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Autore: LastHope    29/09/2013    2 recensioni
[ErzaxGerard ; LaxusxMirajane ; accenni di altre coppie NatsuxLucy,MiraxFreed]
Sorrisi mentre premevo le gambe sul terreno per far muovere il dondolo più velocemente apprezzando quell’aria tiepida dell’autunno che accarezzava la nostra pelle.
- Non hai mai avuto paura di perdere tutto, Erza? Quando eravamo piccoli io la avevo -
Guardai Gerard mentre il suo braccio muscoloso si stringeva attorno al mio fianco con una dolcezza che non gli era mai appartenuta.
- No – sussurrai – avrei semplicemente voluto volare via - 
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erza, Scarlet, Gerard, Luxus, Dreher, Mirajane
Note: AU, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Butterfly fly away 
Laxus

Diedi un calcio al letto troppo incazzato e fatto per pensare al fatto che Gerard, nella stanza accanto, stesse scopando Meredy.
- Che troia.. – sospirai sedendomi sul letto appoggiando i gomiti alle cosce dai muscoli ancora contratti e misi le mani tra i capelli tirandomi piano le ciocche bionde ribelli.
Meredy non era davvero una poco di buono, era solo innamorata di Gerard tanto da concedersi come fosse la cosa più comune del mondo ed ero fottutamente geloso di quelle attenzioni.
Non facevo sesso da mesi, troppo nella merda per pensarci o stavo troppo male per riuscirci.
Mi infilai il giubbotto quando i gemiti della ragazza si udirono attraverso la parete sottile che separava le due camere; scesi velocemente saltando qualche gradino per la fretta e appena giunsi alla porta mi bloccai.
Mi rimanevano pochi soldi, circa la metà di quelli che servivano per pagare l’affitto ma in quel momento l’unica cosa che la mia testa riuscisse a pensare era da quale spacciatore vicino potessi andare.
Aprii lo sportello e frugai nel barattolo dello zucchero sottraendo il mazzetto di banconote infilandomele nella tasca posteriore dei jeans scuri mentre sbattevo la porta per far comprendere al mio inquilino che poteva anche non trattenersi, se mai lo facesse.
Guardai la moto e sospirai poiché ero rimasto oltretutto senza benzina.
- Che palle! – ringhiai optando per il posto più vicino: il magazzino.
Era a circa cinque minuti da casa e considerando la neve che aveva appena iniziato a cadere se fossi andato di fretta nessuno avrebbe considerato il mio comportamento sospetto.
Contai i soldi pulendoli dalla neve che costantemente li bagnava interrompendo i miei calcoli.
Dopo quella visita al magazzino mi sarebbero rimasti solo settanta euro, Gerard mi avrebbe ammazzato davvero, ne ero sicuro.
Una voce dietro il portone di metallo del magazzino mi chiesi chi fossi con tono visibilmente preoccupato, immaginai che avessero rischiato di nuovo di essere sgamati dalla polizia: era la 3 volta in un mese che cambiavano posto.
- Laxus – passai una mano tra i capelli bagnati dai leggeri fiocchi di neve che si erano posati sopra.
La porta si sollevò con un rumore sinistro e, ad attendermi, c’era Hades con un ghigno sinistro che lo rendeva ancora più inquietante di quanto di solito fosse.
- Laxus, pensavo ormai di aver perso uno dei miei clienti migliori – rise mentre totalmente a mio agio mi sedetti nel divano di pelle rossa all’interno.
- Non dire sciocchezze – mi strinsi nelle spalle appoggiando gli stivali umidi al tavolino – cos’hai per me? -
- Il solito – si affrettò ad aprire una valigetta nascosta in un cassetto dell’armadio – con gli sbirri attaccati al culo non possiamo nemmeno aggiornarci. Ma ho ciò che vuoi, sta tranquillo – mi consegnò un sacchetto rosso e lo strinsi tra le dita per sentirne la consistenza.
- Spero almeno mi farai un buon prezzo – mi alzai mettendo una mano in tasca per consegnargli i soldi.
- Il solito, Laxus, non aspettarti di meno. -
Gli consegnai le banconote sbuffando divertito prima di tornare verso il portone con la roba ancora stretta tra le dita frette.
- Alla prossima – mi salutò lui ma la sua voce si dissolse nel vento freddo che mi fece rimpiangere di essermene andato cosi velocemente da quel tepore.


