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Autore: The queen of darkness    27/09/2013    1 recensioni
Non è sempre facile lasciare libero accesso ad una persona che ci conosce meglio di noi stessi. Soprattutto se ha occhi così speciali.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Guardandola avevo la costante impressione che sapesse sempre tutto.
Cosa avevo mangiato a pranzo, perché disprezzavo mia madre, se avessi mai fumato una sigaretta, cos’era successo di tanto misterioso nella mia infanzia da turbarmi per sempre, del perché avessi tentato il suicidio, perché la terra girasse attorno al sole e non il contrario, se c’era vita in altri pianeti oppure qual era la data precisa dell’inizio dell’universo.
Aveva occhi così castani, - così sporchi -, che ogni tanto mi chiedevo come avesse fatto ad insozzarli in quel modo. Alzava le spalle con nocuranza, se le dicevo qualcosa; non le importava mai troppo delle cose che le dicevo.
Aveva occhi così azzurri, - così limpidi -, che davvero credevo che fossero il mare intero chiuso in un teschio rivestito di carne pallida. E quando i capelli li schermavano li scostavo sempre, e la mia mano tremava per l’elettricità statica che c’era in lei, ed era un chiaro segno che non le piacevano le mie mani spalmate sulla sua faccia.
Aveva occhi così verdi, - così languidi -, che mi ricordavano un bosco. Una grande distesa di alberi, infinita e avvolgente, in cui mi volevo perdere. Le palpebre ricoprivano spesso quella zona incontaminata e le sue ciglia lunghissime e cortissime si posavano sulle guance con studiata civetteria, per fare di tutto per non sedurmi con il suo sguardo.
Aveva occhi così neri, - così brucianti -, che se un diavolo esisteva non poteva che vivere lì. Ecco perché conosceva i miei segreti uno ad uno, li leggeva con quelle iridi che sembravano pupille, con il sorriso da gatto, con le fossette che non aveva, con i capelli che le cadevano sempre prima sulle spalle e poi sul pavimento.
Cominciò a farmi paura, sul serio. Allora chiudevo ogni finestra, ogni occhio, ogni schermo, ogni porta, ogni bocca, ogni confine, e mi raggomitolavo stringendomi le ginocchia al petto, e piangevo. Più che piangere per davvero, però, gemevo, ma in silenzio, visto che avevo sempre paura che mi scoprisse.
A nulla serviva addentare il vetro, incidere la pietra del mio cuore; quegli occhi rimanevano. Erano occhi così belli, comunque, - così intensi -, che mi lasciavano ugualmente senza fiato, e quindi permettevo sempre loro di indovinare i miei pasti anoressici, i ricordi più reconditi del mio passato, e cedevo le poche nozioni che avevo imparato, e pregavo che le bastassero.
Mi sorrideva, indulgente, con quello sguardo tanto meraviglioso. Così… magnifico, spettacolare, unico.
E quei suoi occhi, tanto belli e tanto crudeli… ho già detto che erano ciechi?
 
  
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