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Autore: syontai    27/09/2013    25 recensioni
Un mondo diviso in quattro regni.
Un principe spietato e crudele, tormentato dai fantasmi del passato.
Una regina detronizzata in seguito ad una rivolta.
Una regina il cui unico scopo è quello di ottenere sempre più potere.
Un re saggio e giusto da cui dipendono le ultime forze della resistenza.
Una ragazza capitata per il volere del destino in un mondo apparentemente privo di logica, e lacerato dai conflitti.
Una storia d'amore in grado di cambiare le sorti di una guerra e di tutto questo magico mondo.
This is Wonderland, welcome.
[Leonetta, accenni Pangie, LibixAndres e altri]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leon, Un po' tutti, Violetta
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Capitolo 1

Il corridoio bizzarro: 100 porte per 100 mondi

Violetta fissava il soffitto lasciandosi cullare dal caldo estivo. Amava stendersi sul letto e non fare nulla; poteva pensare…e volare con l’immaginazione. Il padre le aveva sempre detto che l’immaginazione era una cosa stupida, adatta ai bambini e basta. German Castillo, un uomo che si avvicinava ormai verso la quarantina, era sempre stato severo al riguardo. Il suo animo pragmatico gli impediva di vedere la bellezza che si potesse nascondere in un mondo fantastico e per questo si era sempre trovato in disaccordo con la figlia. Violetta Castillo, al contrario, amava sognare ad occhi aperti; teneva un diario in cui scriveva storie di draghi e cavalieri, principi e principesse che coronavano il loro sogno d’amore. Era bello poter evadere ogni tanto dalla monotonia quotidiana, per quanto le fosse possibile. Era così noioso stare chiusa dentro casa tutto il giorno! Il padre non voleva si mescolasse a quelli della sua età. Come se fosse nobile o cose del genere…era semplicemente la figlia dell’imprenditore più ricco della città. Si affacciò alla finestra, incantandosi a vedere dei ragazzi che giocavano in mezzo agli irrigatori, che in quella giornata così afosa erano una fonte di frescura alquanto agognata. Di lì a poco sarebbe venuta la sua istitutrice per le lezioni pomeridiane: geografia, storia e matematica erano le materie che avrebbe dovuto studiare; in realtà non ne aveva proprio voglia, o meglio, a lei tutte quelle nozioni interessavano, ma avrebbe tanto voluto studiare in una scuola come tutti gli altri. Prese un libro dalle mensole sopra il suo letto e cominciò a leggere. Amava leggere più di ogni altra cosa; era un’esperienza fantastica entrare nel libro, immaginarsi possibili interazioni con i personaggi, fantasticare sui possibili finali, sulle possibili storie d’amore. Quel giorno le capitò tra le mani ‘Orgoglio e Pregiudizio’ di Jane Austin. Ormai conosceva a memoria la trama e anche alcuni dialoghi per quanto l’aveva letto; era uno dei suoi libri preferiti, forse per il fascino di Darcy, forse per l’incredibile personalità di Elizabeth, detta Lizzy. Elizabeth non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno, neppure da un nobile del rango pari a quello di Mr Darcy. La loro storia aveva del fantastico: il modo in cui aveva sciolto il cuore dell’uomo, in cui gli aveva fatto comprendere il significato dell’amore, in cui aveva fatto schiudere la sua vera natura, tutto questo la ammaliava ogni volta che sfogliava quelle pagine. Già, l’amore…difficile innamorarsi senza poter uscire da casa. Anzi, impossibile. Chiuse il libro di scatto e si alzò per controllare l’ora: aveva ancora una buona mezz’ora prima di ricominciare con la solita routine. Decise di scendere in cucina per convincere Olga, la domestica, a farle assaggiare uno dei suoi fantastici biscotti alle mandorle appena sfornati.
