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Autore: Ili91    27/09/2013    7 recensioni
[Haymitch, post cinquantesimi Hunger Games]
Scese dal treno che lo aveva riportato al suo distretto, alla sua casa, e subito venne travolto dalle braccia di sua madre, che lo strinse a sé piangendo.
Era passato poco tempo da quando l'aveva vista l'ultima volta, durante il tempo concesso per salutare i propri cari, dopo essere stati scelti per la mietitura, eppure gli sembrava di non vederla da una vita.
Haymitch ricambiò l'abbraccio. Era sopravvissuto agli Hunger Games, lottato contro quarantasette partecipanti, ma nessun posto poteva farlo sentire più al sicuro delle braccia di suo madre, anche se non l'avrebbe mai dato a vedere.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Haymitch Abernathy
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Non piangi per me, dolcezza?
Personaggi: Haymitch
Pairing: Nessuno (qualche accenno a Haymitch/ragazza distretto 12)
Rating: Giallo
Genere: Angst, Sentimentale, Introspettivo
Note/Avvertimenti: Missing Moment
Note dell'autrice:
- N. parole: 1697;
- Ambientato precedentemente al primo libro, subito dopo i cinquantesimi Hunger Games.


Non piangi per me, dolcezza?

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Scese dal treno che lo aveva riportato al suo distretto, alla sua casa, e subito venne travolto dalle braccia di sua madre, che lo strinse a sé piangendo.
Era passato poco tempo da quando l'aveva vista l'ultima volta, durante il tempo concesso per salutare i propri cari, dopo essere stati scelti per la mietitura, eppure gli sembrava di non vederla da una vita.
Haymitch ricambiò l'abbraccio. Era sopravvissuto agli Hunger Games, lottato contro quarantasette partecipanti, ma nessun posto poteva farlo sentire più al sicuro delle braccia di suo madre, anche se non l'avrebbe mai dato a vedere.
Aveva visto e fatto cose orribili, cose che avrebbe voluto dimenticare, ma era riuscito a sopravvivere e tornare dalla sua famiglia, dalla sua ragazza. Qualcosa di buono che permetteva alla sua mente di estraniarsi dalla realtà, dall'orrore degli Hunger Games. «Ehi, Hay!» Si staccò da sua madre quando sentì la voce e una manina tirargli l'orlo della maglia; si trattava del suo fratellino, di soli cinque anni.
Gli rivolse un sorriso e gli scompigliò i capelli. «Sono tornato.»
Aveva voluto assolutamente tornare da loro, aveva dato tutto per questo, ma sapeva che le possibilità non erano in suo favore, visto che proveniva dal distretto più povero. Il suo fratellino sorrise a quelle parole, anche se era troppo piccolo per capirle fino in fondo. Ed era meglio così.
Poco più lontano, quasi in disparte, stava lei, la sua ragazza, da alcuni mesi prima che cominciassero gli Hunger Games di quell'anno. Haymitch oltrepassò sua madre e il suo fratellino e si avvicinò a lei.
Era giovane, lo erano entrambi, ma provava un sentimento forte e sincero ed era anche per lei che aveva lottato fino allo stremo, anche quando sembrava essere la fine.
Lei stava ferma, in piedi, vicino ad una colonna quadrata, e lo osservava con attenzione, ma senza versare una sola lacrima. Era forte, dura, l'amava anche per questo.
«Non piangi per me, dolcezza?» Aveva rischiato di non vederla più.
«No. Non piango, non è necessario. Perché sei tornato. Vero?» Le parole di lei suonarono quasi come una domanda, come se non credesse ai propri occhi.
Haymitch lasciò cadere la propria valigia sull'asfalto e si precipitò dalla sua ragazza, stringendola in un abbraccio. Sentì le braccia di lei intorno al collo e le gambe intorno alla vita. Si era aggrappata a lui come un koala, e come se non volesse più lasciarlo andare. Haymitch la fece girare intorno, dimentico completamente delle persone intorno a loro, che circolavano nella stazione del distretto 12.
Nessun ricordo, perdita o uccisione lo tormentavano in quel momento. Era tutto finito, passato, lontano e gli avrebbe fatto visita solo nei suoi sogni.

