[Dedicata a MissGordlay.
Per te cara <3]
Non è una storia d’amore
“Questa è la storia di un lui e di
una lei.
Ma vale la pena chiarirlo subito...
Non è una storia d'amore.”
dal film
"500 Giorni Insieme"
New
York, 1965
Millie sbadigliò diverse volte, per poi
stiracchiarsi dietro la piccola scrivania colma di scartoffie, sulla quale
troneggiava la sua macchina da scrivere. Afferrò la sua tazza da caffè e notò
con disappunto che fosse vuota. Erano appena le sette del mattino e le poche
ore di sonno annebbiavano la sua mente. Una forte emicrania inoltre la
costringeva a serrare i denti, come se anche il minimo sospiro potesse
amplificarsi nella sua testa.
Millie Cooper, appena diciottenne, lavorava per uno dei giornali di New York.
Era stata assunta da circa un mese come scrittrice di novelle. Ogni giovedì un
nuovo racconto di amore veniva pubblicato a pagina quarantotto e tante lettrici
sospiravano leggendo i tormenti d’amore, le dichiarazioni a sorpresa, le
proposte di matrimonio dei suoi personaggi; di Layla e David, di Grace e
Brandon, di Adena ed Isaac*.
Ogni settimana tanti cuori battevano più forte, grazie alla magia delle sue
parole.
Millie aveva scritto il suo primo romanzo a quattordici anni, su un quaderno
che conservava gelosamente nell’ultimo cassetto della scrivania nella sua
camera. Amava leggere e amava dar vita a sua volta a tante storie diverse,
tante avventure che lei stessa avrebbe voluto vivere. Le sue protagoniste sole
o particolarmente difficili si abbandonavano dopo diversi tormenti e
struggimenti ad amori a lungo attesi, a uomini belli e con i tratti
caratteriali di un principe azzurro. Millie non poteva fare a meno di
domandarsi se anche a lei sarebbe mai accaduta la stessa cosa e non poté fare a
meno di volgere il pensiero a Francis.
Francis, più grande di lei di un anno, era diventato suo amico da qualche anno
e aveva fatto con lei richiesta d’assunzione al giornale, ottenendo il compito
di curare la rubrica degni annunci.
La sua scrivania si trovava di fronte la sua, dall’altro lato dell’ampia stanza
nella quale diverse scrivanie erano posizionate e dove le voci di impiegati
frustrati, stanchi e indietro con il lavoro si mischiavano, creando un gran
vociare che nelle giornate più uggiose riusciva a farla sorridere, anziché
crearle fastidio.
Diverse volte aveva sorpreso Francis ad osservarla e questo le aveva riempito
la mente di interrogativi, alimentati dalla pettegola che curava la rubrica per
i capelli, dicendole che sicuramente tra loro sarebbe successo qualcosa.
Francis era un ragazzo schivo, a volte taciturno, altre in apparenza di buon
umore e col sorriso sulle labbra; ma Millie sapeva come il ragazzo fosse
impegnato a lottare contro i propri demoni; contro il pensiero di aver perso
entrambi i genitori tempo prima.
Nessuno riusciva ad avvicinarsi abbastanza al suo cuore; nessuno tranne Millie,
l’unica al quale il ragazzo non chiudeva la porta del suoi cuore e lo scrigno
dei suoi pensieri più profondi. A volte Francis era noto scrivere piccole note,
pensieri del momento e lasciargliele sulla scrivania, per permetterle di sapere
cosa gli passasse nella testa; per altri sarebbero stati deliri di parole, per
lei verità comprensibilissime.
“Ho
letto il tuo pensiero di oggi, molto malinconico” Millie accennò un debole
sorriso, rubandogli un pezzettino della torta di mele dal piatto. Stavano
pranzando nella tavola calda sotto la redazione, prima che iniziasse il loro
turno pomeridiano.
“Alcuni giorni la nostalgia è una vera puttana”
Francis le rivolse un sorriso sghembo, sapendo quanto le parolacce la
infastidissero.
Millie, difatti, lo fulminò prontamente.
“Non per fare la puritana, ma usa un linguaggio decente” lo riprese, tuttavia
con un cenno di ironia nella voce.
Gli occhi azzurri di Francis, quel giorno, splendevano più del solito,
sembravano più vivaci, nonostante il pensiero malinconico che aveva trascritto
sul solito foglietto.
