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Autore: cipolletta    29/09/2013    2 recensioni
-Non le sembra anche a lei un aereo, quello?-
-Si, sembra un… uno di linea-
-Non dovrebbe viaggiare così a bassa quota. Non dovrebbe puntare verso di noi-
 
 
Qualcuno sta cercando di dirmi : "Fa che lei ti ricordi per sempre"
Sto lavorando al per sempre.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Isaac Lahey
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Gandhi ha detto che qualsiasi cosa tu faccia sarà insignificante. Ma è molto importante che tu la faccia”
 
Camminava a testa bassa, il bavero del cappotto verde militare a coprirgli metà volto, il cappello di lana nera abbassato sugli occhi, le mani in tasca, il passo svelto.
Non guardava in faccia nessuno, osservava il cemento del marciapiede scorrere sotto di lui, i piedi delle persone passargli accanto.
Da bambino, si divertiva a guardare le scarpe della gente. E quando sua madre lo portava in chiesa, al momento dell’eucarestia, quando tutti tornavano al proprio posto dopo aver ricevuto l’Ostia, era il momento adatto per farlo. Anne lo lasciava li, nel bancone, e si raccomandava di non muoversi. Daniel ubbidiva e abbassava lo sguardo sul pavimento lucido della chiesa. Gli piaceva sedersi nel lato esterno delle panche, da li poteva osservare le scarpe di tutti.
I vecchi mocassini rovinati degli anziani, le scarpe da ginnastica delle ragazzine, i tacchi delle mamme come la sua, le babbucce di quel bambino povero e i sandali di quella donna bellissima.
Adesso, aveva perso quell’interesse. Adesso, Daniel, non aveva quasi più nulla per cui interessarsi.
Viveva un’esistenza liscia, monotona, senza tutte le bollicine che davano il frizzantino alla vita.
Viveva fra una scazzottata ed un’altra, fra un lavoro ed un altro.
Quando si ritrovò davanti alle porte del grattacielo, ebbe quasi l’istinto di tirarsi indietro. Cosa ci faceva lui la?
Spinse con una mano il vetro lucido e subito un omone in giacca rossa e pantaloni neri gli venne incontro, con uno sguardo severo e dei guanti bianchi così schifosamente eleganti.
-Signore, devo accompagnarla fuori-
-Non penso proprio- rispose fra i denti.
-Non ammettiamo … gente come lei qua dentro-
Daniel ispirò aria e cercò di non mollare un pugno al signore dal petto gonfiato.
-Fa differenza se dico che mio padre è Jeffrey Sharman e che chiede di me?-
 
-Mi dispiace che ti abbiano fermato, non avevano ricevuto il mio messaggio-
Suo padre, uno dei più ricchi uomini d’affari di New York sedeva dietro la sua scrivania, nel suo impeccabile completo blu e camicia inamidata bianca.
Daniel si tolse il berretto, rivelando i capelli biondi e spettinati.
-Anche a me dispiace- disse sarcasticamente.
Jeffrey sembrò riprendere il cipiglio che caratterizzava il suo viso da dieci anni a quella parte – E di che cosa? Di essere stato sbattuto in galera o di aver rotto il setto nasale ad un ragazzo?-
-… è stato un incidente-
Suo padre battè il pugno sul tavolo di legno pregiato. Dietro di lui, dalla finestra ai piani più alti del grattacielo si poteva vedere benissimo il suo ‘ gemello’.
Daniel si perse ad osservare le infisse delle finestre e riuscì solo a captare qualche parola di quelle urlate da Jeffrey.
-Daniel o cambi o la prossima volta in galera ci marcisci-
Il biondo sorrise sghembo e si arruffò i capelli. Schioccò la lingua ed afferrò dal divano di pelle accanto il suo capello e il cappotto.
Si rivestì in fretta e si avvicinò alla porta dell’ufficio di suo padre. Poggiò una mano sulla maniglia.
-Daniel…- lo richiamò suo padre – Perché non ti scrivi a giurisprudenza ? Ho degli agganci e potrei..-
Il ragazzo lo stoppò con una mano, abbassò la maniglia e si richiuse la porta alle spalle.
 
