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Autore: Dasvidania    30/09/2013    4 recensioni
Cosa fare quando il più putrido dei pericoli si annida nella tua anima?
Slade, dopo la sconfitta di Trigon, ha bisogno un'ultima volta del potere di Raven, ma questa volta unicamente per se stesso.
Si instaurerà così un malato legame tra i due, un legame fatto di fiamme e tenebre, di odio e dipendenza, che potrebbe salvarli tanto quanto annientarli. (possibile RavenxSlade e RavenxRobin, possibile in quanto la storia è ancora in fase di costruzione )
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Raven, Robin, Slade
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Premetto che ho visto la serie in lingua originale, per questo motivo adotterò i nomi originali dei personaggi e potreste notare lievi differenti nelle descrizioni delle voci o nei modi di parlare a causa del diverso doppiaggio.
Io mi baserò sulla versione inglese, sforzandomi mi tradurre in italiano ciò che ho assorbito, e non sempre potrò verificare come è stato reso nella serie italiana.
In ogni caso, se qualcuno vorrà farmi notare differenze rilevanti emerse nella traduzione ufficiale italiana, sarò contenta di prendere in considerazione l'idea di sostituirle con la mia personale traduzione. (Sembra tutto molto più serio di quello che è, in realtà potrei solo scrivere "sfere" al posto di "palle" parlando degli attacchi di Starfire [che non so come li definiscano in italiano lol], o descrivere come "stridula" la voce di Beast Boy nonostante in italiano non lo sia particolarmente!)
Premetto anche che per il momento la storia nella mia testa è molto vaga e in fase di costruzione, cosa che ha reso difficile scrivere una trama riassuntiva e aggiungere le varie note/avvertenze, ma ciò che è certo è che sarà incentrata su un rapporto un po' borderline fra Slade e Raven, che non so ancora in cosa farò sfociare.
Buona lettura.




La stanza era ombrosa e immersa in un silenzio greve, con poche luci a determinare I vaghi contorni di ciò che ospitava.

Pareva un ambiente suburbano, forse la parte sotterranea di una vecchio edificio industriale, ora spogliato dal contenuto, ma con ancora fredde pareti ricoperte di metallo, scarne strutture in acciaio e della ruggine a rendere decadente il senso di vuoto abbandono che riempiva lo spazio.

Al centro della sala c’era quello che poteva essere definito un trono, tranne per l’assenza di sfarzo che presentava: scuro ferro opaco attraversato da file di bulloni, come vene d’un corpo inumano.

Su di esso una figura affogata dall’ombra sedeva, i gomiti puntellati sui braccioli alla cui fine le dita si intrecciavano, coprendo  la parte inferiore del viso.

“Portala da me.” Una voce calda come la lava, straordinariamente carezzevole e al contempo ricoperta del fascino amaro che solo il pericoloso esercita, colò nell’aria pesante, scivolando fino ad una sagoma tanto nera da confondersi con l’oscurità che impregnava la sala.

La figura annuì, mentre sul viso scuro si schiudeva un sorriso luccicante.

Sparì completamente, come se un battito di ciglio avesse potuto cancellarla, e un’ombra piatta saettò nelle tenebre.

 

***

 

L'edificio crollò con un rombo cupo, mentre una polvere di detriti ne avvolse il profilo scuro: spiccava nel cielo serale d'un grigo ammalato d'inquinamento luminoso.

Un enorme tirannosauro dalle tinte verdastre giaceva tra le macerie, lamentandosi debolmente, finchè lo stridulo brontolio non si trasformò con lentezza in un gemito umano, seguendo la metamorfosi che stava interessando il corpo stesso del rettile.

Ora le scaglie impolverate aveva lasciato posto a morbida pelle, gli occhi freddi da lucertola a due bulbi sofferenti dallo sguardo fin troppo espressivo, una vitalità tipicamente giovanile ad animarli, non piegata dal dolore che l’impatto doveva avergli causato.

“Beast Boy!” L’urlo di un giovane uomo dalla pelle scura fendette il fumo del crollo, arrivò alle orecchie appuntite del ragazzo, che strizzò gli occhi e cercò con difficoltà di rialzarsi.

L’altro lo raggiunse, afferrandolo sotto le braccia e sollevandolo quel che bastava per farlo reggere di nuovo sui propri piedi.

Il cielo si illuminò di un lampo verde, rendendo per qualche secondo ogni contorno definito e netto, e una nuova esplosione scoppiò, facendo stringere a sè le due figure immerse nelle rovine del palazzo.