 
Dovevo calmarmi.
Dovevo rimanere fottutamente tranquillo anche se le sirene della polizia che continuavo ad udire mi stringevano la mente in una gabbia di paura.
Che cazzo avrei fatto se mi avessero sgamato?
Scossi la testa senza nemmeno l’intenzione di pensare a cosa sarebbe potuto accadere se mi avessero fermato e, senza nessuna fatica, avessero trovato il fagotto rosso stretto tra le mie dita.
- Signore, la prego – non capii da dove arrivasse quella voce ma mi imbattei nel petto di qualcuno prima di finire con sedere sulla strada umida e fredda.
- Ma che cazzo? – mi massaggiai la schiena prima di spingere il barbone anziano che aveva osato farmi cadere. – stammi lontano, spazzatura. – gli ringhiai prima che una voce femminile interrompesse la mia risata.
- Che succede qui? – si avvicinò al vecchio e sorrise raccogliendogli il bastone rovinato che era scivolato lungo i gradini di un palazzo.
Stavo per risponderle che non erano cazzi suoi quando il rosso dei suoi capelli mi ricordò la mia missione.
Mi guardai la mano vuota prima di prendere per il colletto il barbone fino ad alzarlo da terra tenendo salda la presa sulla sua vestaglia sudicia.
- Ridammi quello che mi hai preso – ringhiai ormai fuori controllo a pochi centimetri dal suo volto.
- Consegnamelo o ti spacco la faccia – urlai sentendo i suoi arti pietrificati dalla paura.
- Credo che tu stia cercando questo – sussurrò la ragazza alle mie spalle.
Mi girai sconvolto lasciando cadere il peso che tenevo sulle braccia prima di avvicinarmi a lei e provarglielo a strappare dalle mani.
- Non costringermi a farti del male, dolcezza – ringhiai fermandole un polso.
- Lo sai che esistono strutture per questi problemi? -
I suoi occhi mi squadrarono curiosi, ispezionarono i miei alla ricerca di qualche prova che quella roba appartenesse davvero a me.
- Si, non posso permettermele, storia davvero commovente – irritato la strattonai per le spalle, pronto a tutto per riavere ciò che mi apparteneva, ciò per cui stavo rischiando e ciò per cui probabilmente Gerard mi avrebbe preso a pugni.
- Immagino che in questi casi bisognerebbe chiamare la polizia –
Aveva gli occhi sicuri, non vacillava come il resto delle persone le quali mi mettevo contro ma quelle parole svegliarono in me la paura di rimanere solo, ancora più solo di ora, a marcire in una cella sudicia e nel momento in cui il mio pugno raggiunse la sua guancia capì che ero nella merda.
Cadde a terra e il colore dei capelli si mischiò a quello del sangue che stava iniziando a imbrattare il marciapiede.
- T-Tu! – urlai rivolgendomi al barbone – non farai parola di questa storia con nessuno, hai capito? -
Quello annuì tremando, mi pregò di lasciarlo in pace mentre io mi rifilavo in tasca ciò che mi stava rovinando la vita.
Pensai qualche secondo a cosa fare, avrei dovuto chiamare qualcuno, lo sapevo, ma poi avrebbero iniziato a fare domande e scartai l’idea; avrei potuto lasciarla lì ma le probabilità che mi riconoscesse e mi denunciasse non erano poche così la sollevai caricandomela in spalla e sospirai nel vedere la neve scendere più forte e le strade deserte per rendere il passaggio libero a noi.
Dovevo rimanere calmo.


Arrivai a casa con la spalla dolorante per la cinghia della ragazza conficcata nell’epidermide.
- Ora si incazza davvero – esitai prima di bussare forte alla porta guardandomi intorno con la costante paura che qualcuno potesse vedere ciò che avevo fatto.
Mi aspettavo gli occhi di Gerard squadrarmi da testa piedi, sentirlo urlare mentre mi ripeteva quanto dannatamente fossi idiota ma la sua reazione quando vide quei capelli rossi ondeggiare vicino al mio petto fu totalmente diversa poichè si limito a dischiudere le labbra pietrificato.
- Ho un problema – parlai prima di spostarlo con una mano per entrare e fu così che Gerard sembrò svegliarsi da quella semi-pietrificazione.
- Cosa cazzo le hai fatto? – si precipitò verso di me prendendo la ragazza saldamente tra le braccia e le osservò preoccupato il taglio sullo zigomo dove il mio pugno l’aveva colpita.
- Questa troia si è messa in mezzo – provai di difendermi portando le mani sugli occhi.
- Lei non è affatto una troia -
Lo disse con tono deciso, fui perfino spaventato dall’occhiata rovente che mi fulminò.
- Da quando sei il difensore delle ragazzine impiccione? -
- Stai lontano  da lei, Laxus. – sparì sulle scale ancora in boxer e con la ragazza tra le braccia.
Mi sentivo un fottuto idiota, avevo preso della droga, quasi picchiato un barbone innocente e steso con un destro quella puttanella dai capelli rossi; ero sempre stato un tipo che agiva senza pensare, uno di quelli che si gettava a fare la prima cosa che gli passava per la testa ignorando ciò che avrebbe comportato ma non mi sarei mai immaginato talmente squallido da tirare un pugno ad una ragazza per un po’ di droga.
Sentii la sua porta sbattere e scossi la testa mentre il divano inglobò l’inutilità della mia vita regalandomi almeno una notte di sonno tranquillo.