“Concordo con la prima parte “
 
Stava salendo le scale affollate della metropolitana quando notò una testa dai capelli lunghi e biondi urlare ad un ragazzo che la trascinava per mano verso l’entrata della metro.
Fece per ignorarli, come tutte le altre persone stavano facendo, ma quando udì la voce della ragazza incrinarsi, intervenne.
-Ehi tu- mormorò, avvicinandosi ai due – Mi pare che non gradisca la tua compagnia-.
Il ragazzo, rise e gli puntò un indice contro – Fatti i cazzi tuoi eh?-
Il pugno di Daniel gli arrivò in pieno naso, tanto forte da fargli lasciare andare la bionda che si portò le mani alla bocca in un’espressione di stupore alla vista del sangue.
Guardò poi Daniel e corse via a perdifiato.
Lui aveva già notato i suoi splendidi occhi blu e le sue gote arrossate.
 
Uscì dall’aula magna prendendo in mano il pacchetto di sigarette. Dopo l’ultima bravata, suo padre era riuscito ad iscriverlo a sociologia.
A Daniel suonava come una presa per il culo.
Fece scattare l’accendino e prese una boccata di fumo.
-Non si può fumare- lo ammonì la segretaria dell’università, fissando la sigaretta stretta fra le labbra.
-Quello è un posacenere- disse indicando un piccolo soprammobile di vetro trasparente sopra il bancone d’entrata.
-Quello è un vaso-
-Scommetto che è qui apposta per provocarmi- ribattè per poi spegnere la sigaretta al centro dell’ultimo, beccandosi un’occhiataccia.
Sollevò un angolo della bocca e fece per andarsene ma una risata, lieve ma scandita, gli giunse alle orecchie. Si voltò alla sua sinistra, una ragazza si portava una mano alla bocca e teneva gli occhi socchiusi per il leggero ridere.
-Sei divertente- spiegò allo sguardo confuso di Daniel.
Lui dapprima non se ne accorse, ma appena quella aprì le palpebre, il blu di pochi giorni prima lo colpì come una palla da basket in testa.
-Tu sei…- mormorò –La ragazza della metro!-
La bionda lo osservò ed appena si rese conto di chi aveva davanti, si irrigidì sul posto.
-Scusa per… per non averti ringraziato- sussurrò.
Daniel scrollò le spalle – Ci sono cose peggiori-
-Devo ammettere che mi hai fatto paura, e forse.. forse me ne fai ancora. Non è da tutti andare a picchiare gente senza motivo-
-Non era senza motivo. Eri tu che urlavi-
La ragazza sussultò- John… john è fatto così-
Daniel annuì. Si grattò il mento e con un cenno della testa si voltò. Quando fu vicino l’uscita qualcuno gli picchiettò la spalla.
La bionda sorrise – Grazie-
-Non ce n’era bisogno-
 
Lo starbucks della periferia era sempre affollato. Forse era per questo che a Daniel piaceva; poteva confondersi molto meglio.
-Dai una ciambella con lo zucchero! Per favore!-
Sorrise in direzione della bambina dai lunghi codini - Helen sai cos’ha detto il dentista!-
La bambina mise il broncio e sbuffò – La Signora Kristen me lo ripete in continuazione! E poi arriva papà da lavoro e me lo dice anche lui! E dai Dany!-
Daniel sorrise intenerito dalla sorella, forse l’unica persona capace di farlo essere se stesso. Annuì. – Una piccola, però-
 