Una ragazza coperta d’aderenti abiti viola ringhiava la sua rabbia, le mani come gli occhi ancora coperti di una aliena luminescenza del colore del lampo, mentre levitava nell’aria, I capelli rossi scossi dall’aria agitata dallo scoppio.

“Non ce la faccio, Robin” disse, un misto di rancore e tristezza nella voce, come se quelle parole fossero le ultime che desiderasse pronunciare “E’ troppo veloce anche per le mie sfere.”

Stava finendo la sua frase, quando un cerchio scuro saettò sull’alto edificio di fianco al quale levitava: era una piccola pozza di tenebre, non più grande del cerchio di un pozzo, ma più scura della notte profonda.

Con incalcolabile velocità una nera figura umanoide schizzò fuori dal cerchio, colpendo con violenza Starfire, che venne sbalzata lontano, cadendo sul cemento duro con un urlo di sorpresa mista a dolore.

Prima che il corpo dell’aliena fosse caduto a terra, la pozza era scivolata sulla strada e accolse la nera sagoma in volo, che vi sprofondò nuovamente all’interno, sparendo completamente.

Cyborg, seguito da un ferito Beast Boy, corse verso di essa, colpendo con un pugno disumano il centro del cerchio nero, infondendo nell’urto abbastanza forza da crepare l’asfalto.

Ciò non sortì alcun effetto, tanto che il cerchio slittò velocemente alle sua spalle, e la figura nera riemerso da esso, colpendolo alle spalle e facendolo cadere a terra.

“Raven!”  un ragazzo mascherato si stava rivolgendo alla figura femminile ammantata che osservava con freddi occhi nervosi la scena “Cosa diavolo è?”

“Non lo so, Robin.” Rispose l’altra, lapidaria, lo sguardo fisso sui suoi due compagni che ingaggiavano una vana lotta contro il nemico sconosciuto.

Ogni volta che Beast Boy o Cyborg tentavano di colpire la sagoma umanoide, essa sprofondava nel cerchio nero che giaceva ai suoi piedi che si spostava poi in un altro punto, permettendo alla figura di riemergere e ferirli da dove meno se lo aspettavano.

Era una scena frustrante, pareva che la sagoma ridessi ogni qualvolta i colpi dei suoi avversari andavano a vuoto, raggirandoli e schernendoli con quegli attacchi tesi a sfinirli più che a danneggiarli mortalmente.

Una feritoia si aprì sulla macchia nera che formava i contorni del volto della sagoma, un taglio a mezzaluna che rivelò al suo interno luminosi denti bianchi: l’inquietante curva era il sorriso della creatura.

“I suoi poteri sono simili ai tuoi, anche tu puoi sparire in portali di buio.” Insistesse il ragazzo mascherato con concitato fastidio, determinato più dall’umiliazione che il nemico stava infliggendo ai suoi compagni che all’ignoranza di Raven “Devi poterne sapere qualcosa!”

La ragazza ammantata si voltò verso di lui, irritata dal tono perentorio.

Non potè rispondere perchè la macchia nera aveva cambiato obiettivo, colpendo a tradimento Robin, che venne sbalzato lontano da lei, distratto dalle parole che si stavano scambiando.

Allora allungò la mano, e una macchina coperta dal suo nero potere venne lanciata contro la sagoma avversaria, che evitò l’impatto nel medesimo modo con cui aveva evitato fino a quel momento ogni offensiva.

La situazione era fuori controllo e nessuno dei cinque componenti di Teen Titans sembrava in grado di escogitare qualcosa che fermasse il muoversi impazzito della pozza scura, che colpiva indistintamente e con crescente violenza ognuno di loro.

Mentre Starfire riprese a lanciare verdi sfere, volando per tenersi fuori dalla portata dei colpi nemici, i raggi sonici di Cyborg colpivano il terreno e Beast Boy ogni qualvolta  la vedesse riemergere si sforzava di afferrare la sagoma tra le fauci del Velociraptor in cui s’era mutato.

Raven intanto aveva raggiunto Robin, girando un braccio intorno a lui, in modo che potesse rialzarsi con maggiore facilità.

Questo si divincolò, rizzandosi da sè.

“Penso che I suoi poteri abbiano origine demoniaca” Raven diede voce ai suoi pensieri con atona riluttanza, come se l’argomento la indisponesse “La tenebra di  cui è composto è troppo cupa per assomigliare ad un’ombra del mondo terreno.”

“E’ quello che temevo” rispose l’altro, serrando la mascella e sputando le parole fuori dai denti.

Estrasse dalla cintola il proprio bastone metallico, facendolo scattare e mettendosi in posizione d’attacco.

“Che cosa facciamo?” chiese alla compagna, lanciandole una rapida occhiata.

