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Autore: Francilla    26/09/2013    2 recensioni
Anno 2111 il nostro caro pianeta Terra è ormai quasi praticamente disabitato , dato che la maggior parte degli esseri umani si sono trasferiti su altri pianeti . I pochi rimasti convivono quotidianamente con malattie gravi e inquinamento.
Questa storia parla di una famiglia qualunque che come tante altre vive nel distretto addetto allo sviluppo delle nuove tecnologie.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“ 488 ”


Quattro pareti bianche spoglie e insonorizzate,pavimento grigio come il soffitto basso .

Quattro sedie per quattro membri di una commissione volta a selezionare le più brillanti e innovative idee esposte da numerosi uomini di scienza , che come ogni tre anni presentano i loro progetti . Tutti, nessuno escluso spera ardentemente che la propria invenzione venga scelta per essere realizzata,dopo di che il gioco è fatto:

finanziamenti , una decina di colleghi alle proprie dipendenze , e un assegno mensile che certo non guasta.

 

-Capite?-

è l'ultima parola di un lungo discorso , che per quanto preciso , per quanto l'interlocutore l'abbia provato e riprovato d'avanti allo specchio del bagno di casa sua ,non pare stia trovando consensi .

Le labbra si serrano appena, in quello che vuol essere un timido sorriso .

In cerca degli sguardi dei suoi colleghi gli occhi di quest'uomo vagano per la stanza. Una camicia azzurra ,le mani sudate nascoste nelle tasche del bianco camice , la fronte lucida .

Un paio di pantaloni marroni, delle scarpe in pelle nera ,è ciò che un uomo di scienza come tanti oggi indossa per questo speciale giorno.

Qualche istante passa nel silenzio, il che non promette nulla di buono, dato che non gli giunge risposta ,ne un incito applauso. Lo sguardo di lui si fa più serio , la fronte si corruga mentre i denti piano si stringono . Proprio come per prepararsi ad un duro colpo imminente . Colpo che non tarda ancora a giungere .

-Impossibile...siamo spiacenti.-

dice la voce di una donna , membro della commissione.

L'uomo da parte sua sospira soltanto, senza controbattere ulteriormente lascia la stanza ,sbattendo la porta una volta uscito, lasciandosi alle spalle quella manica di quattro scienziatucoli da quattro soldi.

I suoi passi ora rapidi e pesanti lo portano verso l'unica uscita ,sita poco dopo un lungo corridoio costeggiato da porte, ma non finestre , il tutto accompagnato da un irreale silenzio . Le porte di vetro scorrono sui binari automaticamente, permettendo il passaggio dell'uomo che viene investito dai raggi del sole pomeridiano. Gli occhi azzurri vengono socchiusi per resistere a quella luce irruente, che ogni estate minaccia di ustionare la carnagione chiara del pover'uomo ormai sessantenne. La chioma brizzolata e il camice bianco vengono smossi piano da una brezza frizzantina ma un po' aspra , quasi pungente . Tale folata di vento , per quanto sommessa e per alcuni sgradevole , serve invece a liberare dalle nebbie dell'ira la mente offuscata del noto uomo di scienza Jeff Lucas Lamparos :

uomo brillante e dalla fervida immaginazione ,soprattutto nel progettare automi di ultima generazione.

Campo sul quale a parer suo si può fare molto , molto di più, di semplici robot domestici che spazzano a terra seguendo un programma predefinito e statico.

Si leva il camice e lo stringe nella destra con rabbia , muove una decina di lesti passi verso la sua vettura: una mini-car blu avio con qualche ammaccatura, ma ancora fedele e ruggente . Certo, per quanto possa ruggire su strada una macchina a due posti che ha da poco compiuto sette anni.

Apre lo sportello e vi si fionda all'interno, subito getta il camice alle sue spalle, nel piccolo portabagagli . Stancamente mena le mani sul volante, sospira , ripensando all'appena conquistato nuovo insuccesso.

-Quattrocentottantotto- dice a voce chiara scandendo ogni lettera , con la sua voce bassa e un po' roca.

La mano destra, va a al quadro delle chiavi che girate azionano l'auto. Da un po' di gas e il motore parte pronto a correre come un arzillo vecchietto durante una maratona . Il dottore volta il capo , guarda indietro , fa manovra e parte alla volta di casa.