 
-E così, il maestro O’Brien mi ha scritto una bellissima ‘A’ sul tema-
Daniel battè il cinque sulla piccola manina della bambina – E su cos’era, questo tema?-
-Sul papà -
Quasi non gli andò il caffè di traverso, a sentire quelle parole. Era risaputo come Jeffrey lasciasse Helen alle cure della domestica, la singora Kristen. Era una donna paffuta, con la pelle come il cioccolato e due occhioni verdi. A Helen piaceva affondare la testa sul seno grande e Daniel si ritrovava a pensare a quanto fossero belli gli abbraccia di sua madre, la stessa che sua sorella nemmeno ricordava.
-E cos’hai scritto?-
Helen si leccò le dita impiastricciate di glassa e ridacchiò – In realtà ho scritto di te - addentò l’ultimo pezzetto di ciambella – Ma il maestro non se ne è accorto-
Daniel però non ascoltava. Era impegnato ad osservare la porta del bar da dove era appena entrata una testa bionda come il grano. Una testa che si era ritrovato a pensare negli ultimi giorni.
Si sedette al tavolo dietro di loro ed il ragazzo, scusandosi con Helen, si alzò e si voltò.
La ragazza sussultò per lo spavento e si portò una mano al cuore, sorridendo.
-Incontrarti ogni giorno è il mio contrappasso per l’inferno?-
Daniel arricciò il naso- Non mi hai detto come ti chiami. Sono Daniel-
Lei annuì – Piacere, Daniel-
Stettero in silenziò, finchè il ragazzo non si schiarì la voce -Il tuo nome è..?-
La bionda sorseggiò il frappè e sostenne il suo sguardo, per poi inclinare la testa.
-Cosa vuoi, Daniel?-
Pensò di provarci – Vuoi uscire con me?-
La ragazza aggrottò le sopracciglia – Tu, vuoi uscire con me?- Daniel annuì, vedendosi affiancare dalla sorellina curiosa.
-Frequenta sociologia! Non puoi dire di no ad uno che studia il socializzare!- intervenne la bambina poggiando le mani sul tavolo e sorridendo alla ragazza.
La bionda storse il naso – Non esco con quelli di sociologia-
-Per tua fortuna è indeciso- ribatté la ragazzina.
-E su cosa?-
Daniel fece una smorfia e toccò il solito cappello che nascondeva i capelli.
-Su tutto, praticamente- rispose poi storcendo la bocca- Allora, sconosciuta, che ne dici?
Si morse il labbro e raddrizzò la testa, guardandolo divertita.
-Mi chiamo Savannah-
 
“Qualcuno sta cercando di dirmi: fa che lei ti ricordi per sempre”
 
-Che cosa stai facendo?-
Daniel si accucciò ancora di più contro il forno e storse la bocca – Il nostro antipasto è bruciato- borbottò.
La ragazza rise e si avvicinò al biondo, posandole le mani sulle spalle
-L’antipasto non va in forno- sussurrò mordendosi un labbro per cercare di non ridere.
Daniel si tirò in piedi e con ancora il guanto da cucina si grattò i capelli nascosti dal cappello onnipresente – Era una torta. Per una volta volevo farti una cena come si deve perché…-
-Perché io mangio prima il dessert…Te lo sei ricordato!-
 
-Lasciami! Ah! Lasciami!- Tirò pugni sulla schiena muscolosa di Daniel che sembrava non sentirla. Rideva come un pazzo con la ragazza in spalla come un sacco di patate, e girava su se stesso, alzando la sabbia intorno a loro.
-Aah! Daniel! Mi gira la testa!-
Strinse il braccio intorno alle gambe di lei e la poggiò a terra. Savannah strinse la sua mano e si portò l’altra alla tempia – Ti vedo doppio-
Daniel rise più forte e le baciò al fronte – Stringiti a me- sussurrò avvolgendola con le braccia. Lei posò il capo sul suo petto e strizzò forte gli occhi. Lui appoggiò il mento sulla sua testa ed osservò il mare spumeggiare davanti a loro.
-Va meglio?- chiese poco dopo.
La bionda annuì e ritornò a guardarlo , per poi puntarle un dito contro – Non ti azzardare a farlo mai più-
Anche lei però scoppiò a ridere ed insieme cascarono a terra, sporcandosi di sabbia appiccicosa.
Daniel si tirò su a sedere e Savannah si posizionò fra le sue gambe, appoggiando la schiena sul suo petto e la testa sulla spalla. Lui le circondò il corpo con le braccia ed ispirò il profumo dei capelli.
-Tuo padre è stato gentile a pagarci il week end al mare-
Daniel annuì, pensieroso- In qualche modo sta cercando di farsi perdonare-
-E tu non provi nemmeno a farlo?-
Scosse la testa. Era un discorso troppo difficile –Deve capire quanto ha fatto soffrire Helen. Lei pensa di non piacergli, pensa di non essere abbastanza-
-E’ una bambina bellissima ed intelligente. Anche lui lo sa-
Annuì nuovamente e si sdraiò, portandosi dietro la ragazza ancora prigioniera delle sue braccia.
Savannah sollevò le gambe per aria ed osservò le infradito penzolare dai piedi e minacciare di cadere.
-Hai dei piedi piccolissimi, te lo hanno mai detto?- esclamò Daniel ridendo lievemente e beccandosi uno schiaffo divertito.
-Stupido- mormorò e agitando il piede si liberò della ciabatta – Ho solo un trentasette. Se tu porti quarantamila a soli venticinque anni e sembri un gigante, la colpa non è di certo mia-
Immerse la testa fra i sui capelli – Mm mm-
Quando le baciò il collo Savannah si irrigidì, per poi sciogliersi sotto la bellissima sensazione. Si rigirò fra le braccia del ragazzo e fece combaciare le loro labbra.
 
