, Shepard non apprezzava essere chiamata per nome.

Ricordò ancora quel giorno, come se fosse stato pochi minuti fa.

 

«Posso chiamarti Jane?» domandò l’Asari, mentre lentamente le carezzava il volto, seduta a cavalcioni sulle sue gambe. Lo sguardo verde della donna si rabbuiò.

«Preferirei evitare...Non lo sento nemmeno mio, quel nome...» rispose, guardando in basso, presa dai brutti ricordi dei momenti bui passati sulla Terra durante la sua infanzia. Liara aspettò in silenzio che parlasse, intuendo il suo stato d’animo.

«Mi ricorda troppo il mio passato da criminale, ho buttato anni e sangue su quei schifosi marciapiedi, a sfuggire alla legge, cercando soltanto di sopravvivere, come mi era stato insegnato.» la voce era roca, e la presa sulle spalle dell’amata si faceva più rigida. «Jane è il nome che mi è stato dato alla nascita, scelto dalla direttrice di allora dell’orfanotrofio.» ricordò.

«Ma non l’ho mai sentito mio. Invece il cognome Shepard, che ho scelto io. É più giusto per me, lo accetto, perché sono io a dargli forma.».

Il nervosismo passò, e gli occhi tornarono della loro lucentezza naturale. il verde si mischiò all’azzurro, per un piccolo istante di lucentezza.

«Ti sembrerà stupido, ma per me Shepard, per quanto sia il cognome, non è per niente formale. Esso rappresenta tutto ciò che sono. Io sono Shepard. Non Jane.» e storpiò con una smorfia l’ultima parola, facendo sorridere la compagna, carezzandole il volto e baciandola dolcemente.

«Come vuoi tu, Shepard.» disse Liara, sorridendo. Il volto della donna mutò, diventando sogghignante.

«E poi… mi piace come urli il mio nome, quando lo facciamo...» Gli occhi dell’Asari si spalancarono dalla sorpresa, e le guance si imporporarono leggermente.

«Shepard!».

 

«Questo non preclude niente.» affermò la Matriarca che reggeva la riunione.

«Questo preclude tutto!» ribadì il genitore, sentendo il bisogno di schiantarla contro un muro.

Poi le porte si aprirono improvvisamente, bloccando la discussione.

L’Asari direttrice del Consiglio camminò lenta lungo il corridoio centrale, contornata da panchine su cui sedeva un’ampia platea.

«Liara T’Soni è sciolta da ogni accusa.» e la sua voce fu una decisione unanime.

La Consigliera fece scorrere lo sguardo sugli occhi azzurri di lei, e guardò per un istante il pancione pronunciato. Sorrise impercettibilmente, ma Liara lo notò comunque.

E Liara ricambiò, piangendo di gioia.

La sua bambina...era ancora sua.

Aveva afferrato quella piccola mano, e l’aveva stretta a sé.

 

Non ce la strapperanno via, Shepard.

Tua figlia, camminerà sulla Terra.

Questa è una promessa.

 

 

 

 

 

 

   
 
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