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Autore: Miki_TR    27/03/2008    6 recensioni
Raccolta disomogenea di storie ispirate ai prompt della community settepeccati.
Ira, Accidia, Lussuria, Avarizia, Gola, Invidia, Superbia.
Remus/Sirius.
Non contiene spoiler dal settimo libro.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Coppie: Remus/Sirius
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Sette Peccati

Questa è la prima fic di una raccolta basata sui prompt della community Settepeccati su Live Journal.
I credits dei prompt chiaramente vanno alla community e alle sue moderatrici, e approfitto per consigliare di farci un salto a chi potesse essere interessato.
Ci terrei ad avvisare che la raccolta è in fase di lavorazione e non terminata: tuttavia posto comunque, dal momento che è composta da sette one shot leggibili singolarmente.
Buona lettura!
Miki

 

Sette Peccati - Ira

La mattina dopo

 

L'infermeria è piena di sole, di luce accecante, e dalle finestre aperte arriva un vento tiepido che ha odore di fiori. La stanza è la solita, letti bianchi, tende chiare tirate per escludere una piccola porzione di spazio, poco più di quello del letto e della sedia, e il suo abituale paziente. Non c'è nulla che non vada come va sempre, dopo la Luna piena: le bende sono ben strette attorno al suo braccio sinistro e qua e là grossi cerotti decorano il corpo stanco di Remus, ma il dolore è annegato nella pozione amara che ha ingurgitato poco fa, ed è poco e trascurabile.

Quello che è insolito, quello che lo tormenta, è la rabbia. L'ira, profonda, intensa e giusta, gli sale dallo stomaco come un fiotto acre di bile, gli scalda il volto e gli fa tremare le mani, lo costringe a serrare la mascella con tanta forza da farsi male.
Non riesce a distogliere gli occhi da Sirius, nemmeno per un istante, neanche quel poco che basterebbe, forse, a fingere inutilmente che non sia successo niente, la notte prima; immaginare che sia un giorno normale, per quel paio di minuti che gli bastano, di solito, a calmarsi.
Ma non riesce a smettere di guardare quello spettacolo strano di Sirius che, per una volta, si sente in colpa; e sono i suoi occhi abbassati e rossi, le sue spalle curve, e quella massa intricata di capelli neri che gli copre il volto, a ricordargli quello che è successo.

Sirius ha mandato Snape alla Stamberga.

Remus non ha sentito altro delle parole che sono state pronunciate poco prima, spiegazioni, scuse, richieste di perdono. Non ricorda molto della notte precedente, ma qualcosa sì, quanto basta per sapere che è vero. E non sa se gli fa più rabbia il suo segreto rivelato imprudentemente, per un qualche sciocco capriccio di cui non gli importa nulla, o l'incuranza, o il tradimento, o l'arrogante presenza di Sirius vicino a lui, in quel momento.

Non gli ha detto nulla, da quando si è svegliato. Ha ascoltato mentre con un filo di voce lui gli raccontava sciocchezze su sciocchezze, e intanto cercava inutilmente di impedire alla sua rabbia di montare come una marea, opponendole sacchi di sabbia familiari; ha tentato di ricordare cinque anni di affetto, di abbracci, della dolce sicurezza di Sirius, dei sacrifici che lui ha fatto per diventare Padfoot. Ha evocato immagini vaghe di corse nella Foresta e altre, chiare, di baci rubati nei corridoi vuoti, e altre ancora, confuse e eccitanti, di carezze silenziose tra le coperte.
Ha visto ciascuno di questi tesori spazzato via dalle onde impietose di un'ira furiosa, gonfiato d'acqua, sporcato e mutilato come un relitto che torna a riva dopo la tempesta.

Ed è rimasto zitto fino ad ora, anche quando Sirius ha smesso di spiegare l'accaduto, qualche minuto prima. Nel silenzio la sua rabbia non è svanita, e non sono bastate nemmeno le unghie piantate nei palmi delle mani tremanti a fargliela dimenticare.

Allora, per un attimo, lascia vagare la mente sulle infinite possibilità che ha davanti, indugia su cosa vorrebbe fare, abbandonandosi alla marea.