 
-E’ … è bellissimo grazie!- esclamò Helen osservando la sua nuova tela per disegnare
Daniel sorrise e baciò la guancia della sorellina. Poi da dietro la schiena tirò fuori un pacchetto azzurro.
-Questo è da parte della signora Kristen-
-Oh Uao! Dei pennarelli!-
Savannah si avvicinò alla bambina e le consegnò una scatolina rossa –Buon compleanno-
Helen l’agitò e sentendola tintinnare la osservò curiosa. Sciolse il fiocco verde e quando una collanina con scritto il suo nome le cadde in mano, sorrise raggiante.
Abbracciò la ragazza di slancio e Daniel, nell’osservarle, sorrise come non aveva mai fatto prima d’ora.
-Sei la ragazza migliore che Daniel avesse mai potuto avere!-
 
Si avvicinò al letto, le baciò la fronte calda. I capelli biondissimi erano sparpagliati sul cuscino verde, il solo lenzuolo a coprirle il corpo nudo.
Savannah biascicò nel sonno e lentamente aprì gli occhi.
Daniel le baciò le labbra – Cappuccino o caffè?-
-Caffè- mormorò – Con tanto zucchero-
-Sei viziata, sai?-
Savannah si stiracchiò le braccia e le gambe e dopo un lungo sbadigliò torno a guardare il ragazzo- Solo poche settimane che sono qui e già dici queste cose?-
Daniel rise lievemente e si diresse in cucina dove un assonnato Chuck lo guardava seduto sul tappeto d’ingresso.
Gli accarezzò il pelo fra le orecchie – Ehi Chuck.. dormito bene? Si? Ah, bravo cucciolo-
-Di cucciolo ha veramente poco. Non credo di aver mai visto un cane lupo così enorme-
Si voltò e la figura di Savannah in mutande e maglietta, la sua maglietta blu, era in piedi appoggiata al bancone del lavabo.
Chuck abbaiò e Daniel continuò ad accarezzarlo sul dorso – Sssh buono. Lo so che è cattiva, ma che possiamo farci?-
-Ehi!-
Il cane abbaiò nuovamente, ancora più forte – Ok, ok è anche bruttina! Dobbiamo accettarla Chuck!-
Savannah agguantò il guanto da forno e lo tirò in direzione del biondo – Questo non dovevi dirlo!-  disse fra le risate.
Il cane lupo prese fra i denti il guanto e cominciò a morderlo e leccarlo e Daniel allargò le braccia stupito, per poi farle ricadere sui fianchi.
-Perfetto- esclamò – Ora non ho neanche più un guantone-
Savannah aumentò le risate e allo sguardo furbo di Daniel sgranò gli occhi.
-Non ti azzardare-
Il ragazzo guardò prima lei, poi il cane, poi il letto.
-Vieni qui piccola sabotatrice di cucine-
E cominciarono a rincorrersi, ridendo come non mai. Di tanto in tanto Savannah si fermava e lui la prendeva, ma riusciva a svignarsela ed a nascondersi dietro il divano o dietro qualche porta.
Alla fine Daniel la prese per i fianchi e la sollevò per aria, per poi correre in camera da letto e buttarla a peso morto sul materasso.
-E ora chi ti salverà?-
-Aiuto! Ah! Aiuto!- scoppiò nuovamente in una risata fragorosa e cristallina, per poi stringere fra le mani il cappello del ragazzo e lanciarlo in un angolo della stanza.
-Questo non ci serve- mormorò
-Ti amo-
Savannah sorrise – Menomale… perché ti amo anch’io-
 
“Sto lavorando al per sempre”
 

11 Settembre 2001.
7:00
La sveglia suonò acuta e Daniel la mise a tacere, accertandosi di non aver svegliato Savannah.
Si alzò dal letto e strascicò i piedi in bagno. Aveva un incontro con suo padre, quel giorno. Avrebbe provato a sistemare le cose, era pronto a perdonarlo.
-‘Giorno Chuck-
 
“Qualcuno entra a far parte della tua vita; una parte di te dice: Attento! Resta nella tua tana, non sei neanche lontanamente pronto!", ma l'altra parte dice: Fa che sia tua”
 