Via ,lontano abbastanza dal suo posto di lavoro , lontano dai problemi e dai colleghi che proprio non sembrano capire.

 

Pochi minuti di viaggio per le stradine deserte di quella città di scienza in cui vive , lo riportano alla sua modesta dimora.

Svolta piano entrando in uno stretto vialetto in mattoni rossicci che precedono una villetta come tante , o almeno come tutte quelle del vicinato.

-Sono tornato.-

dice non appena varcata la porta d'ingresso.

Le scarpe vengono levate in fretta, nel mentre una donna sulla quarantina con una maglia a fiori rossi , mora ,bassina e sorridente ,fa capolino nell'ingresso.

-Com'è andata?-

chiede speranzosa per poi tornarsene a sedere sullo scolorito divano in pelle del salottino .

Con ai piedi delle comode pantofole ,identiche a quelle della moglie il signor Lamparos la raggiunge sul divano .

Gli occhi marroni della donna si posa su di lui in attesa di una risposta , cosa che giunge poco dopo.

-Male.-

afferma soltanto , e così, tali parole risuonano come la raffica di un M12 , rendendo quel silenzio doloroso e aspro come l'aria di quella stessa cittadina di montagna.

-Molto male Anita, molto... molto ,male.-

sottolinea mentre le poggia una mano sul ginocchio lasciato scoperto dalla gonna verde che le cade a tubino.

Sospira anch'ella , perché proprio come il suo amato aveva sperato con tutto il suo cuore che fosse la volta buona .

E invece .

Con ancora l'amaro in bocca la signora Lamparos si fa forza, come sempre da ormai una ventina di anni a questa parte .

-C'è sempre il quattrocentottantanovesimo tentativo .-

afferma quindi sorridendo .

Con esitazione anche lui sorride e prende ad accarezzarle il ginocchio, un po' per fare forza ad entrambi e allentare la tensione generata.

Una dozzina di minuti vengono dominati dal solo suono del orologio a pendolo presente del salotto,non una mosca volare , non un cane abbaiare , tutto pare essersi fermato .

 

Tutto rimarrebbe in quel turbato silenzio, se non fosse che la porta di quella dimora silente si riapre . Una rumorosa teenager fa il suo ingresso . Capelli lisci lunghi e corvini , occhi azzurri e pelle chiara . Entra nel salotto appena avvista i genitori , vi si piazza avanti con indosso la divisa grigia della scuola : gonna a pieghe lunga fino alle ginocchia , camicia bianca e giacchetta grigia con soli tre bottoni di colore nero come nere sono anche le scarpe. Molto semplice e troppo triste , ma questo è ciò che passa in convento, almeno qui in un distretto di trecento anime o poco più.

Prima che la nuova entrata in scena possa aprire bocca ,il padre di famiglia si alza in piedi e senza dire una parola esce prima dal salotto poi dall'abitazione stessa.


Rimaste sole, e non troppo sorprese dal comportamento del capofamiglia le due si ritrovano a guardarsi e a fare spallucce.

-Pare che anche quest'anno il progetto di tuo padre non è stato scelto.-

dice la donna chiarendo ogni dubbio della figlia rimasta in piedi e senza parole da dire.

-La prossima andrà meglio-

e detto questo anche la casalinga quarantenne si alza e lascia il salotto , lasciando da sola la povera e confusa Eleanor Lamparos .

 

 

 

La notte è calata da un pezzo ormai , solo da due ore è iniziato il nuovo giorno . Un giovedì come tanti , una notte calma accompagnata dall'abbaiare dei cani irrequieti e dallo stormire lento e irregolare delle fronde degli alberi vicini e lontani.

Già da un po' sia Anita che Eleanor sono andate a letto , e ora dormono tranquille come ogni notte .

Ma solo ora il sessantenne scienziato deluso dai mille insuccessi accumulati nella sua carriera, fa ritorno a casa . Le scarpe nere dalla suol liscia producono un rumore sommesso e ritmico quando passano sui mattoni rossicci del viale di casa Lamparos , tutto pare tranquillo e familiare com'è da ormai vent'anni.

