Sogno di un’ombra
In
fondo alla stanza, accanto alla porta, uno specchio opaco faceva
trasparire la mia figura. Mi avvicinai per guardare meglio. Dalla
finestra entrava, radente sul mio volto, una luce al neon blu. Erano
giorni che non dormivo e i miei occhi spenti indicavano una certa
stanchezza. La mancanza di un lavoro, i debiti accumulati e la
necessità di trovare un posto economico dove poter riposare,
mi avevano impedito di chiudere occhio. Ma ora questo posto sembrava
l’ideale per acquietarmi. La signora sembrava gentile e
disponibile a scendere a compromessi. L’avevo avvertita che
non avrei potuto pagarla subito, al massimo tra un mese. Non appena
l’agenzia avrebbe pubblicato il mio racconto avrei avuto i
soldi necessari per pagare almeno tre mesi di affitto. Aveva accettato
la mia proposta. Ed ora eccomi qui in questa stanza.
Di
riflesso, dallo specchio, si vedeva, appoggiato al muro per due lati,
accanto al comodino, il letto tipico delle stanze di chi vive da solo:
un materasso non molto comodo, delle lenzuola, una volta bianche, e un
guanciale senza fodera. Ma qualcosa aveva attirato la mia attenzione.
Avvolto nella coperta e disposto di lungo sul letto, sembrava esserci
qualcosa. Mi girai di scatto e, non senza qualche preoccupazione, mi
avvicinai al letto. Con cautela iniziai a srotolare la coperta; la
paura mi cresceva in corpo: com’è che non avevo
notato fin’ora quel pesante fagotto? L’ombra della
notte e i fumi dell’alcool mi aveva forse impedito di
notarlo. Ancora pochi giri e avrei capito finalmente di cosa si
trattava. L’impressione era quella di essere di
fronte…no! Come era stata possibile una cosa del genere! Chi
e come aveva potuto?
Un
corpo rinsecchito dal tempo giaceva immobile, lungo, disteso su quello
che sarebbe dovuto essere il mio giaciglio per quella notte e le altre
a seguire. Cercai dei fiammiferi nelle mie tasche, ma non ne avevo.
E’ vero! Avevo smesso di fumare da tempo! Cercai allora in
lungo e in largo nella stanza; rovistai nel cappotto di velluto blu
appoggiato sulla sedia e ne trovai un pacco ancora sigillato. Provai ad
accenderne uno, ma il tremore delle mie mani mi tradì e lo
ruppi. Riprovai col secondo. Si accese. Mi avvicinai lentamente al
corpo. Il bagliore della fiamma mi fece notare la sua vecchia camicia
bianca priva di bottoni. Salii lungo il corpo per vedere il suo volto,
ma in quel momento la fiamma mi bruciò le dita. Ne accesi un
terzo e stavolta andai diretto fino al volto. Un filo di barba cingeva
il pallido mento; mi avvicinai ancora di più. Uno stupore
misto a ribrezzo mi fece trasalire….quel volto! Come era
possibile? E’ illogico e contro natura una cosa del genere!
Quel volto bianco cadaverico era…era il mio! Cosa era
successo in quella stanza e cosa stava succedendo in quell istante?
Indietreggiai e non mi accorsi che dietro di me, appoggiata a terra,
c’era una bottiglia di rum. La urtai, cadde e
rotolò sul pavimento, spargendo quel poco di liquido
alcolico che ne era rimasto all’interno. Stetti per un
po’ lì ritto e immobile. Qualsiasi spiegazione mi
sembrava assurda. Non riuscivo a pensare ad altro. Sono morto? Sono
vivo? E’ un sogno o meglio un incubo!
Dalla
porta si sentivano dei rumori che distolsero la mia attenzione
dall’improbabile. Passi lenti e pesanti si avvicinavano alla
stanza. Ecco un rumore di chiavi che gira nella serratura. Ruota il
pomello della porta. Entra una persona bassa e tozza: la padrona di
casa. Appoggia la mano al muro in cerca dell’interruttore. Lo
trova e lo preme con decisione. Un rumore sordo e metallico risuona
alle mie orecchie. Un lento ronzio precede l’illuminarsi
della lampadina. Si fa dapprima fluorescente, poi un bagliore uniforme
cade sulla stanza. Si sente un sospiro. “Mi sembrava di aver
sentito un rumore quassù”, dice la vecchia
signora. Quindi si avvicina all’unica finestra della stanza,
apre le ante e fa entrare la luce del sole.
“Chissà perché nessuno mai viene a chiedere di prendere in affitto questa stanza”continua la vecchia. Resta pochi minuti nella stanza, il tempo di far cambiare aria, poi richiude le ante della finestra. Si avvia verso la porta; un’ultima occhiata alla stanza prima di chiudere dietro di sé la porta.
Ringrazio in anticipo tutti coloro che leggeranno e commenteranno questa shot, e un grazie particolare ad una persona senza la quale, avrei mai pubblicato questa storia: Sabrina(scricciolo91). Grazie!