7:32
Lasciò un fogliettino sul frigo, retto dalla calamita a cuore, quella preferita della sua ragazza :’ ci vediamo a pranzo, porto cibo cinese. Ti amo’.
Immaginava i salti di gioia di Savannah nel leggerlo. Lei adorava il cinese.
8:10
-Il Signor Sharman è in ritardo, ha accompagnato sua sorella a scuola-
Al ragazzo si illuminarono gli occhi ed un sorriso spuntò istintivamente – Grazie Mrs. Penderghast-
-Vuole salire in ufficio, intanto?-
Annuì. Si sarebbe goduto la vista dall’alto.
8:27
-Scusami, Daniel, c’è un traffico assurdo-
-Tranquillo papà, si sta comodi nella tua poltrona-
8: 43
Controllò il cellulare, un messaggio di Savannah lampeggiava sul display. Lo aprì.
‘Ti amo anch’io. Vedi di tornare presto’
Fece per rispondere quando qualcosa attirò la sua attenzione.
Un punto, in lontananza, sembrava avvicinarsi.
Attaccò la faccia al vetro e strizzò gli occhi.
-Mrs. Penderghast!-
Quando l’assistente di suo padre irruppe nella stanza, pochi secondi dopo, gli si affiancò.
-Non le sembra anche a lei un aereo, quello?-
-Si, sembra un… uno di linea-
-Non dovrebbe viaggiare così a bassa quota. Non dovrebbe puntare verso di noi-
Il cuore cominciò a battergli forte nel petto mentre quella che sempre di più assomigliava alla punta di un aereo si avvicinava paurosamente.
8:44
Chuck abbaiava come un forsennato, tanto che Savannah cominciò ad aver paura. Era su due zampe e spingeva con quelle anteriori la porta che dava sul tetto.
-Ok, vuoi uscire? Ok!-
Abbassò la maniglia, la spalancò ed il cane corse su per le scale antincendio. Lo seguì.
8:45
-Si vedono in lontananza le Torri, Chuck! E’ dove si è recato il tuo padrone stamattina, visto?-
Niente, nulla da fare, abbaiava sempre di più.
 
-Daniel… Daniel ci sta venendo addosso! Oh Maria!-
Puntellò con le mani sul vetro, lasciando le proprie impronte.
L’aereo ora si vedeva indistintamente, sempre più vicino ad ogni secondo che passava.
La signora Penderghast si mise a piangere e pregare. Daniel pensò a suo padre, che ancora non aveva perdonato. A sua sorella che l’avrebbe aspettato invano sulla porta della scuola. A sua madre, a Chuck, al suo amico Posey.
Pensò a Savannah proprio nell’attimo in cui l’aereo sembrava stare ad un palmo dal naso, tanto da poterlo toccare, tanto da scandire gli ultimi nano secondi della sua vita.
Si accorse solo allora che non ci sarebbe stato miracolo a salvarlo.
8:46
-Oh cazzo-
 
“Ricordati di me, Savannah”
 
 
 
 
 Ma come? Hai un epilogo della tua fan fiction da scrivere -completare se vogliamo essere pignoli- e ti metti a fare OS?
Si.
( l'epilogo, tanto per farvelo sapere, è work in progress, fra poco lo pubblicherò)
 Oggi stavo guardando Remember me e bam.
Lampadina.
Ancora una volta ho messo Daniel Sharman e non Isaac perchè la categoria su 'attori' su di lui not exist.

QUESTA OS è ISPIRATA AL FILM REMEBER ME.
Lo dico perchè potrebbe causare "problemi" visto che ho riportato frasi identiche a quelle del film, cioè i pensieri di Daniel/Tyler.

Un bacione, spero che vi piaccia, anche se è tragica, lo capisco.
Forse se la lampadina mi si sarebbe accesa il 10 settembre l'avrei pubblicata l'11 con un bel :#per non dimenticare .
Ma siccome non bisogna mai dimenticare nemmeno se siamo a ottobre o aprile che sia...
#Per non dimenticare.

Un bacio
Cipolletta.
(Fatemi sapere cosa ne pensate !)


p.s= è tardi, non mi va di mettermi a rileggere scusate D: se ci sono errori mi scuso subito, domani provvedo a controllare e correggere eventualmente.
 
 
 
 
 
  
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