Scese velocemente le scale e dal piano di sopra si ritrovò nel salotto, al piano terra. Il padre, come al solito, doveva trovarsi nel suo studio insieme a Roberto, suo fidato collaboratore. Si diresse in cucina in punta di piedi per non essere ripresa da German. “Olga” sussurrò entrando in cucina e osservando con golosità il piatto pieno di biscotti fumanti appoggiato sul tavolo. “Niente da fare, Violetta cara” la bloccò la domestica agitando un frullino scherzosamente. Olga per lei era come una madre, poiché la sua era venuta a mancare quando aveva solo cinque anni; l’aveva sempre trattata con amore e gentilezza, ma sapeva anche essere severa nei suoi confronti quando ce ne fosse bisogno. “Dai, solo uno!” esclamò la ragazza supplicante, sentendo lo stomaco brontolare, risvegliato da quell’invitante profumino. “Non mi farai demordere, non stavolta almeno. Quei biscotti sono per qualcuno di speciale che viene oggi” disse misteriosa la domestica. Violetta sgranò gli occhi al sentire quelle parole: chi veniva a casa sua? “E di chi si tratta?” chiese curiosa, mentre prendeva un mandarino dalla fruttiera e cominciava a sbucciarlo. “Un ragazzo! Tuo padre te lo vuole far conoscere” rispose euforica. La solita Olga: incapace di tenere un segreto per sé nemmeno con tutta la volontà possibile. “Non ci posso credere!” esclamò Violetta furiosa. Il mandarino cadde per terra mentre lei continuava a fissare la domestica con odio. “Mai che mi dica nulla! Ma adesso mi sente” strillò mentre era diventata paonazza dalla rabbia. Corse verso lo studio di German, e senza nemmeno bussare si catapultò al suo interno. “Papà, si può sapere che ti è preso?” continuò adirata. “Non capisco di cosa stai parlando, tesoro” disse pacificamente l’uomo firmando una carta che Roberto gli stava porgendo, illustrandogli alcuni progetti per la costruzione di nuove strutture. “Oggi pomeriggio viene un ragazzo in questa casa su tuo invito. La smetti di cercare di farmi fidanzare con qualcuno che vada bene solo a te? Sono stanca dei noiosissimi figli dei tuoi soci in affari” sbuffò incrociando le braccia all’altezza del petto. “Non ti capisco, cara. Ti lamenti sempre del fatto che non conosci nessuno, io ho semplicemente cercato di farti incontrare qualche simpatico amico” si scusò lui come se fosse stato attaccato ingiustamente. Inutile, non capiva…anzi, non voleva proprio capire! Violetta sbatté il piede per terra con tono offeso e se ne andò in fretta e furia. Si avvicinò alla porta di casa, guardandosi intorno per essere sicura di non essere vista. Nessuno nei paraggi. Pensò di avere diritto come minimo ad una piccola ed innocua passeggiata per sbollire la rabbia ed essere pronta per quel tedioso appuntamento. Girò la maniglia di bronzo il più lentamente possibile, cercando di non fare rumore, poi uscì di casa silenziosamente. Si voltò intorno, osservando il giardino che circondava la sua casa, e continuò ad avanzare lungo il vialetto. Si sporse lungo la strada: il cancello che la separava dal resto della città, in ferro battuto con numerosi ghirigori, si stagliava di fronte a lei. Prima d’ora aveva sempre rinunciato all’idea di sormontarlo, poiché aveva paura della reazione del padre. Ma stavolta ne aveva tutte le ragioni: era arrabbiatissima. Non poteva credere al fatto che lui non le desse la possibilità di fare le sue scelte, di vivere la sua vita. Doveva anche decidere di chi si potesse innamorare! Era terribile. Elizabeth non si era mai fatta comandare da nessuno, e lei avrebbe seguito il suo esempio. Tirò fuori una chiave tutta arrugginita, che aveva sottratto al padre qualche giorno fa a sua insaputa, e la girò all’interno della serratura fino a quando non si sentì uno scatto.