Erza


Spostai una foglia, una di quelle giganti che si trovano solo nei film di avventura, e scavalcai un tronco facendomi forza sugli avambracci.
Cercai di comprendere perché tra tutta quella vegetazione facesse così freddo, una sensazione di gelo che trapassava la pelle, lo sentivo dentro, prendere parte del mio essere e fu così fino a quando il terreno solido dopo quell’albero caduto si sbriciolò in una cascata senza forma di sabbia.
Persi il controllo quando pensai di volare ma non avevo le ali.


Lanciai un urlo svegliandomi nel bel mezzo della notte in un letto che non era il mio. In una stanza che non era la mia.
Gridai di nuovo.
Forse ero convinta che qualcuno mi potesse aiutare e troppo frastornata per pensare al fatto che, se mi trovassi in mani non sicure, non avrei fatto altro che attirare il lupo alla preda.
Mi passai la mano sulla fronte bagnata mentre raggiunsi la finestra dalla parte opposta della camera.
Il giardino che si intravedeva era buio, piccolo, un paio di metri lo distanziavano dalla ringhiera bianca in legno e dalla strada; se mi fossi calata piano, senza farmi sentire da nessuno sarei scappata da qualunque luogo fossi in quel momento.
Scavalcai con una gamba la finestra aperta ma fu in quel momento che una figura aprì la porta socchiusa, troppo assonnata per rendersi realmente conto che stessi scappando dalla finestra della sua camera.
- G-Gerard? – sgranai gli occhi sbattendo le ciglia più volte, non seppi dire se per le continue fitte alla nuca che si prolungavano o per lo stupore.
- Erza, che diavolo fai? – sembrò riprendersi quando, adattatosi al buio, riconobbe la mia gamba destra completamente nel vuoto.
- Torna dentro! – mi ordinò riducendo piano la distanza che ci separava.
Trattenni  una risata quando notai la sua espressione preoccupata e mi ritrovai a pensare che avesse frainteso le mie intenzioni e che si aspettasse di vedermi buttare nel suo giardino senza più voglia di vivere.
Fu in quel momento che scossi la testa recitando la parte che lui stesso aveva immaginato.
- No – sussurrai mentre anche l’altra gamba raggiungeva il vuoto.
- Oh merda..- lo sentii sussurrare prima che con tutta la forza che aveva in corpo mi afferrò un polso incastonando gli occhi ai miei illuminati dalla tiepida luce della luna.
- Non puoi farlo..-
Sospirai, intenerita dall’espressione dipinta sul suo volto e pensai di essere stata egoista mentre con l’aiuto della sua mano sul fianco ritornavo all’interno della stanza.
- Volevo solo scappare, sta tranquillo – sorrisi.
Lui appoggiò una mano sulla mia nuca stringendo tra le dita le ciocche rosse e facendomi avvicinare al suo petto caldo.
- Ti hanno mai detto che non si fanno scherzi a una persona che si è appena svegliata? – sussurrò vicino al mio orecchio mentre io, dalla mia posizione tra le sue braccia, riuscii a udire distintamente il cuore battere nella cassa toracica a un ritmo assai più veloce.
- Non devi preoccuparti per me – mi allontanai un po’ imbarazzata stringendo tra le mani il lembo della maglia lunga che indossavo.
- Oh si – rise lui piano – il mio migliore amico ti porta a casa mia sanguinante e non dovrei preoccuparmi? Rendi tutto più difficile, Scarlet -
Fu in quel momento che ricordai il perché ero il quella stanza.
Il perché la mia testa continuasse a pulsare a causa della ferita.
- Lo prendo a pugni – ringhia ricordando il volto del ragazzo che nel pomeriggio mi aveva stesa con un unico, imbarazzante, colpo allo zigomo.
- Non credo ti convenga – sussurrò divertito mentre con un dito tracciava il contorno bruciante della guancia.
- So difendermi – ribattei pronta – in quel momento ero.. distratta -
Lui sospirò prendendomi per il braccio e riconducendomi sul letto celeste appoggiato al muro.
- Oh potremo prenderlo a pugni entrambi domani – rise appena probabilmente per il mio scatto verso la porta che lui, prontamente, riuscì a bloccare.
Mi sedetti sul piumone senza guardarlo e solo in quel momento notai quanto la sua stanza fosse accogliente.
C’erano poche foto, i muri erano bianchi, spogli, ma una strana aria di casa arieggiava tra quelle pareti che sembrava mettere a proprio agio entrambi.
Notai solo una foto sul comodino, un signore anziano che non avevo mai visto, ma non mi azzardai a chiedere nulla sul suo conto.
- Tu dove dormi? – lo guardai dopo diversi minuti accorgendomi di aver dormito indisturbatamente per ore nel suo letto.
- Sul divano – si strinse nelle spalle – non è come il mio letto ma non è male – sussurrò divertito mentre buttava giù dalla finestra il mozzicone della sigaretta che si era appena fumato.
Guardai l’orologio sopra la mia testa e notai che segnava le 4 del mattino; oltre ad avergli rubato un letto confortevole lo avevo anche svegliato nel bel mezzo della notte.
- Puoi dormire tu qui – mi alzai arrossendo per lo sguardo confuso che mi squadrò – v-voglio dire che io posso anche tornare a casa! -
Successe tutto in pochi secondi.
La sua mano si appoggiò alla mia spalla ordinandomi di sdraiarmi e, accanto a me, nel letto, il petto caldo di Gerard premette contro la mia schiena.
- Spero che ora non farai storie – ghignò vicino al mio orecchio.
Fui tentata di alzarmi più volte per il suo tono scherzoso, era così chiaro quanto fosse divertito dalla situazione e dalla posa imbarazzante.
- Buonanotte, Erza – sussurrò prima di avvolgere un braccio attorno al mio fianco stringendomi in un abbraccio del tutto fuori luogo e costringendomi a una nottata priva di sonno.