Era una bella giornata, nel distretto 12. C'era il sole e le case del giacimento sembravano meno grigie e decadenti. Haymitch stava tornando alla sua per l'ultima volta, visto che si stava trasferendo al quartiere destinato ai vincitori insieme alla sua famiglia. Dovevano solo finire di mettere le ultime cose che erano rimaste nella vecchia casa del giacimenti negli scatoloni e portarle via. Sua madre e il suo fratellino erano già lì, e anche la sua ragazza si era unita a loro, per aiutare. Haymitch li stava raggiungendo in quel momento, e si sarebbe sobbarcato gli scatoloni più pesanti.
Quando ci fu il rumore dell'esplosione, era ancora troppo lontano per subirne gli effetti, ma non abbastanza per non assistere alle conseguenze. La casa prese fuoco come un fiammifero e fu il momento più brutto della vita di Haymitch, infinitamente peggio di qualsiasi cosa fosse successa ai cinquantesimi Hunger Games a cui aveva partecipato.
Nonostante la sua casa fosse in fiamme, si precipitò al suo interno, nel tentativo di salvare qualcuno. La situazione era disperata, ma non gli importava, doveva lo stesso fare qualcosa, porre rimedio.
Nell'abitazione l'aria era soffocante, mancava completamente l'ossigeno e il fumo impediva di vedere bene. Cominciò a tossire furiosamente e si coprì gli occhi con il braccio, mentre urlava il nome dei propri cari.
Perché era dovuto succedere?
Le ginocchia gli cedettero e cadde sul pavimento.
Mentre gli veniva a mancare l'ossigeno nei polmoni, si disse che forse sarebbe potuto rimanere lì dentro e bruciare anche lui insieme al resto, tanto non gli importava più niente.
Delle braccia lo tirarono indietro, forse per tirarlo fuori da quell'inferno. Qualcuno del distretto doveva aver assistito all'esplosione ed essere venuto ad aiutare.
Haymitch cominciò a lottare, non poteva essere portato fuori da lì, non voleva essere salvato.
Lottò con tutte le sue forze, scalciando e tentando di liberarsi, nonostante non riuscisse a respirare bene. Alla fine, un colpo in testa mise fine alle sue pene e svenne.

Un po' di tempo dopo, partire per il tour della vittoria fu inevitabile.
Peccato che lui non si sentisse per nulla in vena di festeggiare.
Quando venne dimesso dall'ospedale per le ferite riportate nell'incendio, tra cui varie scottature, danni ai polmoni a causa del fumo e un sospetto di commozione celebrale, era tornato all'unica casa che gli era rimasta. In uno scatto d'ira aveva distrutto i mobili, ma nulla poteva farlo sfogare a sufficienza per compensare ciò che aveva perso.
Gli incubi avevano ripreso a tormentarlo con maggiore insistenza, ora si erano aggiunte anche le facce di sua madre, il suo fratellino e la sua ragazza. Rimaneva sveglio per ore, con il timore di addormentarsi, e quando crollava veniva svegliato dagli incubi. Non dormiva bene da settimane.
Non aiutava il fatto che non fosse ancora chiara la dinamica dei fatti.
Si diceva che l'esplosione fosse stata causata da una fuga di gas, ma era qualcosa a cui Haymitch non riusciva a credere e che continuava a tormentarlo.
Quel giorno erano sul treno, diretti al distretto 6, e il sole stava tramontando. La fine del tour era ancora lontana e, comunque, non si sarebbe concluso lo stesso il suo ruolo negli Hunger Games. Presto, fin troppo presto, ci sarebbe stata un'altra mietitura e lui avrebbe dovuto partecipare ai nuovi giochi in qualità di mentore e mandare due tributi del suo distretto a morire.
Haymitch era sdraiato sul letto della sua stanza nel treno, quando la porta si aprì. La donna sulla porta, una rossa dai vestiti sgargianti, lo osservava con le mani sui fianchi: «Haymitch? Non vieni a mangiare?»
Haymitch prese in considerazione l'idea di rifiutare, ma Celia sarebbe stata capace di trascinarlo di peso e prenderlo per un orecchio, pur di convincerlo a sedersi a tavola. Era la sua stilista e una delle poche cose buone che aveva ricavato dagli Hunger Games.
Si alzò dal letto e andò nella sala da pranzo. Aveva fame, ma sentiva lo stomaco chiudersi se solo ripensava a quello che aveva perso. Aveva stampati nella mente il sorriso lucido di sua madre, lo sguardo orgoglioso del suo fratellino e l'occhiata tenera della sua dolcezza, che riservava solo a lui.
«Sempre quella faccia scura!» lo apostrofò Gladis, la stessa donna che aveva estratto il suo nome durante la cinquantesima mietitura. «Sei un vincitore e sei un bel ragazzo, un sorriso ti gioverebbe.»
Haymitch l'odiava. Non era nemmeno la tipica, ingenua persona di Capitol City, ma una razza ancora peggiore. Era consapevole di quello che i giochi significavano per i distretti, ma non gliene importava nulla.
Gladis si alzò dal suo posto a tavola, che era il più lontano possibile da quello di Haymitch, e strinse tra le dita una caraffa di vetro con un liquido scuro. Si avvicinò al suo posto e ne versò alcune dita nel suo bicchiere vuoto. «Bevi, vedrai che ti tirerà su di morale.»
Gladis lo guardava con espressione di sfida e Haymitch poté solo prendere il bicchiere in mano.
«Non credo che...» cominciò Celia, seduta al suo fianco, sporgendosi verso di lui, ma lui si scolò tutto il liquido in pochi sorsi.
Non fu una buona idea. Aveva immaginato fosse un alcolico, ma era molto più forte di quanto avesse immaginato. Anche nel distretto 12 vendevano alcool, ma lui non era abituato a berlo, visto che fino alla sua partecipazione ai giochi non aveva denaro da spendere in quel modo.
Cominciò a tossire prima di riuscire a trattenersi. L'alcool gli finì nello stomaco e gli fece girare la testa. Quando si riprese, cominciò a sentirsi confuso, a non ricordare più dove fosse esattamente. Si sentiva meno triste, meno disperato, anzi, quasi non ricordava perché lo fosse. Per la prima volta da settimane, gli Hunger Games e i suoi cari perduti non erano più il centro dei suoi pensieri.
«Tutto rosso sei anche più carino.» Dopo questa considerazione che non fece tempo ad arrivare al cervello di Haymitch che lui l'ebbe già scordata, Gladis tornò a sedersi al proprio posto.
Haymitch non voleva tornare lucido, quell'oblio generato dall'alcool era rilassante. Non aveva brutti pensieri o ricordi, la sua mente vagava.
Allungò il braccio verso la caraffa mezza vuota e si riempì il bicchiere, sotto lo sguardo compiaciuto di Gladis e quello sconvolto di Celia.
«Haymitch, smetti di bere!» disse quest'ultima, preoccupata, ma Haymitch la ignorò completamente.
Il secondo bicchiere scese giù con facilità e rese il suo dolore ancora più vago, distante, come se non importasse più. Sarebbe anche potuto mettersi a dormire tranquillo, ora, era certo che gli incubi non sarebbero andati a tormentarlo.
Gladis era sempre una stronza, ma almeno gli aveva dato una scappatoia utile.
Quando la cena terminò, Haymitch si portò dietro la caraffa con il liquido rimasto e un'ulteriore bottiglia che aveva scovato. Si chiuse nella sua stanza a chiave, perché non voleva che Celia o qualcun altro facessero incursione per portargli via il liquore.
Raggiunse il letto barcollando e cadde tra le lenzuola. Riuscì a mettersi in ginocchio e poi si sedette, appoggiandosi alla testata del letto. Si portò la bottiglia alla bocca, sorseggiando piano. La sua testa girava e si sentiva stanchissimo. Appena chiuse gli occhi per qualche secondo di troppo, si addormentò, con ancora la bottiglia in mano.
Fu la prima notte senza sogni.