Non appena si trovò sul marciapiede non riuscì quasi a credere a cosa aveva fatto. Respirò a pieni polmoni l’aria calda estiva e si girò intorno con lo sguardo per vedere se ci fosse qualcuno nei paraggi. Non c’era nessuno, tutt’intorno a lei era deserto. Cominciò a camminare, dando qualche calcio a un sassolino, il cui rumore provocato dal rotolare sembrò quasi rimbombare. “Che buffo” sussurrò lei, ancora scioccata per quello che aveva fatto. Sentì un rumore di passi…anzi, sembravano più dei saltelli; proveniva da una via che incrociava la sua in fondo. Non appena ebbe voltato l’angolo vide un ragazzo con delle orecchie bianche da coniglio e un batuffolo bianco spuntargli dal fondoschiena. Era un ragazzo moro, alto e dalla corporatura esile. E fin qui niente di…un ragazzo con delle orecchie da coniglio?! Un lampo di luce le fece chiudere gli occhi, e quando li riaprì notò che era stato causato da un orologio d’oro che teneva in mano. Ogni tanto controllava l’ora con un’espressione preoccupata. Osservò, vedendolo di profilo che aveva degli occhi azzurri come il ghiaccio. “Sono in ritardo!” esclamò il ragazzo continuando a saltellare lungo la via sempre più velocemente. “Deve essere un costume, non c’è altra spiegazione. Davvero realistico, però” borbottò a bassa voce la ragazza incuriosita. Decise di seguire quel bizzarro individuo e camminò dietro di lui. Non sapeva dove stesse andando e aveva abbastanza paura, ma non voleva perdere di vista quel coniglio; o meglio, quel ragazzo. Meglio ancora, quel ragazzo-coniglio. “Che buffo” ripeté studiando da lontano il candore delle orecchie lunghe e affusolate. Senza rendersene conto si ritrovò di fronte a un edificio con la scritta Studio 21. Si doveva trattare di una scuola, a giudicare dall’aspetto. Le pareti erano dipinte con colori vivaci, che la ipnotizzavano. Il ragazzo si fermò di fronte a un portone blu, poi l’aprì e scomparve al suo interno, come inghiottito. “E’ tardissimo!” esclamò prima di scomparire. Violetta si incuriosì sempre di più: cosa c’era all’interno di quella scuola? Forse una festa in maschera. Questo avrebbe spiegato lo strano costume del ragazzo misterioso; probabilmente era in ritardo per la festa, ecco il perché di tutta quella fretta. Ma certo, tutto si spiegava razionalmente. Eppure non riusciva a comprendere perché saltellasse invece di camminare. Vorrà calarsi nella parte, pensò dubbiosa. Sarebbe voluta entrare per dare un’occhiata ma le sembrò terribilmente scortese; non aveva nemmeno avuto l’invito. Poteva però fingere di essersi persa e con l’occasione avrebbe potuto tranquillamente partecipare alla festa. L’idea le piacque subito, ma le parole di suo padre riguardo l’educazione e il rispetto degli altri la frenavano. Al diavolo le regole e tutto il resto! Era ancora arrabbiata con German per il cattivo scherzo che le aveva combinato. Fece un bel respiro per prendere coraggio, poi si avvicinò alla porta di un blu elettrico e l’aprì.
Sembrava un normale corridoio. “Permesso?” disse lei bussando sulla superficie liscia della porta. Chissà che fine aveva fatto il bizzarro ragazzo-coniglio. Con mano tremante richiuse la porta dietro di sé e si incamminò, affacciandosi di tanto in tanto nelle stanze che davano sul corridoio; erano delle semplici aule di musica, con strumenti vari. Stava osservando un’aula color ciclamino, quando un oggetto di legno la colpì in testa. “Ahi!” strillò lei, massaggiandosi il punto in cui aveva ricevuto la botta. Si voltò e vide un flauto galleggiare a mezz’aria. “Stai più attenta a dove vai, pirata della strada!” strillò una vocina acuta, che sembrava provenire proprio dallo strumento. Non era possibile: era tutto così assurdo. “Mi scusi” sussurrò, non riuscendo ancora a credere di stare chiedendo scusa a un flauto. Si voltò per scappare via a gambe levate ma la porta blu non c’era più: al suo posto si estendeva il corridoio all’infinito. “Mi scusi, mi sono persa” disse rivolgendosi al flauto. Lo strumento emise un vigoroso sol e poi continuò a galleggiare fino a scomparire in lontananza. “Grazie tante!” disse lei con ironia. Subito si portò le mani alla bocca: sbaglio o aveva appena intrattenuto una mezza conversazione con un flauto? Anche maleducato per di più. Indietro non era possibile tornare, comunque. Poteva solo camminare e sperare di trovare un’uscita.