Avevo preso sonno verso le sei e trenta, quando il sole stava già cercando di farsi vedere e una debole luce faceva intravedere dalla finestra il volo degli uccelli.
Il respiro regolare di Gerard vicino al mio orecchio aveva aiutato a rilassarmi mentre le palpebre scendevano pesanti ma ciò che continuava a infrangere i miei sogni prima ancora che essi potessero iniziare era il suo braccio stretto al fianco.
Era pesante, caldo, e.. imbarazzante.
Non avevo mai dormito con un ragazzo a parte l’uomo che mi aveva adottato all’età di 7 anni.
Aveva una famiglia numerosa e pochi erano davvero suoi veri parenti ma tra di noi c’era un’affinità magica che mi fece davvero credere di avere la famiglia migliore del mondo fino a quando non inizia a crescere ovviamente.
Comincia a comprendere il significato di madre e padre, e perfino i piccoli gesti come il tornare a casa da scuola da sola si fecero insostenibili quando vedevo altri bambini correre tra le braccia della loro madre che aveva preso una pausa dal lavoro esclusivamente per passarli a prendere.
Chiusi gli occhi quando, in un movimento volontario, Gerard mi diede la schiena e finalmente mi sentii libera di dormire.




Mi svegliai che l’orologio aveva segnato le 10 ormai da pochi minuti; aspettai pochi secondi prima di girare piano la testa e constatare effettivamente che il fresco che sentivo era dovuto alla parte di letto vuota.
Sospirai immediatamente presa dalla consapevolezza che non ero tornata a casa e che non avevo nemmeno avvisato Makarov con una telefonata.
Mi premetti il cuscino morbido sul volto per nascondere il rossore dovuto al pensiero di dover nascondere alla mia famiglia quella assurda notte passata tra le braccia di un semisconosciuto.
- Stai tentando nuovamente il suicidio? – una voce divertita premette di più il cuscino sul mio volto prima di lanciarlo ai piedi del letto.
- Non ce ne sarà bisogno, a casa mi uccideranno – sorrisi alzandomi dal letto.
Mi toccò lo zigomo con l’indice scendendo fino al collo con una scia rapida e bollente.
Pregai di non arrossire ma non servì a molto poiché pochi secondi dopo si trovò a ridere della mia espressione imbarazzata.
- Non se ti accompagno -
Quella che doveva sembrare la classica domanda ‘ti accompagno a casa?’ sembrava una cosa già prestabilita dal tono sicuro con cui pronunciò la frase.

note

Ok, so che è un capitolo enorme ma ho dovuto farlo poichè con la scuola riuscirò ad aggiornare più raramente ma in compenso i capitoli saranno decisamente più lunghi:)
Ecco che si è scoperto un po' il problema di Laxus che lo porta per fino a picchiare una ragazza *sospira* povero Gerard, con che persone ha a che fare <3
Grazie a tutte quelle che continuano a leggere\recensire la mia storia, spero vi piaccia:)
-LastHope 
  
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