Si vede con chiarezza afferrare Sirius per i capelli, tirargli con forza in avanti la testa e lasciare che sbatta contro il telaio del letto, e poi si vede alzarsi, stringergli una mano attorno al collo in una parodia violenta di una carezza, bloccarlo fino a togliergli il respiro, torcergli un braccio dietro alla schiena fino a sentire le ossa spezzarsi, affondare le dita nella carne morbida del suo volto, strappare la pelle e cavargli il sangue; mutilarlo, rivoltargli contro ogni fibra del mostro che si porta dentro, come Sirius ha fatto con lui.

Sente la sua voce urlargli parole d'odio, ritorcergli contro ogni piccolo segreto sporco e doloroso che lui gli ha affidato, e poi si sente diventare freddo, gelido, un giudice che non concede appello, e immagina di pronunciare parole definitive, di scacciarlo per sempre, di reciderlo dalla sua esistenza come un ramo che, con la sua stupida voglia di spingersi oltre, ha fatto ammalare tutta la pianta.

Remus gioca per qualche istante con queste immagini crudeli, con la consapevolezza di avere, dentro di sé, il potere di fare tutto questo, di avere vendetta, di distruggere Sirius e se stesso in un solo, inebriante, momento di ira assoluta e liberatoria.
Lo guarda come è adesso, indifeso e vulnerabile, e immagina come sarebbe in futuro se lui, Remus, permettesse a tutto questo di accadere. Un'ombra del ragazzo sporco e spaventato che è ora, perché Remus ha appena avuto la prova di quanto l'odio di Sirius sia senza limiti e senza freni, quando viene scatenato; Remus sarebbe capace di accenderlo e lanciarlo contro Sirius stesso, e lo sa bene. E questo gli dà un'immensa soddisfazione.

Poi chiude gli occhi e respira forte.

Sirius non si muove, ma Remus lo sente trattenere il fiato e sa che ha paura, che teme qualsiasi cosa stia per succedere, qualsiasi sentenza stia per emettere lui, che è vittima, giudice e carnefice. Però Sirius non alza gli occhi per guardarlo, non osa farlo, e alla fine è meglio così. Nulla libera le emozioni di Remus come quei grandi occhi grigi e, adesso, è tempo che l'istinto torni alla gabbia dove vive confinato, giorno dopo giorno, tra una Luna e l'altra.

-Sei un idiota- dice a Sirius, il tono leggero, limpido, con quel pizzico di ironia e quella venatura di affetto malcelato, con cui gli dice spesso quella stessa frase.

La testa di Sirius scatta verso l'alto, e per la prima volta in quel giorno si guardano; Sirius ha gli occhi sgranati e la bocca aperta, stupito oltre ogni parola da quella reazione tranquilla e immeritata. Remus aggrotta le sopracciglia e sorride appena.

L'avrebbe perdonato comunque, e lo sa bene. Lo avrebbe fatto perché vuole bene a James e a Peter quanto alla sua famiglia, e non avrebbe rischiato di perderli per questo; lo avrebbe fatto perché alla fine non si è fatto male nessuno, nemmeno lui, non più del solito; lo avrebbe fatto perché Sirius è Padfoot e non può portare rancore a Padfoot, mai; e lo avrebbe fatto perché lui e Sirius sono innamorati da quando avevano tredici anni, e questo dovrà pur contare qualcosa.

-Remus...- comincia Sirius, e poi tace, scivola in ginocchio di fianco al letto e appoggia pesantemente la testa sulla sua gamba, nascondendo il viso contro le lenzuola pulite e cominciando a singhiozzare, piano, con le spalle che sussultano.

Remus gli posa una mano sulla nuca, leggermente, e prende ad accarezzargli lentamente i capelli, sciogliendo i nodi senza tirare, per non fargli male, e intanto ascolta distrattamente le sue scuse mormorate tra le lacrime, annuendo piano. Si sente svuotato e calmissimo, pronto ad impegnarsi con forza per ricostruire uno ad uno i suoi preziosi sacchi di sabbia, la zavorra che lo tiene ancorato a tutto quello che ama di più.

Ma non è qualcosa che Sirius ha fatto o ha detto, o dirà o farà, che permetterà loro di far pace. No, per nulla; è una cosa che riguarda solo Remus.

Lo perdonerà prima di tutto perché ha passato tutta la vita a lottare per controllare la bestia dentro di lui, e la sua rabbia sconfinata, e mai, mai, permetterà che sia quell'ira a controllare lui.

 

 

  
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