Da quella prima sbronza, si rifugiò nell'alcool sempre più spesso, fino a non poterne più fare a meno.
Era la sua salvezza, in un certo senso, che teneva lontani gli incubi e i fantasmi del passato.
Non che essi sparissero mai, erano sempre pronti a tornare a tormentarlo, ma l'oblio, per quanto breve, gli donava momenti meno tristi in cui non era costretto a pensare.
Era libero, perché non gli importava più niente.


Spazio Autrice: Salve a tutti! :D
Ero sempre stata convinta che se avessi scritto su Hunger Games, la mia prima storia sarebbe stata su Haymitch, mentre invece è stata Annie/Finnick, ma ho rimediato subito con questa storia.
Haymitch è un personaggio che adoro, spero di averlo reso al meglio.

Varie ed eventuali sul capitolo:
- Partiamo dal titolo: oltre ad essere una citazione della storia, è molto, molto ironico. L'avete notato? E' un po' come se Haymitch suggerisse a tutte noi povere fan sue di piangere per lui. Il suggerimento non mi serve. T.T
- Il “dolcezza” è messo apposta. Non mi piace mettere il nome a personaggi che sappiamo esistono ma non sappiamo come si chiamano (anche se sono stata costretta a metterlo per la stilista e l'accompagnatrice), però mi sono domandata da dove spuntasse fuori quel “dolcezza” che dice a tutte le donne. La risposta che mi sono data è molto triste ed è da lì che è nata quel dialogo.
- Inizialmente, volevo fare che Haymitch capisse il ruolo di Snow nella morte dei suoi e della sua ragazza, ma alla fine ho lasciato perdere. Immagino l'abbia scoperto in seguito, magari frequentando Capitol durante i giochi come mentore.

Spero che la storia vi sia piaciuta.
Ilaria

   
 
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