L'uomo un po' barcollante per l'alto tasso alcolemico , si trascina esausto verso la porta. La vista un po' annebbiata e la mente decisamente offuscata , il morale sotto le scarpe e una gran voglia di avere una chance nella vita dopo trent'anni di lavoro . Il conto in rosso , una moglie troppo bella che non sente di meritare, e una figlia diligente e dall'animo umile.

-Mi prenderò cura di voi-

dice con le lacrime agli occhi e la voce più bassa e roca che mai, ma per quanto la sua forza di volontà possa vacillare le aspettative di una vita migliore per le sue due donne lo tiene in vita , ed è anzi diventata un'ossessione .

Arrivato a metà del vialetto nota una lettera infilata solo per metà sotto l'uscio di casa sua.

Incuriosito aumenta il passo, arrivato a destinazione si china e la raccoglie . Torna eretto e con irrefrenabile curiosità apre quel pezzo di carta che ad un'attenta osservazione non pare presentare ne francobollo ne altro , nessuna firma o mittente o recapito . Insomma nulla , una busta bianca .

All'interno però qualcosa c'è.

L'uomo si siede dando le spalle alla porta e poggiandosi proprio ad essa per star comodo , poi con l'ausilio della poca luce fioca dei lampioni che costeggiano la strada antistante prende a leggere a voce bassa.

-Caro signor Jeff L.Lamparos ,sono io forse uno dei suoi più grandi ammiratori nonché collega. Da anni infatti seguo i suoi studi privati con occhio attento e si discreto .Ciò che oggi è accaduto è l'esempio secondo me di quanto sia stolta la gente, i suoi progetti sono fonte di grande interesse per me e per altri che come me la vedono come un genio incompreso . Ma non tutti i mali vengono per nuocere signore , se il governo , gli enti pubblici e gli altri privati non desiderano sfruttare il vostro genio , lo farò io . Con me lei potrà finalmente realizzare il suo sogno , raggiunga la metà designata sulla mappa che troverà nel portaoggetti della sua auto e porti con se ciò di cui ha bisogno . Noi saremo lì ad aspettarla.-

 

L'alba sorge con una snervante lentezza mentre il cielo si tinge dei colori più diversi man mano che il sole si leva.

-Svegliati tesoro andiamo al mare.-

Queste parole assurde invadono la mente di Eleanor che viene sballottata dalle braccia ancora forti del padre elettrizzato e pimpante più che mai.

-Ma ci vogliono dieci ore di macchina... e poi che ore sono?-

borbotta ancora mezza addormentata la ragazza dalla chioma disordinata .

Ma il padre è più insistente che mai.

-Forza alzati , andiamo compiamo lì quello che ci serve non portare nulla .-

Confusa spettinata e stanca Eleanor decide di non fare più storie , infondo sa che il padre quando dice una cosa è categorico e irremovibile .

 

Appena vestita con: jeans , un top azzurro e un paio di improponibili infradito ai piedi ; la giovane sale in macchina.

Dietro di lei nel portabagagli un telone verde scuro occupa tutto lo spazio disponibile .

Si guarda in giro stranita , prova a chiedersi che ore possano essere dato che il sole ancora non si vede , ma il suo organo cognitivo non pare aver preso ancora servizio .

Il padre la raggiunge con in mano una valigetta in acciaio chiusa con un piccolo lucchetto e nient'altro.

-Ma la mamma?-

chiede lei per poi sbadigliare assonnata .

-Rimane qui così non dobbiamo chiedere in prestito un altra auto.-

e detto ciò mette in moto , fa retromarcia e parte schiacciando quanto più possibile il pedale dell'acceleratore.

 

Eleanor fissa la strada mentre tiene sulle gambe la valigetta del padre, la sua testa pare scoppiare e i movimenti della vettura non l'aiutano un granché , anzi al contrario .

Non ci mette molto infatti a riaddormentarsi, sprofondando in un sonno profondo e irrequieto .

 

Il sole tinge tutto di una luce chiara e limpida mentre l'auto gira su se stessa nel frattempo che l'auto cade giù sempre più giù sino a raggiungere la fine di un burrone per poi scoppiare in fiamme. La luce calda delle fiamme ricordano un tramonto estivo , l'odore acre è come la brezza del distretto in cui Eleanor è nata e tutto anche se sta svanendo in fretta pare familiare e accogliente.

 

 

  
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