“Sicuramente con quello non otterrai granchè” commentò rocamente l’altra, guardando con poca convinzione l’asta che Robin stringeva tra le mani.

“Ma posso tentare.” Robin scattò in avanti, facendo roteare l’arma e lanciandola contro il nemico.

Questo aveva sollevato Cyborg per il collo, che emetteva lamenti strozzati dal furore e dalla presa sulla gola, mentre stritolava senza successo il braccio d’ombra cercando di liberarsi.

Il bastone di Robin la colpì al capo, facendo sì che il compagno catturato cadesse pesantemente al suolo e che la figura nera barcollasse.

Tentando di approfittare della momentanea debolezza, Starfire lanciò le sue sfere, ma non abbastanza velocemente, tanto che la sagoma scomparì ancora nella sua pozza prima che esse potessero raggiungerla.

Li aveva raggirati ancora.

L’esplosione causata dalla sfere contro il cemento investì Cyborg, che lanciò una esclamazione di protesta.

“Sta attenta, Star!” la apostrofò con astio, lanciandole uno sguardo di rimprovero, le parole spezzate da brevi colpi di tosse.

Questa volò vicino al compagno, accertandosi che il suo colpo non l’avesse ferito.

“Perdonami, non era mia intenzione.” gemette dispiaciuta, una mano accorata sulla spalla bionica “Quell’ombra mi confonde.”

L’altro sospirò con una espressione che faceva intendere come non ce l’avesse con lei, evitando di risponderle per paura che il nemico approfittasse della loro distrazione.

Fu una scelta saggia, dato che fecero appena in tempo ad evitare un nuovo attacco della sagoma, che tentò di colpirli con una evidente rabbia determinata dall’offesa ricevuta dal bastone di Robin.

Un’aquila verde planò, colpendo col becco affilato il viso della creatura, ma fu subito scaraventata lontano dal pugno furente con cui questa rispose.

Raven in tutto ciò era rimasta a distanza, seguendo con analitici occhi la scena miserevole che quel combattimento rappresentava, ma non per codardia: sapeva che la sua telecinesi era troppo lenta per superare la velocità d’elusione del nemico, e la sua mente ragionava con frettolosa necessità.

Sapeva anche che sfogliando le pagine della sua conoscenza sulla magia demoniaca avrebbe potuto trovare un metodo efficace per annullare l’avversario, ma la lentezza con coi aggiungeva pezzi al mosaico che era la soluzione la frustrava.

L’anomalia faceva da padrona alla situazione, dato che mai prima d’ora un essere demoniaco era apparso a Jump City, ad accezione di suo padre Trigon, e se ciò era strano quello che la stupiva maggiormente era che il nemico non sembrava aver alcun obiettivo criminale.

S’era manifestato poche ore prima, causando un generale caos privo di funzione, come volesse unicamente attirarli a sè.

La pozza nera sembrava ora arrabbiata e ancora più violenta, ma al tempo stesso infastidita dai Titans, quasi rappresentassero degli intralci più che degli avversari.

Nel giro di pochi secondi atterrò ogni componente della squadra, ad accezione di Raven, troppo lontana, e schizzò verso di lei.

La ragazza evocò immediatamente uno scudo d’energia nera di fronte a sè, appena in tempo per fermare il braccio fulmineo dell’avversario, che sbattè contro di esso creando lampi di tenebra.

Buio contro buio, pareva che la mano della creatura tentasse di penetrare a forza nello scudo di Raven, e il contatto creava un odioso stridio infernale, accompagnato dalle saette ombrose che sprizzavano intorno ai due.

Gli altri a terra guardarono con occhi colmi d’apprensione la scena, tentando di rialzarsi il più velocemente possibile e dare aiuto alla compagna.

Furono lenti.

Lo scudo di Raven si infranse come vetro e un rumore terribile, non appartenente a quel mondo, accompagnò la rottura.

La creatura afferrò il viso della ragazza, che venne coperto dalle lunghe dita adunche e ghermito con violenza.

Starfire gemette a tale vista, e Robin corse verso I due.

Raven fu stretta in un freddo abbraccio, l’indescrivibile ripugnanza che il contatto provocava le mozzò il fiato: fu come essere artigliata da tentacoli fatti d’ incubo e terrore, gelidi come la disperazione e forti come il dolore.

L’orrore calò sulle pupille dei presenti quando la sagoma nera sprofondò nella pozza ai suoi piedi, portando con sè Raven, che sparì nel cerchio nero.

A nulla servì che il resto del gruppo si lanciasse verso di esso, il cerchio scivolò via con inafferrabile velocità, scomparendo presto nei vicoli della città notturna.

  
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