“Però” continuò improvvisamente il ragazzo “sono felice che ci sia tu, rendi
tutto più sopportabile”
Millie arrossì vagamente, pensando a cosa avrebbe potuto dire la tipa della
rubrica per i capelli, se lo avesse ascoltato parlarle così.
“Sono tua amica, ci sarò sempre per te” affermò, con sincerità. Non riusciva
nemmeno ad immaginare una vita in cui lei e Francis non fossero amici. Non
riusciva nemmeno a ricordare di aver vissuto 15 anni della sua vita senza
conoscerlo, senza condividere con lui i suoi pensieri, le sue giornate, le
primavere e gli inverni newyorkesi oscillanti tra caldi estati e autunni capaci
di tingerla di rosso.
Francis la guardò in una maniera tale, che Millie ebbe l’impressione stesse per
dirle qualcosa di molto importante e in cuor suo non sapeva se preoccuparsene o
attendere con trepidazione, come le protagoniste che le sue lettici leggevano
ogni giovedì.
Ma lo sguardo di Francis altrettanto rapidamente mutò. Aveva cambiato idea e
Millie in parte ne fu delusa, ma non ebbe cuore di dire nulla.
“Accidenti, ci sarò sempre per te…questa è una vera e proprio minaccia!”
“Ehi!” protestò, sporgendosi per dargli un pugnetto sulla spalla. Atteggiamento
ben poco femminile per una diciottenne, le avrebbe detto sua madre, ma a lei
non importava. Fece per ritirare il pugno, ma Francis lo afferrò prontamente e
molto lentamente, incatenando il suo sguardo azzurro come l’oceano in quello
della ragazza, sfiorò le nocche con le sue labbra invitanti, facendo arrossire
furiosamente Millie.
Lui le sorrise sghembo, le labbra ancora ad un soffio dalla sua mano: “Sei
rossa come lo smalto sulle tue unghie”.
“Cretino!” sbottò lei, ritirando la mano di colpo.
Francis rise, prima di accendersi una sigaretta.
Tra nuvole di tabacco e odore di torte di mele appena sfornate, tra caraffe di
caffè versate a clienti di passaggio e cameriere sempre di buon umore, sulle
labbra di Millie spuntò un sorriso. Osservò il profilo di Francis, ora intento
a guardare fuori dalla vetrata, la sigaretta stretta tra le dita, il fumo
espirato dal naso, le labbra socchiuse e i capelli chiari illuminati dai raggi
del sole e si ritrovò a pensare che fosse bellissimo.
Fu solo un attimo, prima di addentare ancora un pezzo della sua torta di mele.
Certi pensieri erano fin troppo prepotenti e una parte di lei ne era
spaventata.
Millie alzò il viso verso la scrivania di Francis. Il ragazzo non era ancora
arrivato e constatò che stranamente era in forte ritardo. Non ebbe il tempo di
interrogarsi su cosa lo avesse trattenuto, che Annabelle lanciò un urlo.
Annabelle era una sua collega dagli occhi color nocciola e i capelli biondo
cenere, di qualche anno più grande, curatrice della rubrica dedicata ai
consigli. Sempre alle prese con l’aiutare tante lettrici con differenti
problemi, aveva però non pochi problemi a gestire il nervosismo costante e
facilmente provocabile. In quell’esatto momento stava urlando leggendo la copia
del giornale di quella mattina, lamentandosi di come il capo avesse fatto
tagliare una pagina della sua rubrica per dedicare più spazio alla fiera del
pomodoro appena fuori New York.
“Ridicolo! Assolutamente ridicolo! Lui e questi stupidi pomodori! Newyorkese
ottuso! A Los Angeles non sarebbe mai successa una cosa simile!”
Los Angeles era la sua città natale e Annabelle non aveva mai nascosto di
preferire il clima caldo e mite della California a quello più freddo di New
York.
Millie la osservò accendersi una sigaretta per poi voltarsi verso di lei. Si
avvicinò con la copia fra le mani e gliela poggiò sulla scrivania.
Millie credeva avrebbe continuato la sua sfuriata con lei, ma la sua
espressione sembrava essere mutata rapidamente. Ora mostrava un serio dispiacere,
che la turbò non poco.
“Questa mattina ho letto tutto il giornale” le disse “compresi gli annunci.