Mentre camminava sulle pareti non vi erano più le entrate per le aule di musica, bensì delle porte bizzarre in legno. La prima porta alla sua sinistra era azzurra a forma di delfino e sopra vi era la scritta: ‘In fondo al mar’. Spinta dalla curiosità, si avvicinò e la aprì. Davanti a lei vedeva solo il mare che si estendeva fino a perdita d’occhio. La porta sembrava essere sospesa a mezz’aria. Abbassò lo sguardo senza varcarla e notò dei coralli colorati nelle profondità cristalline dell’oceano; i colori andavano dal rosa, al viola, all’azzurro, e producevano una sorta di melodia, non sapeva come…Le sarebbe piaciuto raccogliere una conchiglia o una stella marina, ma ebbe paura di attraversare quella porta. Richiuse con cura la porta, ed andò avanti. Un’altra porta a forma di torta recitava sopra: ‘Mangiare senza ingrassare’. Le veniva da ridere per quelle buffe scritte, si fece coraggio e aprì anche quella. Quel mondo era il sogno di ogni goloso: una strada fatta interamente di caramello dorato si inoltrava in un bosco con alberi di zucchero, dove scorreva un piccolo fiumiciattolo di cioccolato bianco. Una mosca si avvicinò fino ad arrivarle ad un centimetro dal naso: era fatta di canditi. Un fiore lecca-lecca spuntò fuori dal nulla, mentre l’erba sembrava quasi finta a causa di quel verde brillante. Ne raccolse un ciuffo e dopo averlo annusato, lo assaggiò: menta! Era tentata di entrare, ma era così strano…e per di più il tempo prometteva pioggia. Dopo poco infatti cominciarono a piovere gocce di cioccolato fondente. No, era meglio non allontanarsi dal corridoio principale, non voleva perdersi. Dopo aver chiuso quella porta avanzò, succhiando lentamente quei ciuffi di menta così deliziosi e zuccherati. Mentre camminava dava un’occhiata alle varie porte che si alternavano, senza mai aprirle: una porta a forma di pipistrello con la scritta ‘Incubi di mezzanotte’, una a forma di zucca con incise le lettere dorate ‘La scarpa di cristallo: sogni avverati’. Tutte quella porte la ispiravano tantissimo. Una porta a forma di albero di natale la incuriosì, anche per quella buffa maniglia a forma di stella cometa.
Senza accorgersene arrivò alla fine del corridoio: eppure poco tempo prima le era sembrato che avrebbe dovuto camminare ancora a lungo; lo spazio era davvero strano in quel posto. Ma quel che la colpì fu ciò che vi era scritto sopra quella porta, che sembrava una carta da gioco, un asso di cuori per la precisione. “Una volta il Paese delle Meraviglie” lesse piano a bassa voce. E sotto c’era scritto qualcos’altro in piccolo: ‘Violetta Castillo, sei presente?’. “Si, che ci sono” esclamò lei nervosa e stupita. Chi si aspettava il suo arrivo? La scritta sulla porta si cancellò e subito ne apparve un’altra: ‘Presente, non essente’. Violetta la guardò meravigliata: ma che razza di magia era quella? Comunque per essere una porta era davvero pignola. “Sono presente, se è quello che preferisci” sbottò lei, con lo sguardo fisso. La maniglia girò da sola, e la porta si aprì di botto. Era tutto troppo scuro dall’altra parte, doveva essere notte. Sul terreno notò uno strano bagliore rossastro. Oltrepassò la porta e si chinò a raccoglierlo: era un rubino a forma di cuore. “Che strano…” borbottò voltandosi. Ma sul suo volto si disegnò un’espressione terrorizzata: la porta era scomparsa. “Dove sei, porta? Porta, devi ricomparire, mi hai lasciato qui!” cominciò a strillare guardandosi intorno. Tutto intorno quel buio le metteva davvero paura; doveva trovarsi in un bosco fittissimo, perché tutto intorno a lei si trovavano degli alberi maestosi e imponenti. Alcuni rumori e versi la fecero rabbrividire, quindi si acquattò addosso a un enorme tronco, e si lasciò