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Autore: Marziolin    27/09/2013    2 recensioni
"Ogni tanto invece diventa inutile anche solo tentare a ricordare i lineamenti delicati del volto di sua madre, perché tutto ciò che riesce a richiamare alla memoria è il nulla.
Quelli sono i giorni in cui i suoi attacchi di panico si fanno più pesanti, rendendogli difficile anche respirare."
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fairytales of yesterday will grow but never die

C'era una volta una principessa”.
Così iniziavano tutte le favole che sua madre era solita raccontargli da bambino.
“C'era una volta una principessa bellissima, con i capelli rossi e lunghi e un sorriso meraviglioso”, continuava il racconto sua madre, le gambe incrociate sopra il suo letto e le mani in movimento per dare enfasi alla storia.
“E c'era anche un principe, mamma? C'era, vero?” domandava spesso il piccolo Stiles, le coperte tirate su fino alla punta del naso e un peluche – peluche che, nonostante gli anni, resta custodito all'interno del suo armadio – stretto al petto.
La madre sorrideva, annuendo dolcemente. “Ovvio che ci fosse un principe, tesoro. E questo principe era il ragazzo più gentile, più simpatico, bello e più buono di tutto il mondo.”
“E alla fine il principe conquista la principessa?” sua madre sorrideva sempre, dopo questa domanda. La ricorda come fosse ieri, la sua carezza, proprio sulla guancia destra prima di alzarsi dal suo letto, spegnere la lampada e chinarsi per dargli un bacio sulla fronte.
“Dopo tante prove da parte del principe... sì, la principessa si innamora finalmente di lui.”

 

Stiles si asciuga una lacrima con la manica della camicia a quadri, felice che suo padre non sia in casa e non possa entrare in camera sua all'improvviso e coglierlo sul fatto, con il peluche a forma di panda stretto tra le mani.
Qualche volta gli sembra ancora di sentirla, la voce di sua madre, che gli racconta quella fiaba della buonanotte. Ogni tanto rivede anche il volto della principessa dai capelli rossi nei suoi sogni – principessa che da qualche anno a quella parte ha assunto le fattezze di Lydia Martin.
Ogni tanto invece diventa inutile anche solo tentare a ricordare i lineamenti delicati del volto di sua madre, perché tutto ciò che riesce a richiamare alla memoria è il nulla.
Quelli sono i giorni in cui i suoi attacchi di panico si fanno più pesanti, rendendogli difficile anche respirare. Nessuno lo sa, ovviamente, solo suo padre per ovvie ragioni.
Stiles non ritiene necessario mostrarsi più debole di quanto già pensa di essere.

 

Il bussare di qualcuno – Scott – alla porta di casa lo riscuote dai suoi pensieri.
Stiles manda giù il magone, tira su con il naso e passa nuovamente la manica della camicia di flanella sugli occhi, giusto per essere sicuro che non ci sia nulla a tradirlo.
Con un'ultima occhiata saluta il piccolo panda che sua madre gli aveva regalato quando aveva più o meno tre anni, vincendolo a una di quelle bancarelle dove per aggiudicarsi un premio bisognava buttare giù tutti i barattoli, e lo rimette al sicuro nel fondo dell'armadio, dove nessuno potrà mai vederlo.
Stiles scende le scale di corsa, fermandosi solo un momento prima di aprire la porta e far entrare Scott.
Un ultimo sospiro – “inspira ed espira, inspira ed espira”, gli aveva detto il dottore quando gli attacchi di panico erano iniziati – e Stiles spalanca la porta, facendo entrare il suo miglior amico, una pizza in una mano e una serie di videogiochi nell'altra.
“Ehi amico. Pronto per essere stracci... ehi, tutto bene?” Scott lo squadra un momento, facendo un passo per avvicinarsi ed osservarlo meglio. “Hai... be', pianto?”
Stiles distoglie lo sguardo, allontanandosi da sotto la luce. “Ma ti pare? Non fare l'idiota!”.
Scott annuisce, e nello stesso momento Stiles sorride, come sempre quando Scott è nei paraggi.
Lo sa che il suo migliore amico non è stupido – non sempre almeno –, e che si rende conto benissimo da sé che qualcosa non va, ma gli è grato di far finta di niente, così come Stiles fa finta che quel dolore che ogni tanto gli opprime il petto altro non sia che un brutto sogno.

   
 
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