Credo tu debba leggerli”
Annabelle tornò alla sua scrivania, lasciandola non poco perplessa. Crucciò lo
sguardo e afferrò il giornale, andando a pagina cinquantacinque, quella
dedicata agli annunci.
Uno in particolare attirò immediatamente la sua attenzione. Era a centro pagina
e aveva tutto l’aspetto di essere una lettera, piuttosto che un annuncio.
Prese a leggere, improvvisamente preoccupata, come se la sua mente avesse
capito prima di ella stessa che non erano buone notizie.
“Oggi il sole splende alto nel cielo di New York. Mi piace molto il sole, mi
ricorda le giornate felici passate al parco con la mia famiglia. Mio padre mi
diceva sempre che sarei diventato grande solo nel momento in cui avrei capito
che nella vita servono compromessi; mia madre invece non faceva altro che
ripetermi che mi voleva bene e allora non capivo perché anche lei non mi desse
un saggio consiglio come mio padre. In realtà, solo adesso, ho compreso che il
suo fosse un consiglio, valido quanto quello del mio vecchio.
Ti voglio bene erano le sue parole;
me le diceva sempre, senza paura, con tutto l’amore possibile, con l’amore che
solo una madre per un figlio può provare. Se fossi stato più sveglio avrei
capito subito che per mia madre, sarei diventato un vero uomo solo nel momento
in cui avrei detto “ti voglio bene, ti amo” alla donna della mia vita. Ebbene,
non l’ho fatto. Perdonami mamma, ma ho seguito il consiglio di papà, ho cercato
un compromesso tra la paura per il futuro e il presente che non volevo
cambiare, e ho continuato un’amicizia che ormai consideravo un amore, in gran
segreto. A voi sarebbe piaciuta questa ragazza. È alta, ha dei grandi occhi
dello stesso colore delle foglie d’autunno, sempre espressivi e vivaci, pieni
di vita; i suoi capelli sono di un castano capace di riscaldare il cuore e le
sue labbra così rosee e vellutate che viene voglia di baciarle sempre. Cari
lettori, credetemi, piacerebbe anche a voi questa ragazza.
E a lei voglio dire una cosa: scusami, non sono stato capace di dirti cosa
provavo, avevo paura di rovinare la nostra amicizia, di un tuo rifiuto. Io sono
innamorato di te, ti amo più di quella torta di mele della tavola calda. E
quella torta di mele è davvero buona.
So che questo è uno spazio dedicato agli annunci, perciò ecco il mio: a) lascio
il mio lavoro al giornale; b) sto partendo per il Vietnam e c) ascoltate i
consigli silenziosi delle vostre mamme, o finirete col dichiararvi alla ragazza
che amate proprio mentre state partendo per una guerra.
Ci sarò sempre per te. Non è una minaccia.
F. W.”
Millie si portò la bocca sulle labbra tremanti, gli occhi improvvisamente
lucidi. Tutte quelle informazioni da metabolizzare la fecero boccheggiare alla
ricerca di ossigeno. Temeva che sarebbe svenuta proprio lì, davanti la sua
scrivania.
Francis l’amava ed ora era in viaggio per il Vietnam. Non sapeva se sarebbe
tornato e, soprattutto, non poteva guardarlo negli occhi e dargli una risposta.
Ripensò a quella volta nella tavola calda, a quando ebbe la sensazione che
Francis stesse per dirle qualcosa. Si ritrovò a maledire il fatto che non
l’avesse fatto, le lacrime che scivolavano copiose lungo le sue guance. Gemiti
strozzati le impedivano di prendere fiato, mentre la mano scendeva sulla
scrivania, colpendola con un pugno.
Francis era partito e a lei non rimaneva che un annuncio sul giornale e tanta
amarezza. Avrebbe mangiato della torta di mele e avrebbe riletto quella
lettera, fino a consumarne le parole.
*I nomi
citati sono presi da mie fan fiction originali e non, nel caso apparissero
familiari a qualcuno xD
Breve
one-shot scritta di getto, in un momento di particolare ispirazione, che mi
auguro possa essere di vostro gradimento, con la speranza di non aver
dimenticato troppi errori sparsi tra le righe, non avendola riletta. Un grazie
a chi leggerà o/e recensirà <3
Un bacione,
Ely 91