cadere, circondando con le braccia le gambe portate al petto. “C’è nessuno?” chiese tremante, mentre il silenzio piombò nel bosco. “Nessuno non c’è” rispose una vocina acuta vicino a lei. “Quindi c’è qualcuno!” esclamò un po’ rincuorata. Allora non era sola: forse avrebbe ottenuto delle indicazioni per andarsene da quel posto orribile e tornarsene a casa. “No, nemmeno qualcuno c’è. Che nomi buffi nessuno e qualcuno!” esclamò la vocina, esplodendo poi in una squillante risata. “In effetti…” ribatté Violetta confusa. “Ma dove sei? Io non ti vedo” esclamò poi. Nel buio non riusciva a distinguere ad un palmo dal naso, e non riusciva a vedere nulla. “Sono a destra, anzi no a sinistra. Anzi, direi al centro” disse la voce. Centro? Cosa intendeva dire? Violetta si alzò e cominciò a tastare in giro, nel tentativo di trovare in questo modo l’interlocutore misterioso. “Puoi parlare ancora? Altrimenti non riesco a trovarti!” disse lei, appoggiandosi con la mano a un altro tronco. “Ci sei ormai” disse la voce. Un tenue chiarore le illuminò il viso: stava per sorgere il sole fortunatamente.  Eppure di fronte a lei non c’era nessuno. “Più giù” la riprese, costringendola ad abbassare lo sguardo. Eccolo! Ma era...una rosa?!





ANGOLO AUTORE: Ciao a tutti! Qualcuno lo sapeva, qualcuno no, ma sono qui con una nuova storia. Ne approfitto per dirvi che momentaneamente 'Amore Impossibile' non verrà aggiornata, per il semplice fatto che tre ff proprio non le reggo. Avevo un banner per questa storia, ma a parte che non so come si mette *imbarazzo* devo mettere la scritta *e non sa come si fa* e dovrei assestarlo, ma quando sarà pronto lo caricherò con molto piacere xD Detto ciò, vi dico che la storia parte molto allegra e contenta, ma non è così...il mio obiettivo è proprio quello di alternare momenti apparentemente sereni, con alcuni molto tosti, come potrete vedere dagli avvertimenti (per violenza, io intendo soprattutto quella psicologica). L'OOC è assolutamente vero, ma vedrete in seguito che i personaggi in fondo conservano parte della loro caratterizzazione originale (in fondo in fondo xD). Pooooi, la storia è principalmente Leonetta, le altre coppie...boh, ancora non ne sono sicuro, di certo Pablo e Angie qui sono sposati. So solo questo xD L'impostazione. Ah, sull'impostazione due paroline ce le spendo. I capitolo non saranno impostati nel modo tradizionale, ossia vari momenti in vari luoghi. Infatti ci saranno i cosiddetti blocchi narrativi alla Manzoni per intenderci. Per cui si passerà da un personaggio a un altro a distanza di capitoli, non di paragrafi, e ci saranno eventi temporalmente collocati in modo diverso, ma no problem, capirete tutto andando avanti. Penso che almeno all'inizio caricherò il capitolo una volta a settimana (penso il venerdì), ma non ho la certezza assoluta, quindi vedremo. Mi sto dilungando, e non voglio. I primi capitoli saranno molto nonsense (come già avete potuto notare) e seguono un po' il modo di fare di Carroll, con i giochi di parole ecc...da una certo punto in poi, cambierà tutto drasticamente, giusto per dirvi: non aspettatevi la favolina felice, perché...beh, lo scoprirete leggendo i prossimi capitoli xD Credo di aver detto tutto, grazie a chi mi segue/seguirà :D Alla prossima ;D 
P.S: in questa storia sto cercando di affinare il mio metodo di descrivere ambienti, personaggi, ecc...spero di riuscirci, ma ovviamente i consigli sono ACCETTATISSIMI (anzi, li pretendo ù.ù). Ultima cosa: la caratterizzazione di Violetta è VOLUTAMENTE un po' superficiale, perché...magari questo ve lo spiego più in là XD
P.P.S: i primi capitoli sono un po' più corti, poi si allungano, don't worry ;D 
  
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